Per il turismo italiano sarà una grande estate

L’estate appena cominciata potrebbe essere davvero positiva per il turismo italiano, e non solo a causa del gran caldo che non ha tardato a farsi sentire e che ha già riversato sulle spiagge, ma anche al fresco dei monti, migliaia di turisti in cerca di refrigerio, ma anche perché, a quanto pare, dopo anni neri, la fiducia del viaggiatore italiano sta crescendo in maniera forte e decisa.

L’indice di fiducia relativo al mese di maggio, infatti, è salito a 69, ben 6 punti in più rispetto al mese precedente, e con buone prospettive di crescita per i mesi prossimi e fino a fine 2017.

Luca Patanè, presidente di Confturismo-Confcommercio, ha affermato: “Il settore conferma il proprio trend positivo. Puntare sul turismo è sempre più necessario per rilanciare l’economia”.
Se, infatti, si pensa che, al contrario, gli italiani sono ancora piuttosto pessimisti sull’andamento dell’economia, si capisce quanto è importante il turismo come traino per tutti gli altri settori.

Per ora il saldo tra gli ottimisti e i pessimisti sull’economia è negativo di nove punti percentuali, anche se in lieve miglioramento rispetto allo scorso anno.

Ma, ora che la fiducia e la propensione a viaggiare sono in aumento, dove andranno gli italiani questa estate? Prima di tutto, occorre segnalare che le loro vacanze non riguarderanno sempre e solo il mese di agosto, che comunque rimane il più gettonato, e inoltre, come media, si fermeranno nella località prescelta per più di tre notti, almeno per il 69% dei viaggiatori. Il 31% di loro, invece, trascorrerà un weekend, con durata massima di due notti.

Le mete preferite rimangono saldamente le stesse: la Toscana è in testa alle preferenze, ma è seguita da Puglia, Emilia Romagna, Sardegna e Sicilia.
Per chi, invece, decide di andare oltre i confini nazionali, la meta europea più ambita è la Spagna.

Vera MORETTI

Turisti internazionali sempre più attirati dalle città d’arte italiane

Durante il Forum di Confcommercio a Cernobbio si è parlato, ovviamente, anche di turismo, una delle principali risorse economiche del nostro Paese.
Ciò che è maggiormente emerso è l’aumento sostanziale di turisti stranieri, che sono stati quasi 56 milioni nel 2016, con aumento del 55% di arrivi e del 35% di presenze tra il 2001 e il 2016.
Rispetto al passato, però, sono di più le vacanze mordi e fuggi, poiché, se nel 2001 la permanenza media era di 4,1 giorni, ora è di 3,6 giorni. Rimangono di meno e spendono meno, 661 euro nel 2016 contro i 1.034 nel 2001, per un calo del 36%, anche se nel confronto 2015-2016 la permanenza media è in lieve risalita, di sole due ore, che però, a livello di spese, valgono 600 milioni di entrate aggiuntive.

Ma, ad oggi, le perdite sono maggiori delle entrate, se consideriamo che l’abbreviazione media del soggiorno dei turisti stranieri è costata, tra il 2001 e il 2016, ben 45 miliardi di euro tra il 2001 e il 2016, pari a tre miliardi all’anno, a testimonianza della necessità di una politica di promozione e commerciale in grado di allungare la permanenza media e le occasioni di spesa.

Ma da dove provengono i turisti stranieri? Negli ultimi due anni, il 64% degli arrivi sono di Paesi extra europei, con una presenza massiccia di cinesi, aumentati di 1,5 milioni nel solo biennio 2015-2016, e un vero e proprio boom di turisti internazionali attirati dalle nostre uniche e meravigliose città d’arte (+31,5% di arrivi e + 22,1% di presenze nel periodo 2009-2015), ma anche dalle località collinari (+42,4% di arrivi e + 26,2 di presenze tra il 2009 e il 2015) e dalle città minori di interesse storico e artistico (+40,7% di arrivi e + 26,7% di presenze tra 2009-2015).

Vera MORETTI

Viaggi: sale la fiducia degli italiani anche nel 2017

L’indice di fiducia, che serve per capire gli umori e le sensazioni degli italiani, ha subito due importanti cambiamenti.
Prima di tutto, c’è una maggiore sensibilità al cambiamento, che permette di carpire in modo più preciso la percezione degli italiani. Inoltre, per renderlo di facile comprensione, la sufficienza è stata attestata ad un valore pari a 60.

