Moda italiana e Bric, Russia e Cina non sono morte

Nonostante una congiuntura che negli ultimi anni ha fortemente indebolito i cosiddetti Paesi Bric (Brasile, Russia, India e Cina), per diverso tempo le motrici dell’economia mondiale, su alcuni di questi continua a scommettere la moda italiana per sostenere il proprio export.

Il Brasile vive ormai da tempo una profonda recessione, l’India si barcamena ma tutto sommato è la realtà con ancora i migliori margini di crescita, la Cina ha rallentato pericolosamente la propria crescita e, con la svalutazione dello Yuan, ha messo in crisi i mercati mondiali, la Russia è fiaccata dalla sanzioni economiche internazionali a seguito della crisi con l’Ucraina. Ma la moda italiana continua a credere specialmente in Russia e Cina.

Secondo le previsioni di Prometeia e del Centro Studi di Confindustria, presentate nei giorni scorsi durante il lancio del progetto Esportare la Dolce Vita, l’export della moda italiana crescerà del 37,4% nei Paesi emergenti da qui al 2020, ma il 2016 sarà l’anno della Russia, dopo il periodo duro delle sanzioni.

In particolare, il made in Italy e la moda italiana dovrebbero tornare a crescere a Mosca a partire dal prossimo anno, sostenuti dal Progetto speciale Russia ideato da Ice, Smi (Sistema Moda Italia) e ministero dello Sviluppo economico e la crescita dovrebbe proseguire anche nel 2016.

Secondo Prometeia e Confindustria, la ripresa in Russia dovrebbe essere sostenuta dai prodotti di fascia medio-alta della moda italiana, che entro il 2020 dovrebbero portare l’export a un +26,7%, per un controvalore di 1,3 miliardi di euro. Numeri da sogno se rapportati al -13% registrato nel 2014 e al -30% del primo semestre 2015.

Sarà invece la Cina in prima persona a venire da noi e a proporre la vendita dei prodotti della moda italiana di fascia medio-alta, semplificando le operazioni di vendita e azzerando i rischi per le aziende italiane. Lo farà con una iniziativa del colosso cinese della distribuzione IFF, che sarà presentata a Milano alle aziende italiane interessate il 6 e 7 ottobre.

Il progetto in questione prevede che i prodotti della moda italiana siano esposti in 8 nuovi Fashion Center posti nelle più note strade commerciali delle città di Pechino, Shanghai, Shenzhen, Changsha, Hangzhou, Wuhan, Shengyang e Xiamen, nei quali 300 distributori cinesi selezionati da IFF esporranno i prodotti italiani per venderli sia al dettaglio sia all’ingrosso. I centri di IFF si attiveranno anche come centrali di acquisto online, utilizzando una piattaforma di eCommerce.

L’arrivo di IFF in Italia a ottobre è mirato a selezionare circa 200 aziende della moda italiana operanti nel segmento dell’abbigliamento e degli accessori, con l’obiettivo di acquistarne i prodotti della collezione autunno/inverno 2016/17. Le aziende interessate possono accreditarsi agli incontri compilando il modulo sul sito di IFF oppure inviando una e-mail a info@retaily.it, per avere anche maggiori informazioni sulla formula di affiliazione adottata.

Il Made in Italy sbarca a L’Avana?

E’ avvenuta in questi giorni una missione imprenditoriale a L’Avana, promossa dai Ministeri dello Sviluppo Economico e degli Affari Esteri per capire cosa può offrire Cuba alle imprese italiane che puntano all’internazionalizzazione e quali vantaggi può trarre il Made in Italy dall’approdo sul mercato cubano.

Secondo le stime dell’Associazione Bancaria Italiana ammontano ad oltre 473 milioni di euro i fondi stanziati dal sistema del credito per gli imprenditori italiani che intendono avviare processi di internazionalizzazione a Cuba.

