Imu 2023, quando spetta sconto al 75%?

L’Imposta municipale unica, o propria, meglio conosciuta come Imu ha come presupposto il possesso di fabbricati, esclusa la prima casa, terreni ed aree edificabili. Vi sono però dei casi in cui anche su immobili ulteriori rispetto alla prima casa si possono ottenere agevolazioni, riduzioni e sconti.

Spetta lo sconto al 75% dell’Imu nel caso in cui l’immobile sia locato con contratto a canone concordato. Ecco come funziona.

Sconto aliquota Imu al 75% per gli immobili locati con canone concordato

Scade il 18 dicembre 2023 (la scadenza ordinaria sarebbe il 16 dicembre ma si tratta di un sabato) il pagamento del saldo Imu, ma non tutti sono tenuti al versamento dell’imposta, infatti, vi sono agevolazioni e sconti applicabili in casi specifici.

L’art. 1, comma 760, della legge n. 160 del 2019 prevede a partire dal 2020 la possibilità di ottenere la riduzione di un quarto l’IMU calcolata sull’immobile oggetto di locazione con un contratto a canone concordato ai sensi della Legge n. 431/1998.
L’agevolazione opera per i contratti di locazione sottoscritti applicando le regole dell’articolo 2 comma 3 della L. 431/98 redatti in conformità degli accordi territoriali conclusi tra le associazioni rappresentative dei proprietari e dei conduttori. La durata minima non può essere inferiore a tre anni con una proroga di due anni, inoltre l’importo dovuto deve essere in linea con gli accordi citati.
Lo sconto in oggetto si applica anche anche ai contratti stipulati con studenti universitari ex art. 5 comma 2 della L. 431/98 con durata compresa tra 6 mesi e 3 anni.

Come ottenere lo sconto Imu al 75% per il contratto di affitto con canone concordato?

Lo sconto Imu previsto per gli immobili dati in locazione con contratto a canone concordato si applica in modo automatico, non occorre quindi una specifica dichiarazione.
Una volta verificata l’aliquota stabilita dal Comune per l’Imu, il contribuente che si trova nelle condizioni indicate dalla legge deve calcolare l’imposta dovuta riducendo l’aliquota al 75% (la misura del 75% non può essere oggetto di modificazione da parte del Comune). Si ottiene quindi uno sconto del 25%.

Nel caso concreto, se l’aliquota scelta dal Comune è 1,06, è necessario calcolare il 75% della stessa, cioè 0,795. la stessa deve essere applicata alla base imponibile IMU. La stessa si ottiene dalla rendita catastale rivalutata del 5% X moltiplicatore Imu che dipende dalla categoria catastale.

Leggi anche: Codici tributo Imu 2023 per il pagamento con modello F24

Redditi da locazione per possesso fabbricati: come vanno inseriti nel modello 730?

Come vanno dichiarati i redditi prodotti dal possesso dei fabbricati nel modello 730 ai fini della dichiarazione? Il quadro da utilizzare nel modello 730 è quello “B”, ma va indicata l’eventuale riduzione del canone di locazione dello scorso anno nel caso in cui non sia stata fatta comunicazione all’Agenzia delle entrate.

Come dichiarare i redditi da locazione di fabbricati nel quadro B del modello 730?

Chi deve compilare il quadro “B” del 730? Innanzitutto chi possiede fabbricati o è titolare di altri diritti reali. Chiamati alla compilazione del quadro “B” sono anche i soci delle società, sia semplici che tipologie simili, nel caso di produzione di reddito da fabbricati. Questi ultimi devono essere situati nel territorio statale e produrre del reddito. Non sono compresi, invece:

  • i fabbricati rurali;
  • quelli per i quali sono in corso interventi con relativo provvedimento di licenza;
  • i fabbricati aperti al pubblico in quanto sedi di archivi, emeroteche, biblioteche e cineteche. In questo caso, chi possiede il fabbricato non deve ricavarci alcun reddito;
  • quelli adibiti a sede di culto e le relative pertinenze;
  • i monasteri di clausura.

Come si determina l’imponibile del reddito da fabbricato?

Il calcolo dell’imponibile ai fini del reddito da fabbricato dipende dal fatto che l’immobile sia locato oppure no. I fabbricati che non siano stati locati, infatti, concorrono alla formazione dell’imponibile nella misura della rendita catastale con rivalutazione del 5%. Ma se nello scorso anno sono stati già assoggettati all’Imu, non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell’Irpef (criterio di alternatività).

Come indicare nel modello 730 i fabbricati non locati?

Per i fabbricati non locati, dunque, l’iscrizione nel modello 730 al quadro B deve essere comunque fatta, anche se questi cespiti non si considerano ai fini del reddito come avviene per gli immobili locati. È prevista una eccezione per i fabbricati a utilizzo abitativo e non locati ma che sono situati nel medesimo comune nel quale il contribuente ha un immobile adibito come abitazione principale. In questa situazione, il reddito concorre a formare la base imponibile Irpef per la metà (il 50%). I fabbricati non locati devono essere inseriti in corrispondenza della colonna 1 e rigo B 1. Si deve indicare la rendita catastale, mentre la rivalutazione del 5% verrà applicata successivamente da chi provvede all’assistenza fiscale. Nel caso in cui l’immobile è esente dall’Imu, e dunque soggetto a Irpef, il contribuente deve compilare la casella 12 riportante proprio i casi particolari dell’Imu.

Fabbricati dati in locazione, come si compila il modello 730?

Per i fabbricati locati la formazione del reddito del contribuente è nella misura pari al canone percepito con riduzione forfettaria del 5%. Se l’immobile locato si trova:

  • nei comuni di Venezia, Murano, Burano e Giudecca, la riduzione sale al 25%;
  • per fabbricati di interesse artistico o storico la percentuale da detrarre è del 35%.

Inoltre se il complessivo del canone è più basso della rendita catastale è quest’ultima che si prende a riferimento per il calcolo del reddito. I fabbricati locati devono essere inseriti nella colonna “5” con il codice relativo alla tassazione. Pertanto:

  • il codice “1” per i casi di abbassamento forfettario del 5%;
  • gli immobili artistici e storici hanno il codice “4”.

Nella colonna numero 6 si deve indicare il totale del canone che si è percepito. Quella “11”, invece, va utilizzata solo nel caso in cui si applica la cedolare secca.