Per quanto riguarda, nello specifico, i viaggi, l’indice di propensione da parte degli italiani è stato, a gennaio, di 63 punti, in crescita rispetto al mese precedente. Se poi si confronta con gennaio 2016 e gennaio 2015, si nota che i valori registrati sono rispettivamente pari a 62 e 60.

A fronte di questo risultato, Luca Patanè, Presidente di Confturismo-Confcommercio, ha dichiarato: “Il turismo si conferma essere il motore della crescita italiana ed è essenziale puntare sempre di più sul nostro settore”.

Il settore turistico quindi rimane uno dei capisaldi dell’economia italiana, nonostante la crisi economica che l’ha pesantemente sfavorito, poiché continua a crescere, annualmente, con tassi vicini all’1%.
Gli italiani continuano ad essere fiduciosi, e credono che il 2017 sarà migliore rispetto al 2016.

Quando si tratta di viaggi, gli italiani dimostrano di apprezzare particolarmente la componente culturale, tanto che due su tre nelle loro scelte e mete turistiche la considerano come fattore principale per la buona riuscita della vacanza. Anche se solo un italiano su due pensa che il patrimonio culturale italiano sia ben valorizzato.

Per quanto riguarda i progetti di viaggio per i prossimi mesi, si tratterà di vacanze relativamente corte, con durata media di 3,5 notti, con Toscana, Trentino Alto Adige, Lazio, Piemonte e Veneto tra le regioni preferite.

Vera MORETTI

Estate positiva per gli italiani

Nonostante la crisi, l’estate targata 2015 ha segnato un’inversione di tendenza nella propensione alle vacanze degli italiani.
Se, infatti, fino all’anno scorso la maggior parte aveva dovuto ridurre i giorni di ferie, o comunque optare per mete più vicine e dimenticare, almeno temporaneamente, quelle più esotiche, quest’anno, nel mese di luglio, l’indice di propensione al viaggio del viaggiatore italiano ha toccato quota 66, ovvero il suo massimo storico, tre punti in più rispetto al mese precedente, un risultato che porta a 11 punti l’aumento realizzato da ottobre in poi.

Questo dato, senza dubbio incoraggiante, è stato reso noto da un’indagine condotta da ConfturismoConfcommercio in collaborazione con l’Istituto Piepoli.
Ovviamente, l’aumento dell’indice è dovuto ad una migliore situazione economica, che ha quindi modificato il comportamento dei turisti italiani, più invogliati a partire e staccare dalla routine.

Il motivo principale è un maggiore ottimismo relativo all’uscita dalla situazione di recessione, e la maggior parte di chi è partito ha dimostrato di preferire di gran lunga l’Italia, con Trentino Alto Adige, Puglia e Toscana in testa alle preferenze.
Chi invece ha preferito varcare i confini del Belpaese ha scelto Croazia e Grecia, mentre fuori dall’Europa hanno stravinto gli Stati Uniti e il Nord Africa.

Altro dato importante è che non solo ad agosto sono avvenute le partenze e, complice il caldo che ancora è ben presente sullo Stivale, sono più di 4 milioni gli italiani che sono ancora in vacanza e che, anzi, hanno scelto proprio settembre per concedersi il meritato riposo, un milione in più rispetto all’anno scorso.

Si tratta di un dato considerevole, che porterà una scossa, positiva, sull’economia nazionale, come ha confermato Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi: “I cambiamenti culturali ed economici hanno modificato il modo di far vacanza anche per gli italiani. La durata della vacanza principale si accorcia e ad essa si aggiungono vacanze più brevi e week end nel corso dell’anno; inoltre, anche se agosto rimane il mese preferito dagli italiani, si registra una crescita dell’attenzione verso altri periodi dell’anno“.

Vera MORETTI

Turisti stranieri, in Italia resta solo la metà di quanto spendono

Quando ci mettiamo d’impegno, noi italiani siamo un popolo straordinario. Sia nel fare le migliori cose, sia nel rovinarci con le nostre stesse mani, riuscendo a dissipare il patrimonio di creatività, arte, voglia di fare e natura che il buon Dio ci ha dato. Ma noi di INFOIVA non smettiamo di credere nelle capacità delle parti sane che compongono il tessuto produttivo del nostro Paese di cambiare le cose, a dispetto di una politica sorda, aliena, lontana. E non smettiamo di farlo neanche quando ci imbattiamo in questi dati, affrontando questa settimana il tema dell’industria turistica italiana, facendo il punto su quanto emerso dalla Bit, la Borsa Internazionale del Turismo che si è tenuta la scorsa settimana a Milano.

