Lavoro: camionisti, idraulici e programmatori non si trovano

Sembra strano, ma in un periodo in cui si parla tanto di disoccupazione, difficoltà a trovare lavoro e necessità di mantenere o meno il reddito di cittadinanza, ci sono aziende alla ricerca di lavoratori e che non riescono a trovare personale specializzato in mansioni che possono essere definite tradizionali. Ecco i lavoratori che le aziende stanno cercando.

Nuove tecnologie: i lavoratori che non si trovano

Nel solo 2022 le aziende hanno avuto difficoltà, o meglio non sono riuscite, a trovare ben 1.406.440 lavoratori che rappresentano oltre il 42% delle assunzioni previste per il solo 2022. A lanciare l’allarme sulla manodopera introvabile è Confartigianato. Le professioni mancanti in parte riguardano il settore del digitale, in parte competenze classiche. L’83,9% dei posti rimasti scoperti ha riguardato progettisti e amministratori di sistemi, si tratta di ben 3.750 professionisti.

Nel caso degli analisti e dei progettisti di software i posti scoperti rispetto al fabbisogno delle aziende è stato oltre l’80% per un totale di 10.760 posti.

Mancano 13.200 programmatori che rappresentano il 66,8% del personale di cui le aziende sono alla ricerca.

Mancano camionisti, idraulici, elettricisti e operai edili

Se per le professioni appena viste si può dire che trattasi di nuovi percorsi formativi che forse non sono stati ben presentati alle nuove generazioni e quindi si può in un certo senso giustificare il disinteresse, non si può dire lo stesso per le professioni tradizionali, anche in questo caso la mancanza di personale può essere definita allarmante.

In particolare mancano i camionisti, nello specifico autisti di mezzi pesanti e camion, in questo caso mancano 85.490 i lavoratori. Seguono gli operai edili, ne servirebbero 80.620. Sempre nel settore dell’edilizia, mancano 41.460 elettricisti nelle costruzioni civili e 22.550 idraulici.

Mostra carenze anche il settore wellness e bellezza dove mancano 21.000 acconciatori.

Infine, servono meccanici nel settore automotive con 20.850 posti vacanti.

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In quali Regioni vi è una maggiore ricerca di personale?

Naturalmente la ricerca di personale è distribuita in modo diverso nelle varie Regioni d’Italia, a soffrire di più è il Nord, in particolare Friuli Venezia Giulia, Veneto, Umbria ( in questo caso di tratta di una regione del Centro Italia), Piemonte, Valle d’Aosta, Emilia Romagna e Lombardia.

Stupisce però che tra le Regioni che hanno messo a disposizione maggiori posizioni in manodopera vi siano anche la Puglia e la Calabria dove sono aumentate di 10 punti percentuali le posizioni aperte.

Per il 2023 potrebbero comunque esservi segnali positivi, infatti nei primi mesi è stata già registrata una diminuzione di domande per il reddito di cittadinanza.

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Meeting dei Giovani Imprenditori sul brand positioning

I Giovani Imprenditori di Confartigianato sono appena tornati da un meeting di due giorni a Cortina D’Ampezzo dove, il 4 e il 5 novembre, hanno discusso di formazione e di come affrontare al meglio le sfide del futuro.

In quella sede si è discusso di brand positioning, ma anche dell’importanza di aumentare le competenze dei Giovani Imprenditori, per portarli ad un livello superiore di conoscenze e di competenze imprenditoriali.

A proposito di posizionamento strategico del brand aziendale, è intervenuto, per condividere la sua esperienza e le sue conoscenze con i 200 rappresentanti dei Giovani Imprenditori di tutta Italia, Marco De Veglia, che ha voluto sottolineare l’importanza e le opportunità del posizionamento del brand: “Senza brand positioning, o meglio, senza una strategia che ti permetta di capire come mettere il tuo marchio nella testa del potenziale cliente, qualsiasi azione di marketing è inefficace. Una piccola impresa non può permettersi di spendere soldi in una marketing che non porti risultati. Per questa ragione, sono convinto che il brand positioning sia fondamentale proprio per le aziende più piccole, quelle che hanno meno risorse da investire”.