Rinegoziazione del canone di locazione nell’anno 2021: cosa avviene?

Nel caso in cui nello scorso anno è stato rinegoziato il canone di locazione è necessario procedere con la compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi nel seguente modo:

  • compilare il quadro “B”;
  • prendere a riferimento la colonna “7”, quella relativa ai casi particolari;
  • scegliere uno dei tre codici disponibili (6, 7 e 8), ovvero il “6” se dalla rinegoziazione sia derivata una riduzione del canone di locazione; il contribuente riporta il codice “7” se non ha comunicato all’Agenzia delle entrate la riduzione del canone di locazione del fabbricato a utilizzo abitativo. Questo codice deve essere utilizzato anche nel caso in cui, oltre alla mancata comunicazione, il contribuente non abbia ricevuto, anche parzialmente, i canoni concordati.

Quando gli immobili a utilizzo abitativo si possono non assoggettare a tassazione?

A decorrere dal 1° gennaio 2020, il contribuente può non assoggettare a tassazione i canoni della locazione inerenti immobili ad utilizzo abitativo nei seguenti casi:

  • non abbia percepito i canoni di locazione entro la scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi;
  • il contribuente non abbia avanzato ingiunzione di pagamento oppure intimazione dello sfratto per morosità.

Ai fini della compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi, il contribuente deve comune inserire la rendita catastale.

Quando il contribuente deve utilizzare il codice ‘8’ nel modello 730 di dichiarazione dei redditi?

Nel quadro “B”, in corrispondenza della colonna 7, il contribuente deve utilizzare il codice “8” nel caso in cui:

  • il contribuente abbia rinegoziato il canone di locazione con abbassamento dello stesso;
  • lo stesso non abbia presentato la comunicazione all’Agenzia delle entrate;
  • il contribuente abbia il possesso del fabbricato come comproprietario;
  • la locazione sia stata effettuata solo da uno o più comproprietari per la propria parte.

Cedolare secca, come procedere nel modello 730?

Come si procede nel modello 730 di dichiarazione dei redditi con la cedolare secca? L’aliquota prevista è quella fissa del 21% per gli affitti delle unità abitative. Ma si può, in specifici casi, utilizzare la percentuale più bassa del 10%. È bene tener presente che la cedolare secca non può essere applicata all’interno del perimetro delle attività economiche. Chi sceglie l’opzione della cedolare secca sostituisce l’Irpef, le varie addizionali e le imposte di registro e di bollo.

Per quali tipologie di contratti si può scegliere la cedolare secca?

Le tipologie di contratti di locazione per le quali è possibile scegliere la cedolare secca sono quelle degli immobili destinati a uso abitativo disciplinati:

  • dal canone libero;
  • dall’equo canone;
  • dal canone concordato agevolato
  • dai contratti transitori;
  • dalle locazioni agevolate sulle unità abitative situate in Abruzzo;
  • dai contratti di locazione per una parte dell’abitazione principale;
  • per le locazioni brevi per usi abitativi o turistici;
  • per i contratti sulle unità abitative della categoria C 1 e superficie non eccedente i 600 mq con annesse pertinenze, affittate congiuntamente. Il beneficio riguarda i soli contratti stipulati nell’anno 2019.

Come si esercita l’opzione della cedolare secca?

Per beneficiare della cedolare secca, è occorrente che il locatore comunichi la scelta al conduttore. La comunicazione consiste nel mettere al corrente del conduttore dell’unità abitativa della rinuncia agli aggiornamenti del canone di affitto. Si rinuncia, altresì, anche alle variazione di incremento degli indici Istat. Tra gli ultimi chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate (Interpello numero 165 del 2021) si è stabilito che l’opzione della cedolare secca rimane efficace anche per i contratti a canone concordato. Per questo tipo di contratti si può beneficiare della riduzione al 10% come misura di sostegno per i contratti in essere nel periodo di emergenza Covid. Inoltre, si può cautamente affermare che questa regola viga anche per le altre casistiche di riduzione del canone ai fini delle agevolazioni per i conduttori delle unità immobiliari rispetto agli incrementi dei canoni di locazione.

Quando bisogna scegliere la cedolare secca per i contratti di locazione?

Quando bisogna fare la scelta scelta della cedolare secca in un contratto di locazione di un immobile a uso abitativo?  Di solito, l’opzione si esercita all’atto della registrazione del contratto di locazione. Resta tuttavia da effettuare il rinnovo della cedolare secca nei casi di proroga del contratto; oppure la revoca al termine di ciascuna annualità. Nel caso in cui non si provveda alla comunicazione della proroga del contratto con la cedolare secca, non si perde la stessa se il locatore mantiene un comportamento coerente con la volontà di proseguire con la stessa cedolare secca. Se invece si comunica tardivamente la scelta viene applicata una sanzione di:

  • 50 euro, se la comunicazione avviene entro i 30 giorni susseguenti alla scadenza;
  • 100 euro per comunicazioni avvenute oltre questo termine.

Qual è la base imponibile della cedolare secca?

Per il calcolo della base imponibile ai fini della cedolare secca, è occorrente prendere:

  • il complessivo dei canoni di locazione annui come da contratto;
  • non applicare abbattimenti;
  • calcolare l’imposta in base all’aliquota fissa del 21% valida per tutte le tipologie di contratto di locazione, sia a canone libero che affitti brevi.

Nel caso di contratti di locazione brevi, la cui durata sia inferiore ai 30 giorni, si provvede al calcolo della cedolare secca direttamente nella dichiarazione dei redditi.

Cedolare secca, quando l’aliquota del 21% si riduce al 10%?

L’aliquota del 21% della cedolare secca passa al 10% se il contratto di locazione è inerente al canone concordato stipulato tra organizzazioni di proprietà edilizia e chi prende in affitto l’immobile. Tale vantaggio spetta nei casi di contratti di locazione:

  • dove c’è scarsa disponibilità di unità abitative;
  • nei comuni capoluogo di provincia;
  • nelle aree ad alta tensione abitativa. In questo caso, l’individuazione delle aree è disponibile a cura del Cipe.

Quali altri contratti di affitto hanno la percentuale del 10% di cedolare secca?

L’aliquota di cedolare secca ridotta al 10% si applica anche ai contratti di affitto a canone concordato non assistiti. Tuttavia, per beneficiarne è necessario che sia stata ottenuta la relativa attestazione da parte delle organizzazioni aderenti all’accordo.

