Contratto di apprendistato, quando si può fare e per chi?

Oggi ci abbarbicheremo in uno dei mondi che popolano la giungla del lavoro, ovvero quello dell’apprendistato. Scopriremo assieme quando si può ottenere un contratto di apprendistato e chi può farlo.

Cos’è l’ apprendistato

Iniziamo col chiarificare di cosa parliamo quando usiamo il termine apprendistato. L’apprendistato non è altro che quel periodo di tempo lavorativo in cui vieni assunto con un contratto di lavoro a tempo indeterminato ma con l’obbligo di formazione, secondo il Testo Unico sull’Apprendistato. Una soluzione contrattuale che ha lo scopo di agevolare l’occupazione lavorativa dei giovani.

Potremmo ben dire che troviamo tre tipologie di forme di contratto che si differenziano tra loro per l’obiettivo finale di formazione:

  • Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale
    E’ quel tipo di percorso per i giovani tra i 15 e i 25 anni, ovvero tutti coloro che devono ancora completare un percorso di studi. Il caso più frequente è quello degli studenti degli istituti professionali che alternano il dualismo scuola-lavoro.
  • Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere
    È un tipo di contratto rivolto a coloro che hanno un’età compresa tra i 18 e i 29 anni assumibili con il vincolo di formazione per conseguire una specializzazione. In tal caso l’attività lavorativa è svolta seguendo le regole del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) e deve necessariamente essere affiancata dalla formazione in azienda.
  • Apprendistato di alta formazione e ricerca
    Questo è probabilmente il più elevato livello di contratto di apprendistato. Esso è dedicato a chi ha un’età compresa tra i 18 e i 29 anni ed è volto ad incentivare il conseguimento di titoli di studio, dal diploma di maturità al dottorato di ricerca. Possiamo trovare tali termini anche nel praticantato.

Durata di un contratto di apprendistato

Molti si chiedono quale tempo durerà il suddetto apprendistato, prima di potersi definire non più apprendisti del lavoro, ma lavoratori a tutti gli effetti.

Ebbene, possiamo dire che ogni contratto di apprendistato prevede una differente durata.

Ad esempio,  in caso del contratto per Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, esso non può durare per un tempo superiore ai 3 anni. Soltanto quando il diploma è quadriennale si potrà arrivare ai 4 anni di contratto. Ad ogni modo, questa categoria di apprendistato dipende dal conseguimento della qualifica formativa e si adatta ad essa.

Nel caso, invece, del contratto di Apprendistato professionalizzante, avremo ancora una durata massima triennale. Però pur non potendo superare i 3 anni di durata, per questo contratto esistono dei casi particolari in cui esso può arrivare fino ai 5 anni, in alcuni lavori del settore artigianato.

Nel terzo ed ultimo caso contrattuale, quella di alta formazione e ricerca che è legata a una formazione esterna, quindi ad istituti, enti o università, anche la sua durata dipende dal titolo di studio che andiamo a conseguire. Avremo dunque una validità periodica del contratto che sarà decisa dalle Regioni o dalle Province autonome e dagli enti di formazione preposti.

Ovviamente, troviamo sempre la possibilità di recedere il contratto da ambo le parti lavorative, sia del datore di lavoro che dell’apprendista. Mentre, il licenziamento nel caso di contratto di apprendistato è possibile per giusta causa e con preavviso, solo dopo il completamento delle attività formative previste.

licenziamento in apprendistato

In ultimo, vediamo in breve come e quando è possibile essere licenziati, quando si è in contratto di apprendistato.

E’ bene sottolineare che in contratto di apprendistato puoi essere licenziato ma solo per giusta causa o per “giustificato motivo”. Tale motivazione o causa può avere due nature:

  • soggettiva, ottenuta dal comportamento diretto del lavoratore, causa inadempimenti, violazioni o danni;
  • oggettiva, legata cioè a motivi inerenti alla produzione aziendale e all’organizzazione del lavoro.

