Condominio, se il vicino fa rumore non serve la perizia per il risarcimento

Storica sentenza della Corte di Cassazione: se dall’appartamento del vicino arrivano rumori molesti dovuti a lavori di ristrutturazione, non c’è bisogno di una perizia che determini se sono superati i decibel previsti per la tollerabilità, ma basta la testimonianza.

Risarcimento danni se il vicino fa rumore, non serve una consulenza tecnica

L’articolo 659 del codice penale prevede il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. L’importante novità che arriva direttamente dalla corte di Cassazione, sentenza 7717 del 22 febbraio 2024, è che per provare il fatto non occorre consulenza tecnica fonometrica. Il giudice può formulare la sentenza sulla base delle testimonianze di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti delle immissioni sonore, percepite come tali da superare il limite della normale tollerabilità.

La sentenza è particolare perché serve semplicemente a fissare questo principio. Il condomino agisce in giudizio perché ritiene che nell’eseguire i lavori edili il vicino avesse arrecato disturbo dovuto ai rumori. Nel caso in oggetto però non vi sono prove del fatto che i lavori fossero portati avanti anche nelle fasce orarie in cui il regolamento condominiale inibisce l’esecuzione dei lavori. Inoltre il vicino di casa, occupante l’appartamento sottostante dichiara che i rumori non sono a lui apparsi molesti o intolleranti.

I principi della Corte di Cassazione: non serve la perizia per provare che i rumori sono molesti

La Corte fissa alcuni principi. In particolare ribadisce che anche la sola prova per testimoni può essere all’origine di una condanna. La Corte di Cassazione ribadisce che primo luogo è necessaria la produzione (da parte dell’imputato) di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte sonora, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio.

In secondo luogo non occorre il rilievo fonografico per verificare se i rumori sono molesti. Specifica la sentenza “l’attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, ma ben può il giudice fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità”.

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Bonus mobili, limiti per i lavori in condominio

Quando si parla di bonus fiscali, agevolazioni legate all’edilizia, vi è sempre molta confusione e i contribuenti fanno fatica a capire esattamente a cosa si ha diritto. Molti si chiedono: se eseguo lavori su una parte comune di un edificio possono ottenere il bonus mobili? Per rispondere a questa domanda è necessario capire come funziona il bonus mobili e in particolare quali sono i limiti per i lavori in condominio. Al quesito ha risposto l’Agenzia delle Entrate sulla rubrica FiscoOggi.

Cos’è il bonus mobili e a chi spetta

Il bonus mobili è un incentivo che consente di ottenere una detrazione Irpef collegata a lavori di ristrutturazione dell’immobile per l’acquisto di mobili. La detrazione può arrivare al 50% della spesa sostenuta per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione.

Può essere richiesto entro il 31 dicembre 2024 per l’acquisto di mobili collegati a una ristrutturazione iniziata a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello dell’acquisto dei beni. La detrazione viene ripartita in 10 rate annuali di uguale importo.

Posso avere il bonus mobili per lavori condominiali?

Un contribuente ha formulato un quesito all’Agenzia delle Entrate inerente il caso in cui i lavori siano stati eseguiti esclusivamente su parti comuni di un edificio condominiale: Ho avviato lavori di manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio nel quale sono proprietario di 2 unità abitative su 3 in totale. I lavori riguardano le sole parti comuni (rifacimento intonaco e pittura interna del vano scale) e l’intervento ricade tra quelli che non necessitano di titolo edilizio alcuno. La domanda è: posso usufruire del bonus mobili per acquisto camera da letto per una delle unità abitative del quale sono proprietario e che appunto è parte dell’edificio per il quale sto manutenendo le parti comuni?

La risposta dell’Agenzia delle Entrate al quesito è negativa. I lavori in oggetto infatti sono eseguiti esclusivamente sulle parti comuni dell’edificio, questo implica che si può ottenere il bonus mobili solo per suppellettili che dovrebbero avere collocazione su tali parti comuni, ad esempio se ci fosse un ufficio per la guardiania, un eventuale arredo per questa parte se oggetto di ristrutturazione. L’agevolazione non può invece essere sfruttata per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici da destinare all’arredo della propria unità immobiliare. Sulla stessa linea anche la circolare 29 del 2013.

