Contributi previdenziali Casse professionali: tutte le aliquote e i nuovi aumenti

Continuano i ritocchi sui contributi previdenziali delle Casse professionali. Aumenti sono registrati per i medici, gli odontoiatri, i giornalisti e i veterinari. Per i geometri e i periti industriali, l’integrativo è al 5% per le commesse fatte a favore della Pubblica amministrazione. Ecco tutte le percentuali dei contributi, il contributivo integrativo e la quota di maternità (quasi sempre fissa) inerenti la dichiarazione dei redditi del 2021 per compensi maturati nel 2020.

Dichiarazione redditi 2021, a chi sono aumentati i contributi? I giornalisti dell’Inpgi

I contributi calcolati sul reddito netto dei professionisti del 2020 sono in aumento per gli odontoiatri, i medici, i giornalisti e i veterinari. I contributi integrativi, invece, quest’anno sono aumentati per i soli giornalisti. Nel dettaglio, i giornalisti iscritti all’Inpgi, l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani, pagano:

  • un contributo soggettivo del 12% sul reddito professionale netto fino al limite di 24 mila euro;
  • per redditi oltre i 24 mila euro la percentuale sale al 14%;
  • il contributo integrativo del 4% del reddito lordo;
  • a scelta del professionista il contributo aggiuntivo di almeno il 5% sul reddito netto.

Il modello di reddito GS/2021 deve essere inviato in via telematica entro il 30 settembre 2021.

Contributi previdenziali di avvocati e consulenti del lavoro

Gli avvocati iscritti alla Cassa Forense pagano il contributo soggettivo sul reddito della propria professione aumentato dal 14,5% al 15%. L’aumento tuttavia è in vigore dal 1° gennaio 2021, pertanto per la dichiarazione dei redditi da presentare entro il 30 settembre 2021 la percentuale è ancora del 14,5%. In più gli avvocati pagano un contributo soggettivo del 3% sul reddito netto e un integrativo del 4% sul volume di affari. Per i consulenti del lavoro, il contributo soggettivo è del 12% sul reddito netto e l’integrativo del 4%.

Dichiarazione redditi di commercialisti e notai

Per i commercialisti il contributo soggettivo varia dal 12% al 100% del reddito netto, l’integrativo è del 4%. La Cassa dei Ragionieri e Periti commerciali (esperti contabili) applica un soggettivo dal 15 al 25%, un soggettivo supplementare dello 0,75% e un integrativo sul volume di affari del 4%. I notai iscritti alla Cassa nazionale del Notariato, versano il 22% del valore del repertorio notarile del mese precedente per atti del valore negoziale fino a 37 mila euro. Tutti gli altri atti hanno una percentuale del 42%.

Medici e odontoiatri, quanto pagano di contributi previdenziali alle Casse?

Per i medici e gli odontoiatri iscritti all’Enpam, il contributo sulla quota A è fisso in base all’età. Il contributo sulla quota B è del 19,5% sul reddito professionale netto (lo scorso anno era del 18,5%). Oltre il limite dei 103.0555 euro di reddito annuo, la quota B sull’incremento è pari all’1%. Per gli attuari, i chimici e i fisici, i dottori agronomi e forestali, e i geologi iscritti all’Epap, il contributo soggettivo è del 10% sul reddito netto fino a 103.055 euro all’anno, sull’eccedenza si paga il contributo di solidarietà dello 0,2%. È prevista la percentuale integrativa del 2% sul volume di affari mentre il contributo maternità è fisso.

Agrotecnici, periti agrari e biologi: quanto pagano di contributi previdenziali?

Gli agrotecnici e i periti agrari iscritti alla Fondazione Enpaia (Ente nazionale di previdenza per gli addetti e per gli impiegati in agricoltura), versano il contributo soggettivo pari al 10% sul reddito professionale netto. Cambia il contributo integrativo che è del 2% per gli agrotecnici e dal 2% al 5% per i periti agrari. Per entrambe le categorie il contributo di maternità è fisso. I biologi, iscritti all’Ente nazionale di previdenza e assistenza a favore dei Biologi, il contributo soggettivo è del 15% sul reddito netto della professione, mentre l’integrativo è del 4% sul volume di affari. Dal 1° luglio 2019 il 4% si paga anche sulle prestazioni a favore della Pubblica amministrazione.

Farmacisti, infermieri, psicologi e veterinari: quanto pagano alla dichiarazione dei redditi?

Per i farmacisti iscritti all’Enpaf sono previsti i contributi previdenziali e assistenziali fissi per il 2021. Diversamente gli infermieri dell’Enpapi, versano un contributo soggettivo del 16% sul reddito netto e un integrativo del 4% (anche sulle prestazioni verso la Pubblica amministrazione dal 16 maggio 2019). Per gli psicologi iscritti all’Enpap il contributo soggettivo è del 10% sul reddito netto, l’integrativo del 2% sul volume di affari. Resta fisso il contributo di maternità. Per i veterinari dell’Enpav, il contributo soggettivo è del 15,5% sul reddito netto fino a 95.150 euro (sullo scaglione più alto è del 3%). È previsto un integrativo sul volume di affari del 2% e un contributo di maternità fisso.