I dati sono stati diffusi da Guido Rosa, presidente del Comitato Tecnico per l’internazionalizzazione ABI, durante il Forum economico Italia-Cuba tenutosi a L’Avana organizzata da Ice, Confindustria, ABI, Unioncamere e Conferenza delle Regioni.

Per l’occasione, erano presenti aziende italiane produttrici nei comparti:

  • meccanica agricola e trasformazione alimentare,
  • ambiente ed energie rinnovabili,
  • infrastrutture e costruzioni,
  • biomedicale,
  • turismo.

Del plafond complessivo messo a disposizione dalle banche italiane, finora sono stati utilizzati 168 milioni di euro, lasciando ampi margini per sostenere le imprese che vorranno affacciarsi su questo nuovo mercato.

Anche SACE era presente al forum, con una delegazione guidata dal presidente Giovanni Castellaneta, il quale ha confermato i benefici di un investimento sul mercato cubano, che potrebbe crescere in maniera esponenziale nei prossimi anni.

L’ufficio studi di SACE stima che, nel caso in cui il programma di riforme messo in atto da L’Avana riuscisse a compiersi appieno, le imprese italiane potrebbero beneficiare di un guadagno di nuovo export pari a 220 milioni di euro entro il 2019.

Nel frattempo, si terrà dall’1 al 7 novembre la FIHAV 2015, la Fiera internazionale de L’Avana. La manifestazione, giunta alla 33° edizione, si concentra su settori strategici per lo sviluppo economico e industriale del Paese, quali:

  • edilizia,
  • arredamento,
  • meccanica,
  • energie alternative,
  • beni di consumo,
  • abbigliamento,
  • prodotti per la casa,
  • prodotti alimentari.

Vera MORETTI

Tag: Made in Italy, Sace, Cuba,

Prove di rinascita per le imprese del Sud

Qualche piccolo segnale di ripresa sembra intravedersi anche per le imprese del Sud. Secondo il rapporto “Pmi Mezzogiorno 2015” curato da Confindustria e Cerved, le piccole e medie imprese del Sud dovrebbero crescere nel 2015 sia in fatturato (+1,2%) sia in valore aggiunto (+2,1%).

Una crescita che, per le imprese del Sud, caratterizzerà anche la redditività del capitale investito (+5% in Roe) e il margine operativo lordo (+4,3% in Mol). Un andamento positivo che, secondo il rapporto, dovrebbe continuare per le imprese del Sud anche il prossimo anno.

Il rapporto di Confindustria e Cerved è stato elaborato sulle 27mila imprese del Sud (società di capitale), con un fatturato compreso tra 2 e 50 milioni di euro e un numero di dipendenti tra 10 e 250 addetti. Pur sottolineando i dati positivi, il rapporto non può tacere il fatto che più del 25% delle 29mila imprese del Sud attive nel 2007, prima della crisi, è sparito dal mercato; delle 20mila imprese sopravvissute, circa il 25% ha ridotto le proprie dimensioni, diventando una micro-impresa.

E se la crisi ha ammazzato tante imprese del Sud, ha anche impedito che molte ne nascessero. Confindustria e Cerved rilevano fino al 2012 è calato drasticamente il numero di nuove imprese e solo il 45% delle imprese del Sud di nuova costituzione è sul mercato a tre anni dalla nascita. Insomma, ben vengano i segni più, ma prima che riescano a compensare i segni meno passerà molto, molto tempo.

Made in Italy superstar nei mercati emergenti

Expo 2015, oltre che una vetrina per l’Italia nel mondo, è l’occasione per fare il punto su diversi aspetti della nostra economia, attraverso studi, ricerca sondaggi. Recentemente il Centro Studi Confindustria e Prometeia hanno presentato la sesta edizione della ricerca “Esportare la dolce vita”, dalla quale emerge che l’export dei prodotti made in Italy nei mercati emergenti è sempre più forte e destinato a migliorare

Secondo quanto emerge dallo studio, il valore delle esportazioni made in Italy dei cosiddetti “Bbf”, i prodotti belli e ben fatti, nei 30 principali mercati emergenti, raggiungerà i 16 miliardi di euro nel 2020, dagli 11 dello scorso anno; un incremento che, in termini percentuali, vale il 45%, mentre sui mercati maturi si attesterà intorno al 27%.