Qualora, invece si appartiene all’Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale si può essere licenziati per il non raggiungimento degli obiettivi formativi. Poiché, la formazione potrebbe non avere più motivo di esistere.

Consulenti del lavoro e contratto a tutele crescenti

I consulenti del lavoro dicono la loro sul contratto a tutele crescenti introdotto dal recente Jobs Act. Come specificato nella circolare n. 1 del 2015 emessa dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro, il contratto a tutele crescenti costituisce, per le imprese che devono assumere, una tipologia contrattuale economicamente più conveniente rispetto all’apprendistato, purché le aziende in questione abbiano più di 9 dipendenti. Secondo i consulenti del lavoro, il contratto a tutele crescenti è applicabile anche ai dipendenti pubblici, almeno fino al momento in cui non sarà specificata la loro esclusione dal raggio di influenza della legge sul lavoro.

Siamo al quarto intervento riformatore in poco più di due anni in un settore nel quale più che le regole lavoristiche manca il terreno su cui innestare l’occupazione, che, per essere rilanciata, necessita di affiancare alle buone norme sostanziali e corposi interventi sull’economia“: queste le parole del presidente della Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, Rosario De Luca, nella circolare in questione.

E certo – prosegue la circolare – non si potrà parlare di nuovi occupati se l’applicazione del contratto a tutele crescenti, che potrebbe risultare economicamente più conveniente di cocopro e lavoro a termine, porterà alla stabilizzazione di queste figure di lavoratori già occupati. Quelli non potranno essere considerati nuovi posti di lavoro, perché non riguarderanno gli attuali disoccupati“.

Ma va salutato con positività l’accantonamento (definitivo?) della diversificazione tra imprenditori e professionisti, che ha caratterizzato decine e decine di norme penalizzanti per gli studi professionali, perennemente esclusi da benefici e agevolazioni“, continua De Luca, che aggiunge: “Sul fronte dell’accesso non si può non sottacere che sempre il contratto a tutele crescenti è quasi più conveniente del contratto di apprendistato; situazione che può determinare il definitivo accantonamento di quello che per lungo tempo è stato il vero (se non l’unico) strumento in mano ai giovani per entrare nel mondo del lavoro“.

La circolare conclude con una constatazione quasi paradossale sulle conseguenze del contratto a tutele crescenti: “Si delinea un sistema sempre più incentrato sul rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, che va nella direzione opposta non solo delle esigenze di chi l’occupazione la crea; ma anche del volere espresso dall’esecutivo“.

Apprendistato, costruire i professionisti del futuro

 

Da contratto ‘snobbato’ perchè rigido e normativamente complesso a occasione unica per investire in capitale umano e costruire la propria impresa del futuro. Il contratto di apprendistato vanta un privilegio fondamentale per le aziende, di piccole come di medie dimensioni: l’opportunità di ‘cucirsi su di sè’ le figure professionali del domani, formandole, istruendole e dando loro gli strumenti per costruirsi una vera e propria professionalità.

Ma è davvero così? O sarebbero auspicabili altri metodi per favorire un interscambio fertile e di lunga durata tra scuole, università, centri di formazione e imprese?

Infoiva lo ha chiesto a Enrica Carminati, responsabile del progetto Fareapprendistato.it, un sito, realizzato in collaborazione con Adapt e il CQIA dell’Università di Bergamo, che ha lo scopo di promuovere e supportare la corretta implementazione in Italia dell’apprendistato, valorizzandone in particolare la valenza educativa e formativa.