Secondo quanto emerge dalla ricerca realizzata da Confturismo – Confcommercio in collaborazione con il CISET (Centro Internazionale di Studi sull’Economia Turistica) dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, meno della metà della spesa dei turisti stranieri arriva in Italia, mentre il rimanente arricchisce le economie estere. Dei 5,7 miliardi di euro di fatturato generato dalla vendita di pacchetti ai turisti stranieri, solo 2,7 miliardi (il 47,1%) rimane in Italia, mentre i restanti 3 miliardi (52,9%) vanno a remunerare la filiera estera.

I 5,7 miliardi di euro vengono innanzitutto depurati dal costo del trasporto effettuato da vettori internazionali (che pesa per il 39% sul costo finale del pacchetto). Poi, dal prezzo depurato viene detratto il mark up del Tour operator estero e la remunerazione del canale distributivo collegato (12,2% del costo finale). Il totale delle detrazioni ammonta così al 52,9% del fatturato totale.

A fronte di un turismo incoming organizzato che nel 2012 ha registrato un andamento migliore rispetto all’incoming totale, sia in termini di arrivi sia di spesa (+7,2% e +12,5%, rispettivamente, contro +0,6% e +3,8% per l’incoming totale) la filiera italiana cattura meno del 50% dei ricavi totali (47,1%). Ma il contributo che il turismo incoming dà all’economia italiana è molto superiore a quanto deriva dalla vendita dei pacchetti. In particolare, un turista internazionale che sceglie di acquistare un pacchetto per un soggiorno o un tour in Italia spende, in media, 1.054 euro per il pacchetto, ma lascia sul territorio altri 388 euro a testa di spesa extra. Un capitale letteralmente dissipato.

Il turismo è il petrolio dell’Italia? Ancora per poco…

di Davide PASSONI

Provate a digitare nella stringa di ricerca di Google, sezione News, la parola Bit, ovvero la Borsa Internazionale del Turismo che si è appena chiusa a Milano. Ebbene, nella prima pagina di risultati troverete quasi solo notizie relative a stand che hanno presentato a Milano l’offerta turistica delle singole regioni italiane.

Un risultato che è lo specchio più fedele di uno dei principali motivi per i quali la nostra industria turistica non riesce a esprimere tutte le potenzialità delle quali sarebbe capace: l’incapacità, anche qui, di fare sistema. Una incapacità che si traduce in occasioni perdute, prima fra tutte quella di avere una regia unica per il sistema turistico italiano che consenta di far restare sul territorio la maggior parte della ricchezza che il turista straniero porta con sé.

Per non parlare di un sistema infrastrutturale e dei trasporti e di un sistema aeroportuale che ci collocano agli ultimi posti in Europa per efficacia del servizio. Come poter immaginare uno scenario diverso in un Paese dove ogni città fa a gara per avere un suo aeroporto, moltiplicando costi e spese e frammentando in modo sterile l’offerta logistica per i passeggeri?

O ancora, tralasciando la qualità media dell’offerta ricettiva in Italia, non all’altezza degli standard europei, proviamo a guardare al mondo di INFOIVA, internet. L’acquisto di viaggi, vacanze e soggiorni è, sul web, una delle attività più diffuse al mondo e l’universo del turismo è uno di quelli che maggiormente sono stati cambiati dalla rivoluzione digitale. Ecco, confrontiamo il portale-vetrina dell’Italia e del suo turismo, Italia.it, con quello del nostro maggior competitor europeo, la Spagna e il suo spain.info. Bastano due aspetti per decretare un verdetto impietoso: il numero di lingue in cui il sito è disponibile e la presenza o l’assenza sulla home page del box che consente di organizzare e acquistare il proprio viaggio e la propria vacanza nel Paese. Siamo sconfitti nettamente, come nella finale dell’ultimo Europeo di calcio.