Si tratta in realtà di mercati che, per il made in Italy, non sono spesso nuovissimi. La Russia, per esempio, resterà il principale mercato per le imprese italiane, con una previsione di fatturato per il 2020 di 3,5 miliardi e una crescita frenata dal quadro macroeconomico e politico non rassicurante.

Dietro a Mosca vengono gli Emirati Arabi, vera Mecca per il made in Italy: 3,3 miliardi e un +1,3 miliardi di import. Medaglia di bronzo per la Cina: 2,2 miliardi nel 2020, con un +0,7 miliardi di import.

L’analisi di Confindustria e Prometeia si concentra particolarmente sui Bbf dei settori abbigliamento e tessile casa, alimentare, arredamento, calzature, gioielleria, occhialeria e oreficeria. Tutti settori del made in Italy appetitosi per i nuovi ricchi dei mercati emergenti che, secondo lo studio, nel 2020 saranno 224 milioni in più rispetto allo scorso anno. La metà di essi risiederà nelle principali città di Cina, India e Indonesia, ma occhio a Paesi vicini in forte crescita come, per esempio, la Turchia..

Confindustria e Prometeia mettono però in guardia le imprese del made in Italy che vogliono esportare in questi Paesi, poiché l’accesso a quei mercati non è sempre facile. Ecco perché è stata stilata una classifica di accessibilità per Paese che vede al primo posto gli Emirati Arabi in testa in tutti i settori in cui si struttura il ranking; seguono la Malesia e i mercati europei. Occhio all’assenza nella top 10 di Paesi chiave per il nostro made in Italy come Russia e Cina. Segno che, su questo aspetto, c’è ancora da lavorare.

Il Piano straordinario del governo per il made in Italy

Che il rilancio del made in Italy sia una fissa del premier Renzi e che ne voglia fare uno dei pilastri dell’azione di governo in ambito economico è cosa risaputa. Va in questa direzione anche il recente “Piano straordinario per il Made in Italy” varato dal governo e presentato a Milano dal viceministro per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, con il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi e il presidente di Aefi (l’Associazione Fiere italiane) Ettore Riello.

Un programma che prende ispirazione dall’imminente Expo2015 di Milano e che prevede, per quest’anno, uno stanziamento di 261 milioni da destinare a 5 principali aree di intervento, tra le quali “il potenziamento dei grandi eventi in Italia“, a beneficio del made in Italy.

Ecco il perché della presenza di Aefi. Forte sarà infatti il supporto alle manifestazioni fieristiche maggiormente cresciute in Italia e all’estero negli ultimi anni, con l’obiettivo di favorire l’internazionalizzazione delle imprese esportatrici di prodotti, eccellenze e know-how made in Italy.

Le fiere interessate dal Piano sono infatti più di oltre 40 e conteranno su finanziamenti totali per 48 milioni di euro purché abbiano “una posizione di leadership nel proprio settore a livello globale”.

Come ha ricordato il viceministro Calenda, “la cifra destinata nel 2015 al made in Italy ammonta a sei volte la media dei precedenti stanziamenti, e dimostra l’impegno del governo a favore dell’export. Il settore delle fiere svolge un ruolo cruciale nella promozione del sistema Paese e dei nostri prodotti, per questo all’interno dei fondi sono stati stanziati ben 48 milioni di euro, per potenziare i grandi eventi fieristici”.

Si respira aria nuova tra gli imprenditori – ha concluso Calenda -, questo può essere un anno straordinario per le esportazioni”.