Il brand positioning prevede, in particolare, di individuare le caratteristiche vincenti della propria azienda e dei prodotti presentati sul mercato, ma anche di comprendere le differenze con i competitori e investire di conseguenza in questa direzione. Per questo, diventa una strategia chiave del marketing aziendale, alla portata di tutti, anche e soprattutto delle piccole imprese, con risultati quasi immediati.

Non a caso, dunque, il meeting ha avuto come titolo Competenze per competere, ed è stato caratterizzato da momenti di confronto e di incontro, ma ha rappresentato anche l’occasione di comprendere i cambiamenti in atto nel mondo, grazie all’intervento del professor Giulio Sapelli, che ha aperto i lavori con una esposizione sugli scenari economici e geopolitici internazionali, dalle tensioni di alcune regioni del mondo alle relazioni tra l’Occidente, l’Oriente e il mondo arabo.

Vera MORETTI

Confartigianato chiede a Inps rettifica sulla sospensione dei contributi

E’ stato chiesto, da parte di Confartigianato, un chiarimento a Inps che possa rettificare l’interpretazione circa la sospensione del pagamento di contributi e premi assicurativi nelle zone terremotate di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, resa nota dall’Istituto di Previdenza lo scorso 10 ottobre.

Questa sollecitazione si è resa necessaria perché l’Inps sostiene che ad essere sospesi sono i contributi previdenziali e assistenziali “con scadenza legale di adempimento e di versamento al 30 settembre 2017 e si riferiscono quindi al periodo di paga di agosto 2017”.

Questo significa che la sospensione dei contributi e dei premi vale fino alle scadenze legali e non ai periodi di paga, che ricadono nel mese di settembre 2017. Ma, come conseguenza, l’ultimo mese ad essere soggetto alla sospensione prevista dalla norma sarebbe proprio quello di agosto, mentre il mese di settembre andrebbe pagato nei termini usuali e quindi entro il 16 ottobre 2017.

Secondo Confartigianato, questa interpretazione, resa peraltro a pochissimi giorni dalla eventuale scadenza, contrasta invece con la volontà della del Decreto legge 189/2016 su “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016”, di sospendere fino a tutto settembre 2017 i versamenti, con ultimo mese oggetto di sospensione il periodo di paga di settembre, ponendo poi al 30 ottobre 2017 la prima scadenza per il pagamento dell’arretrato.

Per questo motivo, è stato chiesto da parte di Inps un intervento che possa rettificare il Messaggio del 10 ottobre e chiarire dunque che la sospensione degli adempimenti e dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria comprende anche il periodo di paga relativo al mese di settembre 2017.

Vera MORETTI

Cuneo fiscale più pesante per i contratti di apprendistato italiani

Confartigianato ha voluto intervenire all’interno del dibattito sulla legge di bilancio, ed in particolare circa la detassazione del costo del lavoro, per porre l’attenzione sul contratto di apprendistato.
In particolare, è stato chiesto di semplificare questo tipo di contratto, che permette ai giovani di entrare nel mondo del lavoro, poiché considerato troppo articolato e, per questo, spesso non molto amato dai datori di lavoro. Ma non solo: è stata anche richiesto il ripristino della decontribuzione totale nei primi tre anni di contratto per le assunzioni di apprendisti in aziende fino a 9 dipendenti.

Questa richiesta non è un caso, poiché l’apprendistato è un contratto utilizzato maggiormente dalle piccole imprese, tanto che nel primo trimestre 2017 l’incidenza degli ingressi mediante apprendistato nelle Micro e Piccole Imprese è dell’11,5% delle assunzioni, quota doppia rispetto al 5,5% delle medie-grandi imprese.
Va ricordato che nelle Micro e Piccole imprese italiane sono occupati 5.776.791 lavoratori dipendenti, il 50,7% del totale; sono 1.259.835 i dipendenti delle imprese artigiane.