Geometri, ingegneri, architetti e periti industriali: contributo soggettivo e integrativo

I geometri iscritti alla Cassa italiana di previdenza e assistenza Geometri liberi professionisti (Cipag) versano un contributo soggettivo del 18% sul reddito netto fino a 156.800 euro. Per redditi oltre la soglia è previsto un contributo soggettivo del 3,5%. Il contributo integrativo è del 5% sul volume di affari, del 4% nel caso in cui si tratta di lavori fatti per la Pubblica amministrazione. per gli ingegneri e gli architetti il contributo soggettivo è del 14,5% sul reddito netto, con un contributo integrativo del 4% calcolato sul volume di affari. Per i periti industriali iscritti all’Eppi, Ente di previdenza dei periti industriali e periti industriali laureati, il contributo soggettivo è del 18%, da calcolare sul reddito netto. Il contributo integrativo è del 5% sul volume di affari. La percentuale è salita dal 25 febbraio 2019 dal 2% al 5% anche per lavori fatti per la Pubblica amministrazione.

 

Imposizione contributiva artigiani e commercianti, come scaricare F24 dal sito Inps

Sono disponibili sul sito Inps i dati relativi agli importi e ai codici utili per la compilazione dei modelli F24 ai fini dell’imposizione contributiva di artigiani e commercianti. È lo stesso Istituto di previdenza a informare le categorie lavorative interessate con la circolare numero 17 del 9 febbraio 2021 e con il messaggio numero 1861 del 10 maggio 2021.

Circolare Inps per i contributi di artigiani e commercianti

Con la circolare numero 17, avente a oggetto “Artigiani ed esercenti attività commerciali: contribuzione per l’anno 2021”, l’Inps ha comunicato gli importi dei contributi dovuti sia dai commercianti che dagli esercenti delle attività commerciali per il 2021. In particolare, gli autonomi appartenenti alle due categorie lavorative devono scaricare e pagare l’F24 ogni tre mesi, alle scadenze prefissate del 16 maggio, del 20 agosto, del 16 novembre e del 16 febbraio dell’anno successivo.

Imposizione contributiva artigiani e commercianti, la comunicazione Inps

Inoltre, l’Istituto previdenziale ha fatto presente che i dati di dettaglio della contribuzione dovuta per lo stesso anno alle scadenze fissate dalla legge, e i codici Inps (o codeline) necessari per compilare i modelli “F24” e le informazioni sul modello “F24 precompilato”, nonché quelle sull’Associazione di categoria e i relativi importi delle quote dovute per i soggetti interessati, sono reperibili sul sito stesso dell’Inps nella sezione del “Cassetto previdenziale per Artigiani e Commercianti”. Da questa sezione è necessario accedere alla “Posizione assicurativa” e, successivamente, ai “Dati del modello F24”.

Artigiani e commercianti, accesso al sito Inps

Pertanto, la procedura per scaricare i contributi da versare tramite il modello F24 per artigiani e commercianti va fatta interamente sul sito Inps. Dal sito ufficiale è necessario accedere alla sezione “Entra in MyINPS” e inserire il codice fiscale e il Pin. In alternativa si può usare lo Spid, la Carta di identità elettronica (CIE) o la Carta nazionale dei servizi (CNS).

Sito Inps, come arrivare facilmente al ‘Cassetto previdenziale artigiani e commercianti’

Una volta che l’artigiano o il commerciante ha effettuato l’autenticazione sul sito dell’Inps si può procedere con il fare una ricerca dalla sulla barra posta in alto, in corrispondenza della lente di ingrandimento. Le parole da digitare per abbreviare il percorso sono “cassetto commercianti”. In base ai risultati della ricerca è necessario cliccare su “Cassetto previdenziale per artigiani e commercianti”. In questa sezione, il portale chiede di digitare il codice che compare nell’immagine per poter procedere.

I dati del modello F24 nel Cassetto previdenziale

Successivamente si accede nel dettaglio del cassetto previdenziale: dal menù di sinistra la sezione di interesse è “Posizione Assicurativa” e poi, dalla tendina che si apre, “Dati del modello F24“. Il sistema propone vari F24, ma i modelli di interesse sono quelli per i quali sono dichiarati gli importi. Il primo dato in alto della colonna che può comparire è quello del 16 febbraio che è relativo all’importo dell’anno precedente. In successione si visualizzano gli importi relativi all’anno in corso e, in particolare:

  • la scadenza del 16 maggio;
  • quella del 20 agosto;
  • la scadenza del 16 novembre;
  • in basso, la scadenza 16 febbraio dell’anno successivo.

Come leggere e scaricare i dai Inps relativi ad artigiani e commercianti

Nella stessa schermata, l’artigiano o il commerciante visualizzerà la colonna “Periodo dal” e “Periodo al” che descrive il periodo di competenza per il pagamento dei contributi. Nella colonna “Importo euro” il portale mostra i modelli F24 che sono stati già calcolati dall’Inps e la relativa data di scadenza. Per scaricare i modelli F24 è sufficiente cliccare sul simbolo del Pdf, posto all’estremità destra dello schema.

Quanti contributi si pagano con una partita Iva?

I titolari di partita Iva sono soggetti al pagamento dei contributi all’Inps o alla Cassa previdenziale di appartenenza. La contribuzione è legata ai soggetti che esercitano un’attività commerciale oppure professionale, in forma autonoma o associata. I contributi previdenziali, per chi vuole aprire una partita Iva o per chi già esercita in proprio, rappresentano una quota consistente delle uscite, pari mediamente a circa un quarto dei redditi annuali.

Contributi previdenziali, pagamento all’Inps o alla Cassa professionale?

Risulta importante chiarire fin dall’inizio che i contributi possono essere pagati all’Inps o alla Cassa previdenziale. Nel primo caso, sono tenuti al pagamento gli artigiani, i commercianti e i professionisti che non hanno una cassa previdenziale. A quest’ultima sono tenuti al pagamento dei contributi i professionisti iscritti a un albo o a un ordine professionale.