L’apprendistato avrebbe dovuto essere il canale d’ingresso principale dei giovani nel mercato del lavoro, ma a oggi pare fatichi ancora a decollare? Perché? Quali sono i suoi limiti?
L’apprendistato sconta l’eredità di contratto “difficile” e “rigido”. In passato le imprese preferivano fare ricorso ad altri strumenti, magari anche più onerosi dell’apprendistato, perché quest’ultimo era complesso da gestire – a causa di un quadro normativo incerto, stratificato e a livello regionale frammentario – oltre che gravato da un eccesso di burocrazia e formalismo. Nel 2011, tuttavia, è intervenuta una profonda e organica riforma della disciplina del contratto di apprendistato, che ha superato molte delle criticità emerse negli anni, consegnando agli operatori un nucleo di regole certe, essenziali e immediatamente operative.
Il principale limite oggi è allora rappresentato dall’assenza, o comunque dall’insufficienza, di una corretta e diffusa informazione sul “nuovo” apprendistato, che ne metta in luce le grandi potenzialità, sia per il tessuto produttivo, sia per noi giovani. Proprio per questo il gruppo di ricerca di Adapt – Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del lavoro e sulle Relazioni Industriali – ha creato e cura il portale www.fareapprendistato.it, ove è possibile consultare liberamente documentazione utile e dialogare con chi studia e utilizza lo strumento.

Perché un’azienda dovrebbe scegliere questo tipo di contratto piuttosto che un altro?
Ci sono molteplici ragioni: innanzitutto per la possibilità di investire in capitale umano per costruire la propria impresa del futuro. Questo contratto consente alle imprese di intercettare giovani e giovanissimi al fine di formarsi “in casa” e in base agli effettivi fabbisogni quelle professionalità che spesso il mercato non offre. Inoltre, a seconda della articolazione tipologica che si attiva, può mettere virtuosamente in dialogo il mondo della scuola, dell’università e della ricerca con quello del lavoro, al fine di portare in azienda elevate competenze, che si traducono in competitività e sviluppo. Senza dimenticare, in questo momento di crisi, i generosi incentivi economici e normativi che lo accompagnano.

Ad oggi, alle piccole e medie imprese, conviene stipulare contratti di apprendistato?
Oltre ai vantaggi di cui si è detto, la legge di Stabilità per il 2012 ha introdotto uno sgravio contributivo del 100%, per i primi tre anni di contratto, per le imprese con meno di dieci dipendenti che hanno assunto o assumeranno fino al 31 dicembre 2016 apprendisti. Del resto sono proprio le realtà più piccole ad avere oggi più che mai la necessità, per rimanere nel mercato e crescere, di investire nel futuro, ottimizzando il bilancio tra costi e benefici.

Esistono, secondo lei, strumenti migliori per incentivare l’occupazione giovanile?
Io credo che nel nostro Paese non manchino i “buoni” strumenti, tra cui certamente l’apprendistato. Del resto sono state le parti sociali, unitariamente, a condividere, in intese siglate a partire dal 2010 con Governo e regioni, la necessità di rilanciarlo proprio per combattere i preoccupanti fenomeni della dispersione scolastica, della disoccupazione giovanile e del disallineamento tra domanda ed offerta.
Quel che serve, invece, sono serie e strutturate politiche a sostegno dell’occupazione giovanile, volte a creare un raccordo tra il mondo dell’istruzione e della formazione, da un parte, e quello del lavoro dall’altra, così da trasformare effettivamente il contratto di apprendistato in una leva di placement.

Il contratto di apprendistato è apprezzato dai giovani?
A volte il contratto di apprendistato è sottovalutato, perché ricondotto all’immagine del “garzone di bottega” o comunque associato, erroneamente, ad attività esclusivamente manuali e di basso profilo. Proprio nei giorni scorsi, sui giornali, si leggeva della volontà del Ministro Fornero di promuovere una campagna per rilanciarne l’immagine, oggi poco accattivante. La maggior parte dei giovani, tuttavia, si informa ed è consapevole che quello di apprendistato è un contratto stabile, che garantisce loro piene tutele e la possibilità di acquisire una professionalità facilmente spendibile nel mercato.

