Classificazione dei conti ed il loro funzionamento in azienda

La classificazione dei conti ed il loro funzionamento corretto è molto importante all’interno di un’azienda. Ecco alcuni dettagli.

La classificazione dei conti: quelli finanziari

La contabilità aziendale va sempre tenuta sotto controllo per verificare l’andamento di  un’impresa. Pertanto la valutazione dei conti non può tardare. Ma cosa sono i conti? I conti finanziari rilevano i  movimenti che le operazioni di gestione determinano nei valori finanziari. Per questo motivo possiamo classificarli così:

  • disponibilità liquide;
  • crediti e debiti;
  • valori finanziari presunti.

Per disponibilità liquide si intendono tutti i movimenti che riguardano il denaro in cassa, sui conto correnti bancari o postali intestati all’azienda o alla società. Mentre i crediti e i debiti sono delle somme di denaro che l’azienda deve ricevere oppure che deve versare, magari per acquisti di forniture. Infatti tra questi rientrano i crediti e debiti detti di regolamento, o commerciali, i quali sorgono negli scambi con pagamento differito. Ma anche i crediti e debiti di finanziamento, legati ai prestiti che l’azienda ha concesso a terzo o che ha ottenuto da istituti bancari o altri finanziatori. Infine i valori finanziari presunti misurano entrate o uscite future di competenza dell’esercizio, ma con manifestazione finanziaria differita.

Classificazione dei conti: economici di reddito

I conti di reddito i conti economici con i quali si rilevano variazioni positive o negative di reddito. In altre parole i costi e i ricavi generati dal sistema delle operazioni aziendali. I conti di reddito si dividono in:

  • variazioni d’esercizio;
  • costi e ricavi pluriennali;
  • rimanenze e costi e ricavi sospesi.

I conti di reddito alle variazioni d’esercizio riguardano i costi di acquisizione dei fattori produttivi. Soprattutto quelli che sono a breve ciclo di utilizzo. Mentre i ricavi provenienti dalle vendita di beni e servizi rienrano tra le variazioni positive. Questi componenti di reddito derivano da variazioni finanziarie che si hanno nel corso dell’esercizio in cui si verificano. Tuttavia i conti di questo gruppo funzionato come conti unilaterali, in quanto parte delle rettifiche vanno segnati così:

  • sono accesi a componenti negativi, in Dare;
  • sono accesi a componenti positivi, in Avere.

Gli altri due conti di reddito

I conti di reddito pluriennali a differenza dei precedenti, fanno riferimento a un lungo ciclo di utilizzo. Pertanto danno la loro utilità per più anni d’esercizio. Questo vuol dire che la loro competenza per singoli anni è suddivisa in quote di ammortamento. In altre parole rientrano in questa categoria i brevetti, le attezzature ed i macchinari. Rientrano tra i conti di costi pluriennali anche i fondi di ammortamento degli stessi beni immobili. Mentre i conti di reddito accesi alle rimanenze o ai costi e ricavi sospesi sono quelli che rilevano costi e ricavi di fattori “d’esercizio” ma da rinviare. Ad esempio rientrano tra le rimanenze attive i costi sospesi di merci, magazzino, materie prime. Infine rientrano tra le rimanenze passive i ricavi sospesi dovuti al conto dei Risconti passivi.

I conti di Capitale

Questo tipo di conti sono accesi al patrimonio netto e alle sue parti. In relazione a questi conti però occorre fare delle precisazioni in relazione al tipo di società. Nel caso di aziende individuali i conti di capitale sono: patrimonio netto, utile d’esercizio, perdita d’esercizio e prelievi del titolare. Tuttavia questo ultimo conto si collega direttamente con esigenze extrasocietari. Invece nelle società i conti di capitali sono: il capitale sociale, utile e perdita d’esercizio, e la presenza delle Riserve. Le riserve sono somme accantonate che i soci hanno deciso di non prelevare. Magari le utilizzeranno per coprire eventi straordinari lungo la vita della società. I conti di capitali funzionano in modo bilaterale. 

I conti di “sistema”

Lo scopo della contabilità è quella della definizione del reddito d’impresa e del patrimonio di funzionamento. Pertanto esistono dei conti detti “di sistema” che permettono di apportare eventuali variazioni. Si distinguono in:

  • conti a destinazione reddituale, perché affluiscono in Conto Economico e determinano il risultato d’esercizio;
  • conti a destinazione patrimoniale che compongono il patrimonio di funzionamento e che quindi affoluiscono alla situazione patrimoniale.