Contributi previdenziali: quali differenze in base all’attività che si esercita

I contributi da versare, all’Inps o alla Cassa previdenziale, non sono uguali per tutte le categorie di lavoratori autonomi. L’importo da versare, infatti, dipende da quale attività si svolga e a quale delle grandi categorie si rientri tra:

  • artigiani;
  • commercianti;
  • lavoratori autonomi senza Cassa previdenziale;
  • autonomi con Cassa previdenziale.

Contributi previdenziali di artigiani e commercianti

Rientrano nella categoria degli artigiani i lavoratori in proprio la cui attività è rivolta alla produzione di beni o di servizi. Esempi di artigiani si ritrovano negli idraulici, nei falegnami, negli elettricisti, nei pasticceri e gelatai, nei massaggiatori, nei parrucchieri ed estetisti, nei fotografi. I commercianti, invece, svolgono la propria attività autonoma acquistando e vendendo beni di consumo.

Contributi Inps fissi e a percentuale per gli artigiani e i commercianti

I contributi Inps che pagano gli artigiani e i commercianti partita Iva sono fissi e a percentuale. I contributi fissi sono sempre dovuti, indipendentemente dai compensi percepiti annualmente dalle due categorie. Se un artigiano, nell’anno di riferimento, non percepisce redditi, deve comunque versare all’Inps i contributi. La somma da versare è comunicata, anno per anno, proprio dall’Inps con apposita comunicazione. Per l’anno 2021 gli artigiani devono versare contributi fissi per 3.836 euro, mentre i commercianti 3.850 euro.

Artigiani e commercianti, quando si pagano i contributi fissi e i contributi a percentuale

Artigiani e commercianti pagano l’importo stabilito dall’Inps per i contributi fissi in quattro rate annuali. Il primo pagamento deve avvenire entro il 16 maggio, il secondo entro il 20 agosto, il terzo entro il 16 novembre e l’ultimo entro il 16 febbraio dell’anno successivo. Tuttavia, se il reddito annuale delle due categorie supera i 15.953 euro, si dovranno pagare anche i contributi a percentuale.

Partite Iva, contributi Inps a percentuale: quanto si paga?

Sono due essenzialmente le soglie di reddito per i pagamenti a percentuale di artigiani e commercianti con partita Iva. Tutte le percentuali vanno pagate per la parte di reddito che eccede i 15.953 euro. Le percentuali variabili, dunque, vanno ad aggiungersi ai contributi fissi da pagare all’Inps.  In particolare:

  • per redditi da 15.953 euro fino a 47.379 euro, gli artigiani nel 2021 pagano il 24%, i commercianti il 24,09%;
  • per redditi oltre la soglia dei 47.379 euro gli artigiani pagano il 25% e i commercianti il 25,09%.

Esempi di pagamento di contributi Inps per artigiani e commercianti

Se un contribuente, artigiano o commerciante con partita Iva, ha un reddito annuale di 11.000 euro, dovrà pagare i contributi fissi non superando la soglia minima di 15.953 euro. Il pagamento deve avvenire entro le 4 scadenze fissate annualmente. Se, invece, il reddito è pari a 26.000 euro, oltre ai minimi contributivi stabiliti annualmente, la partita Iva (ad esempio, un artigiano) dovrà pagare il 24% sulla differenza tra 26.000 euro e 15.953 euro (10.047 euro), pari a 2.411 euro.

Partite Iva, totale dei contributi Inps da versare tra fissi e a percentuale

Il totale dei contributi dovuti dall’artigiano sono pari a 3.836 euro di contributi fissi più 2.411 euro di contributi a percentuale, per un complessivo di 6.247 euro. Se il reddito è elevato, i contributi da pagare dall’artigiani possono essere molto più alti. Ad esempio, se il reddito da dichiarare è pari a 60.000 euro, oltre ai contributi fissi di  3.836 euro, l’artigiano dovrà pagare:

  • il 24% sulla differenza tra 47.379 euro e 15.953 euro, pari a 7.452 euro;
  • il 25% sulla differenza tra 60.000 euro e 47.379, pari a 3.155 euro;
  • il totale dei contributi che l’artigiano dovrà versare è pari a 3.836 euro più 7.452 euro più 3.155 euro, ovvero 14.443 euro di contributi previdenziali Inps.

Scadenze del pagamento dei contributi Inps a percentuale

I contributi a percentuale, a differenza di quelli fissi, hanno due scadenze: la prima al 30 giugno, la seconda al 30 novembre. Inoltre, artigiani e commercianti hanno massimali contributivi, oltre i quali non si pagano contributi. Per il 2021 il massimale fissato dall’Inps è pari a 103.055 euro. Eventuali redditi eccedenti questo massimale non sono soggetti ad alcun contributo previdenziale.

Contributi Inps dei lavoratori con partita Iva e senza Cassa previdenziale

I lavoratori autonomi con partita Iva e senza l’iscrizione a una Cassa previdenziale di appartenenza, hanno l’obbligo dell’iscrizione alla Gestione separata Inps. Dall’iscrizione ne deriva l’obbligo del pagamento dei contributi previdenziali che per il 2021 sono pari al 25,98% dei redditi dell’anno di riferimento. Rispetto agli artigiani e ai commercianti, i lavoratori autonomi come freelance e liberi professionisti senza albo a titolo di esempio, non pagano i contributi Inps fissi. L’importo da pagare, dunque, è in proporzione a quanto si guadagna. Tuttavia, è importante raggiungere il tetto minimo dei 15.953 euro fissati dall’Inps. Infatti, al di sotto di questa somma, l’Inps non accredita l’anno di contributi utile ai fini della pensione. Il massimale è fissato, invece, a 103.055 euro per il 2021.