Qual è il vero problema del mercato del lavoro in Italia? Pensa sia ancora troppo rigido, specialmente per quanto riguarda i vincoli all’ingresso?
Rispondendo a caldo e di getto, direi che è l’eccessivo costo del lavoro, che influenza e condiziona le scelte imprenditoriali. Al di là di questo, non sono in grado di individuare l’origine ultima dei problemi del nostro mercato del lavoro e nemmeno di trarre a distanza di pochi mesi un bilancio sull’ efficacia e sulla bontà degli ultimi interventi legislativi, che certo hanno aggiunto rigidità in fase di ingresso. Da giovane che si muove in questo mercato e che vede tanti coetanei in difficoltà, penso che questo sia il momento per concentra le energie e attenzione sugli strumenti già operativi e che possono fare la differenza, se valorizzati, tra i quali appunto l’apprendistato.

Alessia CASIRAGHI

 

“Basta lacrime e sangue, ora produttività”

di Davide PASSONI

Apprendistato da panacea per i giovani a palla al piede del sistema? Via, non siamo drastici, il sistema è una palla al piede già di per sé, quello che manca sono regole chiare e certe. Sulle potenzialità inespresse del contratto di apprendistato, Infoiva ha sentito il presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, dott. Rosario De Luca.

L’apprendistato avrebbe dovuto essere il canale d’ingresso principale dei giovani nel mercato del lavoro, ma a oggi pare fatichi ancora a decollare? Perché?
Il problema sta nella diversa e, molto spesso contorta, applicazione nelle varie Regioni italiane. Non bisogna infatti dimenticare che la competenza è stata assegnata a livello regionale e questo non è d’aiuto. La nostra Fondazione Studi ha rilevato, tramite un’indagine eseguita su un campione rappresentativo di consulenti del lavoro, che sebbene sia possibile sottoscrivere il contratto d’apprendistato in tutte le regioni italiane, si scoprono ritardi nel varo degli strumenti che dovrebbero favorirne la diffusione con la conseguente reticenza dei datori di lavoro a farne uso a causa dei costi elevati e delle difficoltà burocratiche.

Come Consulenti del Lavoro, qual è la vostra posizione rispetto a questa tipologia di contratto?
Assolutamente favorevoli, nonostante le citate difficoltà operative che di fatto ne impediscono o ne rallentano la diffusione. C’è un affannarsi nel dichiarare populisticamente che l’apprendistato è il canale privilegiato per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Ma si tratta di pura teoria, non suffragata da alcun riscontro empirico, ma   accompagnata dai numerosi limiti che questo tipo di contratto comporta: dal numero massimo di apprendisti da assumere alla durata minima di 6 mesi.

Perché un’azienda dovrebbe scegliere questo tipo di contratto piuttosto che un altro? Ci sono, a suo avviso, strumenti migliori per incentivare l’occupazione giovanile?
L’apprendistato prevede agevolazioni contributive per l’azienda che lo utilizza. Però, con la riforma Fornero, i datori di lavoro possono assumere apprendisti beneficiando di detti sgravi solo se dimostrano di aver stabilizzato a tempo indeterminato una parte degli apprendisti assunti in precedenza. Purtroppo non sono rimasti molti strumenti ai giovani per entrare nel mondo del lavoro; in pratica c’è solo l’apprendistato, ma l’incompatibile e diversificata gestione regionale lo vanifica.

Pensa che il mercato del lavoro in Italia sia ancora troppo rigido, specialmente riguardo ai vincoli all’ingresso, nonostante gli sforzi del governo?
C’è ancora molto da fare  per consentire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. E questo problema, come gli altri, non si risolve assumendo scelte a tavolino , senza cioè riscontri concreti. I monitoraggi vanno effettuati prima di intervenire normativamente e non dopo, come invece avviene. Le nostre indagini, ad esempio, attestano che il 63% delle aziende ritiene “difficile” applicare la normativa di settore, mentre il 13% lo considera “inconveniente”.