Made in Italy alla conquista del Kazakistan

Le ex repubbliche sovietiche sono un territorio tutto da esplorare per l’esportazione delle eccellenze italiane. Ecco perché è il 10 novembre ha preso il via in Kazakistan, nella capitale Astana, una missione dell’Italia partecipata dal Governo, da Confindustria e patrocinata dall’Istituto per il Commercio Estero, l’ICE.

Nell’ambito della missione, il veicolo finanziario SACE ha allo studio 500 milioni di euro di nuovi progetti in Kazakistan, con l’obiettivo fare business nel Paese e di consolidare il posizionamento dell’Italia, tanto in campo energetico – l’ex repubblica sovietica nell’oil&gas offre già da tempo alle aziende del nostro Paese diverse opportunità -, quanto con il Made in Italy in generale, che comprende una gamma ampia di comparti industriali: dalle infrastrutture alle tecnologie meccaniche, dal tessile e abbigliamento all’agroalimentare.

Con un fatturato superiore ai 700 milioni, l’Italia è il secondo esportatore in Kazakistan, dopo la Germania, grazie a settori come la meccanica (oltre il 43% dell’export) e la moda (22%). A invogliare gli investitori stranieri in Kazakistan, un piano di investimenti pubblici del valore di 5 miliardi di dollari, che mira a potenziare il ruolo del Paese nel trasporto aereo, marittimo e ferroviario.

L’ambasciatore italiano in Kazakistan, Stefano Ravagnan, nell’ospitare la missione, ha parlato di un mercato più sofisticato e competitivo, ma ha anche messo in guardia: “Non possiamo vivere sugli allori”.

Confindustria contro l’italian sounding

L’allarme era stato dato da Coldiretti e da altre associazioni che si occupano di proteggere i diritti dei consumatori e di salvaguardare il Made in Italy.

Ora anche Confindustria ha voluto affrontare la questione, dopo l’ennesima scoperta di prodotti contraffatti che stanno facendo il giro del mondo, e che di italiano non hanno proprio nulla.

Qualche esempio? Il “Parmesan” spagnolo, il “San Daniele Ham” prodotto in Canada, il Chianti californiano e i pomodori San Marzano statunitensi.

Insomma, si tratta di una marea che sta diventando sempre più imponente, e che rischia di travolgerci, mettendo a rischio la qualità, la tradizione e la fama che da sempre ha il Made in Italy.

La nuova tendenza si chiama italian sounding e non si propone come contraffazione vera e propria, ma come un “utilizzo illecito della forza evocativa dell’italianità”, che di fatto rappresenta una forza sul mercato, che frutta, solo nei Paesi Ue, ben 21 miliardi di euro, contro i 13 dei prodotti originali.

Ma cosa viene “copiato” di più? Prima di tutto, tessile ed abbigliamento (25,5 milioni), poi 16,5 milioni di giocattoli, 8,7 milioni prodotti di elettronica, informatica ed audiovideo, 6,3 milioni di farmaci

A rendere noti questi dati è stata Lisa Ferrarini, vicepresidente di Confindustria per l’Europa, Lisa Ferrarini, intervenuta in audizione alla commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione.

Queste le sue parole: “L’italian sounding va combattuto con strategie di marketing e valorizzazione del prodotto italiano, attraverso la difesa dei marchi e delle denominazioni d’origine”.
Occorre, perciò, “sensibilizzare i consumatori esteri sul prodotto realmente italiano, va attuata con estrema determinazione. L’appello di Confindustria a questa Commissione è che segnali anch’essa al governo la priorità e l’urgenza di identificare durante il semestre italiano di presidenza della Ue una soluzione di compromesso che permetta finalmente l’approvazione definitiva della norma del made in Italy”.

