Pensione anticipata, proroga del contratto di espansione fino al 2025

Nel decreto Lavoro arriva un’importante novità per coloro che vogliono andare in pensione in anticipo, prevista infatti la proroga del contratto di espansione fino al 2025. Ecco come funzionerà la pensione anticipata.

Proroga del contratto di espansione al 2025

Il contratto di espansione è stato introdotto per la prima volta in Italia nel biennio 2019-2020 e poi stato prorogato di volta in volta. La legge di bilancio 2022 aveva provveduto alla proroga fino al 31 dicembre 2023, ora con il decreto Lavoro si aggiunge questa ulteriore proroga fino al 2025.

Si applica alle aziende con più di 50 dipendenti e prevede la possibilità di uscita dal mondo del lavoro con 5 anni di anticipo rispetto all’età pensionabile. A voler essere precisi, possono accedervi i lavoratori che si trovano a non più di 60 mesi dal maturare i requisiti per la pensione di vecchiaia (67 anni di età e 20 di contributi) o anticipata. Il lavoratore riceve una pensione erogata dall’Inps ma di fatto pagata dal datore di lavoro attraverso una fideiusssione.

Il contratto di espansione prevede però un accordo tra l’impresa il Ministero del Lavoro e le rappresentanze sindacali maggiormente rappresentative. L’accordo va a disciplinare gli elementi essenziali del contratto di espansione, ad esempio i lavoratori interessati. Naturalmente i lavoratori devono uscire su base volontaria in modo anticipato dal lavoro, nessun lavoratore sarà obbligato a rispettare i piani del datore di lavoro. Il consenso deve essere fornito per iscritto.

Il trattamento previsto per la pensione anticipata con contratto di espansione

Il lavoratore fino al raggiungimento dei requisiti pensionistici riceverà un assegno pari al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, come determinato dall’Inps. Per tali periodi il datore di lavoro è obbligato anche al versamento dei contributi previdenziali.

Le aziende hanno la possibilità di offrire il contratto di espansione ai lavoratori a condizione che siano previste nuove assunzioni a fronte dei pensionamenti. L’obiettivo è fare in modo che le aziende possano avere lavoratori di più giovane età con esperienze professionali e formazione adeguata ai nuovi contesti lavorativi che negli anni sono molto cambiati. Insomma il contratto di espansione mira al ricambio generazionale in azienda.

Leggi anche: Pensione anticipata contratto di espansione: requisiti e costi

Dichiarazione Imu, slitta al 30 giugno 2023 il termine per la presentazione

Mentre la legge di bilancio 2023 è ormai passata alle Camere e deve essere approvata entro il 31 dicembre 2022 al fine di evitare l’esercizio provvisorio, il Governo lavora all’altro importante appuntamento ormai annuale, il decreto Milleproroghe e tra le novità c’è lo slittamento del termine per la presentazione della dichiarazione Imu.

Slitta il termine per la presentazione della dichiarazione Imu

Il decreto Milleproroghe, in base alle prime indiscrezioni, si compone di 22 articoli, come il nome stesso dice contiene proroghe dei termini in scadenza. Tra le proroghe più importanti previste per i prossimi mesi c’è quella relativa alla dichiarazione Imu relativa all’anno di imposta 2021. Il termine attualmente previsto per la dichiarazione Imu è il 31 dicembre 2022, siamo ormai agli sgoccioli e molte persone hanno già provveduto a rendere la dichiarazione, mentre altre sono in procinto di farla, visto che con i tanti giorni festivi previsti, quelli realmente utili sono molto pochi.

A ciò si aggiunge che la sentenza della Corte Costituzionale di ottobre 2022 che ha escluso dai soggetti obbligati a pagare l’Imu i coniugi che hanno due abitazioni e ognuno ha la residenza anagrafica e dimora abituale in una di esse. Situazione che ad esempio si verifica quando i due coniugi lavorano in due città diverse e quindi hanno l’esigenza di avere due abitazioni in uso. La sentenza ha creato dubbi e ritardi tra coloroc he devono presentare la dichiarazione e forse c’è proprio tale motivazione dietro la decisione del Governo Meloni di far trovare questo regalo sotto l’albero, cioè la proroga del termine.

Lo stesso con il decreto Milleproroghe slitta al 30 giugno 2023. Sei mesi in più di tempo per rendere al dichiarazione. Ricordiamo che il decreto Milleproroghe ha la forma del decreto legge, cioè provvedimento caratterizzato da urgenza che entra in vigore immediatamente e che deve essere convertito in legge entro 60 giorni, in caso contrario perde efficacia immediatamente. Questo vuol dire che già nelle prossime ore potrebbe diventare definitivo.

Altre misure previste nel decreto Milleproroghe

Tra le misure previste anche il rifinanziamento del contratto di espansione che aiuta le aziende in difficoltà finanziarie che favoriscono l’esodo anticipato dal lavoro dei dipendenti vicini alla pensione.

Prorogati per tutto il 2023 anche gli aiuti alle aziende che esportano, hanno filiali o sedi in Ucraina, nella Federazione Russa e in Bielorussia.

Infine, per tutto il 2023 i medici potranno continuare a inviare ricette mediche ai pazienti con e-mail o altri servizi di messaggistica, il servizio era stato introdotto in via eccezionale durante la pandemia ed era in scadenza al 31 dicembre 2022.

Pensione a 62 anni, si può anche nel 2022 e 2023

La pensione a 62 anni con la quota 100 è ornai il passato. La misura è cessata il 31 dicembre scorso. Finita l’esperienza con questa misura, per chi non ha centrato età e contributi entro la fine del 2021 la quota 100 non è più una opzione. Ma a ciò non vuol dire che non ci sarà chi potrà ancora andare in pensione a 62 anni.

Infatti per qualcuno la quota 100 potrà ancora essere utilizzata, e per molti altri c’è una specie di quota 82, ma assai particolare.

Pensione 2022 con quota 82, come fare?

Stop quota 100 nel 2022, ma la pensione a 62 anni si può ottenere per il tramite di una misura assai particolare. Parliamo dei cosiddetti contratti di espansione.  E si potranno usare anche nel 2023.

I benefici del contratto di espansione, tra questi l’uscita a 62 anni di età, per molti versi sono migliori perfino di quota 100.