Situazioni straordinarie come è quella attuale per le imprese, l’economia e il lavoro necessitano di iniziative e progetti straordinari: secondo voi il Paese e il governo stanno dando segnali positivi in tal senso?
Delle tante riforme fatte finora, nessuna incide efficacemente sui problemi reali del Paese che merita interventi strutturali di prospettiva. Per questo, dopo il periodo delle manovre di lacrime e sangue, è giunta l’ora della produttività e degli interventi di sostegno alle piccole aziende e ai lavoratori autonomi, che sono i veri sostenitori dell’occupazione in Italia. E questi interventi devono passare dalla madre di tutti gli interventi: la riduzione del costo del lavoro, che oggi tutti scoprono essere un problema; ma che noi danni definiamo come il freno inibitore della nostra economia.

Apprendistato, un aiuto concreto per i giovani?

 

Garantisce un costo del lavoro più basso, perchè ne riduce il costo contributivo, ma è ancora troppo poco adottato dalla piccole e medie imprese per la sua complessità normativa e di gestione. Il contratto di apprendistato potrebbe rivelarsi un valido strumento per incentivare l’assunzione dei giovani in un momento in cui la disoccupazione giovanile ha raggiunto picchi storici e in cui la crisi economica non può più fungere da unico capro espiatorio.

Ma perchè le aziende faticano ancora a preferire il contratto di apprendistato? Oggi Infoiva ne discute con il Professor Maurizio Del Conte, Docente di Diritto del Lavoro presso l’Università Bocconi di Milano. Perchè per garantire un futuro a un’intera generazione che oggi viaggia ‘sul filo del rasoio’ della disoccupazione occorre agire adesso.

L’apprendistato avrebbe dovuto essere il canale d’ingresso principale dei giovani nel mercato del lavoro, ma a oggi pare fatichi ancora a decollare? Perché? Quali sono i suoi limiti?
Purtroppo l’apprendistato sconta una storia fatta di incertezze regolative, dove la indicazione del tipo di formazione – on the job o in aula – ed i suoi stessi contenuti sono rimasti appesi all’inerzia delle Regioni e della contrattazione collettiva nel regolare la materia. Il testo unico del 2011, rilanciato dalla riforma “Fornero”, dovrebbe spingere nel senso di un pieno completamento della disciplina, ma è necessario un maggiore impegno di Regioni e parti sociali.

La complessità normativa di questo tipo di contratto gioca a suo sfavore?
Il maggior ostacolo al ricorso all’apprendistato da parte delle imprese è proprio la complessità della disciplina e della gestione operativa degli apprendisti. Molto spesso i direttori del personale preferiscono rinunciare ai vantaggi del contratto di apprendistato, ritenuto troppo oneroso in termini di tempo e risorse organizzative da dedicare per ogni apprendista. Oltretutto, con il rischio di vedersi condannati a restituire gli sgravi contributivi nel caso si commetta qualche errore nella complicata gestione burocratica del contratto.

Perché un’azienda dovrebbe scegliere questo tipo di contratto piuttosto che un altro?
L’apprendistato potrebbe essere estremamente interessante per le imprese perché, da un lato, riduce significativamente il costo contributivo del lavoro e, dall’altro, garantisce la possibilità di formare il giovane neoassunto secondo le esigenze specifiche dell’organizzazione aziendale. Insomma un investimento nella qualità del lavoro ad un costo ragionevole. Nel panorama contrattuale a disposizione delle imprese non c’è nulla di altrettanto appetibile.

Ad oggi, alle piccole e medie imprese conviene stipulare contratti di apprendistato?
In teoria sì, ma la realtà ci dice che sono proprio le imprese meno strutturate ad essere maggiormente diffidenti nei confronti dell’apprendistato. Questo perché, vista la complessità di cui si è detto, all’interno delle piccole aziende non ci sono le risorse organizzative sufficienti per seguire gli apprendisti. Un’iniziativa importante, che dovrebbe essere estesa a tutto il territorio, è quella appena lanciata da Regione Lombardia, che finanzia le piccole e medie imprese che si avvalgano di operatori esterni accreditati per la gestione degli apprendisti.