Partite Iva con Cassa previdenziale autonoma: quali contributi?

I calcoli e i contributi fatti per artigiani, commercianti e autonomi con partita Iva ma senza albo o ordine professionale, non valgono per i professionisti appartenenti a una Cassa previdenziale. Ad esempio, gli avvocati hanno la propria Cassa previdenziale, come anche gli ingegneri, i giornalisti e gli architetti. Per il calcolo dei contributi da versare è necessario, pertanto, far riferimento alle regole e ai calcoli della propria Cassa previdenziale di appartenenza. Solo in mancanza di una Cassa previdenziale, come ad esempio avviene per i consulenti aziendali, sono da applicare le regole dei lavoratori autonomi con partita Iva ma senza Cassa.

 

Rendita vitalizia dei contributi prescritti: quando è possibile il riscatto?

Per un lavoratore, i periodi non coperti o con insufficienti contributi previdenziali rappresentano un danno per la sua futura pensione. La legge permette di rimediare, anche nel momento in cui il termine di prescrizione sia scaduto. Si tratta della rendita vitalizia, lo strumento mediante il quale si possono riscattare in modo oneroso i periodi non coperti o carenti di contributi previdenziali. Il riscatto può avvenire da parte del datore di lavoro o, in mancanza, per iniziativa del lavoratore stesso.

Circolare Inps numero 78 del 29 maggio 2019

Sulla questione è intervenuta recentemente l’Inps con la circolare numero 78 del 29 maggio 2019. Nel documento l’Istituto di previdenza elenca i dettagli procedurali per la presentazione della domanda e l’indicazione dei mezzi di prova che supportano la richiesta. La prova documentale dell’esistenza del rapporto di lavoro, la data certa, l’esistenza certa, le dichiarazioni ora per allora e quelle dalla Pubblica amministrazione, le attestazioni del sindaco sono altresì precisate nella medesima circolare. Tuttavia, l’istituto del riscatto dei contributi omessi risale già all’articolo 13 della legge numero 1338 del 1962.

La legge 1338 del 1962 sulla costituzione della rendita vitalizia

Secondo la legge, infatti, “il datore di lavoro che abbia omesso di versare contributi per l’assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e superstiti e che non possa più versarli per sopravvenuta prescrizione ai sensi dell’articolo 55 del regio decreto legge 4 ottobre 1935, numero 1827, può chiedere all’Istituto nazionale della previdenza sociale di costituire una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell’assicurazione obbligatoria, che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi”.

Rendita dei contributi prescritti, effetto immediato sulla pensione

La stessa legge specifica che la rendita dei contributi prescritti integra con effetto immediato la pensione già in essere. In caso contrario, i contributi sono valutati ai fini dell’assicurazione obbligatoria prevista per la pensione di invalidità, per la vecchiaia e a favore dei superstiti.

Contributi prescritti, quando il pagamento spetta al datore di lavoro

Il datore di lavoro può esercitare la facoltà del versamento dei contributi prescritti esibendo all’Inps i documenti di data certa, dai quali si evince l’effettiva esistenza e la durata del rapporto di lavoro. Deve risultare, inoltre, anche la misura della retribuzione corrisposta al lavoratore stesso.

Quando i contributi prescritti devono essere versati dal lavoratore?

I contributi prescritti possono essere versati dal lavoratore nel momento in cui non possa ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita. In questo caso, il lavoratore si sostituisce al datore di lavoro, salvo il diritto del risarcimento del danno. Ricade sul lavoratore stesso l’onere di fornire all’Inps le prove del rapporto di lavoro e della retribuzione. Tra i soggetti interessati alla costituzione della rendita vitalizia rientrano anche i superstiti del lavoratore.

Quando può essere presentata la domanda all’Inps dei contributi prescritti?

La domanda dei contributi prescritti può essere presentata all’Inps senza limiti temporali, anche dopo il verificarsi del pagamento di un trattamento di pensione. È inoltre ammessa la domanda per omissioni parziali, nel caso in cui sia stata versata una contribuzione parziale rispetto alle retribuzioni che sono state percepite effettivamente. Infine, si può presentare domanda dei contributi prescritti anche per coprire parzialmente il periodo durante il quale si sia verificata omissione contributiva. Ad esempio, il riscatto può avvenire solo per le settimane necessarie per perfezionare i requisiti della pensione.

Chi sono i destinatari del riscatto o della costituzione della rendita vitalizia?

La circolare Inps 78 del 29 maggio 2019 riporta compiutamente i destinatari dello strumento del riscatto dei contributi omessi, ovvero gli interessati alla costituzione della rendita vitalizia. Infatti, figurano:

  • i lavoratori di un rapporto di lavoro subordinato;
  • i familiari coadiuvanti e coadiutori di chi è titolare di impresa artigiana o commerciale;
  • i collaboratori del nucleo diretto coltivatore diversi dal titolare e collaboratori dei nuclei colonici e mezzadrili;
  • i lavoratori che, essendo soggetti al regime assicurativo della gestione separata, non siano obbligati al versamento diretto della contribuzione, essendo la propria quota trattenuta dal committente o associante e versata direttamente da quest’ultimo;
  • gli iscritti alla Cassa per le pensioni degli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate.

Prescrizione dei contributi, quale attesa?

Il presupposto per attivare l’istituto del riscatto dei contributi omessi è che i contributi stessi siano caduti in prescrizione. Ciò avviene al trascorrere di cinque anni se la domanda viene presentata dal datore di lavoro e di dieci anni se è invece il lavoratore stesso a farne denuncia all’Inps.