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Parcheggiare nel condominio è reato, ecco cosa si rischia

Quante volte è capitato di arrivare nel parcheggio del proprio condominio e accorgersi che il proprio posto auto è stato occupato? E allora tocca fare il giro del quartiere alla ricerca di un posto temporaneo fino a quando non si libera il proprio. Il fatto diventa ancora più fastidioso se la sosta è molto lunga, ma ora c’è una novità, infatti la Corte di Cassazione in una recente sentenza ha stabilito che parcheggiare nel cortile del condominio è reato, anzi chi lo fa commette due reati. Vediamo cosa si rischia parcheggiando nelle aree condominiali.

Violazione di domicilio se si parcheggia nell’area di sosta del condominio

La sentenza 31700, del 20 luglio 2023 della Sezione Penale della Corte di Cassazione può essere considerata storica, infatti stabilisce che chi parcheggia senza autorizzazione nel cortile condominiale può essere denunciato per due reati: violazione di domicilio e invasione di edifici.

Nel caso in oggetto un professionista, pur avendo ricevuto la revoca dell’autorizzazione a parcheggiare da parte dell’amministratore di condominio, aveva continuato a sostare con l’auto o la moto dell’area condominiale.

La Corte di Cassazione ha sottolineato che l’articolo 614 del codice penale stabilisce che il cortile rientra nella nozione di “appartenenza” dell’abitazione e chiunque vi sosta contro la volontà di coloro che hanno il diritto di escludere qualcuno da tale beneficio, commette reato di violazione di domicilio.

Inoltre, ha sottolineato che vi è violazione dell’articolo 633 del codice penale che prevede il reato di invasione di terreni o edifici, prevede infatti “chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032”.

Nel caso in oggetto le parti avevano allegato foto della sosta e la delibera dell’assemblea che escludeva il diritto per il professionista, che aveva un contratto di locazione del solo studio, all’utilizzo dell’area di sosta pertinenziale all’edificio.

La sentenza va quindi a tutelare i condomini proteggendo il loro diritto ad escludere altri soggetti dall’uso degli spazi comuni.

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Ricalcolo millesimi condominiali: chi paga e come funzionano

Il ricalcolo dei millesimi condominiali nella sua funzionalità, questo sarà approfondito nella nostra rapida guida, anche per capire meglio chi paga quando esso avviene all’interno del condominio.

Ricalcolo millesimi condominiali: di cosa si tratta

Dunque, cosa sono, in pratica, i millesimi condominiali? Sono così definiti perché al condominio viene assegnato per convenzione un valore totale di 1.000: in pratica rappresentano l’unità di misura del condominio stesso. Ogni parte di esso ha quindi un valore in termini di millesimi condominiali.

E come avviene il ricalcolo dei millesimi condominiali?

Sostanzialmente, i valori millesimali delle proprietà all’interno del condominio possono essere rettificati o modificati in due casi precisi:

  • nel caso in cui sono sbagliati: in tal caso, si parlerà di rettifica dei millesimi;
  • quando mutano le condizioni di una parte dell’edificio o di un solo appartamento (ad esempio a seguito di soprelevazioni, incremento di superfici o incremento o diminuzione delle unità immobiliari) e, in tal senso, si altera per oltre un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. In questa circostanza, si parla di modifica dei millesimi. 

Nel prossimo paragrafo, andiamo a vedere chi paga questo ricalcolo condominiale ed altre cose in merito da sapere.

Tabelle millesimali, cosa c’è da sapere

In un condominio, troviamo due tipologie di proprietà: la proprietà esclusiva, ovvero quella del singolo sul proprio appartamento e la proprietà comune, sarebbe a dire quella di tutti i partecipanti alla comunione sui beni condominiali.

Le tabelle millesimali non servono ad altro che a stabilire l’entità del contributo di ogni condomino nella spartizione delle spese sui beni comuni e a conoscere il “peso” di ciascun votante nelle delibere assembleari. Tuttavia, può succedere che non tutti i condomini facciano lo stesso uso dei beni comuni, per esempio come accade per le scale e al loro impiego da parte del proprietario del primo piano rispetto a quello dell’attico. Per tale motivo, oltre alla tabella generale della proprietà, ne esistono altre. Potremmo dire che in linea sostanziale le tabelle millesimali solitamente sono tre:

  1. tabella generale
  2. tabella per le scale e tabella per l’ascensore
  3. tabella per il riscaldamento.