Esistono, secondo lei, strumenti migliori per incentivare l’occupazione giovanile?
In questi tempi di grave congiuntura economica lo strumento più efficace per incentivare l’assunzione dei giovani sarebbe una decisa riduzione del costo del lavoro dovuto al carico fiscale/previdenziale. In attesa di vedere provvedimenti legislativi in questo senso, l’apprendistato garantisce un costo del lavoro più basso anche se, dobbiamo ricordarlo, un apprendista alterna il lavoro alla formazione e, dunque, nel breve periodo rende di meno di un lavoratore già formato.

Qual è il vero problema del mercato del lavoro in Italia? Pensa sia ancora troppo rigido, specialmente per quanto riguarda i vincoli di ingresso?
A mio avviso il vero problema è la bassa produttività del lavoro nel confronto con i paesi nostri diretti concorrenti. Mentre si profondevano fin troppo tempo ed energie in operazioni di ingegneria contrattuale e del mercato, il lavoro si andava drammaticamente assottigliando e quello che ancora resta è sempre meno produttivo. Il risultato è che stiamo scivolando verso un lavoro che produce minor valore aggiunto, rendendo le nostre imprese meno competitive nei mercati più ricchi e deprimendo ulteriormente i salari e la domanda interna. E’ un circolo vizioso che deve essere interrotto, pena un declino irreversibile del nostro sistema industriale nel mercato globalizzato.

Situazioni straordinarie come quella attuale per le imprese, l’economia e il lavoro, necessitano di iniziative e progetti straordinari: secondo lei il Paese e il governo stanno dando segnali positivi in tal senso?
Finora il governo si è concentrato nel ridurre la spesa per riportare i parametri del bilancio pubblico entro limiti accettabili dai mercati finanziari. Tuttavia senza l’impulso della spesa pubblica nessuna economia è mai riuscita ad uscire stabilmente da una fase di recessione economica grave come quella che stiamo attraversando. Dunque si pone un problema di dover sostenere la spesa pubblica in questa congiuntura straordinariamente negativa. Personalmente credo che non si possa più affrontare una disoccupazione che tocca ormai oltre un terzo dei giovani come se si trattasse di un semplice effetto collaterale della crisi. Quando raggiunge questa magnitudine, la disoccupazione diventa essa stessa causa della recessione. Per combatterla occorrono misure straordinarie, mettendo in campo risorse finanziarie straordinarie. Come ho già detto, la riduzione del cuneo fiscale è la prima e ormai indifferibile misura da prendere se si vuole produrre uno shock positivo sul mercato del lavoro. Dall’inizio della crisi sono state investite enormi risorse finanziarie per conservare i posti di lavoro già esistenti, ma pochissimo è stato speso per aiutare un’intera generazione di giovani che rischia di restare tagliata fuori anche dalla ripresa economica, quando finalmente ci sarà. Se si vuole scongiurare questo rischio occorre agire adesso.

Alessia CASIRAGHI

Programma AMVA, disponibili contributi a fondo perduto

Ancora non si sono chiuse le possibilità di accedere al Programma AMVA promosso da Italia Lavoro Spa, che concede contributi per assunzioni effettuate dalle imprese.

Il Programma AMVA è infatti finalizzato ad incentivare l’utilizzo del contratto di apprendistato sull’intero territorio nazionale, tramite la concessione di contributi alle imprese, per la stipula di:

• contratti di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale di giovani fino al 25esimo anno di età;
• contratti di apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere di giovani fino al 29esimo anno di età.

Ai datori di lavoro privati che assumono giovani con contratti di apprendistato, vengono riconosciuti:

• un contributo di 5mila e 500 euro a fondo perduto per ogni soggetto assunto con contratto di apprendistato per la qualifica professionale a tempo pieno;
• un contributo di 4mila e 700 euro per ogni soggetto assunto con contratto di apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere a tempo pieno.

