Cuneo fiscale più pesante per i contratti di apprendistato italiani

Confartigianato ha voluto intervenire all’interno del dibattito sulla legge di bilancio, ed in particolare circa la detassazione del costo del lavoro, per porre l’attenzione sul contratto di apprendistato.
In particolare, è stato chiesto di semplificare questo tipo di contratto, che permette ai giovani di entrare nel mondo del lavoro, poiché considerato troppo articolato e, per questo, spesso non molto amato dai datori di lavoro. Ma non solo: è stata anche richiesto il ripristino della decontribuzione totale nei primi tre anni di contratto per le assunzioni di apprendisti in aziende fino a 9 dipendenti.

Questa richiesta non è un caso, poiché l’apprendistato è un contratto utilizzato maggiormente dalle piccole imprese, tanto che nel primo trimestre 2017 l’incidenza degli ingressi mediante apprendistato nelle Micro e Piccole Imprese è dell’11,5% delle assunzioni, quota doppia rispetto al 5,5% delle medie-grandi imprese.
Va ricordato che nelle Micro e Piccole imprese italiane sono occupati 5.776.791 lavoratori dipendenti, il 50,7% del totale; sono 1.259.835 i dipendenti delle imprese artigiane.

La decontribuzione dell’apprendistato contribuirebbe alla riduzione della elevata pressione fiscale sul lavoro, considerando che, nel confronto con gli altri Paesi Ocse, l’Italia deve sopportare un peso fiscale di gran lunga più elevato sul costo del lavoro dipendente, che nel 2016 è pari al 47,8%, di 11,8 punti superiore alla media dei paesi avanzati (36,0%) ed il quinto più alto dopo Belgio (54,0%), Germania (49,4%), Ungheria (48,2%) e Francia (48,1%).

Andando più nel dettaglio, il cuneo fiscale dell’Italia è la composizione del 16,4% di imposte su redditi da lavoro dipendente, del 7,2% di contributi sociali a carico del lavoratore e del 24,2% di contributi sociali a carico del datore di lavoro, voce che da sola rappresenta la metà del cuneo fiscale.

Vera MORETTI

Apprendistato, questo sconosciuto…

di Davide SCHIOPPA

Paradossi di un’Italia che non vuole crescere. Non che non può, non vuole. Abbiamo uno dei mercati del lavoro più rigidi d’Europa, pur con tutta la buona volontà del ministro Fornero e della sua riforma, e quando si mettono sul piatto strumenti utili a togliere un po’ di gesso facciamo di tutto per non applicarli.

Parliamo, per esempio, del contratto di apprendistato, al quale Infoiva ha dedicato un focus nella settimana appena trascorsa. Lo abbiamo fatto proprio perché, da più parti, abbiamo letto del disappunto per la mancata o farraginosa applicazione della normativa che regola l’apprendistato e della conseguente difficoltà, da parte delle aziende, a proporre questa tipologia di contratto ai neolaureati o, comunque, ai giovani.

Abbiamo voluto vederci un po’ più chiaro, per capire quanto di vero ci sia in questo impasse e, in effetti, abbiamo constatato che sì, il problema esiste: uno strumento dalle buone potenzialità viene tarpato dalla troppa burocrazia. Ma che futuro ha un Paese così? Non che l’apprendistato sia la formula magica che risolve il problema della disoccupazione giovanile in Italia ma, chiediamo, perché non siamo capaci di fare bene una cosa dall’inizio alla fine? Perché siamo sempre il Paese delle cose fatte a metà? Ai giovani il compito di giudicarlo, quando si troveranno senza un futuro.

Leggi i risultati dello studio di Bachelor sugli annunci di lavoro per neolaureati

Leggi l’intervista al Professor Maurizio Del Conte dell’Università Bocconi

Leggi l’intervista al presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca

Leggi l’intervista a Enrica Carminati, responsabile di Fareapprendistato.it

Non è un Paese per apprendisti

di Davide PASSONI

Uno strano destino quello dell’apprendistato in Italia. Mentre il ministro Fornero sigla un memorandum con la Germania per favorirne l’applicazione e annuncia il varo di una sezione all’interno del sito www.lavoro.gov.it e di un indirizzo mail (apprendistato@lavoro.gov.it) dove inviare osservazioni, suggerimenti, segnalazioni, le aziende continuano a nutrire diffidenza nei confronti di quella che dovrebbe essere la principale forma di ingresso nel mercato del lavoro.