Insomma, pizza, spaghetti, mandolino, Colosseo, Ponte Vecchio, le gondole, il barocco, la Costa Smeralda, la piadina, lo speck o il Museo Egizio da soli non bastano più. E nemmeno se lasciati alle cure della regione che li ospita o ha dato loro i natali potranno brillare in un panorama turistico globale che cambia rapidamente quanto la tecnologia e gli scenari geo-economici. In questo caso, la conservazione dell’identità locale potrebbe trasformarsi, anziché in una opportunità di promozione, in una chiusura che rischia di spegnere ogni possibilità di sviluppo.

Chi ha a cuore le sorti del turismo e, soprattutto, chi deve legiferare per rilanciare il settore, tenga conto di tutto questo.

Turismo, una stagione decisiva per le piccole imprese

 

di Davide PASSONI

Non è la prima volta che su Infoiva ci occupiamo dell’industria italiana del turismo. Lo abbiamo già fatto, per esempio, lo scorso anno, quando al tema abbiamo dedicato due focus proprio a cavallo dell’estate, per parlare di prospettive e bilanci. Oppure lo scorso febbraio, in occasione della Bit, la Borsa internazionale del Turismo di Milano

Torniamo sull’argomento a un anno di distanza dagli speciali estivi e lo facciamo perché siamo convinti che quello turistico sia uno degli asset più importanti che il nostro Paese può sfruttare per rilanciare la propria economia e che, guarda caso, vede nella piccola impresa, spesso familiare, il cardine sul quale gira la maggior parte delle realtà del settore.

Un settore che non si sottrae a un vizio tipico dell’impresa italiana: quello di andare in ordine sparso. Regioni, province, città tendono a promuoversi in maniera autonoma, mancano l’idea e la forza di una gestione centrale e unitaria della promozione turistica del Paese. Lo stesso portale Italia.it, che dovrebbe costituire l’ingresso principale per gli stranieri all’offerta turistica a culturale della Penisola, non è ancora al livello di analoghi portali di alte nazioni europee nostre “concorrenti”.

Se a questo si aggiunge una politica che spende sempre meno in tutela del patrimonio artistico e tende sempre di più a fare cassa nei settori che maggiormente possono essere “spremuti” (vedi tassa di soggiorno), ecco che, anche qui, i piccoli che fanno il grosso sono costretti a chinare il capo e a fare i conti con bilanci sempre più magri.

Hai voglia, poi, a parlare dell’apertura al turismo proveniente dai Paesi emergenti come la grande promessa per salvare il turismo… Quanti operatori, albergatori, ristoratori hanno gli strumenti giusti per capire e soddisfare i loro bisogni e le loro richieste, spesso molto singolari e lontani anni luce da quelli del turista straniero “standard”?

Solo due esempi di come, sul turismo, si sentono spesso solo chiacchiere e buoni propositi. Noi ancora aspettiamo fatti e, in questa settimana, cercheremo di capire che aria tira sul settore sentendo voci e analizzando dati. Anche perché la bella stagione (anche se il tempo finora è stato piuttosto ballerino) è ormai avviata e non possiamo fallire: un altro anno di vacche magre e questa volta per le piccole imprese turistiche che ancora tengono botta potrebbe essere la fine.

Luca Patanè eletto presidente di Confturismo

Luca Patanè è il nuovo presidente di Confturismo, vertice finora occupato da Bernabò Bocca a partire dal 2002.
Insieme al nuovo presiedente, sono stati eletti anche i componenti del nuovo Comitato Direttivo: si tratta di Piergianni Addis, Riccardo Borgo, Giuseppe Cassarà, Marco Michielli, Raffaele Paletti e Placido Rosi. Il neo presidente e il Comitato Direttivo resteranno in carica fino al 2015.

Patanè è attualmente a capo di Federviaggio, la Federazione del turismo organizzato aderente a Confcommercio, e presidente del Gruppo Uvet e Uvet American Express, il più importante polo distributivo di servizi turistici nel mercato italiano.

Non essendo quindi una nuova conoscenza del settore, il neo eletto si è subito dimostrato deciso, programmando una serie di consultazioni con i vertici delle Organizzazioni associate con l’obiettivo di proporre già dalla prossima riunione del Comitato Direttivo, ai primi di luglio, un primo piano di attività di Confturismo per l’ultimo semestre 2013.