La scelta dei conti di utilizzare rappresenta il Piano dei conti. Il piano dei conti è un prospetto nel quale sono indicati i conti che si prevede di “attivare” presso una determinata azienda per la rilevazione dei fatti di gestione e delle operazioni che sono necessarie per le sintesi di fine periodo.

Come si fa la riclassificazione del conto economico a valore aggiunto?

Oggi andremo, con questa rapida guida, ad addentrarci nella riclassificazione del conto economico a valore aggiunto. Scopriremo nel dettaglio questo annoso mondo del bilancio, nei prossimi paragrafi.

Riclassificazione del conto economico, di cosa si tratta?

Innanzitutto, andiamo a precisare di cosa si tratta, quando si parla di riclassificazione del conto economico. Per capire in cosa consiste la riclassificazione, occorre sapere di cosa si parla, quando si parla di conto economico. Il conto economico, nel novero dell’economia aziendale, è uno dei documenti che compone, insieme allo stato patrimoniale, al rendiconto finanziario e alla nota integrativa, il cosiddetto bilancio d’esercizio di un’impresa, quindi di un’attività commerciale. Il conto economico, in particolare, serve ad evidenziare il risultato economico d’esercizio del periodo di riferimento del bilancio, ovvero in “utile o perdita d’esercizio”.

In definitiva, il conto economico è il documento contabile del bilancio d’esercizio che mette in contrapposizione i costi e ricavi di competenza, e illustra il risultato economico della gestione di un determinato periodo.

La riclassificazione del Conto economico essenzialmente è tesa a suddividere le aree della gestione in base alla loro pertinenza gestionale. Lo schema più utilizzato è quello a valore aggiunto, che permette di evidenziare alcuni risultati operativi intermedi quali l’Ebitda e l’Ebit.

Quale è, quindi l’obiettivo finale della riclassificazione del conto economico?

La riclassificazione del conto economico ha come obiettivo finale quello di illustrare una serie di risultati economici parziali grazie ai quali, con un’analisi successiva, individuare la redditività aziendale.

Valore aggiunto del conto economico

Ma come si calcola, dunque, il valore aggiunto in una riclassificazione del conto economico?

Ecco, questa è una delle domande più frequenti che ci si pone nel novero di un esercizio di impresa, in vista del completamento del documento del conto economico.

Il valore aggiunto non è altro che una grandezza economica intermedia tra i ricavi di vendita e il reddito operativo ( noto come ebit). Il calcolo del valore aggiunto è semplice e lo si ottiene dalla somma algebrica di ricavi (o dal valore della produzione a seconda dei processi aziendali) e dei costi dei fattori acquistati all’esterno.

Ma come viene ripartito il valore aggiunto, sul conto economico?

Il Valore aggiunto viene distribuito alla Pubblica Amministrazione nei seguenti modi: imposte dirette e indirette erogate sia a livello locale che nazionale. Mentre abbiamo il Valore aggiunto distribuito ai Creditori (ossia i fornitori di capitale ad interesse esplicito), previa oneri finanziari a breve/lungo termine.

Per entrare nello specifico della questione, possiamo dire che il conto economico con valore aggiunto è molto probabilmente il modello di riclassificazione maggiormente utilizzato.

In primo luogo, esso si presta ad essere impiegato con una certa facilità anche da un soggetto esterno all’impresa, in quanto non richiede informazioni extra rispetto a quelle contenute nel bilancio di esercizio. In seconda battuta, presenta un’articolazione che consente di instaurare correlazioni significative con lo Stato patrimoniale riclassificato secondo il criterio funzionale.

Il Conto economico a valore aggiunto, anche se ricalca lo schema previsto dall’art. 2425 c.c., prevede che l’area operativa contenga tre margini intermedi, ovvero i seguenti:

  • il valore aggiunto;
  • il MOL (margine operativo lordo), che prende anche il nome di EBITDA;
  • il MON (margine operativo netto), che prende anche il nome di EBIT;

Dunque, questo è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito alla questione della riclassificazione del conto economico a valore aggiunto.

 

La contabilità aziendale: i sistemi di scritture più usati

La contabilità aziendale è il rilevamento, dal punto di vista economico, di tutti gli eventi che succedono all’interno di un’azienda.