Ricalcolo millesimi condominiali: chi li paga?

Nel caso in cui il ricalcolo dei millesimi diviene necessario per un errore presente all’interno delle vecchie tabelle o quando è il risultato della volontà dell’assemblea di cambiare le stesse adottando nuove regole, la spesa viene ripartita tra tutti i condomini. Ognuno di essi quindi contribuirà al pagamento della parcella del tecnico nominato dall’assemblea in base ai propri millesimi di proprietà. 

Nel caso in cui, il ricalcolo dei millesimi è effettuato a causa della modifica del valore, di oltre un quinto, anche solo di un singolo appartamento, la spesa va a carico di chi ha dato luogo alla variazione.
Dunque, in buona sostanza, il condomino che ha effettuato i lavori nella propria unità immobiliare dovrà anche sostenere la spesa per il rifacimento delle tabelle.

Occorre la maggioranza per modificare le tabelle millesimali?

Occorre sapere che sia per l’approvazione delle tabelle millesimali che per la modifica delle stesse non è necessario il consenso dell’unanimità dei condòmini, ma è sufficiente la maggioranza qualificata prevista dall’articolo 1136 del Codice civile ossia un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Quindi, a tal proposito vanno fatte le seguenti considerazioni:

  • qualora la modifica derogasse alla regola generale di divisione delle spese secondo millesimi, allora è necessaria l’unanimità;
  • se la modifica non deroga a tale norma, allora sarà sufficiente la maggioranza dei presenti che rappresentino almeno la metà dei millesimi. E questo vale anche se il regolamento condominiale era stato approvato all’unanimità.

Dunque, questo è quanto ci sia di più utile e necessario da sapere in merito alle beghe condominiali, sulla questione dei ricalcoli millesimali e alle conseguenti spese da supportare, all’interno di un condominio.

Chi paga i lavori straordinari in condominio, nei casi di vendita?

Nella nostra rapida ma esaustiva guida andremo a vedere come funzionano le spese condominiali, nei casi di lavori straordinari. Chi paga nei casi di vendita, nello specifico? Lo scopriamo nei prossimi paragrafi.

Lavori straordinari in condominio: cosa sono

Innanzitutto, andiamo a vedere cosa si intende con lavori straordinari in un condominio.

Si tratta di quei lavori dedicati a riparare i piccoli danni causati dall’usura, da intemperie, da danni accidentali e, in generale, dalla deteriorabilità degli edifici. Per tali lavori l’amministratore non ha l’obbligo di indire un’assemblea condominiale per ottenere l’autorizzazione.

Vediamo, dunque, nel prossimo paragrafo come regolarsi.

Lavori condominiali straordinari, vediamo come regolarsi

A volte capita che in corrispondenza della vendita di un’unità immobiliare situata all’interno di un condominio insorgano problematiche tra chi vende e il suo acquirente in relazione al pagamento degli oneri condominiali, nello specifico per quanto concerne il pagamento delle spese straordinarie. Quindi, se l’assemblea condominiale prima della stipula dell’atto notarile, ha deliberato l’avvio di interventi edili che, per consistenza e particolarità, esulano dalle opere ordinarie, può sorgere spontaneo chiedersi chi paga i lavori straordinari in condominio in caso di vendita.

Possiamo dire che la suddivisione degli oneri condominiali tra il nuovo e il vecchio proprietario dell’unità immobiliare compravenduta avviene con regole diverse a seconda se si tratti delle quote mensili oppure delle spese dovute per le opere di manutenzione dell’edificio.

Quote mensili: chi paga?

Vediamo, invece come comportarsi in merito alle quote mensili.

Stando a quanto dispone l’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice civile colui che subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso ed anche a quello precedente. In più, chi cede diritti su unità immobiliari ha obbligo solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

In sostanza, le quote mensili successive alla sottoscrizione dell’atto di compravendita devono essere sborsate dall’acquirente; mentre, quelle maturate nell’anno in cui il rogito è stato comunicato all’amministratore e nell’anno precedente sono a carico del venditore e dell’acquirente.

Lavori in condominio, chi paga?