Lo dicono i dati di fatto, ma lo dicono anche studi e analisi ad hoc. Una delle ultime a scattare una fotografia impietosa dell’impasse in cui si trova l’apprendistato viene dall’Ufficio Studi di Bachelor, network internazionale per la ricerca e selezione di neolaureati, ed è stata effettuata sugli annunci di lavoro destinati ai giovani laureati, relativamente al III trimestre 2012: solo il 4,6% di questi annunci offre, come forma contrattuale, un apprendistato. Raffrontando le percentuali anno su anno, si vede che, rispetto al terzo trimestre 2011 – in concomitanza con la definizione del testo unico sull’apprendistato – l’aumento è stato assai poco significativo (era al 3,7%).

Secondo i dati elaborati da Bachelor, il 66% degli annunci è rivolta a neolaureati (da 0 a 12 mesi dalla laurea), per i quali vengono proposti soprattutto stage: nel il 75,9% dei casi contro il 75,6% del III trimestre 2011. Un abisso, rispetto alle proposte di apprendistato, di cui abbiamo parlato sopra. Se invece ci spostiamo sulla fascia di coloro che stanno tra i 12 e i 24 mesi dalla data di laurea, le cifre dell’apprendistato peggiorano ulteriormente: 3,9% contro un miserrimo 0,8 del III trimestre dello scorso anno. Per la fascia 24-48 mesi, il nulla: 0,2%.

Un trend comprensibile, che si contrae mano a mano che il candidato invecchia (pur senza un’esperienza specifica, questo è il paradosso…) ma che non nasconde le difficoltà che questo tipo di inserimento affronta per diventare a tutti gli effetti uno strumento per accelerare l’ingresso dei più giovani al mercato del lavoro.

Stupisce, in questo contesto, che una delle associazioni in prima fila nella promozione dell’occupazione e dell’ingresso al mercato del lavoro come Assolavoro (l’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro), risponda a Infoiva che “al momento non ritiene di suo interesse approfondire l’argomento“. Scusate, se non ora quando? Mah… Buon lavoro alle agenzie per il lavoro.

Comunque, tornando alla ricerca di Bachelor, è vero che questa prende in esame solo i soggetti laureati, ma l’avvio asfittico dell’apprendistato interessa anche diplomati e non, perché il problema è strutturale non contingente. Quali garanzie può offrire alle aziende, in un momento complesso come l’attuale, una forma di inserimento valida sulla carta ma che sconta una complessità della disciplina e della gestione operativa degli apprendisti, oltre a enormi incertezze regolative?

Apprendistato tra luci (poche) e ombre (molte)

di Davide PASSONI

Il lavoro, questo sconosciuto. In un’Italia che fatica più degli altri Paesi avanzati a trovare un filo logico cui attaccarsi per uscire dalla crisi bastarda che attanaglia lei e l’economia globale, quello del lavoro è un tema più che caldo: rovente. Un tema sul quale quelli del Governo si stanno rompendo la testa da un anno a questa parte, da quando sono subentrati all’Esecutivo Berlusconi. E sul quale hanno partorito una riforma, la cosiddetta Riforma Fornero, con più ombre che luci.

Prima c’era stato il testo unico sull’apprendistato, entrato definitivamente a regime 6 mesi fa, con il quale si era pensato di dare maggiore forza e competitività a questa tipologia di contratto di inserimento, per dare più opportunità di ingresso sul mercato del lavoro ai giovani. Ora, a oltre un anno dal varo del Testo Unico, si cominciano a trarre i primi bilanci che, pare, non sono del tutto positivi.

Da più parti si sottolineano le troppe rigidità in uscita (tra le quali i costi per recedere dal contratto e l’impossibilità di far passare di livello l’apprendista), alcune regole che penalizzano la diffusione dell’apprendistato, la durata massima della formazione (3 anni fissati dalla legge, che diventano 5 nel settore dell’artigianato e per determinate qualifiche professionali), le lacune attuative per il cosiddetto “apprendistato qualificante”, destinato ai ragazzi tra i 15 e i 25 anni. Non stupisce dunque se, secondo un’indagine effettuata dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro, solo un’azienda su cinque pensa più facile avviare l’apprendistato di mestiere o professionalizzante per assumere giovani tra i 18 e i 29 anni.