La contabilità aziendale: le parti che la compongono

In un’azienda la contabilità si articola in aree tra loro collegate. Però ciascuna ha delle determinate esigenze conoscitive della struttura d’azienda. Tuttavia si possono così riassumere:

  • elementare;
  • generale;
  • contabilità analitica;
  • rilevazioni statistiche.

La contabilità elementare fa riferimento alla lavorazione dei dati contenuti nei documenti originali, come le fatture del fornitori. Mentre per contabilità generale si intende il complesso di rilevazioni contabili, che prendono in considerazione l’intero sistema delle operazioni aziendali. La contabilità analitica invece mira a calcolare i risultati economici delle singole produzioni. Infine le rilevazioni statistiche sono studi di tipo appunto statistico.

La contabilità aziendale: i metodi contabili

La contabilità va tenuta applicando specifiche regole ed insieme compongono un metodo contabile. Con questa espressione si intende l’insieme delle norme, cioè del complesso delle regole e delle procedure che avanno osservate nel comporre le scritture. Il metodo dunque riguarda la forma, l’ordine ed il collegamento delle scritture. La forma si riferisce alle regole tecniche con cui le scritture sono composte. Mentre l’ordine riguarda le modalità secondo cui vanno classificati i valori delle operazione. Infine il collegamento riguarda le relazioni che intercorrono tra le varie scritture contabili. Il metodo contabile maggiormente diffuso è quello della partita doppia. 

Il metodo della partita doppia e le sue regole

Nelle aziende spesso i valori che più si tengono in considerazione sono quelli riportati dal bilancio d’esercizio. Ma tutto parte dalla rilevazione corretta dei movimenti aziendali, dalla partita doppia quindi. Si tratta di un metodo di scritture “bilanciato”, in quanto ogni fatto che sia oggetto di rilevazione dà sempre luogo ad almeno due annotazioni, da farsi in più conti. Ma anche in opposte sezioni  dette “Dare” e “Avere”. Tali annotazioni devono in ogni caso comportare che il totale degli accreditamenti sia uguale a quello degli indebitamenti. I movimenti aziendali vanno quindi analizzati sotto due aspetti: quello concreto e quello astratto. L’aspetto concreto è quello immediatamente percepibile, come ad esempio un’uscita di cassa. Mentre l’aspetto astratto non è tangibile, ma più che altro per deduzione logica. Cioè la causa dell’uscita monetario, nell’esempio precedente.

Gli altri sistemi contabili principali

Un sistema contabile è un insieme coordinato di scritture riguardanti un certo oggetto complesso e che trova espressione nei classici “Conti”. Tra i sistemi di contabilità più conosciuti, oltre la partita doppia, esistono:

  • il sistema patrimoniale, che denota gli elementi passivo ed attivi dello Stato patrimoniale e determina il reddito d’esercizio come somma algebrica delle variazioni patrimoniali verificatosi nel periodo di riferimento. Tale sistema è stato inventato da Fabio Besta;
  • il sistema del reddito, tende a concepire l’azienda come il sistema di operazioni caratterizzate dalle manifestazioni monetarie  e da manifestazioni economiche. Mentre questo sistema è stato ideato da Gino Zappa;
  • il sistema del patrimonio e del risultato economico, rappresenta un’evoluzione ed integrazione dei due precedenti. La sua novità consiste nell’aver superato la distinzione tra crediti e debiti di regolamento e quelli di finanziamento. Queste due categorie, per il suo ideatore Aldo Amaduzzi, sono classificati come valori finanziari.

La contabilità aziendale: alcuni sistemi supplementari

Oltre ai sistemi principali di cui abbiamo parlato, esistono anche dei sistemi supplementari o anche detti minori. Tra queste categorie di sistemi ci sono quelli:

  • degli impegni, che evidenzia i contratti di acquisto e vendtia già stipulati,anche se non ancora eseguiti;
  • dei beni verso terzi;
  • dei beni di terzi, che rileva i beni giacenti presso l’azienda me non appartenenti all’imprenditore;
  • e dei rischi, che evidenzia i rischi assunti dall’azienda con particolari operazioni, come gli avalli prestati a favore di terzi.

Quali documenti è obbligato a tenere chi opera nel regime contabile semplificato?