Andiamo in ultimo, ma non ultimo, a vedere il fulcro della questione: ovvero chi paga in caso di vendita i lavori in condominio.

Per quanto riguarda le spese per lavori condominiali che siano stabilite prima della vendita, bisogna distinguere a seconda della natura degli interventi edilizi, tra manutenzione ordinaria e straordinaria.

Manutenzione ordinaria

Quando si parla di lavori inerenti alla manutenzione ordinaria, quindi alla conservazione o al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune ovvero ad impedire o riparare un deterioramento, l’obbligazione va a presentarsi al compimento dell’intervento, ritenuto necessario dall’amministratore, quindi, in coincidenza con il compimento effettivo dell’attività gestionale.

La spesa, quindi, grava sul soggetto che riveste la qualità di condomino nel momento in cui le riparazioni avvengono.

Manutenzione straordinaria

Quando si tratta, invece, di opere di manutenzione straordinaria, la deliberazione dell’assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell’intervento, prende valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino.

In pratica, i lavori straordinari devono essere pagati da chi era proprietario dell’unità immobiliare nel momento della libera della loro esecuzione, quindi non assume rilievo il momento in cui le opere vengono effettivamente realizzate.

Quindi, possiamo dire che se l’atto di compravendita è sottoscritto dopo l’approvazione della delibera di esecuzione degli interventi edili, le spese condominiali per i lavori straordinari sulle parti comuni va a pesare sul venditore, anche se i lavori sono stati, in tutto o in parte, effettuati in epoca successiva alla vendita.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito alla questione.

Assemblea ordinaria condominio, quando deve essere convocata dall’amministratore?

Quando deve essere convocata l’assemblea ordinaria dall’amministratore di un condominio? L’amministratore la convoca per deliberare l’approvazione di quanto prevede l’articolo 1135 del Codice civile. Ovvero per deliberare la sua conferma, per approvare il preventivo e il consuntivo e, nei casi previsti, le spese per le opere straordinarie e le innovazioni. La convocazione dell’assemblea straordinaria è invece a discrezione dell’amministratore stesso.

Quando l’amministratore convoca l’assemblea condominiale ordinaria?

L’assemblea condominiale viene convocata dall’amministratore nei seguenti casi:

  • per confermarsi quale amministratore e per l’eventuale compenso;
  • per il bilancio preventivo e per il riparto delle spese;
  • per il rendiconto e l’impiego dei residui;
  • per le opere di manutenzione straordinarie e le innovazioni. In questi casi, è necessario che l’amministratore costituisce il fondo speciale per coprire le spese stesse.

Quando si ha l’autoconvocazione dei condomini?

L’amministrazione del condominio deve convocare l’assemblea pure qualora questa sia stata richiesta da almeno due condomini. Questi ultimi devono rappresentare almeno 1/6 del valore del condominio. Se dovessero passare 10 giorni dalla richiesta con l’assemblea ancora non convocata, i condomini stessi possono procedere con la convocazione.

Quando l’assemblea può essere convocata con richiesta di un solo condomino?

L’assemblea può essere convocata anche su richiesta di un solo condomino nei casi previsti dal comma 2, dell’articolo 1120 del Codice civile. Ovvero:

  • quando si tratta di realizzare opere dirette che migliorino la sicurezza e la salubrità dell’edificio e degli impianti;
  • nel momento in cui si voglia procedere all’eliminazione delle barriere architettoniche;
  • quando si vogliano contenere i consumi energetici;
  • per la realizzazione di parcheggi;
  • nel caso in cui si vogliano realizzare fonti eoliche, solari o impianti di cogenerazione;
  • quando si vogliano installare degli impianti televisivi che siano centralizzati.

In tutti questi casi, l’amministratore del condominio deve convocare l’assemblea nel termine dei 30 giorni successivi.

Assemblee condominiali, chi può partecipare?

Alle assemblea condominiali possono partecipare:

  • i proprietari degli immobili. Nel caso in cui un immobile appartiene a più comproprietari, tutti possono intervenire nell’assemblea. Il diritto di voto, invece, spetta a uno solo dei comproprietari;
  • i nudi proprietari;
  • gli usufruttuari;
  • chi prende in locazione un immobile. In questo caso i conduttori partecipano all’assemblea al posto del proprietario ed esprimono il proprio voto per le spese e per le modalità in cui devono essere gestiti i condizionamenti dell’aria e il riscaldamento. Possono intervenire anche sulle altre questioni ma non hanno diritto di voto.