Come si registra la cedolare secca nel modello 730 di dichiarazione dei redditi?

La scelta della cedolare secca per i contratti di locazione deve essere indicata nel modello 730 di dichiarazione dei redditi barrando la casella 11 del quadro “B”. L’aliquota applicata alla cedolare secca, invece, dipende dalla tipologia di contratto che va indicata nella colonna “2”. Pertanto, si applica l’aliquota del 21% per la cedolare secca relativa ai contratti di locazione in regime di libero mercato oppure di equo canone. In questi due casi, si utilizza il codice “3” o il codice “4”. Se invece, l’unità abitativa è parzialmente utilizzata come abitazione principale e l’altra parte è stata data in locazione, il codice da utilizzare è l’11.

Dichiarazione dei redditi: cosa indicare nel modello 730 per la cedolare secca a tasso ridotto del 10%?

Nei casi di aliquota ridotta al 10% di cedolare secca per i contratti di locazione a canone convenzionale, i codici da utilizzare sono i seguenti:

  • 8 nella situazione standard;
  • 12, se l’unità abitativa è parzialmente utilizzata come abitazione principale e l’altra parte è stata data in locazione a canone concordato;
  • 14, per le unità abitative di immobili collocati nelle aree colpite dal sisma in Abruzzo.

Dove va riportato il canone da assoggettare a tassazione della cedolare secca?

Il canone da assoggettato alla tassazione della cedolare secca deve essere riportato nella colonna 6. Per il semplice fatto che il canone è sempre quello risultante dal contratto di locazione, è necessario immettere sempre il codice 3 in corrispondenza della colonna 5. Infine, il reddito assoggettato alla cedolare secca deve essere escluso dal reddito complessivo ma va ricompreso nel reddito nel caso in cui si debbano calcolare detrazioni, deduzioni e benefici riconducibili a requisiti del reddito.

Cedolare secca: come si applica?

Come si applica la cedolare secca con aliquota fissa del 21% per gli affitti degli immobili? E quando si può applicare la percentuale più bassa del 10%? Una prima regola generale impone che la cedolare secca possa essere applicata solo al di fuori del perimetro delle attività economiche. La scelta dell’opzione della cedolare secca consente di sostituire l’Irpef, le addizionali e le imposte di bollo e di registro.

Quando si può optare per il regime di cedolare secca?

Si può optare per la cedolare secca solo per gli immobili destinati a utilizzo abitativo con contratti a:

  • canone libero;
  • canone concordato agevolato;
  • equo canone;
  • contratti transitori;
  • locazioni agevolate sui fabbricati situati in Abruzzo;
  • se si loca solo parzialmente una casa principale;
  • nei casi di locazione breve per utilizzi abitativi o turistici;
  • ai contratti sulle unità immobiliari di immobili di categoria C 1, con superfici entro i 600 mq e pertinenze inerenti, locate congiuntamente. Questo vantaggio è riservato solo ai contratti stipulati nel 2019.

Quando sul contratto di locazione non può essere applicata la cedolare secca?

Nell’ultimo caso del precedente paragrafo, la scelta della cedolare secca non può essere effettuata nel caso in cui, al giorno 15 ottobre 2018, risultava vigente un contratto non scaduto tra i medesimi soggetti e sulla medesima unità abitativa. Al contrario, si può optare per la cedolare secca nel caso in cui il precedente contratto di locazione era giunto a naturale scadenza nel corso del 2019. Pertanto, nel caso in cui il contratto di locazione fosse stato prorogato o stipulato nel corso del 2019, si può optare per la cedolare secca rispettivamente alla proroga o in sede di registrazione annuale.

Cedolare secca, le ultime novità normative

Tra le ultime novità normative della cedolare secca rientra anche la scelta dell’opzione nei casi in cui l’inquilino sia un condominio e l’unità abitativa fosse locata al portiere. In tal caso, il portiere non è ricompreso tra i soggetti che possono esercitare una professione o un’attività di impresa o di arti. A tale conclusione è arrivata l’Agenzia delle entrata con la risposta all’Interpello numero 790 del 2021. In linea generale, è necessario che sia il locatore dell’immobile e il conduttore dell’unità abitativa non esercitino un’attività di lavoro autonomo o di impresa. Sono invece discordanti i pareri della giurisprudenza di merito sulla questione della locazione dell’unità abitativa a favore dei propri collaboratori e dei dipendenti di chi svolge un’attività di impresa.

Come si esercita la scelta della cedolare secca?

Ai fini dell’applicazione della cedolare secca, è necessario che il locatore comunichi l’opzione al conduttore. La comunicazione si concretizza nel metterlo al corrente della rinuncia degli aggiornamenti del canone di affitto (e della variazione degli indici dell’Istat) a favore della tassa piatta. Tra gli ultimi chiarimenti normativi, l’Agenzia delle entrate con l’Interpello numero 165 del 2021 ha stabilito che la scelta della cedolare secca resta efficace anche se si tratta dei contratti a canone concordato. Per queste tipologie di contratti può essere prevista la riduzione del 10% come misura agevolativa del periodo di emergenza sanitaria. Si può cautamente sostenere che questa regola viga anche negli altri casi di riduzione del canone nell’ottica di agevolare i conduttori delle unità abitative rispetto agli aumenti dei canoni di locazione.

Quando si effettua la scelta della cedolare secca?

Qual è il momento in cui si fa la scelta dell’opzione della cedolare secca? Normalmente all’atto della registrazione del contratto di affitto. Rimangono tuttavia da effettuare l’obbligo di rinnovo della cedolare secca se si proroga il contratto o la scelta di revoca alla fine di ogni annualità. Tuttavia, se non si comunica la proroga del contratto con l’opzione, non avviene la decadenza della cedolare secca nel caso in cui il locatore mantiene un condotta coerente con la volontà di proseguire con l’opzione stessa. Inoltre, se si comunica tardivamente la scelta è prevista una sanzione di 50 euro se la comunicazione avviene entro i 30 giorni successivi alla scadenza; di 100 euro per comunicazioni avvenute oltre questo termine.

Qual è la base imponibile della cedolare secca?

Per determinare la base imponibile ai fini dell’applicazione della cedolare secca, è necessario prendere:

  • il totale del canone di affitto annuo come da contratto;
  • non procedere con abbattimenti;
  • applicare l’aliquota fissa del 21% valida per tutte le tipologie di contratto di locazione, sia a canone libero che affitti brevi.