Tra i regimi fiscali in Italia, per chi apre una partita Iva, c’è quello semplificato che, nel rispetto di opportune condizioni, permette di portare avanti e di gestire la propria attività sempre in maniera più semplice da un lato, e meno onerosa dall’altro in termini di costi e di risparmio di tempo. Rispettata una soglia massima di volume d’affari, infatti, con il regime semplificato gli obblighi di contabilità sono decisamente più ridotti rispetto al regime fiscale ordinario. Ed allora, detto questo, quali documenti è obbligato a tenere chi opera nel regime contabile semplificato?

Quali sono i requisiti di accesso al regime contabile semplificato e chi può aderire

Al riguardo c’è da dire, prima di tutto, che per rientrare nel regime contabile semplificato l’impresa deve avere un fatturato annuo non superiore ai 400.000 euro se opera nella prestazione di servizi. Mentre il limite sale a 700.000 euro per tutte le altre attività. Rispettato il requisito dei ricavi, possono avvalersi del regime contabile semplificato non solo le ditte individuali ed i liberi professionisti, ma anche le società di persone e gli enti non commerciali.

Nel caso in cui l’impresa eserciti più attività, per il rispetto della soglia massima di ricavi, ai fini del possesso o meno dei requisiti di accesso al regime contabile semplificato, si prenderà a riferimento l’attività economica che è prevalente, ovverosia quella che presenta il maggior volume d’affari calcolato sempre su base annua.

Pur tuttavia, se per le varie attività economiche esercitate l’impresa non effettua la registrazione separata, allora il requisito di accesso o meno al regime contabile semplificato sarà dato da una soglia di ricavi annui complessivi non superiore ai 700.000 euro. E quindi in questo caso il limite massimo del volume d’affari, per l’accesso al regime contabile semplificato, corrisponde sempre a quello delle imprese che esercitano attività diverse dalla prestazione di servizi.

Per le imprese che avviano l’attività, con la conseguente richiesta di attribuzione del numero di partita Iva, inoltre, il requisito di accesso al regime contabile semplificato è basato invece, per il primo anno, sulla dichiarazione del volume d’affari presunto.

Ecco quali documenti è obbligato a tenere chi opera nel regime contabile semplificato

Rispettati i requisiti sopra indicati, chi rientra nel regime contabile semplificato è esonerato, prima di tutto, dall’obbligo di redigere il bilancio. E di conseguenza non c’è nemmeno l’obbligo di tenuta del libro giornale, del libro degli inventari e delle scritture ausiliarie di magazzino.

Nel regime contabile semplificato, per le scritture contabili, l’obbligo di tenuta dei libri si riduce così ai seguenti quattro registri obbligatori: i registri Iva, il registro dei beni ammortizzabili, il registro incassi e pagamenti ed il LUL, ovverosia il Libro unico del lavoro nel caso in cui l’impresa abbia dei dipendenti.

La normativa di riferimento, per l’accesso o meno da parte di un’impresa al regime contabile semplificato, è rappresentata dagli articoli numero 57 e numero 85 del TUIR che è il Testo Unico delle imposte sui redditi. E dall’articolo numero 18 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) n° 600/1973.

Partita Iva, come si gestisce la contabilità senza commercialista?

Per chi apre una partita Iva la contabilità ed i vari adempimenti fiscali in genere vengono affidati ad un commercialista. E questo perché, all’occorrenza, fruire dell’assistenza, dell’esperienza e del supporto di un esperto in materia fiscale non solo spesso permette di risparmiare sulle tasse, ma permette pure di assolvere tutti gli adempimenti puntualmente ed in maniera corretta senza finire poi sotto la lente dell’Agenzia delle Entrate. Ma detto questo, per chi vuole fare tutto da sé, come si gestisce la contabilità senza commercialista? E quando davvero questa scelta è conveniente per il titolare di una partita Iva?

Come si gestisce la contabilità partita Iva senza pagare il commercialista

Chi vuole gestire la contabilità partita Iva senza il commercialista in genere vuole evitare di pagare la parcella al professionista. E questo perché magari il titolare di partita Iva esercita l’attività nell’ambito di un regime fiscale agevolato che è caratterizzato, tra l’altro, anche da una semplificazione in materia di adempimenti. Così come chi vuole gestire la contabilità della partita Iva senza il commercialista spesso conosce e segue la materia fiscale con la conseguenza che preferisce fare tutto in proprio. E questo anche perché, è giusto ricordarlo, non c’è in Italia una legge o una norma che imponga e che obblighi il titolare di una partita Iva di avvalersi di un commercialista.