La cosa paradossale, però, è che molte delle associazioni professionali o d’impresa attribuiscono all’apprendistato un valore e un’importanza molto alti; quello di cui si lamentano sono la burocrazia, la farraginosità delle procedure per accedervi, l’incertezza sul ruolo delle regioni e i loro ritardi. Insomma, tutte carinerie che ricadono nell’ambito del legislatore più che in quello delle imprese. Per cui ci risiamo: per quale motivo, chiediamo, quando lo Stato cerca di avere buone idee, all’atto della loro messa in pratica rovina tutto? Cercheremo di scoprirlo ascoltando la voce degli interessati, lungo tutta la settimana.

Professionisti, il 2012 è d’oro

E chi l’ha detto che in Italia il mercato del lavoro per i professionisti è sempre più ristretto? Probabilmente non Confprofessioni, che recentemente ha diffuso le cifre relative all’occupazione dei professionisti in Italia, incrociando i dati Inps sulle posizioni lavorative attive e le cessazioni tra l’1 gennaio e il 30 giugno 2012.

Risultato: nei primi sei mesi del 2012 sono stati creati quasi 40mila posti di lavoro negli studi di avvocati, notai, medici, dentisti, commercialisti, ingegneri e architetti. Nello specifico, si parla di quasi 32mila impiegati e oltre 6mila apprendisti. Cifre di tutto rispetto, ancora più significative se accostate a quelle delle cessazioni dei rapporti di lavoro nel medesimo periodo: 25.730 impiegati e 2.500 apprendisti, con il risultato di un saldo positivo che sfiora le 10mila unità, contro una cifra che, a livello nazionale e negli altri comparti, ha fatto registrare un -76mila nel medesimo periodo.

Quali, però, le professioni più attive? Vince a mani basse l’area economico-amministrativa – quella, per capirsi, popolata da commercialisti, consulenti del lavoro e studi amministrativi e gestionali -, con oltre 5600 assunzioni; in seconda posizione l’area sanitaria, in terza l’area tecnica (architetti, ingegneri, geometri, geologi), in quarta – strano? – l’area giuridica, che si aggiudica uno striminzito +210 assunti.

Dove vincono i nuovi professionisti? A sfatare una leggenda che li vuole principalmente al Sud, i dati di Confprofessioni parlano di un Nord che tira la volata all’occupazione negli studi professionali: sono infatti oltre 4.500 le assunzioni nette. Il Sud, comunque, si difende con quasi 2.500 nuovi posti di lavoro; fanalino di coda il Centro, con 1.803 nuovi occupati.

Infine, l’età. Secondo Confprofessioni sono i giovani che lanciano la ripresa dell’occupazione negli studi. La forma prediletta di ingresso nel mercato del lavoro è quella del contratto di apprendistato: sono oltre 3600 i nuovi apprendisti entrati in studio tra l’1 gennaio e il 30 giugno 2012.

Secondo il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, “questi dati confermano la vivacità del settore professionale che, nonostante la crisi economica, riesce ancora a creare occupazione. Nel desolante quadro della disoccupazione in Italia, gli studi professionali hanno una forte attrattiva, soprattutto per i più giovani e per le donne che rappresentano quasi il 90% degli occupati“. Vero, ma non dimentichiamo che tanta parte di questo fiorire di professionisti è figlio di una crisi che ha espulso tanti di loro dal mercato del lavoro dipendente; il fatto che il mondo degli studi professionali riesca in qualche modo a riassorbirli è sicuramente un punto di merito. Vediamo di non far cessare la tendenza.

Apprendistato, contributi per le imprese lucane

Buone notizie per le imprese lucane. La Regione Basilicata concede infatti contributi alle aziende che hanno attivato o attiveranno contratti di apprendistato a partire dal 14 settembre 2012, a favore di giovani lavoratori residenti nel territorio della regione.

Per poter accedere al bando è necessario essere una Pmi iscritta a una delle Camere di commercio locali, un lavoratore autonomo, un’organizzazione privata di solidarietà, una ONLUS, una organizzazioni non governativa (ONG) e di volontariato, una cooperativa sociale senza scopo di lucro.