Come deve essere comunicata la convocazione dell’assemblea?

La convocazione dell’assemblea condominiale deve essere comunicata ai partecipanti via raccomandata, oppure tramite Posta elettronica certificata (Pec), o attraverso il fax o, ancora, anche a meno. La comunicazione deve essere recapitata entro 5 giorni prima della data stabilita per l’assemblea stessa. Vige la presunzione di conoscenza nel caso in cui la comunicazione pervenga all’indirizzo dei destinatari.

Cosa deve contenere la convocazione dell’assemblea?

La comunicazione della convocazione dell’assemblea del condominio deve contenere il giorno, l’ora, il luogo e i punti da discutere. Questi ultimi costituiscono l’ordine del giorno dell’assemblea. Dai punti da discutere, i condomini possono decidere se intervenire nell’assemblea oppure no.

Discussione di oggetti non all’ordine del giorno, si può annullare la delibera dell’assemblea condominiale

Nel caso in cui, nel corso dell’assemblea condominiale, vengano decise questioni non inserite nell’ordine del giorno (e dunque nella comunicazione di convocazione), l’eventuale delibera può essere annullabile. La delibera può essere impugnata nel termine dei 30 giorni successivi, a pena di decadenza. L’impugnazione può essere preceduta della possibilità di mediazione.

Prima convocazione dell’assemblea condominiale: la presenza dell’amministratore

Risulta importante che l’amministratore di condominio sia, quanto meno, presente alla seduta della prima convocazione dell’assemblea condominiale. La motivazione risiede nel fatto che i condomini potrebbero impugnare le delibere assunte nella seconda convocazione nel caso in cui fosse stata omessa la tenuta della prima convocazione. Ciò potrebbe accadere, ad esempio, nel caso in cui nella seconda convocazione non vengano raggiunti i quorum necessari per la prima convocazione.

 

Informatica e condominio, ecco come si conciliano

L’informatica e il condominio hanno da poco tempo ottenuto un accordo. Ecco come si conciliano i due elementi e come sono regolati.

Informatica e condominio, il gestionale dell’amministratore

Lo strumento informatico per eccellenza usato dall’amministratore di condominio è il gestionale. Si tratta di un software che contiene tutte le informazioni degli immobili e dei condomini che amministra. Ciò che è necessario sapere, per chi utilizza un software gestionale comprende:

  • uso di chiavi USB e CD;
  • saper usare la tastiera, il mouse e il touchpad;
  • distinguere tra tablet, smartphone, desktop;
  • stampante per mettere nero su bianco preventivi o altri documenti;
  • importanza delle copie di copia di sicurezza;
  • sistemi di video sorveglianza e registrazione di immagini e suoni.

Anche perché oggi è sempre più frequente l’uso di pec e mail per comunicare anche quando non ci si può incontrare. Infine molti pagamenti prevedono la modalità di e-banking per ricevere o fare pagamenti, come ad esempio le quote condominiali o le spese sostenute.

Informatica e condominio e la gestione contabile

Com’è chiaro è impensabile che un amministratore di condominio possa gestire più condomini, senza l’aiuto di un pc e dei software di contabilità. Anche perché sono molti gli adempimenti che devono essere fatti, tra cui:

  • il rendiconto ed il riparto consuntivo annuale ordinario;
  • il rendiconto finanziario completo;
  • il registro di contabilità con cadenza almeno mensile;
  • gli eventuali rendiconti per le opere di manutenzione straordinaria con relativa documentazione ai fini delle detrazioni fiscali;
  • i modelli F24 per il versamento delle ritenute d’acconto;
  • le certificazioni professionali e i vari quadri del modello 770 ed il quadro AC del modello Unico.

Per fortuna sul mercato esistono varie soluzioni più o meno complesse che permettono di facilizzare il lavoro degli amministratori  di condominio.

Il gestionale deve interfacciarsi con terze parti

Una delle caratteristiche più importanti che deve avere il gestionale è quello di interfacciarsi con terze parti. Infatti tra questi c’è l’agenzia delle entrate, per ritenute d’acconto e invio telematico delle dichiarazioni. Ma anche il circuito interbancario per il MAV, Postel o altri gestori per le comunicazioni.