Per i contratti di affitto brevi, di durata inferiore ai 30 giorni, la cedolare secca si applica direttamente nella dichiarazione dei redditi.

Cedolare secca, quando l’aliquota del 21% si riduce al 10%?

L’aliquota del 21% della cedolare secca si riduce al 10% se il contratto di affitto riguarda il canone concordato stipulato tra organizzazioni di proprietà edilizia e fruitori. Tale beneficio è applicato ai contratti abitativi:

  • dove c’è poca disponibilità di immobili;
  • nei comuni capoluogo di provincia;
  • dove c’è alta tensione abitativa (l’individuazione di queste aree è fatta dal Cipe).

Quali altri contratti di affitto hanno la percentuale del 10% di cedolare secca?

L’aliquota del 10% di cedolare secca è applicata anche per i contratti di locazione a canone concordato non assistiti. La riduzione dell’aliquota opera, però, solo nel caso in cui sia stata ottenuta la relativa attestazione da parte delle organizzazioni aderenti all’accordo.

Locazioni brevi, quali vincoli per le detrazioni fiscali e quando si deve aprire la partita Iva

Sulle locazioni brevi è necessario rispettare, dal 2021, il nuovo vincolo dei quattro appartamenti. Al di sopra di questa soglia, infatti, scatta l’obbligo di apertura della partita Iva poiché questa situazione si inquadra nello svolgimento di un’attività di impresa. E, dunque, la dichiarazione dei redditi non può più essere ottemperata mediante la presentazione del modello 730.

Quali sono le locazioni brevi?

Le locazioni brevi sono disciplinati dall’articolo 4 del decreto legge numero 50 del 2017. In base alla definizione data dal provvedimento, le locazioni brevi sono quelle riguardanti gli immobili ad utilizzo abitativo. La durata non può eccedere i 30 giorni. Chi cede in locazione un immobile può essere una persona fisica, non qualificata come imprenditore. Ci si può servire anche di intermediari immobiliari ai fini della locazione e anche dei siti on line specializzati in finalità del turismo o abitative.

Qual è la durata del contratto di locazione breve?

La durata della locazione breve massima, fissata in 30 giorni, si riferisce al singolo contratto stipulato. Tra le parti possono essere sottoscritti più contratti di durata breve, ma sempre nell’arco del tempo massimo previsto. Se nell’anno la durata dovesse eccedere i 30 giorni, è necessaria la registrazione del contratto. Chi loca l’immobile può scegliere, in sede di dichiarazione dei redditi o se registra il contratto, di beneficiare della cedolare secca. L’attuale aliquota è fissata al 21% e può essere scelta come alternativa alla tassazione ordinaria.

Cosa può comprendere e cosa è escluso dal contratto di locazione breve degli immobili?

Il contratto con il quale si cede in locazione un immobile per un periodo breve può comprendere:

  • la biancheria;
  • la pulizia delle stanze e dei locali;
  • l’area condizionata;
  • le spese per le utenze;
  • la navigazione a internet wifi.

Nella locazione breve degli immobili, invece, devono essere esclusi:

  • i pasti;
  • la colazione;
  • la disponibilità di auto a noleggio;
  • le guide turistiche;
  • gli interpreti.

Come va dichiarato il reddito derivante dalla locazione breve nel modello 730?

Nel caso in cui il contratto di locazione sia stipulato da colui che dell’immobile ne è il proprietario, il reddito è considerato fondiario. Quindi, deve essere dichiarato nel modello 730 nel quadro “B”. Come deve essere applicata la tassazione? Nel caso in cui il proprietario dell’immobile scelga la tassazione ordinaria, il corrispettivo della locazione si abbassa, forfettariamente, del 5 per cento. Nel caso in cui, invece, il proprietario dell’immobile scelga la cedolare secca, il canone del contratto di locazione è tassato per l’intero importo. In quest’ultimo caso, in sede di compilazione del modello 730, deve essere selezionata la colonna “11” dei righi: B 1, B 2, B 3, B 4, B 5 e B 6.

Quale tassazione per i contratti di locazione breve nel caso di cedolare secca?

Se il proprietario applica la cedolare secca per i contratti di locazione breve, il canone del contratto sarà tassato per intero e dovrà essere utilizzato il codice “3” nella colonna “5”. Le spese sostenute da chi loca l’immobile non possono essere detratte in nessun modo dalla dichiarazione dei redditi nel caso di cedolare secca. Fa eccezione il caso in cui le spese non siano addebitate al conduttore dell’immobile sulla base dei consumi che ha prodotto nel periodo di permanenza.

Cosa avviene in caso di contratto di locazione breve del comodatario o del locatario?

Nel caso in cui il contratto di locazione breve venga stipulato dal locatario o dal comodatario dell’immobile si ricade nella situazione dei redditi diversi. In tal caso i redditi devono essere inseriti nel quadro D del modello 730 e si deve riportare il codice “10” in corrispondenza del rigo D 4 e della colonna 3. Per avvalersi della cedolare secca, è necessario barrare la colonna “2”.

Come si compila il modello 730 in caso di locazioni brevi?

Inoltre, nella compilazione del modello 730 per la dichiarazione dei redditi, nella colonna “4” è necessario indicare il reddito che si è incassato l’anno precedente. Ad esempio, l’anno 2021. Il principio da seguire è quello per cassa, a prescindere dall’anno al quale si riferisca il contratto. Nella colonna “5”, invece, si possono riportare le spese sostenute e, naturalmente, non prive di relativa documentazione. Tali spese devono essere correlate alla locazione e possono essere detratte solo se si sceglie il regime ordinario di tassazione (non la cedolare secca).

Cosa avviene per i contratti di locazione breve conclusi on line, anche tramite intermediari?

Qual è la procedura da seguire nella dichiarazione dei redditi per i contratti di locazione breve conclusi on line, anche mediante l’intervento dell’intermediario? In tal caso, se l’intermediario ha l’onere di incassare i corrispettivi delle locazioni brevi, è necessario che quest’ultimo applichi la ritenuta del 21% sul totale del canone lordo. Inoltre, l’intermediario deve rilasciare la Certificazione unica che ne riporti l’operazione.

Ritenuta del 21% per le locazioni brevi, come deve essere considerata?