Vera MORETTI

In Italia, bandi per la realizzazione di un reattore a fusione

Le aziende italiane, attraverso una serie di gare competitive gestite da Fusion for energy, l’agenzia europea responsabile per l’Europa del progetto Iter, sono riuscite ad ottenere 780 milioni per la fornitura di componenti ad alto contenuto tecnologico, ai quali vanno ad aggiungersi ulteriori 18 in attività di ricerca e sviluppo.

Il progetto Iter è un’iniziativa trentennale per la costruzione e la sperimentazione di un reattore a fusione, situato a Cadarache in Francia, frutto di un accordo di collaborazione tra Europa, Stati uniti, Giappone, Russia, Cina, India e Corea del Sud.

I risultati ottenuti finora dalla partecipazione delle imprese italiane sono stati illustrati, alla presenza di oltre 150 imprese, da Enea, Confindustria Lombardia e il Lombardy Energy Cleantech Cluster.

Era presente anche Alberto Ribolla, nel suo doppio ruolo di presidente di Confindustria Lombardia e di Lombardy Energy Cleantech Cluster, il quale ha sottolineato come “i successi registrati fino ad oggi sono il risultato di un grande lavoro svolto in collaborazione tra aziende, centri di ricerca, università e istituzioni, il modello vincente dell’ecosistema-cluster che stiamo cercando il più possibile di promuovere“.

Durante l’incontro sono state evidenziate le opportunità imprenditoriali che potranno essere colte nei prossimi anni, dal momento che fino ad oggi sono stati investiti poco più della metà dei fondi a disposizione per le imprese europee, per le quali si prevedono nuovi appalti per oltre 2,3 miliardi di euro.

I bandi ancora da assegnare riguarderanno componenti ad alta tecnologia che dovrebbero garantire una concreta opportunità anche per le piccole e medie imprese italiane operanti nell’hi-tech e quelle imprese operanti in settori più tradizionali che vogliano affrontare nuove sfide.

Giovanni Lelli, commissario Enea, ha ricordato come l’ente che rappresenta “da decenni è impegnato ad attivare le indispensabili sinergie con il settore dell’industria e quello della formazione. Lo straordinario successo ottenuto dall’Italia nella partecipazione al progetto Iter, uno dei più complessi ed ambiziosi mai affrontati dal genere umano, dimostra inequivocabilmente come la strada tracciata da ENEA nella direzione di accrescere la competitività del Paese è quella giusta. Auspico che questo esempio diventi un modello a cui i decisori istituzionali facciano riferimento nel definire quelle strategie che devono rilanciare il nostro Paese verso una crescita solida e duratura“.

Vera MORETTI

Confindustria si prepara ad Expo 2015

Anche Confindustria parteciperà ad Expo 2015.
Dopo la conferma dell’adesione del comparto agricolo e di quello artigiano, dunque, anche l’industria sarà presente all’evento su cui l’Italia sta puntando per rilanciarsi, dopo una forte e lunga crisi.

Alla firma erano presenti Giorgio Squinzi e Diana Bracco, a suggello della partecipazione all’interno del Padiglione Italia, in qualità di partner.

Ma come farà, l’industria italiana, a “far venire l’appetito al mondo“, come ha sostenuto il presidente di Confindustria?

I concetti chiave sono due: ricerca e innovazione, promosse attraverso una serie di iniziative legate alla promozione di produzioni industriali e tecnologie, ma anche attraverso la collaborazione a un progetto educativo-culturale sull’alimentazione sostenibile e l’allestimento di una mostra permanente, intitolata Il cibo dei desideri.

Lo spazio espositivo sarà di 900 mq, su due piani, realizzato dalla confederazione in collaborazione col Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, nel tentativo di ricreare la complessità dell’intera filiera alimentare, mettendone in luce gli aspetti legati alla tecnologia.

Ciò avverrà grazie al supporto delle associazioni partner: da Federalimentare (che avrà anche due padiglioni riservati) a Federchimica, passando per Assolombarda, Acimit (per il tessile), Anie (per l’elettronica), Anima (meccanica), Assica (carni e salumi), Assocomaplast (materie plastiche) e Ucimu (automazione).