Anche queste informazioni come molte altre devono essere chiuse in degli archivi. E questi devono contenere l’anagrafe dei proprietari di diritti reali e di diritti di godimento, tra cui: i codici fiscali, le residenze, i numeri di telefono e gli indirizzi con la firma della relativa privacy. Mentre per l’anagrafe dei fornitori si richiede la ragione sociale, il numero di partita Iva, il codice contributo per il versamento delle ritenute imposte.

Le registrazioni contabili in condominio

Le registrazioni contabili in condominio devono seguire alcune regole. Tuttavia l’amministratore è tenuto alla registrazione delle “somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio“. Nelle prime rientrano gli incassi dei versamenti dei condomini, i canoni di locazione, e ogni altro genere di entrata. Mentre nelle seconde rientrano tutte le spese sostenute e da sostenere, le pezze di appoggio, gli avvisi di fatture, le ricevute per forniture, servizi, utenze e imposte.

Il Registro di contabilità può tenersi anche in formato informatizzato. E chiaro che le registrazioni, come qualunque altro registro, deve essere fatte inserendo la data, l’importo, il condominio, il conto corrente su cui transitano le somme, la voce del piano dei conti da imputare il movimento, la descrizioni del movimento, l’Iva e l’importo netto e lordo.

Il sito internet del condominio

La legge di “riforma del condominio” ha aggiunto ai compiti dell’amministratore, quello attivare su richiesta dell’assemblea un sito internet che consente agli aventi diritto di prendere copia in formato digitale dei documenti previsti dalla delibera dell’assemblea.

Il sito deve essere gestito dall’amministratore, senza ulteriori costi. Inoltre il sito deve essere realizzato con tutti gli accorgimenti perché i suoi contenuti non siano disponibili a chi non ne ha diritto. Pertanto spesso le pagine del sito sono protette da password. Ma possono essere scaricabili:

  • il regolamento condominiale;
  • il registro di contabilità;
  • le fatture e le ricevute;
  • le polizze assicurative;
  • i progetti;
  • gli atti amministrativi e giudiziari;
  • gli avvisi di convocazione ed i verbali delle assemblee e delle riunioni di consiglio;
  • i rendiconti.

Pertanto è anche un buono strumento di comunicazione tra l’amministratore e il condominio, ma non funziona il senso inverso. Infine all’amministraore non è richiesto che abbia le competenze necessarie per creare un sito, ma solo di gestirlo. Quindi può rivolgersi a professionisti del settore, ma sempre cercando di contenere i costi. Perché l’informatica è ormai ovunque e quindi non poteva mancare il condominio.

 

Privacy e condominio, come si garantisce la protezione dei dati

La privacy e condominio è un argomento molto delicato. Infatti spesso ci sono delle telecamere nelle parti comuni, ma anche dati da proteggere.

Privacy e condominio, i dati sensibili da proteggere

Ognuno ha diritto alla protezione dei propri dati personali. Per dato personale si intende qualunque informazione relativa ad un individuo, identificato o inidentificabile anche indirettamente. Pertanto anche nel condominio deve essere rispettata la privacy. Quindi qualsiasi operazione ch ha dati personali deve essere per forza eseguita nel rispetto della normativa in materia.

Anche in ambito condominiale prima di procedere al trattamento di dati personali si deve verificare quali dati possono essere trattati e poi identificare il corretto modo di trattarli. Un adempimento importante dal parte dell’amministratore è dare preventiva comunicazione agli interessati. In particolar modo devono essere chiare le modalità del trattamento, le finalità e la natura obbligatoria o facoltativa.

Il trattamento dei dati

Il trattamento dei dati personali effettuato nell’ambito dell’attività condominiale può riguardare solo le informazioni personali pertinenti e necessarie per lo svolgimento delle attività di gestione e amministrazione delle parti comuni. Tuttavia possono formare oggetto di trattamento anche le quote millesimali attribuite a ciascuno dei condomini e di dati personali necessari.