I lavoratori assunti devono rispondere a determinati requisiti:

• non aver avuto rapporti di lavoro dipendente o assimilato negli ultimi 12 mesi con il soggetto beneficiario la cui cessazione sia stata determinata da cause diverse dalla scadenza naturale dei contratti.
• appartenere anche a una delle seguenti categorie di lavoratori svantaggiati:
– Persone che non hanno un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi;
– Persone disoccupate prive di titolo di studio di scuola media superiore;
– Persone disoccupate che vivono sole con una persona a carico.

A partire dal 1° settembre 2012 è possibile accedere ai contributi AMVA anche per gli Studi Professionali.

La domanda di contributo può essere presentata unicamente online, fino al 31 dicembre 2012, salvo il caso di esaurimento delle risorse disponibili.

Debutta il nuovo contratto di apprendistato

L’apprendistato era stato al centro della riforma del lavoro proposta dal Governo Monti ed ora è al suo debutto il contratto che lo riguarda.
La sua nuova definizione, presa direttamente dal nuovo decreto, lo indica come “un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani”.

Linda Grilli, presidente e amministratore delegato di Inaz, fra le aziende leader nel software e nell’area outsourcing dei servizi per amministrare e gestire le risorse umane, ha accolto questo cambiamento positivamente: “È stata superata la vecchia e limitativa concezione dell’apprendistato come contratto “a causa mista”, cioè comprendente la prestazione di lavoro e la formazione professionale. Adesso l’accento è sulla finalità che il contratto persegue: sostenere l’occupazione giovanile“.

Questo significa che il datore di lavoro non deve solo garantire una retribuzione al suo apprendista, ma anche fornirgli il giusto insegnamento per imparare davvero il mestiere ed essere in possesso, alla fine del periodo, di una qualifica professionale.

La disciplina del contratto è demandata dal Testo Unico alla contrattazione collettiva e ai regolamenti delle Regioni, con due conseguenze importanti: si supera la frammentazione che finora si è avuta e il contratto di apprendistato sarà calibrato sulle particolarità di ciascun settore produttivo.

A tal proposito, sono molti i comparti che stanno adeguando i loro contratti. Ai settori come artigianato, alimentari, turismo, commercio, e studi professionali, che hanno già concluso l’iter, faranno seguito anche gli altri, così come faranno le Regioni, dopo che Lazio, Basilicata, Lombardia e Veneto hanno già approvato i regolamenti.

Un fattore importante che accompagna il nuovo contratto di apprendistato è l’impatto che questo avrà sul costo del lavoro.
Oltre alle agevolazioni preesistenti, come l’esenzione totale ai fini dell’IRAP, d’ora in poi il datore di lavoro sarà soggetto a un contributo complessivo del 10% a suo carico, comprendente contribuzione Inps e contribuzione Inail.
Per i titolare di aziende fino a nove addetti, inoltre, è prevista una riduzione contributiva totale in caso di assunzione di apprendisti dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2016.

Vera MORETTI

Macerata: Contributi finanziari ai contratti di apprendistato

La Provincia di Macerata, assessorato alla formazione e lavoro, ha pubblicato sul sito internet, nella sezione “avvisi e segnalazioni”, un avviso pubblico rivolto ad imprese per la richiesta di contributi finalizzati all’inserimento occupazionale con contratto di apprendistato.

L’iniziativa rientra nel Programma AMVA – “Apprendistato e Mestieri a Vocazione Artigianale” ed ha la finalità di promuovere il contratto di apprendistato attraverso un’azione integrata tra politiche per lo sviluppo delle imprese, politiche per il lavoro e politiche per la formazione.

Il progetto è promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione generale per le politiche attive e passive del lavoro, e attuato da Italia Lavoro con il contributo dei Programmi Operativi Nazionali del Fondo Sociale Europeo 2007-2013. La domande di accesso al contributo potranno essere presentate solo ed esclusivamente attraverso il sito internet, secondo le modalità indicate nel testo integrale del bando, non oltre il 31 dicembre prossimo. La Provincia consiglia di presentare prima possibile le domande in quanto le stesse saranno prese in considerazione secondo l’ordine cronologico fino ad esaurimento delle risorse disponibili.