Uno scivolo vantaggioso sia come età che come contributi versati. Infatti ne bastano venti. La combinazione 62+20 apre quindi ad una specie di quota 82. Non saranno tanti, ma nemmeno pochi i lavoratori che potranno andare in pensione a 62 anni sia nel 2022 che nel 2023 con questi contratti di espansione.

La popolarità della misura è evidente, soprattutto per quelle aziende, spesso grandi aziende che necessitano di strumenti adatti a rinverdire gli organici e permettere di anticipare la pensione a chi si trova a 5 anni dalla quiescenza ordinaria.

Perché parliamo di aziende? Perché si tratta di una misura che prevede un accordo tra azienda e sindacati in sede ministeriale, con il quale di stabiliscono regole e soggetti a cui destinare quello che a tutti gli effetti somiglia ad un esodo incentivato.

Non tutti i lavoratori quindi potranno accedere al contratto di espansione, ma solo quelli delle aziende che decidono di avviarlo. Ed il lavoratore naturalmente è libero di accettare o meno quello che l’azienda offre. E si tratta di una uscita dal lavoro dai 62 anni con almeno 20 anni di contribuzione, con la stessa azienda che si fa carico di versare l’assegno di prepensionamento in misura pari alla pensione teoricamente spettante alla data di uscita dal lavoro.

Le regole del contratto di espansione

Va detto che siamo di fronte ad una misura abbastanza vantaggiosa, anche se molto particolare e non propriamente pensionistica. Questo perché serve che sia  una azienda a decidere di attivare il contratto di espansione e che siano i lavoratori, a scegliere, sempre tramite accordi sindacali, se accettare.

Possono accedere al contratto di espansione i lavoratori di aziende che hanno in organico almeno 50 dipendenti. Per esempio, da più parti d’Italia si ha notizia di contratti di espansione accesi anche da quella che una volta era la Fiat, cioè l’attuale società italo francese Stellantis, nata dalla fusione tra la nostra FCA e la transalpina PSA.

Evidente la bontà della misura che da un lato consente all’azienda di dotarsi di nuovi lavoratori (il rapporto deve essere un neo assunto ogni 3 fuoriusciti con i contratti di espansione) più inclini alle nuove tecnologie. Dall’altro però consente a lavoratori che si trovano davanti 5 anni ancora per la pensione, di mettersi a riposo anticipatamente.

Il vantaggio per l’azienda deriva pure dal fatto che può sfruttare i mesi di Naspi teoricamente spettanti al lavoratore messo in prepensionamento, per abbattere ciò che la stessa azienda dovrebbe versare al lavoratore stesso. Lo scivolo riguarda pure chi si trova a 5 anni dal centrare la pensione anticipata per la quale servono 42,10 anni di contributi per gli uomini e 41,10 per le donne. In questo caso, e solo per le pensioni anticipate, oltre all’indennità mensile l’azienda copre anche i contributi che mancano tra i 37,10 (36,10 per le donne) ed i 42,10 (41,10 per le donne).

In uscita anche chi ha maturato già la quota 100

Resta comunque aperta la possibilità di accedere alla quiescenza pure per i lavoratori che hanno completato i due requisiti di quota 100 entro la fine del 2021, senza però scegliere di lasciare il lavoro. Infatti anche per la quota 100 vale il meccanismo della cristallizzazione del diritto.

In altri termini, chi ha già maturato il diritto alla quota 100, completando al 31 dicembre 2021 sia i 62 anni di età che i 38 anni di contributi, potrebbero sfruttare l’uscita con la quota 100 a prescindere che la misura sia ormai cessata.

Si chiama cristallizzazione del diritto quell’istituto che stabilisce come una volta maturato un diritto lo stesso può essere sfruttato anche negli anni successivi a prescindere dalle novità previdenziali susseguenti.

Le 10 novità del 2022 su lavoro, reddito di cittadinanza, pensioni e contributi

Lavoro, reddito di cittadinanza, contributi e riduzioni dei versamenti, pensioni, apprendistato, ammortizzatori sociali, riduzione dell’orario di lavoro, crisi aziendali e Cigs: ecco quali sono le novità che arriveranno con la legge di Bilancio e che saranno in vigore per tutto il 2020.

Reddito di cittadinanza: stretta sui rifiuti di lavoro e più controlli per i furbetti

La legge di Bilancio 2022 ha stanziato un miliardo di euro aggiuntivo per la misura del reddito di cittadinanza del prossimo anno. La dote complessiva andrà oltre gli 8,8 miliardi di euro. Ne beneficeranno 1,37 milioni di famiglie. Tra le novità della Manovra la stretta sui rifiuti delle offerte di lavoro: al primo rifiuto del fruitore scatterà una sottrazione di 5 euro al mese, al secondo il beneficio verrà revocato. La prima offerta può rientrare nel raggio di 80 km (oggi 100 km) dalla residenza del percettore del reddito di cittadinanza. La seconda offerta di lavoro può capitare ovunque, in tutta Italia. Ulteriore novità interessa la partecipazioni alle attività in presenza e ai colloqui. La partecipazione è su base mensile e se il beneficiario si assenta ingiustificatamente perde il sussidio. Più controlli sono previsti per i furbetti del reddito.

Per l’apprendistato arriva lo sgravio totale contributivo per le piccole e medie imprese

Tra le novità del lavoro, c’è quella dell’apprendistato formativo e dello sgravio totale dei contributi se svolto nelle piccole e medie imprese. Lo sgravio totale dei contributi alle Pmi fino a nove dipendenti verra riconosciuto per i contratti di apprendistato di primo livello relativi:

  • alla qualifica e al diploma professionale;
  • al diploma di istruzione secondaria superiore;
  • al certificato di specializzazione tecnica superiore.

Gli anni di sgravio totale dei contributi per le piccole e medie imprese saranno pari a tre. Negli anni successivi l’aliquota applicata è pari al 10%.

Cigs, per le crisi aziendali fino a 12 mesi in più

Per le crisi aziendali ci saranno 12 mesi in più di Cigs. In particolare, per i lavoratori che già si trovano in Cigs per processi di riorganizzazione o di crisi aziendali, scatterà il sostegno. Ne beneficeranno le imprese con oltre 15 dipendenti. Nei rapporti con i sindacati, le aziende dovranno definire i programmi volti alla rioccupazione oppure all’autoimpiego dei lavoratori in Cigs.