Quanto si paga per riscattare i contributi omessi nel sistema retributivo?

Se i periodi per i quali si richiede il riscatto dei contributi omessi rientrano nel meccanismo retributivo, il costo viene calcolato in termini di “riserva matematica”. Ciò significa che si effettua il differenziale annuo tra la pensione con il riscatto dei contributi e quella senza il riscatto. Il risultato va moltiplicato per il coefficiente inerente al sesso, all’età e all’anzianità contributiva.

Costo del riscatto dei contributi omessi nel sistema contributivo

Diverso è il calcolo del riscatto di periodi di contributi omessi rientranti nel sistema contributivo. In questo meccanismo rientrano i lavoratori:

  • che abbiano iniziato a versare contributi a partire dal 1° gennaio 1996 e con meno di 18 anni di contribuzione prima del 1996;
  • i periodi dal 2012 in poi per contribuenti che abbiano almeno 18 anni di contributi versati prima del 1996.

Per queste categorie di contribuenti il costo è quantificato applicando l’aliquota contributiva in vigore nel momento in cui si presenta domanda alla retribuzione percepita nei 12 mesi precedenti la domanda stessa. Si tratta di un sistema simile, dunque, al riscatto della laurea per chi non può beneficiare del sistema agevolato dell’articolo 4 del 2019.

Costo riscatto contributi iscritti alla Gestione separata Inps, artigiani e commercianti

Per i contribuenti iscritti alla Gestione separata Inps il costo del riscatto di periodi di omessa contribuzione fa riferimento al valore medio mensile dei compensi assoggettati alla contribuzione obbligatoria degli ultimi dodici mesi precedenti la domanda stessa. Non è stato ancora chiarito, invece, quale sia il reddito sul quale debbano far riferimento gli artigiani e i commercianti per il riscatto dei periodi non coperti.

Lavoratori dello spettacolo, le nuove regole per maternità, malattie, infortuni e pensioni

Per i lavoratori dello spettacolo dallo scorso 1° luglio sono arrivare le nuove regole che riguardano la maternità, la malattia, l’infortunio, la disoccupazione, i contributi e le pensioni. Il nuovo sistema di welfare per i lavoratori dello spettacolo è diventato legge con la conversione del decreto “Sostegni bis” nella legge numero 106 del 2021.

Cosa cambia per i lavoratori dello spettacolo con il nuovo welfare?

Più nel dettaglio, ci si chiede cosa sia cambiato per i lavoratori dello spettacolo con le nuove regole del welfare. Innanzitutto, gli interessati possono godere di un rafforzamento delle tutele assistenziali, a partire dalla genitorialità, con la modifica del calcolo delle indennità. Infatti, si è provveduto a modificare il sistema di calcolo delle indennità: l’ammontare giornaliero va parametrato al reddito maturato nei 12 mesi che precedono il periodo indennizzabile. In precedenza il periodo di riferimento era limitato alle ultime 4 settimane.

Nuove tutele assistenziali per i lavoratori dello spettacolo: meno contributi per la malattia

Inoltre, dal 1° luglio sono cambiate le tutele assistenziali per i lavoratori dello spettacolo con la previsione di meno contributi a copertura della malattia. Infatti, per usufruire dell’indennità economica durante la malattia, i contributi giornalieri versati al Fondo pensione dei lavoratori dello spettacolo devono essere pari a 40 e non più a 100.  I lavoratori dello spettacolo devono aver versato i contributi a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello della malattia stessa.

Retribuzione giornaliera ai fini assistenziali

Passa da 67,14 euro a 100 euro la retribuzione massima giornaliera prevista nei casi assistenziali. La retribuzione massima di 100 euro, dunque, riguarda:

  • le prestazioni e i contributi del Servizio sanitario nazionale;
  • le prestazioni per le indennità economiche della malattia e della maternità.

I lavoratori dello spettacolo, anche autonomi, sono inoltre assicurati presso l’Inail. A tal fine l’adesione è automatica: è sufficiente l’iscrizione al Fondo pensione dei lavoratori dello spettacolo.

La disoccupazione dei lavoratori dello spettacolo

Il decreto legge “Sostegni bis” ha introdotto un’importante novità in tema di ammortizzatori sociali. Infatti, è prevista a partire dal 1° gennaio 2022, l’assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori autonomi dello spettacolo, chiamata “Alas“. L’indennità si rende necessaria per l’assenza di veri ammortizzatori sociali a favore di questa categoria di lavoratori autonomi e per l’impossibilità di accesso alla disoccupazione Naspi.

Lavoratori dello spettacolo: come possono accedere alla disoccupazione dal 2022?

Per accedere all’Alas, si richiede:

  • la non esistenza di rapporti di lavoro subordinato o autonomo;
  • l’aver maturato, nell’ultimo anno, almeno 15 giornate di contribuzione;
  • un reddito riferito all’ultimo anno non eccedente i 35.000 euro.

Disoccupazione lavoratori dello spettacolo, a quanto ammonta l’indennità di disoccupazione?

L’indennità di disoccupazione per i lavoratori dello spettacolo, a partire dal 2022, verrà corrisposta mese per mese per un numero di giornate pari alla metà di quelle relative alla contribuzione al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo. Il calcolo delle giornate comprende quelle che vanno dal 1° gennaio del precedente anno fino alla conclusione dell’ultimo rapporto di lavoro.