Per i requisiti di partecipazione, le condizioni e le modalità di presentazione delle domande si consiglia di consultare la versione integrale del Bando, disponibile sul sito istituzionale, alla sezione “Bandi”, sotto-sezione “Opportunità per i cittadini e le imprese”.

Fonte: cronachemaceratesi.it

Apprendisti cercansi!

di Alessia CASIRAGHI

Promosso un pacchetto di contributi alle imprese per l’assunzione di nuovi apprendisti. Fino al 31 dicembre 2012 le imprese che stipulano contratti di apprendistato con soggetti svantaggiati potranno presentare domanda per la concessione di contributi.

Gli incentivi vengono erogati tramite il programma AMVA (Apprendistato e Mestieri a Vocazione Artigianale), promosso dal Ministero del Lavoro e gestito da Italia Lavoro Spa.

Il contributo alle imprese, che varia tra i 4.700 e 5.500 euro, sarà riconosciuto ai datori di lavoro privati che hanno sede operativa in Italia. Il premio totale messo a disposizione dal Ministero del Lavoro è pari a 78 milioni di euro. Unica condizione: assumere attraverso contratti di apprendistato a tempo pieno, validi per la qualifica e il diploma professionale oppure professionalizzante o di mestiere.

Ecco le condizioni per i lavoratori svantaggiati che possono essere assunti con contratti di apprendistato:

  • soggetti senza lavoro da almeno 24 mesi
  • soggetti privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi
  • soggetti sprovvisti di un diploma di scuola media superiore o professionale
  • adulti che vivono soli con una o più persone a carico
  • lavoratori occupati in professioni con un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici
  • membri di una minoranza nazionale all’interno di uno stato membro che devono consolidare le proprie esperienze in termini di conoscenze linguistiche, formazione professionale o di lavoro, per aumentare le possibilità di accesso ad un’occupazione stabile.

Le domande per la richiedere l’accesso al contributo devono essere presentate unicamente all’indirizzo http://amva.italialavoro.it.

I dottori di ricerca in Veneto entrano in azienda con l’apprendistato

Obiettivo principale: aumentare l’occupabilità dei dottori di ricerca nelle aziende del territorio e generare innovazione all’interno delle stesse imprese inserendovi capitale umano di eccellenza.

A seguito di questo accordo, Confindustria Veneto, come partner del progetto, ha sottoscritto un accordo sindacale con Cgil, Cisl e Uil al fine di consentire alle imprese interessate all’iniziativa di poter assumere i giovani dottorandi mediante l’apprendistato in alta formazione.

“L’apprendistato in alta formazione è uno degli strumenti più significativi  e di assoluta novità per il Veneto per agevolare i giovani nella delicata fase di passaggio dal mondo della scuola o dall’università al mondo del lavoro. La Regione Veneto è particolarmente attiva nell’individuazione e nella promozione di strumenti in grado di favorire questa alternanza. Il contratto di apprendistato, nella sua declinazione più elevata, mira in effetti a far emergere quel valore aggiunto, in termini di competenze, innovazione e creatività, che solo i giovani possono dare alle imprese”. Lo dichiara Elena Donazzan, assessore regionale all’Istruzione e Formazione professionale del Veneto.

Le scuole di dottorato interessate sono: Ingegneria industriale, Bioscienze e biotecnologie, Scienze molecolari, Scienze dell’ingegneria civile e ambientale, Ingegneria dell’informazione, Scienze veterinarie, Diritto internazionale e Diritto privato e del lavoro, Studio e conservazione dei beni archeologici e architettonici. Il percorso formativo e di lavoro dura 4 anni e prevede 150 ore circa all’anno di formazione esterna all’azienda e lo sviluppo di un progetto di ricerca su un tema innovativo di avanzato livello scientifico di interesse per l’impresa.

Marco Poggi