Con i contratti di espansione in pensione con 5 anni di anticipo

Confermato sia per il 2022 che per il 2023 il contratto di espansione che consente ai lavoratori di andare in pensione con cinque anni di anticipo. Dal 1° gennaio 2022 per l’accesso alla misura di scivolo pensionistico è necessario che l’impresa datrice di lavoro abbia almeno 50 addetti al suo interno, rispetto ai 100 previsti ad oggi. I lavoratori potranno ridurre i requisiti richiesti sia con obiettivo della pensione di vecchiaia (uscita a 62 anni anziché a 67 anni) o della pensione anticipata (uscita con almeno 37 anni e 10 mesi di contributi). Si potrà richiedere anche la riduzione dell’orario di lavoro fino a un massimo di 18 mesi utilizzando la Cigs.

Pensioni a 62 anni per le aziende in crisi: in attesa del decreto sulle modalità

In alternativa, le aziende in crisi potranno accedere al fondo messo a disposizione dal ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) per l’uscita anticipata dei lavoratori a partire dai 62 anni di età. Il fondo avrà una dote di 150 milioni di euro per il prossimo anno, di 200 per il 2023 e di altrettanti per il 2024. Al momento è necessario attendere il decreto interministeriale dello Sviluppo Economico, dell’Economia e del Lavoro per conoscere le modalità di fruizione del fondo. Il provvedimento arriverà entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di Bilancio 2022.

Contratti di solidarietà, la riduzione dell’orario di lavoro sale all’80%

Sale fino all’80% la riduzione dell’orario di lavoro dei contratti di solidarietà. Si tratta di situazioni aziendali nelle quali si utilizzano i contratti di solidarietà per evitare gli esuberi del personale. Il minore impiego dei dipendenti attuale è del 60%, applicato all’orario giornaliero settimanale oppure mensile. Anche nel 2022 l’incremento all’80% di riduzione oraria dovrà essere confermato, come avviene attualmente, attraverso la contrattazione collettiva aziendale.

Ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori subordinati

Tra le novità previste per il 2022 c’è l’estensione degli ammortizzatori sociali alla globalità dei lavoratori subordinati. Saranno inclusi anche i lavoratori con un’anzianità ridotta di lavoro di trenta giorni, ma anche i lavoratori a domicilio e gli apprendisti. Il contributo salirà di importo a più o meno 1.200 euro mensili. Per la previdenza è prevista la contribuzione dello 0,90% della retribuzione (un terzo a carico del subordinato).

Aziende che delocalizzano, 90 giorni per la procedura di messa in sicurezza dei lavoratori

Per aziende che abbiano almeno 250 addetti arriva la procedura di 90 giorni per la delocalizzazione. Si tratta di chiusure anche di stabilimenti, di filiali, di uffici, di sedi, di reparti autonomi ubicate nel territorio italiano. Se il licenziamento coinvolge almeno 50 addetti, sarà necessario che l’azienda entro 60 giorni disponi un piano per gestire la crisi. Il piano deve essere inviato al ministero del Lavoro, alle regioni, all’Anpal e ai sindacati. Nei successivi 30 giorni enti e ministeri possono accettare il piano proposto dall’azienda. In caso di mancata presentazione del piano, all’azienda saranno comminate multe salate.

Riduzione dei contributi alle lavoratrici madri ed esonero giovani

In arrivo nel 2022 anche l’esonero dei contributi alle lavoratrici madri. La misura permetterà alle aziende dell’esonero del 50% dei versamenti contributivi previdenziali seguendo due regole:

  • la prima è la riduzione dei contributi della metà a decorrere dalla data del rientro della lavoratrice che ha utilizzato il congedo obbligatorio di maternità;
  • la seconda è la durata, fissata in un anno, delle decontribuzione, sempre a partire dal rientro della lavoratrice madre.

La legge di Bilancio conferma, anche per il 2022, l’esonero contributivo per le imprese che stabilizzano i giorni under 36. L’esonero avviene anche per la stabilizzazione con contratto di lavoro a tempo indeterminato dei lavoratori impiegati in aziende dove risulta attivo un tavolo negoziale di gestione della crisi aziendale. In quest’ultimo caso non vi è un limite di età.

Contributi ridotti anche per i redditi fino a 35 mila euro

La riduzione dei contributi interesserà anche i contributi delle imprese private per tutto il 2022. Lo sconto è dello 0,8% sulle 13 mensilità. Il massimo della retribuzione rientrante nello sconto è fissata a 2.692 euro mensili, corrispondenti a 35 mila euro all’anno lordi. La misura non verrà, tuttavia, applicata ai lavoratori domestici (colf, badanti, babysitter).

Contratto di espansione: con la legge di bilancio estensione al 2022 e 2023

Il contratto di espansione è uno strumento fornito alle aziende per procedere alla digitalizzazione delle aziende attraverso il ricambio generazionale dato da nuove assunzioni. Si tratta di una misura temporanea ed era destinata a terminare i suoi effetti nel 2021, ma con con il disegno di legge di bilancio 2022 è prevista l’estensione al 2022 e al 2023. Cambiano inoltre le modalità operative.

Come funziona il contratto di espansione

Il contratto di espansione è entrato nel nostro ordinamento nel 2019 con il decreto Crescita, inizialmente era previsto solo per le aziende con più di 1000 dipendenti, in seguito è stato esteso ad aziende con un numero inferiore di dipendenti. Con l’ultima estensione, prevista nel disegno di legge di bilancio all’articolo 63, si amplia la platea dei potenziali beneficiari che è stata estesa alle aziende che hanno anche solo 50 dipendenti.

La caratteristica principale del contratto di espansione è che prevede uno scivolo pensionistico della durata di 60 mesi (5 anni) questo vuol dire che i dipendenti potranno essere collocati in pensione con 5 anni di anticipo.

Per il dipendente che accede al contratto di espansione gli importi mensili sono accreditati dall’INPS, ma sono pagati dal datore di lavoro che potrà però contare sulla restituzione del contro valore NASpI , ma si tratta non della pensione, bensì di un accompagnamento alla stessa. Gli importi si calcolano in base alla contribuzione effettivamente maturata, non è prevista indennità di perequazione e non spettano gli ANF (Assegni per il Nucleo Familiare, mentre il lavoratore potrà percepire la tredicesima mensilità).