La ritenuta del 21% deve essere considerata a titolo di imposta se la scelta ricade sulla cedolare secca. Nel caso di tassazione ordinaria, invece, costituisce ritenuta di acconto. Pertanto, se l’intermediario ha rilasciato la Certificazione unica a favore del proprietario dell’immobile, nel modello 730 l’operazione deve essere inserita al rigo F 8. L’onere dell’inserimento è a carico del proprietario che ha già compilato il quadro “B” del modello; oppure del comodatario o del locatario che hanno l’onere di compilare il quadro “D”.

Affitto, contratto non registrato risulta nullo: cosa fare per regolarizzarlo

I contratti di affitto abitativo non registrati risultano nulli. La relativa disciplina è fissata dalla legge numero 431 del 1998: l’affitto deve essere regolamentato sia per tutelare gli aspetti della locazione, dunque la durata e i canoni, sia per il recupero di quanto debba essere denunciato ai fini dell’imposizione fiscale.

Contratto di affitto non registrato: cosa significa che è nullo?

Un contratto di affitto non registrato, stipulato senza la dovuta forma scritta, è nullo. Il vizio può essere rilevato da una delle due parti o d’ufficio, ma non può essere utilizzato in giudizio. Sono altresì nulli i contratti di affitto a canone libero nei quali siano stati stabiliti dei patti volti a determinare un canone maggiore di quello che risulta dal contratto scritto e registrato. Similmente, risultano nulli anche i contratti che stabiliscono degli obblighi a carico di chi prenda in affitto l’immobile oppure dei vantaggi per chi affitta. Tali vantaggi si concretizzano in un corrispettivo maggiore a quello iscritto nel contratto.

Quali altri contratti di locazione sono nulli?

Risultano nulli anche i contratti di locazione conclusi alle condizioni delle organizzazioni di categoria che assegnino, a chi affitta, un canone maggiore di quello inserito nell’accordo. Analogamente, anche le scritture integrative riportate in un documento separato ma unito al contratto stesso, sono soggette a nullità.

Cosa deve fare chi affitta un immobile a uso abitativo in caso di nullità del contratto di locazione?

La disciplina che prevede la nullità del contratto di locazione di un immobile a uso abitativo, dispone che chi affitta abbia 30 giorni di tempo per procedere alla registrazione del contratto. I 30 giorni partono dalla sottoscrizione del contratto stesso. Nei 60 giorni successivi all’avvenuta registrazione del contratto, chi affitta ne deve dare comunicazione documentata di aver svolto l’adempimento. La comunicazione deve essere fatta pervenire sia all’affittuario che all’amministrazione del condominio.

Cosa può fare chi prende in affitto un locale a uso abitativo con contratto nullo?

Per un contratto di affitto di unità abitativa dichiarato nullo, chi ha preso in affitto l’immobile può chiedere che gli vengano restituite le somme pagate in maniera indebita. Il termine per la richiesta è fissato in 6 mesi dal momento in cui l’immobile oggetto di locazione viene riconsegnato. Dunque, il termine decorre dal momento del rilascio effettivo dell’unità abitativa e non da quando scade il contratto. Il che coincide, di norma, con la riconsegna delle chiavi.

Perché chi prende una unità abitativa può chiedere la restituzione delle somme?

La restituzione di quanto indebitamente percepito da chi affitta un immobile con contratto dichiarato nullo va a vantaggio di chi prende in affitto l’unità abitativa. Il motivo risiede nel fatto che la norma intende tutelare maggiormente la parte debole del contratto, ovvero chi prende in affitto l’immobile. Il conduttore, infatti, potrebbe non essere disponibile a esercitare i propri diritti per paura di possibili ritorsioni del locatore.

Contratto registrato tardivamente, chi prende in affitto l’immobile può chiedere la restituzione delle somme?

Nei fatti, la Giurisprudenza ha sanato buona parte delle nullità dei contratti di affitto determinate da un canone effettivo maggiore di quello riportato nel contratto e registrato tardivamente. La Cassazione a Sezioni Unite ha decretato che chi registra il contratto di affitto tardivamente, oltre il termine consentito, possa vedersi sanato il vizio del contratto stesso con effetti retroattivi. Pertanto, chi prende in affitto un immobile e paghi un importo superiore a quello risultante dal contratto registrato tardivamente, non può richiedere la restituzione delle somme pagate in più rispetto a quanto riportato nel contratto.

Contratto di affitto sanato da nullità e controlli ai fini del Fisco

Quanto ha stabilito la Cassazione vanifica pertanto l’azione del conduttore dell’immobile. Quest’ultimo è tenuto al pagamento di tutti gli importi pattuiti fin dal principio del contratto stesso, poi sanato. Per chi affitta l’immobile rimane invece la necessità di regolarizzare l’aspetto fiscale. Ovvero, chi registra tardivamente il contratto di affitto di un immobile a uso abitativo viene individuato come locatore da tenere sotto controllo per far venir fuori eventuali redditi che non siano stati dichiarati al Fisco.

Cosa avviene per i contratti di locazione di immobili abitativi in forma verbale?

Diverso è il caso in cui il contratto di affitto di una unità abitativa avvenga in forma verbale. Nei casi di controversie tra chi affitta e chi prende in affitto l’immobile è il giudice a stabilire quale deve essere il canone dovuto. E, pertanto, l’ammontare del corrispettivo dovuto non può essere superiore a quello minimo stabilito per i contratti di tipo transitorio.

Disdetta contratto di locazione, come e a chi si comunica

La disdetta del contratto di locazione si ha quando una parte o entrambe decidono di chiudere l’accordo prima della naturale scadenza. Ecco come si fa e come deve essere comunicata.

Disdetta contratto di locazione, la risoluzione anticipata

La durata di un contratto di locazione è disciplinata dal tipo di accordo scelto. Infatti ci sono contratti legati ad immobili, quindi ad uso abitativo, di quattro anni, rinnovabili per altri quattro. Oppure contratti annuali, della durata di dodici mesi, transitorio fino a 18 mesi. Insomma vi sono tante tipologie, spesso legati proprio alle esigenze delle parti che firmano.

Tuttavia le parti possono decidere di non rispettare la naturale scadenza, ed in questo caso si parla di risoluzione anticipata. La legge prevede sia per il locatore che per il conduttore la possibilità di recedere prima della scadenza indicata nell’accordo. Infatti, può accedere sia il locatore che il conduttore questa possibilità.