Inoltre i dati devono essere raccolti e registrati per scopi determinati, specifici e utilizzabili per le operazioni necessarie. I dati devono essere esatti, aggiornati, come ad esempio la stessa anagrafe condominiale. In particolare l’articolo 1130 comma 1 n.6 c.c. prevede:

  • l’obbligo dell’amministratore di curare la tenuta del registro anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolare di diritti reali e personali. Ma anche annotare sil codice fiscale,la residenza o il domicilio, i dati catastali di ciascun immobile;
  • segnare anche tutte le variazioni entro sessanta giorni da comunicare all’amministratore;
  • chiedere anche ai proprietari di inviare i dati mancanti, e i condomini sono tenuti a darglieli.

Privacy e condominio, alcuni casi particolari

Ogni condomino può anche essere informato in ordine alla situazione debitoria degli altri condomini. Dunque l’amministratore può comunicare tali inadempimenti in occasione del rendiconto annuale, durante la riunione, ovvero a seguito di eventuale richiesta. Tuttavia permane il divieto di esporre avvisi di mora o sollecitazioni di pagamenti nei luoghi accessibili a terzi.

Mentre la comunicazione e la diffusione dei dati sono le forme di trattamento più pericolose, per il rispetto della riservatezza. Infatti è illegale comunicare a terzi i dati personali dei partecipanti al condominio, a meno che sussista una causa giustificatrice. Tempo fa il Garante della privacy ha dichiarato illecito il trattamento dei dati personali da parte di un amministratore che aveva mandato direttamente via mail al datore di lavoro dell’inadempiente moroso, utilizzando una mail utilizzata anche da altre persone.

L’affissione dei documenti in bacheca condominiale

E’ inoltre illecito la diffusione di dati personali effettuata mediante l’affissione di avvisi di mora in bacheca condominiale e in spazi condominiali. Questo perché qui luoghi potrebbero essere di passaggio anche da parte di terze persone. Dunque queste comunicazioni devono avvenire in maniera privata.

Mentre per quanto riguarda il conto corrente condominiale, è obbligo dell’amministratore di far passare su uno specifico conto corrente bancario o postare tutti i movimenti. Tuttavia ciascun condomino ha la facoltà di prendere visione della rendicontazione periodica riferita a tale conto, tramite l’amministratore. Inoltre vi è anche il diritto di avere copia di atti e documenti bancari senza alcuna limitazione.

Altro argomento spinoso è la Videosorveglianza

La videosorveglianza include tutte le immagini ed i suoni che sono riprese dalle videocamere presenti in condominio. Infatti la raccolta, la registrazione, la conservazione e l’utilizzo delle immagini riguardano da vicino la privacy. Tra i tanti adempimenti specifici ci sono:

  • deve essere fornita l’informativa in forma specifica nei pressi della presenza delle video camere;
  • l’informativa deve essere legata alla citazione della normativa di legge;
  • l’eventuale collegamento con le forze dell’ordine deve essere reso noto nell’informativa;
  • il trattamento deve essere notificato al Garante;
  • occorre predisporre un sistema di conservazione dei dati che permetta di registrare i dati e di proteggerli. La conservazione deve essere per poche ore o ala massimo alle 24 ore successive alla rilevazione. Allo scadere del tempo, le immagini devono essere cancellate.

Un caso particolare, infine riguarda l’ipotesi in cui venga videoregistrata l’assemblea condominiale. Il Garante prevede tale possibilità solo se vi è il consenso formale di tutti i partecipanti e la documentazione sia conservata al riparo da accessi indebiti. Se le norme in merito alla privay non vengono rispettate sono previste sanzioni amministrative o penali, oltre che l’obbligo di risarcire danni patrimoniali e non patrimoniali.

 

 

Superbonus 110% e requisito APE in condominio con gli interventi privati, si può fare?

Il Superbonus 110% è un’agevolazione fiscale che in Italia sta contribuendo a dare slancio alle imprese del settore edile e delle costruzioni. E nello stesso tempo i cittadini, con un sensibile abbattimento della spesa, possono rendere gli immobili più efficienti a livello energetico e più sicuri anche quando, in condominio, gli interventi sono realizzati sulle parti comuni.