Si tratta quindi di un trattamento del tutto simile all’isopensione di cui abbiamo ampiamente parlato nell’articolo Isopensione o esodo: rischio interruzioni con la circolare INPS 2021

Legge di bilancio: contratto di espansione esteso al 2022 e 2023

Nella prima legge di bilancio prevista dal governo Draghi il contratto di espansione prevede che per gli anni 2022 e 2023 potranno accedere a questo beneficio le aziende che hanno almeno 50 dipendenti e nel caso di aggregazioni stabili di aziende si possono sommare gli addetti delle varie aziende al fine di raggiungere tale limite. Per poter procedere, è necessario prima addivenire a un accordo con le rappresentanze sindacali da sottoscrivere presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

L’azienda deve presentare un piano di assunzioni di nuovi addetti. Per le aziende con più di 1000 lavoratori è previsto l’obbligo di assumere una persona ogni 3 adesioni allo scivolo pensionistico. Per le aziende di minori dimensioni, il piano di assunzioni è da concordare con le rappresentanze sindacali. Il lavoratore naturalmente non è obbligato ad aderire al piano di pensionamento anticipato. I nuovi termini previsti per il contratto di espansione sono:

  • 2 settembre 2023 per l’avvio della procedura amministrativa presso l’INPS;
  • 30 novembre 2023 per firmare la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro in seguito all’adesione da parte del lavoratore al piano aziendale.

Con la legge di bilancio 2022 si conferma l’impianto generale del contratto di espansione con la possibilità per l’azienda di accedere alla Cassa Integrazione Straordinaria in Deroga per 18 mesi senza costi. Inoltre è necessario un piano di formazione e riqualificazione per i dipendenti che non sono interessati dal contratto di espansione.

Deve essere sottolineato che per il lavoratore questo potrebbe avere un costo anche alto perché naturalmente, al raggiungimento dell’età pensionabile gli importi saranno ridotti.

Per saperne di più sul contratto di espansione e sul suo funzionamento, leggi l’articolo: Pensione anticipata contratto di espansione: requisiti e costi

Quanto si perde con la pensione anticipata? Simulazioni

Il traguardo della pensione è sempre molto atteso e ciò anche perché con l’introduzione della Legge Fornero si va in pensione a 67 anni di età e non tutti sentono di avere le energie necessarie per affrontare la quotidianità del lavoro fino a tale età. Proprio per questo, al fine di mitigare gli effetti della Legge Fornero, sono state emanate delle normative che consentono l’uscita in anticipo dal mondo del lavoro, ma tale scelta ha purtroppo un costo. Cerchiamo di capire quanto si perde con la pensione anticipata.

Gli effetti del sistema contributivo sul calcolo della pensione anticipata

Il 1996 per il sistema pensionistico italiano è uno spartiacque davvero importante, infatti da questo momento viene introdotto il sistema contributivo che prevede il calcolo della pensione tenendo in considerazione l’anzianità contributiva e l’età anagrafica, maggiore è l’età in cui si va in pensione e più elevato è il coefficiente che viene applicato. Il coefficiente applicato arriva alla sua massima estensione al compimento del 71° anno di età, quindi per ogni anno in anticipo su tale limite si perde qualcosa. Ecco perché alcuni lavoratori decidono di posticipare il pensionamento anche rispetto alla legge Fornero.

Il contratto di espansione ha consentito a molti italiani di uscire prima dal mercato del lavoro, con un anticipo anche di 5 anni rispetto alla legge Fornero. Per molti questa è stata “un’opportunità” perché magari l’impresa era in crisi e si rischiava anche di perdere il lavoro e restare senza reddito. Però questo ha portato a una perdita netta sulla mensilità che si sarebbe ricevuta andando in pensione nel rispetto della Legge Fornero. Ad esempio, chi decide di andare in pensione con 5 anni di anticipo può perdere fino al 27% della retribuzione mensile, per chi ha una retribuzione mensile lorda di 1.650 euro, si calcola che andando in pensione con un anno di anticipo, si perdono circa 40 euro mensili, cioè 520 euro annui, ma con 5 anni di anticipo si possono perdere addirittura 120 euro mensili, cioè 1.560 euro netti l’anno, una somma non certo irrisoria.

Pensione anticipata e Quota 100

Le perdite si verificano anche con la Quota 100 e con tutti gli altri sistemi che consentono di andare in pensione prima dei 67 anni di età. Ad esempio Progetica ha effettuato il calcolo per un soggetto nato nel 1960 che inizia a versare i contributi nel 1985 e decide di andare in pensione con circa 35 anni di contributi e 61 anni di età. In questo caso con uno stipendio netto di 1.600 euro prenderebbe circa 850 euro invece di 1.434 euro di pensione con una perdita del 41%. Maturati 67 anni di età, lo stesso lavoratore matura 1.253 euro di pensione, ma comunque con una perdita. Naturalmente per ogni lavoratore c’è un calcolo personalizzato che tiene in considerazione diversi fattori, infatti se vi sono dei buchi contributivi, o contribuzione figurativa, anche questa incide sui calcoli.

Prospettive future per la pensione anticipata

Deve però essere ricordato che Quota 100 a breve esaurirà i suoi effetti, 31 dicembre 2021, e i partiti stanno cercando un accordo per evitare un’applicazione piena della Legge Fornero, le proposte al vaglio dovrebbero essere 9, tra cui una proroga della Quota 100, che però sembra improbabile, l’introduzione della Quota 41, cioè in pensione con 41 anni di contributi, la stabilizzazione dell’APE Sociale con l’introduzione di nuovi lavori gravosi, attualmente sembra l’ipotesi più fondata. Tra le proposte anche quella di Forza Italia che auspica il pensionamento a 62 anni con 35 anni di contributi a patto che il trattamento pensionistico non sia inferiore di 1,5 volte rispetto alla pensione minima e con riduzione del 2% per ogni anno di anticipo rispetto al limite dei 66 anni.

Se vuoi conoscere i nuovi lavori gravosi inseriti dalla commissione ad hoc, leggi l’articolo: Pensione Gravosi: si allarga la platea dei beneficiari per lavori usuranti

Come visto quindi prima di scegliere se andare in pensione è bene valutare quanto ammonterebbe la pensione e qual è la perdita rispetto al pensionamento ordinario. Bisogna inoltre ricordare che per coloro che hanno deciso di devolvere il TFR ai fondi pensione, ci sarà comunque la pensione integrativa il cui ammontare dipende da quanto effettivamente versato.