Il bando prevede la concessione di contributi per l’attivazione di contratti di apprendistato che abbiano come beneficiari giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni, come anche i lavoratori in mobilità.

Gli aiuti sono erogati sotto forma di voucher per un valore massimo di 18mila euro per ciascun apprendista (che sale a 22mila se l’apprendista è un lavoratore in mobilità).

I voucher possono essere usati per coprire i costi dello svolgimento di 120 ore per la formazione di base e trasversale, per finanziare l’attività di consulenza e affiancamento da parte di personale esperto, per integrare i costi salariali sostenuti dalle singole imprese. Le domande devono pervenire entro il 31 ottobre 2012.

La Riforma della Fornero? Non ce la siamo bevuta: la parola al Consulente

 

La Riforma del Lavoro è stata varata la scorsa settimana e subito ha riscosso un mare di dissensi, per non dire perplessità, da parte di imprenditori, professionisti, inoccupati e di chi, in prima battuta, risentirà delle modifiche a contratti di lavoroordini professionali e sovvenzioni che (non) arriveranno per implementare le risorse interne delle imprese.

Da subito, i dirigenti in capo all’Associazione dei Consulenti del Lavoro ha parlato di una NON riforma che non risolverà affatto il problema della disoccupazione giovanile.

Infoiva ha chiesto il parere del dott. Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro

Perché siete così convinti che la riforma del lavoro non farà ripartire le assunzioni? Che cosa avreste proposto e che cosa manca?
In nostro grande timore che la riforma del lavoro, così come pensata ed approvata, non porterà nuova occupazione. Il rischio, invece, è che si verifichino perdite di occupazione e contenzioso a causa dell’aumento del costo del lavoro (contratto a termine e aspi), dell’eccessiva burocratizzazione (intermittente, part-time, convalida dimissioni), dei nuovi vincoli (apprendistato), delle nuove presunzioni (partite iva e associati in partecipazione), delle abrogazioni (contratto d’inserimento) e delle restrizioni (voucher).
L’irrigidimento complessivo nella gestione del rapporto di lavoro con la presunzione di subordinazione, unito all’introduzione della comunicazione obbligatoria della presenza per i lavoratori intermittenti con la previsione di una sanzione sproporzionata; le nuove procedure in materia di dimissioni e gli interventi in materia di flessibilità non faranno certamente bene ad un mercato del lavoro che ha bisogno di fluidità e non di freni e vincoli come quelli che le nuove norme stanno introducendo.

Ci sono dei lavori o delle soluzioni su cui puntare oggi giorno, occasioni o campi dalle maggiori possibilità occupazionali?
Anche se siamo in presenza di un mercato del lavoro in crisi, con una disoccupazione degli under 24 che supera il 30%, esistono profili di difficile reperibilità per le aziende. Ad esempio tecnici informatici o personale sanitario, dove assistiamo al reperimento delle risorse in paesi esteri. Ma anche lavori manuali come cuochi o conduttori di macchine da lavoro. Una buona formazione tecnica oggi mette al sicuro un lavoratore e non ha niente da invidiare a percorsi più incerti e dispendiosi.

Tanti, per ovviare alla mancanza di occupazione, stanno puntando sull’apertura della partita IVA a rischio super tassazione: secondo lei, tanti singoli fanno un mercato del lavoro o dovrebbe pensarci lo Stato?
Il mondo del lavoro ha tante sfaccettature. Ma dobbiamo superare lo storico luogo comune che lavoro significa solo lavoro dipendente. Bisogna anche saper rischiare nel fare impresa o intraprendere un lavoro autonomo. Lo Stato deve evitare di disegnare un sistema giuridico che penalizzi il lavoro autonomo in favore di quello dipendente. Non bisogna dimenticare mai che dal lavoro dipendente non nasce lavoro dipendente. L’occupazione la crea il lavoro autonomo; per questo auspichiamo che i Governi rendano attuali i tanti principi enunciati per favorire l’imprenditoria giovanile. Le professioni regolamentate sono di sicuro uno sbocco importante per le nuove generazioni; le iscrizioni agli albi professionali hanno avuto un incremento importante negli ultimi 10 anni e, da una recente ricerca, l’età media dei professionisti è di 45 anni.