Pur tuttavia pure per il Superbonus 110%, al pari di tutte le altre agevolazioni fiscali di Stato, ci sono delle condizioni di accesso alle detrazioni che devono essere rigorosamente rispettate. Tra i dubbi che possono sorgere al riguardo, per chi vive in condominio, c’è quello relativo al raggiungimento del livello dell’APE che è poi necessario al fine poi di poter godere delle detrazioni fiscali legate al Superbonus 110%.

Requisito APE in condominio è raggiungibile con gli interventi privati per il Superbonus 110%?

Per esempio, il Superbonus 110% è compatibile con il requisito APE in condominio con gli interventi privati e non su parti comuni? In altre parole, per rendere l’idea, per un condominio senza caldaia condivisa, il requisito APE in condominio, ai fini dell’accesso al Superbonus 110%, si può comunque ottenere con interventi privati, ovverosia andando a sostituire le singole caldaie negli appartamenti di proprietà di singoli condomini? Al riguardo la risposta è negativa in quanto, per il Superbonus 110% e requisito APE in condominio con interventi di climatizzazione, questi devono sempre andare ad interessare le parti comuni dell’edificio.

Perché gli interventi privati di efficienza energetica non concorrono al Superbonus 110% condominio

I lavori sulle singole caldaie dei condomini, infatti, possono essere sempre agevolabili, ma in questo attraverso l’Ecobonus ottenendo così per l’intero condominio un aumento dell’efficienza energetica. Pur tuttavia, ai fini del raggiungimento requisito APE in condominio con interventi privati, le prestazioni delle singole caldaie, al fine di raggiungere il livello richiesto di efficienza energetica certificato, non si possono sommare ai fini dell’accesso al Superbonus 110%.

Come funziona l’APE convenzionale per l’accesso al Superbonus 110% condominio

A patto, come sopra spiegato, di effettuare gli interventi sulle parti comuni, l’accesso al Superbonus 110% in condominio è subordinato, effettuando i lavori, al salto di due classi energetiche. Questo incremento dell’efficienza energetica, al fine di poter sfruttare tutti i vantaggi fiscali del Superbonus 110%, non è altro che una delle asseverazioni che il tecnico incaricato deve poi andare a firmare e, quindi, a certificare.

Se l’edificio è composto da più unità immobiliari, l’APE che deve redigere il tecnico è detta convenzionale. E questo perché, al fine di determinare post interventi la nuova classe energetica dell’edificio, l’indice di prestazione complessivo si calcola, attraverso una media pesata, a partire dagli indici di prestazione energetica delle singole unità immobiliari. A questo punto, se il requisito del salto di due classi energetiche sarà conseguito, allora le detrazioni fiscali del Superbonus 110% condominio saranno pienamente fruibili ai sensi di legge.

Per chi volesse saperne di più, il documento di riferimento è quello che è rappresentato dal ‘Decreto Requisiti tecnici per l’accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici‘ che, il 6 agosto del 2020, è stato pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE).

Rimandate di una settimana le comunicazioni degli amministratori di condominio

E’ stato stabilito che le comunicazioni dovute dagli amministratori di condominio, relative alle spese sostenute per interventi di ristrutturazione edilizia e risparmio energetico, realizzati su parti comuni di edifici residenziali, pervenute entro il 7 marzo e non entro il 28 febbraio, come normativamente previsto dal Dm 1° dicembre 2016, saranno considerate “buone” dal Fisco.

La concessione di una settimana in più per portare a termine l’adempimento è stata determinata per chiarire un dubbio relativo ad alcune Faq pubblicate e aggiornate sul sito dell’Amministrazione finanziaria.

In particolare, nella risposta in questione, è stato specificato che l’amministratore di condominio, tenuto a comunicare all’Agenzia delle Entrate il codice fiscale del proprietario o del titolare di un altro diritto reale, come potrebbe essere l’usufruttuario, a meno che quest’ultimo gli abbia comunicato un soggetto diverso, ad esempio il conduttore non deve tener conto dell’intestazione del conto bancario/postale utilizzato dal proprietario o da altri per il pagamento della quota condominiale.

Si tratta di una mini proroga valida per quest’anno, che vuole agevolare l’attività degli amministratori ma che al tempo stesso non va ad inficiare la tempistica necessaria alla predisposizione della dichiarazione precompilata 2017: quindi, nessun problema per i contribuenti beneficiari della detrazione d’imposta.

Vera MORETTI