La decontribuzione dell’apprendistato contribuirebbe alla riduzione della elevata pressione fiscale sul lavoro, considerando che, nel confronto con gli altri Paesi Ocse, l’Italia deve sopportare un peso fiscale di gran lunga più elevato sul costo del lavoro dipendente, che nel 2016 è pari al 47,8%, di 11,8 punti superiore alla media dei paesi avanzati (36,0%) ed il quinto più alto dopo Belgio (54,0%), Germania (49,4%), Ungheria (48,2%) e Francia (48,1%).

Andando più nel dettaglio, il cuneo fiscale dell’Italia è la composizione del 16,4% di imposte su redditi da lavoro dipendente, del 7,2% di contributi sociali a carico del lavoratore e del 24,2% di contributi sociali a carico del datore di lavoro, voce che da sola rappresenta la metà del cuneo fiscale.

Vera MORETTI

Made in Italy da record, protagoniste le pmi

Se il Made in Italy ha registrato, e sta registrando tuttora buoni risultati, è anche grazie alle pmi, che hanno dimostrato di saper dire la loro.
Ciò è diventato possibile poiché il Made in Italy, con i suoi prodotti di eccellenza, mantiene una leadership indiscussa in ben 30 settori, dove l’Italia è stata primo esportatore nell’Unione Europea nel 2016 con un valore di 79,3 miliardi di euro, pari al 19,0% delle esportazioni totali ed in crescita dello 0,3% in un anno.
Nei trenta comparti di eccellenza il Belpaese ha una quota del 25,6% dell’export dell’intera Unione europea. In questi settori le pmi con meno di 50 addetti contano 431.275 addetti, il 61,0% dell’occupazione dei settori esaminati, come è stato reso noto da Confartigianato.

Considerando i sette principali comparti di eccellenza del Made in Italy, sono ben sei quelli appartenenti al settore Moda: il primo è quello delle Calzature con 9.173 milioni di euro, con una quota sul totale UE del 24,0%, seguito da Confezione di altro abbigliamento esterno con 8.273 milioni e una quota del 18,7%, Articoli da viaggio, borse e simili, pelletteria e selleria con 6.276 milioni e una quota del 30,5%, Gioielleria e oreficeria con 5.928 milioni e una quota del 25,1%. L’unico settore non appartenente al comparto è Tubi, condotti, profilati cavi e relativi accessori in acciaio non colato con 5.236 milioni e una quota del 25,0%, dopodiché ecco altri due settori della Moda: Tessitura con 4.314 milioni e una quota del 30,3% e Confezione di altri articoli di abbigliamento ed accessori con 4.113 milioni e una quota del 25,2%.

Una rilevante crescita dell’export riguarda quindici settori, con nove di questi che hanno aumentato le proprie performance con cifre superiori rispetto agli altri Paesi Ue: Fabbricazione di generatori di vapore con il 15,2%, in controtendenza rispetto al calo del 6,6% dell’Ue a 28, Fusione di acciaio con l’11,8%, in controtendenza rispetto al calo del 2,1% dell’Ue a 28, Fabbricazione di macchine per la metallurgia con l’8,3%, in controtendenza rispetto al calo del 9,3% dell’Ue a 28, Fabbricazione di piastrelle in ceramica con il 6,9%, meglio del +5,5% dell’Ue a 28, Fabbricazione di altri articoli di maglieria con il 6,2%, meglio del +5,0% dell’Ue a 28, Produzione di condimenti e spezie con il 4,8%, meglio del +1,0% dell’Ue a 28, Produzione di altre bevande fermentate non distillate con il 4,6%, in controtendenza rispetto al calo del 5,8% dell’Ue a 28, Fabbricazione di macchine per l’industria alimentare, di bevande e di tabacco con l’1,6%, meglio del +0,4% dell’Ue a 28 e Tessitura con lo 0,2%, in controtendenza rispetto al calo dell’1,1% dell’Ue a 28.