Lavoratori dello spettacolo: le novità sui contributi previdenziali e sulle pensioni

Novità arrivano dal decreto “Sostegni bis” anche per quanto concerne i contributi previdenziali e le pensioni dei lavoratori dello spettacolo. Si riducono i contributi giornalieri, da 120 a 90, affinché possa essere riconosciuta al lavoratore l’annualità intera di contribuzione. Per gli attori cinematografici e audiovisivi, che in media maturano un numero di giornate inferiore, il calcolo varia. Infatti, per ogni giornata contributiva di versamento al Fondo pensioni ne viene accreditata un’altra, fino al raggiungimento delle 90 previste per la maturazione di un’annualità.

Bonus giornate accreditate ai fini della contribuzione

I lavoratori dello spettacolo che fossero sotto la soglia di reddito e con almeno 45 giornate di contributi, si vedranno accreditare le giornate mancanti fino alla concorrenza delle 90 necessarie. Ai fini pensionistici valgono, inoltre, anche le attività di insegnamento retribuite, quelle di formazione e quelle di promozione degli spettacoli. Infine, i contributi maturati presso altre gestioni previdenziali possono essere ricongiunti nel limite di un terzo dei contributi annuali. Ciò significa che l’annualità di 90 giornate di contributi viene raggiunta con 60 contributi giornalieri presso il Fondo pensioni dei lavoratori dello spettacolo e altre 30 giornate presso altre gestioni previdenziali.

 

Riscatto contributi per periodi non versati: come si recuperano per Partita Iva?

L’INPS, Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, nel rispetto di opportuni requisiti, permette di andare a riscattare i contributi previdenziali per i periodi non versati. Si tratta di un’operazione e di una scelta che, in particolare, è alquanto vantaggiosa quando, per la maturazione dei requisiti di pensionamento, mancano poche annualità contributive da versare. Per esempio, per il riscatto contributi per periodi non versati, come si recuperano per chi è titolare di Partita Iva?

Ecco come si recuperano per i titolari di Partita Iva i contributi previdenziali per i periodi non versati

Al riguardo c’è da dire che per i titolari di Partita Iva, l’INPS permette il riscatto dei contributi per i periodi non versati agli iscritti ad una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi. Inoltre, a differenza dei contributi figurativi, che sono gratuiti, è bene precisare che il riscatto dei contributi per i periodi non versati è sempre e rigorosamente a titolo oneroso. E quindi c’è sempre da pagare.

Ragion per cui, al fine di accelerare la maturazione dei requisiti per andare in pensione, occorre sempre valutare la convenienza dell’operazione a livello economico. La facoltà di riscatto dei contributi per i periodi non versati, tra l’altro, è permessa ed è concessa pure ai superstiti del lavoratore deceduto.

Lavoratori a partita Iva, ecco come si presenta la domanda di riscatto dei contributi previdenziali

La domanda per il riscatto dei contributi per i periodi non versati si presenta online dal sito Internet dell’INPS, oppure recandosi presso l’ufficio dall’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale che è competente per territorio.
La domanda sarà poi lavorata dall’INPS allegando pure tutta la documentazione richiesta. Dopodiché l’Istituto risponderà con una raccomandata. In caso di accoglimento della richiesta, nella lettera recapitata a mezzo posta sarà indicato l’onere di riscatto, e quindi quanto andare e pagare per i periodi non versati tramite i bollettini MAV in banca oppure recandosi alla posta.

I bollettini MAV da pagare, tra l’altro, si possono recuperare e si possono stampare online collegandosi tramite le credenziali al sito Internet dell’INPS prima accedendo al ‘Portale dei Pagamenti’, e poi nella sezione ‘Riscatti ricongiunzioni e rendite’. Oppure, chiamando il contact center dell’INPS, è possibile acquisire i bollettini MAV da pagare, per il riscatto dei contributi per i periodi non versati, con l’invio a mezzo posta elettronica all’indirizzo mail fornito all’operatore.

Come e dove si possono pagare i bollettini MAV per il riscatto dei contributi INPS per i periodi non versati

Oltre che in banca ed alla posta, le somme dovute, per il riscatto dei contributi previdenziali per i periodi non versati, si possono pagare pure dal sito Internet dell’INPS e tramite il contact center muniti di carta di credito. Oppure attraverso il circuito ‘Reti Amiche’ al quale, tra l’altro, aderiscono pure le tabaccherie sparse su tutto il territorio nazionale.

A fronte dei versamenti effettuati, l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, all’inizio dell’anno solare successivo, invierà poi al titolare di partita Iva, che ha sta riscattando i contributi per periodi non versati, un’attestazione che sarà utile ai fini fiscali.

Partita Iva, come si calcola il reddito netto nel regime forfettario?

1Il regime forfettario delle partite Iva è un regime fiscale agevolato, applicato alle persone fisiche esercenti delle attività di impresa, arti o professioni. Introdotto dalla legge di Stabilità 2015, il regime forfettario è stato modificato negli anni successivi per rivedere le semplificazioni ai fini Iva e contabili. Tuttavia, la novità più importante è la determinazione forfettaria del reddito sul quale calcolare un’unica imposta in sostituzione di quelle previste nel regime ordinario. Con la legge di Bilancio 2020, infatti, si è arrivati a una disciplina che ha introdotto nuovi requisiti di accesso e cause di esclusione, oltre a un sistema premiale per chi utilizza la fatturazione elettronica.

Regime forfettario, i requisiti di accesso secondo le regole 2020

Possono accedere al regime forfettario le partite Iva che nel precedente anno abbiano conseguito:

  • sia un volume di ricavi o percepito compensi che non superino i 65.000 euro (nel caso in cui si esercitino più attività ricadenti in differenti codici Ateco è necessario considerare la somma dei ricavi e dei compensi delle diverse attività);
  • che un volume di spese non eccedenti l’importo di 20.000 euro lordi. Nelle spese vanno ricomprese quelle del lavoro accessorio, dipendente o collaborativo anche a progetto, gli utili da partecipazione agli associati che apportino il solo lavoro e le somme erogate per prestazioni rese dall’imprenditore o dai suoi famigliari.