Detto questo, chi vuole gestire la contabilità della partita Iva senza il commercialista deve avere piena dimestichezza e conoscenza delle scadenze fiscali da rispettare. Così come deve saper utilizzare i software e gli applicativi online che, gratuitamente, sono messi a disposizione con accesso tramite le credenziali dall’Agenzia delle Entrate a partire dal portale ‘Fatture e Corrispettivi‘ del Fisco che è quello che, tra l’altro, serve per la gestione della fatturazione elettronica.

Vantaggi e svantaggi della contabilità partita Iva con o senza il commercialista?

Per quanto detto, rinunciare al commercialista per la contabilità partita Iva è una scelta che, di certo, permette di risparmiare denaro. Ma nello stesso tempo non si risparmia di certo tempo così come, senza avvalersi di un esperto, il rischio di non assolvere gli adempimenti fiscali correttamente è sempre più alto. E questo perché, in materia fiscale, l’esperto è sempre sul pezzo ed è tra l’altro in grado di consigliare il titolare di partita Iva nei momenti di difficoltà.

Quando, per esempio, c’è da attivare un piano di pagamento delle tasse a rate a causa di temporanea carenza di liquidità. Inoltre, il titolare di partita Iva che, per esempio, è iscritto alla Gestione Separata, senza il supporto di un commercialista sarà chiamato in proprio non solo a gestire ed a rimanere in regola nei confronti del Fisco, ma anche nei confronti dell’INPS con il regolare versamento dei contributi ai fini previdenziali.

Anche per questo, per la gestione contabilità partita Iva con o senza il commercialista, la scelta di avvalersi di un esperto contabile è sempre la migliore. Magari concordando con il professionista un compenso che includa annualmente l’assolvimento di tutti quegli adempimenti che in genere richiedono più tempo ed anche un’adeguata competenza.

Assistente amministrativo? C’è un lavoro per te!

Non c’è crisi per il settore amministrativo, che si rivela uno dei più attivi, quando si tratta di ricerca di personale.

Il profilo su cui vogliamo oggi porre l’attenzione, infatti, riguarda gli assistenti amministrativi, coloro i quali, cioè, hanno esperienza in attività legate alla contabilità generale, oltre che a liquidazione e registrazione Iva, rapporti con le banche e tenuta dei libri obbligatori.
Si tratta, indiscutibilmente, di un ruolo impegnativo, poiché la precisione e l’attenzione ad ogni piccolo dettaglio sono indispensabili.

Ma, a completare il profilo del candidato perfetto, vi è la capacità di empatia, necessaria per rivolgersi a clienti e fornitori.
In questo particolare caso, la ricerca riguarda la provincia di Salerno, e precisamente Maiori, in Costiera Amalfitana.

Per saperne di più, è possibile collegarsi su Monster.it.

Impiegati contabili romagnoli, ecco l’annuncio per voi!

Gli abitanti dell’Emilia Romagna che lavorano, o cercano lavoro, come impiegati contabili, hanno in questo periodo parecchie occasioni di impiego.
Dopo la zona di Bologna, infatti, ad essere interessata a questa figura professionale è un’azienda che opera nella provincia di Forlì, e precisamente a Cesenatico.

E’ indubbio che una formazione economica offra maggiori certezze, quando si tratta di occasioni di lavoro, e anche in questo caso non vi è eccezione.
La contabilità, inoltre, rappresenta un ambito importante, anche se estremamente delicato, in ogni azienda ed è proprio questo il motivo che spinge i datori di lavoro a fare ricerche sempre più dettagliate e puntigliose.

In questo caso, le competenze richieste riguardano Prima Nota ciclo attivo e passivo, Partita doppia, controlli e quadrature periodiche schede contabili, liquidazione IVA, redazione bilancio.
Ma ciò che rende più originale il profilo ricercato è l’esigenza che il candidato possa anche occuparsi dell’accoglienza dei clienti.

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Cartella esattoriale legittima se emessa da un controllo automatizzato

La Cassazione ha stabilito, con l’Ordinanza n. 16983 del 4 agosto 2011, la legittimità della cartella esattoriale, qualora anche non fosse motivata, se emessa a seguito di un controllo automatizzato. Se la pretesa impositiva nasce sulla base dei dati forniti dal contribuente stesso nella dichiarazione dei redditi non si rende dunque necessaria nessuna motivazione per la cartella esattoriale.