Pensioni anticipate: ecco quali sono gli strumenti per lasciare il lavoro prima

Quali sono gli strumenti di pensione anticipata per andare via prima dal lavoro? È importante identificare i meccanismi previdenziali conoscendo, innanzitutto, l’età prevista per la pensione di vecchiaia ordinaria, attualmente fissata a 60 anni di età unitamente ad almeno 20 anni di contributi. Gli strumenti di pensione anticipata consentono di abbreviare l’uscita lavorativa rispetto, proprio, a questo limite di età. Nel dettaglio, rientrano tra gli strumenti di anticipo previdenziali la quota 100, l’opzione donna, l’anticipo pensionistico (Ape) sociale, la quota 41 dei lavoratori precoci e alcuni altri.

Pensione anticipata dei soli contributi: quanti ne servono per uscire?

La prima formula di uscita prima è la pensione anticipata dei soli contributi. Si esce a qualsiasi età purché i lavoratori maturino almeno 42 anni e 10 mesi di contributi. Per le donne è previsto lo sconto di un anno sui contributi (36 anni e 10 mesi). I requisiti contributivi resteranno in vigore senza variazione fino al 2026.

Pensione anticipata con quota 100, ma la scadenza dei requisiti è per il 31 dicembre 2021

Una delle ultime in ordine di tempo tra le misure di pensione anticipata e, molto probabilmente destinata a durare fino al 31 dicembre, è la quota 100. Ciò significa che i requisiti richiesti – l’età minima di 62 anni e almeno 38 anni di contributi versati – devono essere maturati entro la fine di quest’anno. Chi rientra nelle possibilità di uscita con la quota 100 può decidere di andare in pensione anche successivamente: con il diritto cristallizzato nel 2021, è possibile posticipare l’uscita effettiva da lavoro anche nel corso del 2022 o successivamente.

Con l’anticipo pensionistico Ape sociale uscita dai 63 anni

Più articolata, e con maggiori requisiti richiesti, è la pensione con Anticipo pensionistico (Ape) sociale. Introdotta nel 2017 insieme all’Ape volontaria, la versione sociale dell’anticipo permette di andare in pensione a partire dai 63 anni di età unitamente a 30 o a 36 anni di contributi, a seconda della situazione socio-economica nella quale rientra il richiedente. La misura riguarda tanto i lavoratori dipendenti (sia statali che del settore privato) che i lavoratori autonomi, a esclusione dei professionisti iscritti alle Casse previdenziali.

Requisiti pensione Ape sociale: uscita dei disoccupati

La pensione Ape sociale è stata introdotta per andare incontro a  determinate situazioni di disagio socio-economico dei lavoratori. La prima categoria tutelata è quella dei disoccupati a seguito della cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento. Sono necessari almeno 30 anni di contributi previdenziali versati. Con lo stesso numero di anni di contributi escono i caregiver, ovvero i contribuenti che assistano, da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente convivente entro il primo grave che si trovi in situazione di handicap grave o di non autosufficienza.

Ape sociale, la pensione per gli invalidi e per addetti ad attività gravose

Sono richiesti 30 anni di contributi anche agli invalidi con una percentuale di almeno il 74% per andare in pensione con l’Ape sociale. Il requisito contributivo sale a 36 anni per gli addetti ad attività gravose o a lavori usuranti. In particolare, sono 15 le categorie riconosciute come gravose. Il meccanismo, inoltre, richiede lo svolgimento del lavoro gravoso per almeno 6 degli ultimi 7 anni o per 7 degli ultimi 10.

Pensione anticipata per i lavoratori precoci: la quota 41

Anche per tutto il 2021, in attesa della legge di Bilancio 2022, è stata confermata la pensione anticipata dei lavoratori precoci con la quota 41. Il meccanismo previdenziale è stato introdotto nel 2017 a favore dei lavoratori che abbiano iniziato a lavorare in età adolescenziale. Infatti, nei 41 anni di contributi deve rientrare un anno di contributi versato entro i 19 anni di età. I lavoratori che possono ricorrere alla quota 41 sono i dipendenti del settore privato, gli iscritti alla Gestione separata Inps e gli aderenti alle forme sostitutive ed esclusive dell’Assicurazione generale obbligatoria (Ago).

Pensione precoci: i requisiti comuni con l’Ape sociale

Oltre ai 41 anni di contributi, chi presenta domanda di uscita pensionistica (a qualsiasi età) con la quota 41 deve rientrare nelle stesse situazioni di disagio economico e sociale dell’Ape sociale. Pertanto, è da dimostrare la situazione di disoccupazione, di assistenza a persona non autosufficiente, di riduzione della capacità lavorativa almeno del 74% o di svolgimento di attività usuranti o gravose, con lo stesso numero di anni continuativi di lavoro prima della pensione previsti per l’Ape sociale.

Pensione anticipata per le lavoratrici: opzione donna

Fino al 31 dicembre 2021, in attesa della proroga, sarà in vigore la pensione anticipata con opzione donna. La misura consente alle lavoratrici di 58 anni di età (59 per le autonome) di anticipare la pensione con 35 anni di contributi versati. La condizione essenziale per le donne che presentino richiesta per l’opzione donna è accettare il ricalcolo dell’assegno di pensione interamente con il meccanismo contributivo. Il ricalcolo comporta un taglio del futuro assegno di pensione tra il 20 e il 30%, per sempre.

Pensioni anticipate, con il contratto di espansione uscita dai 62 anni

Introdotto nel 2019, il contratto di espansione consente di anticipare la pensione di vecchiaia a 62 anni rispetto ai 67 anni previsti. Oppure, se l’obiettivo è anticipare rispetto alla pensione anticipata dei soli contributi, lo sconto di 5 anni è sui versamenti. Infatti, gli uomini escono con 37 anni e 10 mesi di contributi, le donne con 36 anni e 10 mesi. Ma per questa formula è necessario che il datore di lavoro trovi l’accordo con i sindacati da siglare per ricorrere all’esodo volontario dei dipendenti.

Chi può accedere al contratto di espansione?