Che cosa è stato fatto per i piani di mobilità sociale e come si equilibrano piani di mobilità con l’effettiva ondata di licenziamenti cui stiamo assistendo, non ultimo il discorso sulla spending review del Premier Monti?
Non c’è alcuna mobilità sociale senza ricambio generazionale. Purtroppo il Paese sta affrontando una crisi profonda sia dal punto di vista economico che dal punto di vista occupazionale. Ma ora siamo in attesa delle misure per lo sviluppo. Credo che per poter rilanciare un Paese non c’è bisogno solo di politiche di contenimento delle spese ma anche di riforme strutturali del sistema produttivo. Per quanto riguarda le misure per lo spending review presentate dal Professor Monti, ciò che grava molto non è il numero dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, visto che non sono così poi tanto maggiori (in proporzione) rispetto agli altri paesi, bensì i relativi stipendi, soprattutto di alcuni alti funzionari. La spesa media per il personale e per i servizi del funzionamento dell’attività amministrativa italiana, nel quinquennio 2005/2009, è stata pari a 248 miliardi, ovvero il 16,4 % del Pil.

Secondo lei, le imprese saranno agevolate nell’assunzione di nuove risorse sfruttando il contratto di apprendistato o è solo un bel nome per aggirare l’ostacolo?
La riforma dell’apprendistato, cioè ridisegnare i percorsi di apprendistato, credo sia importante e imprescindibile in un momento in cui i nostri giovani, ce lo dicono tutte le statistiche, hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro.
Siamo a percentuali preoccupanti dei tassi di disoccupazione giovanile ma va posto l’accento su un aspetto altrettanto preoccupante: il fatto che sta aumentando il numero dei giovani che non cerca lavoro, che è scoraggiato e quindi esce da quelli che sono i circuiti in cui invece potrebbe trovare un’occupazione.
L’apprendistato è l’unico contratto a finalità formativa, ma ha anche la funzione importante di accompagnare i giovani e farli transitare dal mondo dell’istruzione al mondo del lavoro.
Il problema resta a livello operativo considerato che la gestione da parte delle Regioni spesso è contraddistinta da procedure molto burocratizzate ed una legislazione non chiara e , a colte, contraddittoria. Situazioni che penalizzano l’espansione dell’apprendistato.

Qual è il vostro punto di vista sulla Riforma degli ordini professionali e lo stato dei liberi professionisti? Si preannuncia meno burocrazia ma i soggetti, come la categoria dei giornalisti pubblicisti, si è sentita defraudata dei suoi diritti?
Di riforma delle professioni si parla ormai da decenni. Il comparto professionale continua, però, a dimostrarsi tra i più dinamici garantendo al Paese il 15% del PIL. Gli Ordini professionali non si sono mai dichiarati contrari all’ammodernamento delle regole, anche per adeguare le leggi ordinamentali al nuovo contesto europeo. Ma quello che abbiamo sempre chiesto è quello di avere un dialogo continuo con le Istituzioni per arrivare ad una riforma condivisa e strutturale. Purtroppo, non si vuole avere la consapevolezza che il sistema ordinistico italiano è una risorsa del Paese e che negli altri stati europei esistono gli ordini caratterizzati esattamente come in Italia. A volte in questa materia si parla più per frasi fatte che per effettiva conoscenza del settore.

Ma secondo voi, questa riforma, si farà per davvero?
Gli Ordini professionali hanno già fatto la loro parte e sono sempre disponibili al confronto.

 

Paola PERFETTI

Terminato il periodo transitorio per stipulare contratti di apprendistato

Il 25 aprile 2012 è terminato il periodo transitorio, previsto dall’art. 7, c. 7, del D. Lgs. 167/2011, entro il quale, in assenza di recepimento da parte della contrattazione collettiva e da parte delle Regioni è risultato possibile stipulare contratti di apprendistato secondo le regole del D. Lgs. 276/2003 e successive modificazioni.

Conseguentemente, da oggi 26 aprile 2012, così come stabilito dal citato D. Lgs. 167, si dovranno applicare obbligatoriamente le nuove disposizioni.