Confindustria sarà attiva anche nell’organizzazione di incontri, meeting e riunioni, intercettando tutti i decisori pubblici e privati che passeranno per i saluti di rito alla nazione ospitante.

Il comunicato ufficiale ha diffuso che “Confindustria e le sue Associazioni contribuiranno alle iniziative di Padiglione Italia dedicate alle start up e all’innovazione e collaboreranno all’organizzazione di incontri bilaterali internazionali per promuovere affari con le delegazioni straniere che saranno ospitate”.

Contemporaneamente ad Expo, si terrà Ipack-Ima, la più importante mostra internazionale dedicata all’imballaggio, al confezionamento, alla logistica industriale e alle macchine per l’industria alimentare, che per l’occasione sarà affiancata da altre sei manifestazioni specializzate dedicate alle filiere della carne, casearia e ortofrutticola, alla stampa, alla grafica e alla movimentazione industriale.

Vera MORETTI

Operazione Mini-bond in Lombardia

La Regione Lombardia ha messo a disposizione voucher per le aziende del valore complessivo di 2 milioni e mezzo di euro, nell’ambito dell’Operazione Mini-bond.

Il progetto si pone come un canale alternativo a quello bancario e si offre alle imprese per recuperare fondi sul mercato e per emettere obbligazioni.

Una stima recente operata dall’Assessorato alle attività produttive conferma che sono circa 11mila le imprese, medie e grandi, interessate all’iniziativa in tutta la Lombardia, anche nella provincia di Pavia.

A questo proposito, Alberto Cazzani, presidente di Confindustria Pavia, ha dichiarato: “E’ una buona iniziativa, all’estero funziona. In provincia di Pavia, però, il 90% del tessuto produttivo è formato da aziende di piccole dimensioni che non hanno molte possibilità di attivare un’operazione di questo tipo. Confindustria chiede con forza da tempo incentivi per le aggregazioni delle imprese. Facendo rete aumentano le possibilità di innovare e differenziare i mercati“.

La Regione ha approvato venerdì in giunta il progetto che parte con il supporto di Finlombarda.
Verranno individuate le imprese lombarde che hanno la potenzialità per emettere obbligazioni, assistendole sia nella strutturazione delle operazioni di emissione, sia nell’acquisto di quote di obbligazioni.
Alle imprese emittenti verrà concesso un voucher per coprire i costi di emissioni, mettendo a disposizione 2,5 milioni.

Mario Melazzini, assessore regionale alle Attività produttive, ha commentato: “Vogliamo creare un ambiente favorevole alle imprese, mettendo in campo azioni di sistema innovative e integrate, che rispondano concretamente ai loro bisogni e adottando strumenti finanziari adeguati. Con il progetto Minibond diamo attuazione a quanto previsto dalla legge 11 Impresa Lombardia”.

Ha poi concluso Mauro Parolini, assessore regionale al Commercio: “Se Regione Lombardia partecipa con un quota importante tramite Finlombarda, vuol dire che ci crede e così ci possono credere anche gli investitori. Facilitiamo l’accesso delle aziende medie, ma non così grandi, a questo strumento, scendendo anche sotto il taglio minimo dei 5 milioni. Noi pensiamo che questo mercato dei minibond finalmente possa partire, dando una mano a un sistema che, per le regole di “Basilea 3”, vedrà nei prossimi anni una riduzione del credito pari a 100-150 miliardi di euro. Con questo sistema alternativo diamo una mano alle aziende per reperire fondi sul mercato. Inoltre, spesso l’emissione di minibond è anticamera alla quotazione in Borsa“.

Da una prima analisi della Regione le imprese potenziali per questo tipo di intervento sono per oltre il 30% in Lombardia, due su tre con credito positivo.

Vera MORETTI