L’anticipo di 5 anni sulla pensione con il contratto di espansione è consentito ai lavoratori che lavorino in realtà aziendali con almeno 100 unità lavorative. Il requisito dimensionale è stato abbassato nel corso del 2021 dal decreto “Sostegni bis”: la legge di Bilancio 2021, infatti, aveva abbassato il tetto a 250 addetti. Per ottenere maggiori benefici, anche per l’indennità Naspi che accompagna i lavoratori alla pensione (fino a 3 anni), le aziende devono procedere al ricambio generazionale e alla ristrutturazione del personale mediante nuove assunzioni. La misura sicuramente verrà confermata anche nel prossimo anno con la legge di Bilancio 2022.

Con l’isopensione si va in pensione in anticipo fino a 7 anni

Si può beneficiare dell’uscita anticipata fino a 7 anni con l’isopensione. Il meccanismo, già in vigore con la riforma delle pensioni di Elsa Fornero, consente ai lavoratori del settore privato impiegati in imprese di almeno 15 dipendenti, di usufruire di uno scivolo già dai 60 anni di età con oneri interamente a carico dell’azienda. Il periodo di prepensionamento, dunque, dura fino a 7 anni, in attesa della pensione di vecchiaia. È proprio durante questi anni che il datore di lavoro si impegna a versare l’indennità al lavoratore. Tale indennità corrisponde alla pensione maturata fino al momento dell’uscita con l’esodo. I sette anni di anticipo saranno in vigore fino al 2024, poi si tornerà a un limite di anticipo di 4 anni.

Pensione con contratto di espansione, per uscita 5 anni prima nel 2021 comunicazione all’Inps entro il 2 settembre

C’è tempo fino al 2 settembre prossimo per l’invio della comunicazione all’Inps per la stipula dell’accordo azienda-lavoratori-sindacati rientrante nelle pensioni del contratto di espansione. La comunicazione è relativa ai prepensionamenti che avverranno entro la fine del 2021, con decorrenza della pensione prevista a partire dal 1° dicembre prossimo. La scadenza, dunque, riguarda le aziende che vogliano utilizzare il meccanismo del prepensionamento, che consente ai lavoratori di uscire anticipatamente di cinque anni.

Contratto di espansione, come uscire 5 anni prima rispetto alla pensione di vecchiaia o anticipata?

Le pensioni previste dal contratto di espansione consentono ai lavoratori di uscire anticipatamente di 5 anni sia rispetto ai 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia che ai 37 anni e 10 mesi di contributi necessari per la pensione anticipata. La misura, già in vigore dal 2019, nel tempo ha subito modifiche soprattutto per quanto riguarda il requisito dimensionale dell’azienda datrice di lavoro. Infatti, inizialmente il meccanismo riguardava solo le aziende con almeno 1.000 unità lavorative. Le successive modifiche normative hanno abbassato il minimo a 250 unità lavorative (legge di Bilancio 2021) fino ad arrivare a 100 addetti con il decreto Sostegni bis di Mario Draghi.

Contratto di espansione, cosa serve per andare in pensione 5 anni prima?

Il contratto di espansione, già in vigore dal 2019, ha visto nel tempo modificare i requisiti di uscita, soprattutto quelli riguardanti l’azienda datrice di lavoro. Inizialmente potevano accedere alla misura le aziende con almeno 1.000 unità lavorative. La legge di Bilancio 2021, ha fissato il requisito dimensionale minimo a 250 unità lavorativa, con ulteriore riduzione a 100 unità del decreto Sostegni bis di Mario Draghi. Serve l’adesione volontaria del lavoratore, l’accordo sindacale e la presentazione della lista dei lavoratori in uscita con la misura all’Inps.

In cosa consiste la comunicazione Inps per le pensioni del contratto di espansione?

Per l’uscita anticipata con il contratto di espansione la legge prevede l’accordo sindacale. Tale accordo è da siglare nella sede territoriale del ministero del Lavoro alla presenza dei rappresentanti dell’azienda e dei sindacati stessi, nazionali o aziendali. La scadenza del 2 settembre delle pensioni rientranti nel contratto di espansione riguarda proprio la firma degli accordi sindacali dei lavoratori da mandare in pensione con relativa comunicazione all’Inps. L’adesione dei lavoratori è volontaria. La scadenza si desume dalla circolare Inps numero 48 del 24 marzo del 2021 e dal messaggio Inps numero 2419 del 2021.

Contratto di espansione e cessazione del lavoro

Infatti, per l’adesione alle pensioni con uscita 5 anni prima, la circolare 48 dell’Inps ha stabilito che la cessazione del rapporto di lavoro, sulla base del consenso dei lavoratori, debba avvenire sempre nell’ultimo giorno del mese. La decorrenza della prestazione pensionistica inizia a partire dal giorno successivo (primo giorno del mese), senza soluzione di continuità.

Contratto di espansione, da quando decorre la pensione nel 2021?

Di conseguenza, relativamente alle uscite del 2021 l’ultima data di recesso del rapporto di lavoro è stata fissata al 30 novembre. L’assegno di pensione, invece, decorre dal 1° dicembre. Tuttavia, la domanda di accesso all’esodo, secondo il messaggio Inps 2491 del giugno scorso, ha come scadenza non oltre i tre mesi precedenti al 1° dicembre. Dunque, calcolando i 90 giorni precedenti, risulta la scadenza per la comunicazione all’Inps dell’accordo entro il 2 settembre prossimo.

Pensione 2022: senza una riforma quali modi restano per accedere?

Quali saranno le alternative per andare in pensione nel 2022 in assenza di una riforma e nell’anno della fine della sperimentazione della quota 100? Ecco dunque la descrizione di quelli che sono, ad oggi, le possibilità di uscita del prossimo anno. Oltre alla pensione di vecchiaia, i lavoratori prossimi alla pensione potranno scegliere tra le alternative della pensione anticipata, Ape sociale, quota 41 dei lavoratori precoci, isopensione, opzione donna e contratto di espansione.

Pensione di vecchiaia, i requisiti di uscita del 2022

La classica formula di pensione, quella di vecchiaia, anche nel 2022 manterrà inalterati i requisiti di uscita. Per andare in pensione anche l’anno prossimo servirà l’età anagrafica di 67 anni unitamente ad almeno 20 anni di contributi, sommati anche presso più gestioni previdenziali, Inps e Casse professionali. Quest’ultimo passaggio è possibile grazie a una delle misure adottate negli ultimi anni, ovvero il cumulo contributivo. La pensione di vecchiaia assicura una prestazione della quale beneficiano tutti i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria (Ago), agli aderenti alla Gestione separata Inps e ai lavoratori aderenti ai fondi pensione esclusivi e sostitutivi dell’Assicurazione generale obbligatoria.