I casi di recesso del contratto

La disdetta è regolata dalla disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uno abitativo. Si parla della legge 9 dicembre 1998, n.431 e prevede la possibilità appunto della chiusura anticipata. Questa possibilità è prevista solo per i contratti che contengono al suo interno la clausola di recesso.

Pertanto in molti contratti di locazione è prevista una clausola che prevede che qualora si voglia recedere dal contratto, si deve avvisare il locatore. E per farlo occorre inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno almeno con preavviso di sei mesi. Questo permette al conduttore di poter lasciare l’appartamento quando saranno scaduti i sei mesi.

Quali sono i casi di recesso?

Le parti possono recedere dal contratto di locazione in modo diverso. Ad esempio il recesso è consensuale quando le parti decidono di comune accordo di provvedere allo scioglimento. Per questo motivo è molto più semplice e le parti potranno risolvere la burocrazia presso l’Agenzia delle entrate.

Mentre se lo scioglimento avviene per decisione del conduttore, occorre il giusto preavviso e ci saranno però due cose da fare. La prima è che il locatore dovrà versare sei mesi pari al periodo di preavviso. Mentre la seconda è risarcire il danno subito dal locatore, a causa dell’anticipata restituzione dell’immobile.

Ma il recesso può essere anche da parte del locatore con preavviso di sei mesi, per immobili legati all’uso abitativo. Preavviso che cresce a 12-18 mesi per uso commerciale come nel caso delle botteghe o dei locali commerciali.

Le cause di recesso del locatore

Come già detto il conduttore può recedere in qualsiasi momento dal contratto purché ci sia una giusta causa che motivi la scelta, come già spiegato. Invece la situazione è totalmente diversa quando si parla di recesso del locatore. Infatti per quest’ultimo la legge prevede dei motivi specifici che si possono così riassumere:

  • quando intenda destinare l’immobile all’esercizio di attività dirette a perseguire finalità pubbliche, sociali, cooperative, mutualistiche, assistenziali, culturali;
  • se intende far divenire l’immobile ad uso abitativo, commerciale, professionale o artigianale del proprio figlio, coniuge o dei parenti entro il secondo grado;
  • se il conduttore senza giustificato motivo non occupa l’immobile locato;
  • quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero e idoneo nello stesso comune;
  • quando l’immobile sia compreso in un edificio danneggiato che deve essere ricostruito e posto a ristrutturazione e il conduttore non può viverci;
  • se il locatore intende vendere l’immobile a terze persone e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo tranne quello adibito a propria abitazione.

Disdetta contratto di locazione, cosa deve contenere la comunicazione

La comunicazione che si danno le parti prevede che ci siano degli elementi che non possono mancare. Innanzitutto va compilata dallo stesso soggetto intestatario del contratto. Infatti il contratto va citato con il suo codice identificativo, l’ufficio e la data di registrazione.

Inoltre nella comunicazione deve essere inserita la motivazione che spinge le parti a recedere in modo chiaro e veritiero. Il conduttore deve indicare anche quando intende lasciare l’immobile e il comportamento che intende tenere fino a quel momento, che corrisponde al periodo di sei mesi. Anche se a recedere è il locatore deve essere indicata la data in cui si intende riavere l’immobile in possesso. Infine l’immobile va firmato.

Altri adempimenti da espletare

Oltre a questa comunicazione occorre provvedere all’adempimento della risoluzione del contratto di locazione presso l’Agenzia delle entrate. L’imposta di registro dovuta per la risoluzione anticipata è pari alla misura fissa di 67 euro e deve essere versata entro 30 giorni  dalla scadenza. Tale somma non deve essere versata se il contratto di locazione è registrato con l’opzione della cedolare secca.

L’adempimento può essere fatto attraverso i servizi telematici dell’agenzia delle entrate, tramite richiesta di addebito su conto corrente, oppure con il modello F24, elementi identificativi, utilizzando il codice tributo 1503. In caso di versamento con F24 Elementi identificativi è necessario comunicare la risoluzione all’ufficio dove è stato registrato il contratto presentando, nello stesso termine di 30 giorni, il modello RLI debitamente compilato. Questo modello va presentato anche se il contratto ha indicata l’opzione della cedolare secca.

Cosa fare in caso di recesso dal contratto di locazione?

Recedere anticipatamente da un contratto di locazione è possibile. Ma in quali forme e come fare se una delle due parti (proprietario e inquilino) vogliono effettuare il recesso?

Il recesso dal contratto di locazione

Sia il proprietario dell’immobile concesso in locazione, sia l’inquilino che lo occupa in affitto, possono trovarsi nelle condizioni di dover recedere da un contratto di locazione in modo anticipato. Ovviamente, la legge prevede dei casi specifici in cui può verificarsi tale recesso. Analizzandole, vedremo che la normativa tutela maggiormente il conduttore, concedendo meno possibilità, quindi, condizioni più stringenti per il locatore dell’immobile.

La durata del contratto

Innanzitutto, la sottoscrizione di un contratto di locazione tra il proprietario dell’immobile e l’inquilino prevede l’indicazione della sua durata. Normalmente, la legge la fissa sulla bassa del tipo di canone adottato (libero, concordato, transitorio, turistico…). Ma nel lasso temporale previsto dal contratto, è permesso il recesso di una delle due parti prima della scadenza dello stesso.

Cosa accade quando a recedere dal contratto di locazione è l’inquilino

Il conduttore può recedere anticipatamente dal contratto di locazione rispetto alla scadenza stabilita. E’ bene precisare che devono ricorrere gravi motivi che giustifichino la richiesta di recesso, in tal caso l’inquilino deve fornire un preavviso di sei mesi al proprietario dell’immobile. Tuttavia, capita spesso che il termine di preavviso si possa derogare all’interno del contratto sfuggendo ai sei mesi convenzionali.

La norma non chiarisce nello specifico cosa intenda per gravi motivi, di conseguenza è necessario seguire le indicazioni della Corte di Cassazione. Ed è proprio quest’ultima a precisare che i sopraggiunti gravi motivi debbano essere giustificati da fatti indipendenti dalla propria volontà, essendo imprevedibili e che la prosecuzione del rapporto renderebbe la propria situazione oltremodo gravosa. L’evento imprevisto deve essere economicamente oneroso o psicologicamente gravoso.