Partita Iva, reddito e tassazione dei forfettari

Le partite Iva che rientrino nel regime forfettario determinano il reddito imponibile applicando, al totale dei compensi percepiti o dei ricavi conseguiti, il coefficiente di redditività previsto per la propria attività. Nel dettaglio, i coefficienti di redditività previsti sono i seguenti:

  • industrie alimentari e delle bevande, 40%;
  • commercio all’ingrosso e al dettaglio, commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande, 40%;
  • commercio ambulante di altri prodotti, 54%;
  • costruzioni e attività immobiliari, 86%;
  • intermediari del commercio, 62%;
  • attività di servizi di alloggio e di ristorazione, 40%;
  • attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari e assicurativi, 78%;
  • altre attività economiche, 67%.

Regime forfettario, come si determina il reddito imponibile

Dal reddito che si è determinato forfettariamente applicando il coefficiente di redditività al totale dei ricavi, si deducono i contributi previdenziali obbligatori, inclusi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell’impresa famigliare. Al reddito imponibile ottenuto si applica l’imposta fissa del 15% che va a sostituire quelle ordinariamente previste, ovvero le imposte sui redditi, le addizionali regionali e comunali e l’Irap.

Calcolo del reddito imponibile nel regime forfettario partite Iva: un esempio

Per sapere quante tasse dovrà pagare una partita Iva del regime forfettario, il primo passo da fare è quello di determinare il reddito imponibile, sul quale si applicherà il 15% dell’imposta unica. A tal fine è necessario conoscere il codice Ateco della propria partita Iva, al quale corrisponde un coefficiente di redditività, ovvero una percentuale che si dovrà andare a moltiplicare al totale dei compensi ottenuti nell’anno di riferimento.

Partita Iva, calcolo imposta da pagare con regime forfettario

Pertanto, se il codice Ateco della partita Iva è del 78% e il guadagno lordo annuo derivante dall’attività è pari a 30.000 euro, il reddito imponibile è pari al prodotto tra 30.000 e 78%. Il risultato, 23.400 euro, costituisce il reddito imponibile. A quest’ultimo dovranno essere sottratti i contributi versati: ipotizzando che siano pari a 8.000 euro, occorrerà sottrarre 23.400 – 8.000 = 15.400 euro. Le tasse che si dovranno pagare per un guadagno annuo di 30.000 euro di una partita Iva a regime forfettario saranno pari a 2.310 euro, valore dato dal rapporto tra 15.400 euro e il 15%.

I ricavi nel reddito imponibile dei forfettari

Il totale dei ricavi e dei compensi devono  far riferimento al principio di cassa e non a quello di competenza. Ciò vuol dire che devono essere considerati solo i ricavi effettivamente incassati nell’arco dell’anno oggetto di imposta. Pertanto, chi richiede un pagamento alla fine dell’anno ma lo incassi sul conto corrente solo all’inizio dell’anno dopo, dovrà conteggiarlo tra i ricavi dell’anno successivo.

Impossibilità di scaricare le spese deducibili nel regime forfettario

L’applicazione del coefficiente di redditività, derivante da percentuali introdotte nel 2015 in occasione del nuovo regime forfettario, non consente di considerare deducibili le spese che normalmente “si scaricano”. Pertanto, la scelta del regime forfettario ha molta convenienza nel caso in cui non si spendano cifre molto alte per la gestione dell’attività stessa. In caso contrario potrebbe essere più conveniente optare per il regime di partita Iva semplificato o per quello ordinario.

Imposta ridotta al 5% per chi avvia una nuova attività

L’imposta ridotta al 5% nei primi cinque anni di attività è riservata a coloro che avviano una nuova attività in presenza dei seguenti requisiti:

  • è necessario che il contribuente non abbia esercitato, nei 3 anni precedenti, attività professionale o d’impresa o artistica, anche in forma famigliare o associata;
  • l’attività avviata non deve costituire, in alcun modo, una mera prosecuzione di un’attività precedentemente. Quest’ultima si intende svolta da lavoratore dipendente o autonomo, ad esclusione della pratica obbligatoria necessaria per intraprendere arti o professioni;
  • nel caso in cui venga proseguita un’attività svolta precedentemente da un altro soggetto è necessario il ricalcolo dell’ammontare dei compensi. Infatti, i ricavi realizzati nel periodo di imposta precedente a quello in cui viene riconosciuto il beneficio dell’imposta ridotta non dovranno essere superiori al limite che consente l’accesso al regime forfettario.

Vita pesante, busta paga leggera

di Davide PASSONI

Se la vita si fa pesante, lo stipendio si fa… leggero. No, non è una presa in giro ma l’amara verità di quanto tasse e contributi previdenziali ammazzano le buste paga degli italiani in un periodo nel quale non sono rimasti loro nemmeno gli occhi per piangere.

La fotografia è stata scattata, tanto per cambiare, dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, secondo il quale metà dello stipendio dei lavoratori italiani è sfoltito da tasse e contributi previdenziali. Secondo l’analisi, un operaio occupato nell’industria con uno stipendio mensile netto di 1.226 euro ha un costo azienda di 2.241 euro. Un importo che è dato dalla somma della retribuzione lorda (1.672 euro) e dal prelievo a carico del datore di lavoro (pari a circa 568 euro).