L’urgenza è giustificata dall’importanza che Confturismo ricopre in Italia, poiché viene considerato l’organismo di coordinamento più autorevole e rappresentativo del settore, fondato da Confcommercio nel 2000 per promuovere a tutti i livelli gli interessi delle imprese operanti nel turismo, valorizzarne l’immagine e favorire le relazioni tra le organizzazioni.

Fanno riferimento a Confturismo, e alle sue organizzazioni associate, oltre 220 mila imprese tra alberghi, agenzie di viaggio, campeggi, bed & breakfast, villaggi turistici, residenze turistico-alberghiere, bar, ristoranti, stabilimenti balneari, discoteche, ostelli della gioventù, per oltre 1 milione di addetti e circa 25 miliardi di euro di fatturato.

Le Organizzazioni associate a Confturismo sono: ANBBA (Associazione Nazionale Bed & Breakfast e Affittacamere), FAITA-Federcamping (Federazione delle Associazioni Italiane dei Complessi Turistici Ricettivi dell’Aria Aperta), FEDERALBERGHI (Federazione delle Associazioni Italiane Alberghi e Turismo), FEDERVIAGGIO (Federazione del Turismo Organizzato), FIAVET (Federazione Italiana Associazioni Imprese Viaggi e Turismo), FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), RESCASA (Federazione Italiana Residence).

Vera MORETTI

Fare Sistema: la chiave per la ripresa del turismo italiano

 

Infoiva non poteva non salutare questa settimana a tutto turismo senza interpellare Marco Serioli, direttore exhibitions Fiera Milano. La scorsa settimana il polo espositivo ha ospitato BIT 2013, fulcro D.O.C. di un sistema di networking intorno al quale hanno ruotato anche le piccole imprese legate al mondo dell’ospitalità e alle sue risorse. Com’è andata?

Quali prospettive sono emerse dall’ultima Bit relativamente al settore turistico italiano?
Bit 2013 si è aperta con un convegno inaugurale in cui il Ministro Gnudi ha presentato ufficialmente il Piano Strategico per il Turismo. Si tratta di un segnale forte di attenzione verso il settore, un piano atteso da anni. La scelta di Bit come sede privilegiata per presentarlo è la conferma che il settore fieristico, e la Borsa Internazionale del Turismo, in particolare, svolge un ruolo di traino importante.

Avete già avuto un feedback dagli espositori presenti?
Il feedback dei nostri espositori ci dice che, chi si è preparato bene alla manifestazione, ha fatto molto business, incontrando anche molti stranieri. Nonostante la crisi, infatti, il numero degli operatori professionali in Bit è rimasto costante, mentre abbiamo riscontrato un comprensibile calo nel pubblico.
Il punto sta proprio qui: prepararsi, fare sistema. Il turismo italiano ha ancora ampi margini di crescita: abbiamo asset unici al mondo, che nessuno può imitare. Ma, in un mercato sempre più globalizzato, non possiamo più andare in ordine sparso confidando che, per vedere Roma o Venezia, “tanto i turisti vengono lo stesso”.
Basti pensare che oggi sono sul mercato destinazioni che 40 anni fa, quando eravamo primi al mondo, non erano nemmeno aperte al turismo internazionale. La Cina, per esempio, che non a caso quest’anno era ospite d’onore a Bit 2013: è già la terza destinazione al mondo ed entro il 2015 sarà anche il primo mercato outgoing, con importanti flussi verso l’Italia. E le economie emergenti in genere, che alla Bit di quest’anno erano protagoniste.
Dobbiamo coordinarci di più e fare sistema. Se lo facciamo, l’obiettivo indicato dal Piano di passare dall’11 al 13-14% di quota di mercato nella nostra area di riferimento, quella euro-mediterranea, è assolutamente alla nostra portata.

Si tratta di un settore che soffre di molti mali. Quali i più gravi?
Il turismo subisce innanzitutto le stesse dinamiche che affliggono in generale l’economia italiana in questo periodo.
Anche la grande frammentazione dell’offerta diventa un problema quando dobbiamo confrontarci sui mercati internazionali, dove invece i Paesi nostri concorrenti, come Francia e Spagna, possono contare su imprese di grandi dimensioni.
Ma il quadro non è solo negativo: gli imprenditori del settore hanno dimostrato un’eccezionale capacità di risposta in questi anni, sviluppando nuove proposte che rispondono alle esigenze dei target emergenti.