Se il conduttore non è in grado di documentare il grave motivo, il locatore può chiedere un rimborso per il danno subito dal recesso anticipato rispetto alla scadenza stabilita dal contratto di locazione. Tuttavia, il risarcimento non può essere chiesto se il proprietario dell’immobile riesce a locare immediatamente la casa traendone un vantaggio.

Gravi motivi di recesso anticipato: i casi principali

Ribadendo che i gravi motivi devono avere le peculiarità dell’imprevedibilità e involontarietà, ecco alcuni casi per cui l’inquilino può recedere in anticipo dal termine fissato per il contratto di locazione:

  • Trasferimento del posto di lavoro in un luogo molto distante dall’abitazione;
  • Problemi familiari che impongono il trasferimento;
  • La perdita dell’occupazione con la conseguente grave necessità di dover abbassare le spese di locazione;
  • Problemi strutturali alla casa o di condominio, di cui il proprietario non si cura o che affronta poco e male.

Cosa accade quando a recedere dal contratto di locazione è il proprietario dell’immobile

La legge, seppur in modo molto più stringente, prevede anche per il locatore la possibilità di recesso anticipato, premesso che sono necessari anche per lui sei mesi di preavviso. Infatti, il proprietario della casa può recedere dal contratto alla prima scadenza utile (4 anni per il contratto libero e 3 anni per il contratto a canone concordato) solo per giustificato motivo, tra cui rientrano i seguenti casi:

  • Il locatore ha bisogno dell’immobile per sé o la sua famiglia;
  • Il conduttore ha disponibilità di traslocare in un appartamento simile nello stesso comune;
  • L’inquilino non occupa in maniera continuativa l’appartamento senza darne spiegazioni;
  • L’appartamento è ubicato in un edificio gravemente danneggiato che necessitò di ristrutturazione o addirittura di ricostruzione;
  • Il proprietario vuole vendere l’immobile e non ha a disposizione altri appartamenti. In questo caso il conduttore può fruire del diritto di prelazione.

Se entro 12 mesi dall’uscita dell’inquilino, non si verifica la motivazione indicata dal proprietario utile per recedere anticipatamente dal contratto di locazione, il conduttore ha la possibilità tornare nell’alloggio avvalendosi del precedente contratto. Oppure, può scegliere di ottenere un rimborso complessivo di 36 mensilità.

In realtà, il locatore può recedere anticipatamente dal contratto di locazione, anche senza giustificato motivo, ma una volta superata la prima scadenza del contratto e sempre con un preavviso di sei mesi.

 

Contratto di affitto transitorio: si può spostare la residenza?

Si può trasferire la residenza presso un’abitazione presa in locazione transitoria? La risposta è affermativa ma è necessario che vengano rispettate alcune condizioni che fanno capo alla tipologia di contratto di affitto e alla scadenza del periodo pattuito. Pertanto, è opportuno partire dal concetto di residenza e dalla motivazione che spinge a stipulare un contratto di affitto di durata limitata.

Cos’è la residenza?

Secondo quanto disciplina l’articolo 43 del Codice civile, la residenza è il luogo nel quale la persona ha dimora abituale. La norma prevede anche il caso in cui si tratti di un’abitazione non di proprietà, ma presa in affitto. Dunque, si può trasferire la residenza, ma il nocciolo della questione è per quanto tempo.

Perché si ricorre a un contratto di affitto transitorio?

Sui contratti di natura transitoria è opportuno far riferimento alla legge numero 431 del 1998 sulla disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili a uso abitativo. Infatti, l’articolo 5 dispone che “è legittima la stipula di contratti di locazione di natura transitoria anche di durata inferiore ai limiti previsti dalla legge (e, dunque, il riferimento è alle formule 4 + 4 o 3 + 2) per soddisfare particolari esigenze delle parti.

Il contratto di affitto transitorio: cos’è e durata

La questione dunque si pone proprio per la durata limitata del contratto di affitto transitorio. Si tratta di un contratto di locazione a uso abitativo con una durata massima fino a 18 mesi. Tuttavia, come dispone la legge numero 431 del 1998, la durata limitata rispetto a un contratto standard di affitto 4 + 4 o 3 + 2 deve essere giustificata da una determinata situazione, riguardante o l’inquilino o il proprietario, che può essere dovuta:

  • alla mobilità ricadente sulla professione che si svolge;
  • a esigenze di studio;
  • alla tipologia di contratto di lavoro come ad esempio apprendistato;
  • a periodi di formazione professionale;
  • alla situazione di ricerca di soluzioni professionali.

Documentazione delle esigenze di affitto limitate da giustificare

L’esigenza di ricorrere a un contratto di affitto di tipo transitorio per le motivazioni sopra riportate deve essere giustificata e documentata. In tal caso si fa ricorso a una specifica dichiarazione che può essere riconducibile sia al conduttore, ovvero a colui che va in affitto, che al locatore, ovvero a chi affitta l’immobile.

Durata di un contratto transitorio di affitto

Nella scelta di traferire la residenza verso un’abitazione presa in affitto con contratto transitorio è pertanto importante la durata. A tal proposito è opportuno ricordare che il contratto di affitto non può avere durata inferiore a un mese. Dall’altro lato, la durata non può essere superiore ai 18 mesi. In entrambi i casi, per periodi di affitto inferiori a un mesi o superiori ai 18, la clausola del contratto è nulla.

Registrazione del contratto di affitto

Ulteriore fattore inerente il contratto di affitto, da tener presente ai fini del trasferimento della residenza, è la registrazione del contratto. Infatti, il locatore ha 30 giorni di tempo per provvedere a registrare il contratto di affitto. Della registrazione, il locatore deve darne comunicazione al conduttore ed eventualmente all’amministrazione del condominio entro i successivi 60 giorni.

Contratto di affitto transitorio: si può stabilire la residenza nell’abitazione presa in affitto?

Con le dovute premesse riguardanti il contratto di tipo transitorio e le motivazioni che ne giustifichino l’adozione per l’affitto, si può affermare che è possibile stabilire la propria residenza nell’abitazione presa in locazione, anche se transitoriamente. L’immobile preso in affitto diventa, dunque, il luogo in cui la persona sceglie di avere la dimora abituale, ai sensi di quanto dispone l’articolo 43 del Codice civile. La legge, a tal proposito, non prevede  alcuna altra condizione.