Vera MORETTI

Sisma 2016: le imprese ancora non si sono riprese

Esattamente un anno fa il Centro Italia, nelle regioni di Marche, Lazio, Abruzzo e Umbria, è stato colpito da un grave sisma che ha causato vittime e danni ancora molto tangibili.
I piccoli Comuni interessati dal terremoto sono 140, e, a distanza di un anno, i piccoli imprenditori che operano nella zona non sono riusciti a tornare alla normalità, con tutti i disagi che ciò comporta.

Facendo un po’ di numeri, Confartigianato segnala che nel terremoto sono state coinvolte 15.841 imprese artigiane con 38.991 addetti, che rappresentano il 25% del totale delle aziende operanti nei territori del Cratere. Il 37,6% delle imprese artigiane nei territori interessati dagli eventi sismici opera nel settore delle costruzioni, il 24,8% nei servizi alle persone, il 24,4% nel manifatturiero e l’11,3% nei servizi alle imprese.

A pagarne le spese più care sono sicuramente le imprese che si trovano nelle zone di Marche e Umbria, regioni che negli ultimi quattro trimestri presentano la peggiore tendenza dell’occupazione, con cali rispettivamente dello 0,7% e dell’1,5%, a fronte di un +1,4% della media nazionale.

Nonostante il supporto ricevuto dal Governo, le criticità permangono, rendendo difficile, se non in alcuni casi impossibile, la ricostruzione e la conseguente ripresa delle attività economiche, e spesso il colpevole principale è la burocrazia, che, al contrario, dovrebbe supportare chi cerca con sacrificio di rialzare la testa: troppe norme e troppo complesse, eccessiva frammentazione delle competenze tra gli Enti e le istituzioni coinvolti nella ricostruzione, eccesso di rigidità nella gestione degli appalti.

Per questo motivo, Confartigianato Marche ha sollecitato alla Regione il coinvolgimento di imprese locali specializzate per affiancare il Genio Civile nell’opera di rimozione e smaltimento delle macerie. Da parte sua, Confartigianato Macerata ha già costituito una rete di 300 imprese di edilizia e impianti pronte a lavorare per la ricostruzione.

Vera MORETTI

Le pmi, traino dell’economia grazie all’innovazione

L’Assemblea 2017 di Confartigianato, avvenuta a Roma, ha visto, come tematiche principali, quelle importanti di fisco, lavoro ed innovazione, affrontati in prima persona da Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, il quale ha voluto ribadire l’importanza dell’innovazione per rimanere a galla e poter essere competitivi nei confronti della concorrenza, anche e soprattutto estera.

Per poterlo essere, occorre tornare ai valori del passato che hanno permesso al Made in Italy di essere così apprezzato per la sua originalità, unicità e tradizione, ma ovviamente guardando al futuro.
Merletti ha ricondotto l’inizio del nostro successo agli artigiani, e alle piccole e medie imprese, che nel 2016 hanno saputo trainare l’economia italiana grazie ad un export considerevole, per il valore di 117 miliardi, con un aumento dell’1,3% rispetto al 2015.

Ma, come sempre, c’è un rovescio della medaglia, che pesa soprattutto su queste eroiche pmi, sulle quali hanno gravato maggiormente le tasse e la burocrazia, ma anche le bollette elettriche e i 14 miliardi in meno concessi alle pmi negli ultimi cinque anni dal sistema bancario.

Erano presenti, tra gli altri, la Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, il Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, e i ministri Martina, Costa, Galletti e Carlo Calenda, intervenuto per illustrare le priorità del Governo per le piccole imprese: “Noi oggi abbiamo un problema che si chiama lavoro, che non lo porta la cicogna ma le imprese che assumono in un’economia di mercato. Non esistono scorciatoie. Per avere più lavoro devi avere più imprese che investono e che assumono, con a disposizione più risorse a disposizione per assumere e fare investimenti. Il principio alla base di Industria 4.0, infatti, è che le imprese che ci credono possono investire, anche grazie ai potenti strumenti che abbiamo messo a loro disposizione”.