Pensione anticipata, anche nel prossimo anno requisiti contributivi invariati

Per chi ha un alto numero di anni di contributi avendo iniziato a lavorare in giovane età, è possibile sperare nella pensione anticipata. Anche per il 2022 i requisiti contributivi rimarranno invariati (e lo saranno fino al 2026). Per l’uscita anticipata occorrono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Non vi è differenza tra lavoratori dipendenti del settore privato o pubblico e nemmeno per gli autonomi.

Quota 100 nel 2022 solo per chi matura il diritto di pensione entro il 31 dicembre 2021

La quota 100 terminerà la sperimentazione triennale al 31 dicembre 2021. Tuttavia,  i contribuenti che abbiano maturato o matureranno i requisiti entro la fine di quest’anno potranno scegliere di uscire nel 2022 o anche negli anni successivi. Occorre, dunque, maturare l’età minima di 62 anni entro il 31 dicembre prossimo unitamente ad almeno 38 anni di contributi. La possibilità di differire l’uscita anche nel 2022 dipende dal fatto che il diritto al pensionamento anticipato con quota 100 rimane “cristallizzato”.

Quota 100, diritto cristallizzato, ma valgono le finestre mobili di 3 o 6 mesi

Conta dunque il momento in cui si maturano i requisiti della misura. Invariato rimane, invece, il meccanismo delle finestre mobili. L’introduzione della misura nel 2019 ha previsto una finestra di 3 mesi per i lavoratori del settore privato e di 6 mesi per quelli del pubblico. Ciò significa che dal momento in cui si può inoltrare la domanda di pensione a quello in cui effettivamente si inizia a ricevere l’assegno mensile passano 3 o 6 mesi.

Ape sociale, uscita per la pensione dai 63 anni ma attenzione ai requisiti richiesti

Verrà confermato ancora l’anticipo pensionistico Ape sociale, la misura di pensione anticipata che consente ai lavoratori di uscire a partire dai 63 anni. Tuttavia, è necessario prestare attenzione ai requisiti richiesti. La misura, fin dall’inizio, è stata ideata per andare incontro a determinate categorie di lavoratori in condizioni disagiate dal punto di vista economico e sociale. E, pertanto, è necessario rientrare tra i disoccupati, tra gli inabili con almeno il 74% per invalidità o tra i caregivers, ovvero tra coloro che si occupano dell’assistenza di un familiare in condizione di disabilità. Gli anni di contributi minimi sono 30 o 36 a seconda delle condizioni individuali.

Pensioni, l’Ape sociale potrebbe essere potenziata

Proprio la pensione Ape sociale è una delle misure deputate a essere potenziate per il 2022. In particolare, l’uscita a 63 anni per le persone in condizioni lavorative di disagio potrebbe riguardare più categorie rispetto a quelle attuali dei lavoratori impiegati in attività usuranti. Attualmente, le categorie previste sono in numero di 15 e vi rientrano, a titolo di esempio, gli infermieri per la sanità e le maestre e gli educatori per la scuola. Tuttavia, una delle due Commissioni istituite dall’allora ministro del lavoro Nunzia Catalfo, potrebbe procedere a includere nuove categorie lavorative tra gli usuranti, mansioni precedentemente escluse.

Precoci con quota 41, la pensione è una corsa a ostacoli tra i requisiti

Non è una ‘quota 41 per tutti‘ la misura di pensione anticipata prevista dalla normativa attuale per i precoci. Si tratta, piuttosto, di una misura che implica il possesso di specifici requisiti per lasciare prima il lavoro. Innanzitutto occorrono 41 anni di contributi previdenziali, dei quali almeno uno versato prima dei 19 anni. Nel raggiungimento dei requisiti sono validi anche i periodi di lavoro all’estero riscattati e i periodi riscattati per omissioni contributive.

Pensioni precoci, come si calcolano i contributi per la quota 41?

Inoltre, i 41 anni di contributi possono essere stati versati anche in maniera non continuativa, ma è necessario (e anche matematico) che i lavoratori precoci debbano avere l’anzianità contributiva anche prima del 1996. Infine, per andare in pensione è necessario rientrare in una delle categorie tutelate dall’Ape sociale (disoccupazione, caregivers, disabilità). La maturazione di tutti i requisiti permette al contribuente di uscire indipendentemente dall’età anagrafica.

Con l’isopensione si può andare in pensione fino a 7 anni prima

Tra le possibilità di andare in pensione prima dei 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia c’è l’isopensione. Si tratta di una formula di prepensionamento che può essere attivata dai datori di lavoro, con costi unicamente a carico dell’azienda. Il risparmio in anni di uscita da lavoro arriva fino a 7 per gli esodi collocati entro la fine di novembre del 2023 (dal 2024 l’isopensione si potrà fare per un massimo di 4 anni di anticipo). Dunque con l’isopensione si può uscire anche a 60 anni, ma è necessario l’accordo sindacale per favorire l’uscita dei lavoratori aziendali.

Come viene calcolato l’assegno di pensione con l’isopensione?

Con l’isopensione, l’azienda riconosce al lavoratore in uscita un assegno dello stesso importo della pensione maturata fino al momento dell’uscita. Inoltre, il datore di lavoro assicura anche una contribuzione previdenziale piena calcolata sulla media delle retribuzioni degli ultimi due anni di lavoro. Nel periodo di isopensione, quindi fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia, è possibile svolgere qualsiasi lavoro da dipendente o da autonomo. Cosa che non è possibile nel periodo di anticipo con la quota 100: è possibile cumulare la pensione con redditi da lavoro purché siano occasionali, non alle dipendenze e dal valore lordo massimo di 5.000 euro annuali.

Pensioni con opzione donna, uscita dai 58 anni anche nel 2022

La misura di pensione anticipata per le lavoratrici nota come “Opzione donna” è stata confermata per tutto il 2021 dalla scorsa legge di Bilancio. Per il 2022 la misura potrebbe registrare una ulteriore proroga. Anzi, è possibile che l’Opzione donna diventi proprio strutturale, almeno da quanto trapela sulle intenzioni del governo Draghi. In ogni modo, i requisiti richiesti sono l’età di 58 anni per le lavoratrici alle dipendenze e 59 per le autonome. Inoltre, sono necessari 35 anni di contributi. Tuttavia, in tema di futuro assegno mensile, è necessario che le lavoratrici accettino il ricalcolo al 100% della pensione con il meccanismo contributivo. Ciò comporta un taglio che, mediamente, si attesta tra il 20 e il 30% e dura per tutta la vita da pensionate.