La motivazione non è necessaria qualora l’atto si fondi sui dati raccolti nella dichiarazione dei redditi, di cui il contribuente conosce già i presupposti della pretesa fiscale, in base all’articolo 36/bis del Dpr 600/1973 per le imposte dirette, e 54/bis del Dpr 633/1972 in materia di Iva.

Questa manovra è volta ad estendere l’efficacia dei controlli fiscali automatizzati sulle cartelle esattoriali.

L’articolo 7 della legge 212/2000 (statuto dei diritti del contribuente) che rende obbligatorie la chiarezza e la motivazione degli atti tributari secondo la disciplina normativa contenuta nella legge 241/1990, perde la sua applicabilità in caso si sia di fronte a una mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente, nella dichiarazione dei redditi. Il contribuente in tal caso non viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale, che quindi non deve essere motivata.

L’Ordinanza n. 16983 emessa dalla Cassazione stabilisce infatti i limiti di validità e applicabilità del principio di non motivazione, ovvero nel caso in cui ‘l’attività di liquidazione delle imposte ‘avvenga sulla base degli elementi fomiti dalla stessa dichiarazione della contribuente, provenienza che poneva evidentemente l’Ufficio nella condizione di formulare la propria richiesta in forza del semplice richiamo alla dichiarazione, senza necessità di indicare i fatti costitutivi dell’obbligazione fiscale‘.

In caso contrario, l’onere di motivazione per la cartella esattoriale sussiste nella sua integrità qualora tale attività ‘non si sovrapponga alla dichiarazione del contribuente, ma si risolva in una rettifica dei risultati della dichiarazione stessa, così da comportare una pretesa ulteriore da parte dell’amministrazione finanziaria, si è in presenza di un’attività impositiva vera e propria, con la conseguenza che la relativa cartella esattoriale va motivata come l’avviso di accertamento, ossia deve contenere tutte le indicazioni idonee a consentire al contribuente di apprestare un’efficace difesa‘.

Alessia Casiraghi

A chi è meglio affidare la tenuta della contabilità una volta che ho avviato la mia impresa?

Quinta tappa del viaggio di Luigi P. nel mondo delle partite IVA. Luigi ora deve scegliere la figura professionale più idonea cui affidare la propria contabilità. Infoiva, grazie al contributo della dott.ssa Ippolita Pellegrini, gli spiega come fare.

Il commercialista è la figura più idonea e più preparata ad affrontare la vasta gamma delle esigenze amministrative, contabili e fiscali di un’attività di lavoro autonomo o d’impresa.

Oltre ai servizi relativi all’inizio di un’impresa, il commercialista dovrà tener conto dei servizi relativi alla tenuta della contabilità, agli adempimenti fiscali e ad altri servizi amministrativi.

Gli adempimenti fiscali riguardano sostanzialmente la liquidazione periodica dell’IVA, la comunicazione annuale iva, gli elenchi Intrastat, i versamenti Ici, l’elaborazione e trasmissione della dichiarazione IVA, della dichiarazione dei redditi, dei modelli relativi alle ritenute d’acconto.

La consulenza aziendale concerne la predisposizione del budget di programmazione aziendale, di simulazioni utili alla verifica delle prospettive aziendali e di studi di fattibilità economica.

I servizi vari amministrativi riguardano gli adempimenti verso la Camera di Commercio, l’assistenza negli adempimenti amministrativi ordinari, l’assistenza contrattuale, la consulenza su temi legali e fiscali che riguardano la propria attività.

 

Dott.ssa Ippolita PELLEGRINI | i.pellegrini[at]infoiva.it | (+39) 346.5278117 | Bisceglie
Laureata in Economia e Commercio presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Bari nel 1995, la Dott.ssa Pellegrini è esperta in gestione aziendale e da 12 anni è Responsabile Contabilità e Bilancio di un gruppo di società di capitali, titolari di numerosi marchi, dedite alla produzione e alla commercializzazione di abbigliamento in Italia e all’estero. Iscritta all’Albo dei Dottori Commercialisti di Trani dal 2006, segue l’approfondimento della materia fiscale e tributaria e studia la fattibilità e la convenienza di operazioni aziendali particolari.

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