Ha partecipato anche Antonio Tajani, Presidente del Parlamento europeo, il quale ha dichiarato: “Oggi è stato approvato un testo importante che tutelerà le imprese europee dalle azioni di dumping, soprattutto da parte della Cina, sono le nuove misure che andranno in direzione d’impresa, come fatto con l’accordo commerciale con il Canada. Stiamo lavorando al futuro del bilancio comunitario, siamo intervenuti per l’accesso al credito con lo SME supporting factor, stiamo lavorando perché sia sempre rispettata la normativa sui ritardi di pagamento che, come denunciato oggi da Merletti, l’Italia non sta ancora rispettando. A tal proposito, partirà la procedura d’infrazione europea nei confronti dell’Italia. Attenzione, però, non sarà una procedura contro gli italiani, ma a favore degli italiani per permettere anche a loro di beneficiare delle stesse condizioni degli altri popoli europei”.

Vera MORETTI

L’Italia sempre nella morsa della burocrazia fiscale

E’ cosa ormai tristemente nota: l’Italia rimane il fanalino di coda nell’Ue per la burocrazia fiscale, che rende la vita delle imprese, soprattutto se pmi, pesante e difficoltosa, a causa del pagamento delle tasse, che “ruba” 240 ore all’anno, ben 85 in più rispetto agli altri Paesi che si trovano nell’area euro.
Per questo motivo, Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato, intervenuto a nome di Rete Imprese Italia all’Audizione promossa dalla Commissione Parlamentare della Camera per la Semplificazione, ha dichiarato: “Occorre una strategia coerente e di ampio respiro che metta mano anche a norme di carattere sostanziale, non soltanto ad adempimenti comunicativi”.

Per poter davvero arrivare ad una semplificazione efficace e in linea con l’Europa, RTI ha proposto quattro linee guida, che dovrebbero riuscire a facilitare la vita delle imprese: il riordino in testi unici delle disposizioni fiscali; la stabilità nelle disposizioni che impongono gli adempimenti fiscali; la non retroattività delle disposizioni tributarie e la costituzionalizzazione dello Statuto del contribuente; i controlli fiscali non devono incrementare gli oneri burocratici delle imprese e deve essere introdotta una reale valutazione d’impatto preventiva delle nuove disposizioni, come pure una verifica periodica sull’efficacia delle norme stesse spesso introdotte per finalità di contrasto all’evasione.

Ciò si è reso necessario perché, secondo Rete Imprese Italia, il percorso iniziato nel 2014 è stato interrotto e quindi mai portato a termine, ma, anzi, caricato nell’ultimo periodo da nuovi oneri ed adempimenti a carico delle imprese, tra i quali spiccano l’obbligo di comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute, con periodicità trimestrale e l’obbligo di comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA, sempre con periodicità trimestrale.

Sulla stessa lunghezza d’onda è il decreto legge n. 50 del 2017, con il quale è stata prevista una ‘stretta’ sulle compensazioni fiscali, incrementando il numero dei casi in cui è necessaria l’apposizione del visto di conformità per poter compensare i propri crediti, obbligando all’utilizzo esclusivo delle procedure telematiche dell’Agenzia delle Entrate.

Vera MORETTI

RTI: la rivoluzione digitale va sostenuta da una formazione adeguata

Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato, intervenuto a nome di Rete Imprese Italia in occasione dell’Audizione promossa dalla Commissione Lavoro del Senato sull’impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale, ha dichiarato: “La quarta rivoluzione industriale impone una ‘rivoluzione’ anche delle politiche della formazione e del lavoro. Va costruita una ‘via italiana’ a Industria 4.0 che valorizzi le competenze e il saper fare delle persone, fattore chiave di competitività per le micro, piccole e medie imprese”.