Lo chiediamo anche a lei: quali sono gli “anticorpi” su cui può contare per guarire?
Innanzitutto, come dicevo, l’eccezionale spirito imprenditoriale dei nostri operatori, che in questi anni hanno letteralmente creato dal nulla nuovi segmenti di offerta. Basti pensare al boom degli agriturismi, e all’enogastronomia in generale, ma anche alle molte modalità nuove in cui è stato declinato il turismo culturale, o al turismo della natura.
Per continuare a svolgere un ruolo di primo piano nell’industria turistica globalizzata, l’Italia, considerando anche la nostra struttura dei prezzi, non può che puntare sulla fascia alta e sviluppare un turismo di qualità. Dobbiamo puntare al segmento Affluent, i turisti con alta capacità di spesa, che amano il Made in Italy e lo stile di vita italiano. Il “brand Italia” è di certo un “anticorpo” molto potente: è fortissimo nel mondo ed è particolarmente apprezzato proprio nelle economie che crescono di più, come la Cina o la Russia.
Un anticorpo vincente è senz’altro puntare ancora di più sui turismi tematici, valorizzando l’incredibile varietà di paesaggi, culture, tradizioni enogastronomiche del nostro paese, di un’ampiezza probabilmente unica al mondo.
Dobbiamo anche sviluppare una politica continuativa di grandi eventi che attraggano flussi importanti di turisti, con l’obiettivo di fidelizzarne delle quote importanti. Expo 2015 è l’esempio principe di questo approccio, solo dalla Cina i Tour Operator locali si sono impegnati a portare un milione di persone. Dobbiamo far sì che non rimanga un momento isolato, ma sia il volano di una crescita costante.

In Italia la ricettività turistica è sinonimo, per la maggior parte dei casi, d’impresa familiare. Vantaggio o svantaggio? Perché?
In se stesse le dimensioni non sono né un vantaggio né uno svantaggio, sono una caratteristica. Il nostro intero tessuto economico è dominato da PMI, spesso di eccellenza, che esportano in tutto il mondo. I lati positivi delle dimensioni ridotte sono la flessibilità e la personalizzazione – pensiamo alla riviera romagnola –; quelli negativi, la minore capacità d’innovazione e d’investimento e, talvolta, una preparazione meno adeguata ad accogliere i turisti internazionali. Sarebbe importante rafforzare nella ricettività i nostri campioni nazionali, mettendoli in grado di competere con le grandi multinazionali anglosassoni, francesi e spagnole.
Una “via italiana” potrebbe venire dal nuovo strumento delle Reti d’Impresa, che può riunire aziende che rimangono indipendenti – un requisito spesso irrinunciabile per molti imprenditori italiani – ma uniscono le forze su alcuni punti chiave, moltiplicando la capacità di investire. Anche le associazioni di categoria possono svolgere un ruolo importante, specie nella preparazione, là dove le PMI non possono arrivare con i propri mezzi.

Qual è il suo punto di vista sulla fiscalità che grava sulle imprese turistiche? Eccessiva, giusta, è un freno…?
Non è un segreto per nessuno che in Italia la pressione fiscale sia eccessiva in generale, e le aziende turistiche non fanno eccezione.
A saldi invariati, sarebbe importante riuscire a modulare la leva dell’Iva per portare le aliquote del turismo a livelli paragonabili a quelli dei nostri concorrenti più diretti, Francia e Spagna, che in media hanno aliquote più basse delle nostre.
Il vero problema è il riequilibrio della fiscalità generale, soprattutto liberando dall’eccesso di tassazione il lavoro e le attività produttive.

Per molte imprese italiane il 2013 sarà un anno decisivo: scampare o morire? Anche nel turismo siamo arrivati a tanto?
Non sarei così drastico.. Se consideriamo il mercato globale, che ormai è l’unico vero mercato, il turismo è un settore in costante crescita e anche nel 2013 crescerà, tra il 3 e il 5%. Anche lo scorso anno, il calo di presenze degli italiani è stato compensato dagli arrivi di stranieri e la bilancia dei pagamenti turistica ha incrementato il suo surplus. Anche nel turismo ci sono naturalmente tante imprese in difficoltà, ma un certo livello di ristrutturazione fa parte di qualsiasi crisi. Quello che dobbiamo fare è favorire la riconversione in altri settori delle attività che sono ormai fuori mercato, ad esempio facilitando il cambio di destinazione d’uso per gli immobili della ricettività, e concentrare gli aiuti sulle imprese che invece possono restare sul mercato sviluppando nuovi modelli di business.