E per il povero impiegato, che lavora in un’azienda industriale e si porta a casa a fine mese 1.620 euro netti? Al suo datore di lavoro costa la bellezza di 3.050 euro. Anche qui una cifra data dalla somma tra la retribuzione lorda (2.312 euro) e il prelievo a carico del titolare (738 euro).

Risultati sconfortanti, che se abbinati ai recenti dati presentati dall’Istat sulla perdita del potere d’acquisto degli italiani, fanno affermare al segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi: “Pur riconoscendo che dobbiamo potenziare la qualità della nostra organizzazione produttiva, non sono del tutto convinto che le aziende debbano produrre meglio e di più. Il problema è che i consumi interni sono troppo bassi. La crisi è molto pesante, soprattutto dal punto di vista occupazionale, anche perché continuano a calare i consumi. Meno si consuma, più si sta a casa. Più si sta a casa, meno si consuma. Dobbiamo scardinare questo circolo vizioso per scongiurare di scivolare dentro una fase depressiva”.

Che aggiungere? Ciascun lavoratore dipendente faccia i conti e ci sappia dire (direttore@ejournal.it) se alla Cgia di Mestre hanno bevuto troppo o se ci hanno preso. Secondo noi… la seconda delle due. Mille grazie, stato bandito.

Agevolazioni per i lavoratori svantaggiati

di Vera MORETTI

La Gazzetta Ufficiale ha pubblicato il decreto del ministero del Lavoro che proroga al 2011 alcune misure agevolative introdotte dalla Finanziaria 2010.

Sono stati stanziati 3,6 milioni di euro per agevolare le assunzioni di dipendenti con età superiore a 50 anni, percettori dell’indennità di disoccupazione non agricola con requisiti normali.
Le agevolazioni riguardano anche le trasformazioni da contratto a termine a contratto a tempo indeterminato. In ogni caso, le facilitazioni non possono andare oltre il 31 dicembre 2011. Sono ammessi tutti i datori di lavoro, comprese le società cooperative, per soci con rapporto di lavoro subordinato.

In cosa consiste il beneficio? In pratica, verranno versati i contributi previdenziali nella misura del 10% ma decade se, nei sei mesi precedenti, sono stati licenziati soggetti che ricoprivano le stesse mansioni, oppure se sono state applicate riduzioni di orario. E l’assunzione non deve avvenire a fronte di un obbligo legislativo o contrattuale.

Un’altra proroga riguarda i soggetti in mobilità o beneficiari della disoccupazione con requisiti normali, che hanno almeno 35 anni di anzianità contributiva. Se questi sono stati assunti nel 2011, o erano già presenti in azienda in data 1 gennaio 2011, danno la possibilità al datore di lavoro di versare i contributi ridotti al 10%.

Un’altra proroga riguarda i datori di lavoro che hanno assunto nel 2011 lavoratori a tempo pieno e indeterminato che erano destinati all’indennità di disoccupazione ordinaria con requisiti normali, nonché dell’indennità di disoccupazione speciale edile. Il beneficio consiste nel riconoscimento dì un incentivo economico pari all’indennità spettante al lavoratore per il numero di mensilità di trattamento di sostegno al reddito non erogate.
Questa facilitazione vale anche per i casi di trasformazione a tempo pieno e indeterminato di un contratto di lavoro a termine, stipulato dopo il 1° gennaio 2011. L’incentivo è cumulabile con le altre agevolazioni vigenti.

Per quanto riguarda i lavoratori che accedono alla disoccupazione con requisiti normali, utilizzando fino a 13 settimane di lavoro svolto come co.co.co/pro, il decreto stanzia oltre tre milioni.
Coloro che hanno almeno 35 anni di anzianità contributiva e percepiscono l’indennità di mobilità o qualsiasi trattamento di sostegno al reddito, accettando un’offerta di lavoro che prevede l’inquadramento in un livello retributivo inferiore di almeno il 20 per cento a quello corrispondente alle mansioni di provenienza, hanno la possibilità di richiedere una contribuzione figurativa integrativa fino alla data di maturazione del diritto al pensionamento e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2011.

Gli Agenti di Commercio possono dedurre i contributi previdenziali di Inps ed Enasarco

Come ben noto, gli Agenti di Commercio sono tenuti al versamento obbligatorio di due contributi previdenziali: contributi INPS e contributi ENASARCO.

Trattandosi di contributi previdenziali questi non sono direttamente imputabili al reddito d’impresa, in quanto sono di natura personale ed in alcun modo derivanti da attività commerciali. Ciononostante, è possibile il loro recupero fiscale. I contributi previdenziali INPS ed ENASARCO fanno parte del reddito complessivo e pertanto vanno inseriti nel quadro degli oneri deducibili nella dichiarazione dei redditi (modello unico). Infatti, secondo quanto prescritto dal Testo unico delle imposte sui redditi (art. 10, comma 1, lettera ‘e’) i contributi previdenziali ed assistenziali veraati in ottemperanza a disposizioni di legge, si deducono dal reddito complessivo della persona fisica. I documenti giustificativi sono rappresentati, per i contributi INPS, dalle distinte di versamento (modello F24), pagate alle scadenze previstee per i contiributi ENASARCO, da una dichiarazione di versamento resa dalla casa mandante (tale dichiarazione non è obbligatoria). Ci teniamo a precisare che la deducibilità fiscale dei contributi previdenziali è possibile solo per i contributi effettivamente pagati nell’anno.
Ma cosa succede se l’Agente è una società? In questo caso, per i soli soci in possesso dei requisiti e illimitatamente responsabili sono a carico della società stessa e non dei singoli soci, per cui non costituiscono onere deducibile dei soci, ma componente negativo di reddito della società.