Per il settore Terziario, Distribuzione e Servizi è stato siglato il 28 marzo u.s. Accordo di riordino complessivo della disciplina dell’apprendistato e per il settore turismo il 20 aprile u.s. Accordo per la disciplina contrattuale dell’apprendistato ai sensi del D.lgs 167/2011.

Per il settore della Panificazione le parti sociali si sono già incontrate ed il prossimo appuntamento è fissato per il 4 marzo p.v. .

Il Ministero del lavoro (Min. Lav. circ. n.29, 11.11.2011) ha precisato che qualora la formazione pubblica (di competenza regionale) non dovesse avere luogo, anche dopo il 25.4.2012, l’apprendistato professionalizzante o di mestiere potrà in ogni caso essere attivato sulla base della sola disciplina contrattuale, con conseguente obbligo formativo esclusivamente a carico del datore di lavoro

Dal 26 aprile 2012 quindi l’unica disciplina applicabile in materia di apprendistato sarà quella contenuta nel D.Lgs. 167/2011 T.U. (Min. Lav. circ. n. 29, 11.11.2011).

Nel rinviare alla lettura dei due Accordi siglati per il Terziario ed il Turismo, sul sito, vi segnaliamo le principali novità. Si evidenzia che in occasione della sottoscrizione dell’Accordo suddetto per il settore terziario sono stati predisposti dei “modelli di linee guida tipo” di contratto di apprendistato e di piano formativo.

Fonte: confesercenti.it

Programma AMVA: contributi per assunzioni con apprendistato

Il Programma AMVA realizza un’azione integrata tra politiche per lo sviluppo delle imprese, politiche per il lavoro e politiche per la formazione per contribuire al miglioramento dei livelli di occupazione del mercato del lavoro italiano. L’obiettivo è di favorire l’inserimento lavorativo di giovani in stato di svantaggio, attraverso la promozione di dispositivi e strumenti per la formazione on the job, con priorità al contratto di apprendistato.

AMVA è finalizzato ad incentivare l’utilizzo del contratto di apprendistato sull’intero territorio nazionale e in tutti i settori di attività, mediante la concessione di contributi per la stipula di:

5.500 euro per ogni giovane – da 15 a 25 anni – assunto con contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale anche per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione;
4.700 euro per ogni giovane – da 17 a 29 anni – assunto con contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere per il conseguimento di una qualifica professionale

Per info: www.italialavoro.it, www.servizilavoro.it/amva, www.lavoro.gov.it, www.cliclavoro.gov.it.

Contatti:
Italia Lavoro SpA
Sede Territoriale Lombardia
Milano, via Mazzini 7 20123
02-888902.217-220

Davide SCHIOPPA

Apprendistato, arrivano gli aiuti

di Giulia DONDONI

I contributi previdenziali per i lavoratori che hanno un contratto di apprendistato saranno assolti per tre anni per le imprese che si trovano in Italia.

Si tratta di una misura che sarà valida fino al 2016, e che non farà altro che applicare le norme previste dalla Legge di stabilità n. 183 del 2011, vale a dire agevolazioni per le imprese che puntano sui giovani che hanno tra i 15 e i 29 anni.

Sono quattro i contratti attivabili: apprendistato per la qualifica, apprendistato professionalizzante, apprendistato di alta formazione e apprendistato di riqualificazione.

Il primo, l’apprendistato per la qualifica, è rivolto soltanto ai lavoratori di età compresa tra i 15 e 25 anni, i quali assolvono all’obbligo di istruzione o per il conseguimento del diploma professionale per una durata massima di quattro anni.

Il periodo formativo del contratto di apprendistato professionalizzante, giovani tra i 18 e 29 anni dove la formazione viene svolta dall’azienda, viene calcolato in base alla qualifica da conseguire: massimo 3 anni per le aziende non artigiane, 5 per quelle artigiane.

Per quanto riguarda l’apprendistato di alta formazione  (18 e 29 anni), si pone l’obiettivo di raggiungere  un diploma di istruzione secondaria superiore, di titoli di studio universitari o di alta formazione.

Il tanto atteso apprendistato per la riqualificazione dei lavoratori in mobilità  espulsi dai processi produttivi, con un regime agevolato e un incentivo, in caso di conferma al termine del rapporto, del 50 per cento delle indennità di mobilità non percepite dal lavoratore.