Questo significa che, secondo Rete Imprese Italia, la rivoluzione digitale va gestita con misure legislative capaci di trasformarla in opportunità di lavoro sia indipendente sia dipendente, ma per farlo occorre che vengano sviluppate nuove politiche di istruzione e formazione continua per i giovani.

Per non perdere di vista gli obiettivi principali, dunque, la strada obbligata da percorrere è quella del sistema duale, che prevede da un lato l’attuazione dell’alternanza scuola-lavoro e dall’altra l’apprendistato di primo e terzo livello, che possono contribuire a superare il gap ancora esistente, e purtroppo molto profondo, tra scuola e mondo produttivo, fornendo così ai ragazzi che ne usufruiscono le giuste e dovute competenze richieste dalla rivoluzione digitale.

Non si tratta di un accompagnamento che deve interessare solo i ragazzi ma anche i lavoratori, che avranno necessariamente bisogno di formazione ed aggiornamenti continui, per essere all’altezza dei cambiamenti repentini delle tecnologie digitali.

Anche la contrattazione collettiva dovrà essere capace di governare e interpretare i cambiamenti tecnologici con maggiore flessibilità del rapporto di lavoro, con azioni finalizzate ad aumentare la produttività e con incentivi dei programmi di welfare contrattuale.

Vera MORETTI

Cloud computing sempre più diffuso tra micro e piccole imprese

Durante la Convention Servizi di Confartigianato, denominata BIT – Generation – sulla strada del digitale, tenutasi lo scorso 4 maggio, si è parlato delle tendenze offerte dal mercato in particolare dedicate alle micro e piccole imprese, con una attenzione specifica a domanda ed offerta di servizi determinata dalle tecnologie digitali.

Per le pmi, e per le micro imprese, l’esigenza di poter usufruire di servizi digitali competitivi, ma a basso costo, è molto sentita e, a questo proposito, il cloud computing rappresenta la soluzione perfetta, dando la possibilità di ampliare i servizi disponibili per l’impresa grazie ad un incremento della potenza di calcolo e la capacità di memorizzazione.

Il cloud computing è utilizzato in Italia da oltre un quinto delle imprese, pari al 21,5%, superiore alla media Ue del 20,9% e secondo solo dopo il Regno Unito che raggiunge il 34,7%. Gli altri maggiori Paesi dell’Unione europea sono dietro di noi: Spagna con il 18.3%, Francia con il 17,1% e Germania con il 16,3%.

Per quanto riguarda i servizi a pagamento di cloud computing, il più utilizzato è quello di posta elettronica (18,2% delle imprese), seguono l’archiviazione di file (8,7%), l’hosting di database dell’impresa (8,4%), il software per ufficio (7,6%), il software customer relationship management (CMR) (4,2%), il software di finanza e contabilità (4,1%) e la potenza di calcolo per eseguire software di impresa (2,1%).

A livello territoriale, la sua diffusione è maggiore al Nord-Est (23,9% delle imprese) e meno nel Mezzogiorno (17,7%). Più di una impresa su quattro sfrutta questi servizi in Basilicata (29,3%) e Provincia Autonoma di Bolzano (25,6%); seguono Lombardia (24,4%), Lazio (24,3%) e Emilia-Romagna (24,1%).

Per quanto riguarda, invece, i settori d’impresa, oltre la metà delle imprese di Informatica ed altri servizi d’informazione (52,8% delle imprese) utilizza questa tipologia di servizi, che risulta ampiamente diffusa anche presso Agenzie di viaggio e tour operator (47,4%), Telecomunicazioni (47,3%), Produzione audio e video (43,3%) ed Attività editoriali (42,4%). Nelle imprese dell’ICT l’uso del cloud computing (48,3% delle imprese) è oltre due volte superiore alla media.

Vera MORETTI