Fino a quando si può mantenere la residenza in un’abitazione presa in affitto?

Il trasferimento della residenza nell’abitazione presa in affitto significa, dunque, che la residenza stessa coincide con l’abitazione abituale del conduttore. In tal senso, il trasferimento della residenza si configura non come scelta, ma come come conseguenza giuridica naturale a una situazione di fatto. A tal proposito, il conduttore può mantenere la nuova residenza nell’abitazione presa in affitto fintantoché il suo contratto di locazione mantenga il suo valore legale.

Come funziona il contratto di locazione transitorio?

Con riferimento ai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, esiste il contratto transitorio. Questi, prevede che il locatore metta a disposizione l’abitazione in modo temporaneo a favore del conduttore per scopi non turistici, in cambio di un corrispettivo economico stabilito tra le due parti, ossia il canone libero. Per alcuni Comuni, ci si deve attenere al canone stabilito da accordi territoriali. La legge fissa la durata minima e massima del contratto di locazione ad uso transitorio.

Cos’è il contratto transitorio, durata e registrazione

Nel contratto di locazione ad uso transitorio è il locatore, che di solito corrisponde al soggetto proprietario dell’immobile ad uso abitativo (in rari casi è l’usufruttuario), che ne concede il godimento all’inquilino (conduttore) per un periodo di tempo limitato e in presenza di un bisogno transitorio (sono escluse le finalità turistiche), dietro il pagamento di una somma di denaro (canone).

La durata minima del contratto di locazione ad uso transitorio è pari a un mese, mentre quella massima è pari a diciotto mesi. Poiché tale periodo di tempo è stabilito dalla legge, nel caso le parti dovessero mettersi d’accordo su una durata inferiore a 1 mese o superiore a 18 mesi, la clausola temporale è considerata nulla e ci si deve rifare ai termini “legali”.

Il contratto transitorio stipulato per un tempo superiore a 30 giorni deve essere registrato dal locatore entro trenta giorni dalla sottoscrizione del medesimo, presso un ufficio Territoriale dell’Agenzia delle Entrate. La comunicazione va documentata nei successivi 60 giorni e inoltrata al conduttore o all’amministratore condominiale, nel caso in cui l’unità immobiliare si trovi in un condominio, anche ai fini dell’osservanza ai doveri di tenuta dell’anagrafe del condominio.

Quali sono le esigenze nel contratto di locazione transitorio?

Per quanto concerne il locatore, il bisogno transitorio può essere rappresentato dalla necessità di rientrare nel possesso dell’immobile locato per necessità personale o del suo nucleo familiare. Oppure nella prospettiva di futura vendita o ancora per sottoporre l’immobile concesso in locazione a lavori edilizi già preventivati.

Per quanto riguarda l’esigenza del conduttore, essa può essere rappresentata da motivi di studio, di lavoro, di assistenza a un proprio familiare, per ristrutturazione dell’abitazione in cui risiede abitualmente, o ancora per motivi riconducibili a separazione o divorzio.

Il contenuto del contratto di locazione ad uso transitorio

Il contratto di locazione ad uso transitorio “ordinario” deve essere redatto attraverso un apposito modello del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture. Gli elementi obbligatori che devono essere indicati nel predetto contratto sono i seguenti:

  • generalità delle parti;
  • descrizione dell’immobile;
  • importo del canone;
  • modalità di versamento;
  • durata della locazione;
  • riferimento esplicito al bisogno transitorio per cui è necessario allegare la relativa documentazione a titolo di prova. In caso contrario, la durata del contratto passa a 4 anni + 4 anni;
  • clausola con cui il conduttore dichiara di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato, in ordine all’attestazione di prestazione energetica (APE). In caso di mancata dichiarazione circa l’APE, locatore e conduttore sono soggetti al pagamento, in solido e in parti uguali, di una sanzione amministrativa, il cui pagamento non esenta dall’obbligo di presentare la dichiarazione o la copia dell’APE entro 45 giorni.

Le spese sono da ripartire tra locatore e conduttore: ogni clausola contraria è da considerarsi nulla. E’ fatto divieto di sublocazione.

Il rinnovo del contratto e la trasformazione in contratto ordinario

Nei contratti di locazione ad uso transitorio non è prevista alcuna disdetta da parte del conduttore al locatore, in quanto si considera concluso alla scadenza del termine prefissato.

Nel caso in cui l’esigenza transitoria sia stata posta dal locatore, questi deve confermarla prima della scadenza tramite comunicazione inoltrata al conduttore. Diversamente, se l’inquilino continua a godere dell’immobile, il contratto si trasforma in ordinario a canone libero, con una durata di 4 anni più eventuale rinnovo per altri quattro.

Se il locatore effettua comunicazione del perdurare del bisogno transitorio senza adibire l’immobile all’utilizzo dichiarato entro sei mesi, può essere condannato a risarcire il danno provocato al conduttore, per una somma massima corrispondente a 36 mensilità del canone di locazione, oppure a ripristinare il contratto in forma ordinaria.

Se una delle due parti vuole prolungare il contratto transitorio prima della scadenza dello stesso, è tenuto a comunicare all’altra parte il perdurare dell’esigenza transitoria tramite raccomandata: quindi, si effettua un rinnovo che può avvenire solo una volta.

Il canone di locazione: importo e fiscalità

La somma di denaro da pagare come corrispettivo dell’immobile ricevuto in locazione è determinato di comune accordo dal locatore e dal conduttore, dando vita al canone libero. Tuttavia, come già anticipato, in alcuni Comuni prevalgono gli accordi territoriali per la sua determinazione. Vediamo quali sono:

  • città italiane e area metropolitana: Milano, Torino, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo, Catania;
  • Comuni confinanti con le città sopra indicate;
  • Capoluoghi di provincia.

Il pagamento del canone può avvenire anche in contanti ma solo entro i limiti massimi fissati per legge.

Il canone di locazione ad uso transitorio è soggetto a tassazione Irpef, e deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi del locatore. In alternativa al regime Irpef è possibile scegliere la tassazione con cedolare secca, ma solo se le due parti sono persone fisiche. In tal caso, va inserita nel contratto la clausola che prevede il ricorso alla cedolare secca in sede di registrazione del contratto presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente del territorio.

L’imposta di registro è da dividere in parti eque tra locatore e conduttore, a meno che la locazione sia soggetta a Iva e resta totalmente a carico del conduttore.

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