Pensione anticipata, le possibilità del contratto di espansione

Infine, tra le misure che consentiranno ai lavoratori di andare in pensione anticipata nel 2022 ci sarà anche il contratto di espansione. La formula prevede il prepensionamento con 5 anni di anticipo, sia che si punti a uscire prima rispetto alla pensione di vecchiaia (62 anni anziché 67 anni), sia che l’obiettivo diventi quello di anticipare cinque anni di contributi rispetto alla pensione anticipata. Il meccanismo, dunque, permettere ai lavoratori di andare in pensione con 37 anni e 10 mesi di contributi. Rimane in vigore l’anno di sconto per le donne (36 anni e 10 mesi di contributi).

Contratto di espansione, cosa serve per andare in pensione 5 anni prima?

Il contratto di espansione, già in vigore dal 2019, ha visto nel tempo modificare i requisiti di uscita, soprattutto quelli riguardanti l’azienda datrice di lavoro. Inizialmente potevano accedere alla misura le aziende con almeno 1.000 unità lavorative. Con la legge di Bilancio 2021, il requisito dimensionale minimo è stato abbassato a 250 unità lavorativa, ulteriormente ridotto a 100 unità con il decreto Sostegni bis di Mario Draghi. Serve l’adesione volontaria del lavoratore, l’accordo sindacale e la presentazione della lista dei lavoratori in uscita con la misura all’Inps.

Pensione anticipata contratto di espansione: requisiti e costi

La decisione di un lavoratore di accedere a una pensione anticipata è sempre da ponderare. Sul piatto della bilancia c’è la possibilità di uscire dal lavoro qualche anno prima del previsto, ma anche la consapevolezza di subire una decurtazione dell’assegno previdenziale e di dover sostenere dei costi. In questo articolo, prenderemo in esame una delle formule che consente l’accesso al prepensionamento: la pensione con contratto di espansione.

Andare in pensione con contratto di espansione

I contratti di espansione sono finalizzati alla riorganizzazione aziendale che ha lo scopo di far crescere l’azienda stessa che deve basarsi sulla digitalizzazione al fine di migliorare le competenze professionali del suo organico, anche ricorrendo all’assunzione di nuove professionalità.

Inizialmente, i contratti di espansione riguardavano solo le grandi aziende con almeno 500 dipendenti, ma la Legge di Stabilità ne ha esteso l’applicazione anche alle medie imprese con almeno 250 dipendenti. Successivamente, questo numero è stato notevolmente abbassato dal decreto Sostegni Bis che l’ha portato a 100.

L’impresa firmataria il contratto di espansione può mandare in pensione i suoi dipendenti su base volontaria, fino a cinque anni prima rispetto ai requisiti richiesti per poter usufruire della pensione di vecchiaia o anticipata.

Al lavoratore viene corrisposta un’indennità per 13 mensilità l’anno a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro fino al raggiungimento dei requisiti necessari per accedere al trattamento previdenziale. L’assegno di prepensionamento può essere erogato anche una tantum per l’intero importo spettante.

I lavoratori che vogliono accedere alla pensione con contratto di espansione, devono aver compiuto 62 anni e maturato una contribuzione di almeno 20 anni. A differenza di quanto accade con la pensione anticipata, bastano 37 anni e 10 mesi di contributi versati, mentre per le donne 36 anni e 10 mesi.

I beneficiari

I lavoratori che potrebbe essere coinvolti nel piano di prepensionamento con contratto di espansione sono quelli titolari di un contratto a tempo indeterminato, apprendisti e dirigenti inclusi, che risultino iscritti al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (FPLD) o alle forme esclusive o sostitutive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) gestite dall’Istituto (escluso l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, meglio conosciuta come INPGI) e che abbiano aderito all’accordo di uscita dal lavoro tra l’azienda e i sindacati.

La prima adesione non vincola i lavoratori, ma deve essere seguita da una risoluzione consensuale con la quale il rapporto di lavoro deve risolversi entro il 30 novembre 2021.

I lavoratori coinvolti dall’esodo perdono il diritto a beneficiare dell’indennità di disoccupazione Naspi, che diventa solo un parametro economico da utilizzare. Inoltre, questi dipendenti non possono fruire di altre prestazioni INPS fino all’accesso alla pensione. Tuttavia, la percezione di esodo è compatibile con qualunque altro reddito da lavoro conseguito durante il periodo di passaggio alla pensione.

Nel caso in cui l’uscita dal lavoro è legata alla decorrenza di una pensione anticipata, l’azienda provvede al versamento dei contributi previdenziali che concorrono al conseguimento del diritto, ridotti dell’ammontare dei contributi figurativi, che viene comunque calcolata per intero.

Qual è il costo per i lavoratori?

In base a una stima dei sindacati, il dazio da pagare per l’accesso alla pensione con contratto di espansione è abbastanza alto. Non potendo maturare il TFR negli ultimi anni di lavoro e il correlato mancato versamento contributivo previdenziale, porta a percepire un assegno decurtato del 22% rispetto a quello che avrebbero percepito con il raggiungimento dei requisiti ordinari. Taglio che passa al 10/15% dal momento in cui si fruisce la pensione.

Per rendere l’idea in modo più pratico, facciamo ricorso agli importi. Prendendo in considerazione un’aspettativa di vita pari a 82 anni, un soggetto con un reddito di 35.000 euro con 62 anni d’età e 35 anni di contributi versati, beneficiando della pensione con il contratto di espansione perderebbe circa 80 mila euro, rispetto a quanto avrebbero percepito senza prepensionamento.

Il costo per le aziende

Per accedere al contratto di espansione l’azienda deve accordarsi con il sindacato che le permette di adottare diversi strumenti, come lo scivolo pensionistico o la cassa integrazione per un massimo di 18 mesi, nella quale la riduzione media oraria del lavoratore non può essere superiore al 30% dell’orario di lavoro. Questo, vale per i dipendenti che non si trovano nella condizione di beneficiare del prepensionamento e che sono interessati alla loro riqualificazione attraverso dei piani formativi.