Che cosa dovrebbe fare il prossimo governo, a suo parere, per rilanciare l’impresa turistica italiana?
Dovrebbe innanzitutto riprendere e sviluppare l’ottimo lavoro che è stato fatto con il Piano Strategico. Noi come sistema fieristico siamo pronti a dare il nostro apporto in questo senso e già portiamo all’estero molte fiere Made in Italy promuovendo l’Italia come sistema-paese.

 

Paola PERFETTI

BIT 2013: il Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo

 

Cala il sipario sulla 33esima edizione della Bit, la Borsa Internazionale del Turismo, conclusasi a Milano il 17 febbraio 2013. Molti sono stati gli interventi e le proposte avanzate dai professionisti del settore; tra questi, quella di maggiore rilievo è stato senza dubbio alcuno il Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo presentato nel corso dell’evento dal ministro per gli Affari Regionali del Turismo e dello Sport Piero Gnudi. 

L’obiettivo primo dell’ambizioso progetto consiste nell’arricchire il Pil italiano di 30 miliardi entro il 2020, creando 500mila nuovi posti di lavoro attraverso una strategia unitaria che suggerisce un totale di 61 azioni indispensabili nel restituire al turismo italiano il ruolo di leadership e competitività da sempre ricoperto ma perso negli ultimi anni. 

Nonostante siano indiscusse l’inimitabile ricchezza culturale e l’impareggiabile risorsa turistica di cui l’Italia gode, il Paese non può vivere di rendita, anzi, è indispensabile un repentino cambiamento culturale per arrivare a considerare il turismo come una grande opportunità.  Come fare? Ponendo innanzitutto il settore al vertice dell’agenda governativa. Ma questo non basta.

Il Piano strategico analizza la situazione del territorio, sottolineando come negli ultimi anni il turismo italiano abbia perso quote di mercato, scendendo dal primo posto a livello europeo (anni ’80 e ’90) al terzo, dietro a Spagna e Francia. Questa perdita di posizione è dovuta soprattutto alla difficoltà del Belpaese di attrarre investimenti internazionali con il risultato di infrastrutture insufficienti, scarsa formazione delle risorse umane, incapacità di costruire nuovi prodotti turistici, debolezza e frammentazione nella governance di settore. 

Secondo lo studio presentato, l’Italia presenta una forte asimmetria: se le prime cinque regioni hanno generato il 91% della crescita nel periodo 2000-2010, quelle del Sud pesano solamente per il 12% del totale, generando nel decennio sopracitato appena il 5% della crescita totale italiana. Non è dunque un caso se una delle sette linee guida suggerite dal Piano per valorizzare il Sud prevede la creazione di due grandi poli del turismo (sul modello della Costa Smeralda) nella parte meridionale del Paese, con l’intento di attrarre investimenti privati. 

Ad ogni modo, le linee guida presentate saranno la base su cui articolare le 61 azioni specifiche: il rafforzamento del ruolo del ministero del Turismo, il rilancio dell’Enit, il miglioramento dell’offerta che, oltre ai poli del Sud, include anche la creazione di 30-40 nuovi poli turistici rivolti ai segmenti di fascia alta e ai Bric, la riqualificazione delle strutture ricettive, un intervento sul piano aeroporti e collegamenti intermodali, la riqualificazione della formazione turistica e il rilancio delle professioni e, ultimo ma non ultimo, un piano che stimoli gli investimenti internazionali tramite l’erogazione di incentivi fiscali e la drastica riduzione della burocrazia.  

Si tratta dunque di un progetto piuttosto articolato e ambizioso che, a detta del ministro Gnudi, dovrà avvalersi di una task force dedicata che dipenderà direttamente dal ministro del Turismo. 

Nel caso in cui venisse realizzato entro il 2020, il Piano potrebbe portare il contributo del settore turistico al Pil nazionale dai 134 miliardi attuali a 164 miliardi, incrementando i ricavi dell’incoming dall’estero (da 44 a 74 miliardi), mantenendo stabili a 90 miliardi quelli legati al turismo domestico.

Speriamo bene; avremmo tutti bisogno di una bella vacanza made in Italy.

Giulia DONDONI