Bonus teatri e spettacoli, domanda dal 14 ottobre per il credito d’imposta sulle spese 2020

Si potrà presentare da domani 14 ottobre 2021 la domanda per il bonus teatro e spettacoli che permette di ottenere un credito d’imposta fino del 90% sulle spese sostenute nel 2020. Ne fornisce comunicazione l’Agenzia delle entrate che mette a disposizione due modelli e le istruzioni sia per il suddetto bonus che per quello relativo al settore del tessile, della moda e degli accessori. Il bonus teatro e spettacoli è previsto dal decreto legge “Sostegni” e dal decreto legge “Rilancio” per sostenere i settori che sono stati particolarmente colpiti dall’emergenza sanitaria ed economica.

Bonus teatro e spettacoli, chi può presentare domanda per il credito d’imposta?

La domanda per il bonus teatri e spettacoli può essere presentata fino al 15 novembre 2021. La modalità per l’invio della domanda è telematica. Possono fare richiesta del bonus le attività teatrali e degli spettacoli dal vivo e il sostegno è utilizzabile esclusivamente in compensazione. Le attività richiedenti devono aver avuto una riduzione del fatturato del 2020 attestabile in almeno il 20% rispetto all’anno 2019. Verificata la perdita, il bonus consiste nel credito d’imposta del 90% delle spese sostenute nel 2020.

Bonus spettacoli, indennità anche al settore digitale

Tra i beneficiari del bonus teatro e spettacoli rientrano anche le imprese dello spettacolo che svolgono le proprie attività nella versione digitale. Lo spettacolo deve essere svolto tramite l’uso di piattaforme per la trasmissione di opere dal vivo. Rientrano nell’ambito del digitale, pertanto, gli spettacoli teatrali, i concerti e i balletti.

Come si presenta la domanda per il bonus teatro e spettacoli

La domanda per il bonus teatro e spettacoli deve essere presentata on line sul sito dell’Agenzia delle entrate. Per le informazioni è necessario far riferimento al “provvedimento dell’11 ottobre 2021 – bonus teatro e spettacoli”, all’interno del quale è presente il modello di comunicazione delle spese relative alle attività teatrali e agli spettacoli dal vivo. Nel modello è necessario indicare il codice fiscale del beneficiario e del rappresentante firmatario della comunicazione, le spese sostenute per le attività teatrali e per gli spettacoli dal vivo e il relativo credito d’imposta. Pertanto, nello spazio del modello delle spese 2020 vanno indicati gli oneri sostenuti e ammessi all’indennità. Nel rigo inferiore, invece, va indicato il 90% delle spese corrispondente al credito di imposta maturato. Tale percentuale dovrà essere confermata dall’Agenzia delle entrate.

Dettagli sulla domanda del credito di imposta per teatri e spettacoli

Nel caso in cui il beneficiario abbia presentato una precedente domanda di rimborso, è possibile procedere con la domanda da presentare dal 14 ottobre al 15 novembre 2021. La nuova comunicazione trasmessa va a sostituire la precedente. Si può presentare anche la rinuncia del credito di imposta (da barrare nell’apposito spazio del modello di domanda) nel caso in cui il beneficiario volesse non avvalersi del beneficio.

Chi ha già presentato domanda di bonus spettacoli la può ripresentare?

Per presentare domanda del bonus teatro e spettacoli è necessario compilare anche la dichiarazione sostitutiva di atto notorio. L’atto riguarda in particolare le situazioni nelle quali i richiedenti abbiano già presentato domanda per aiuti dal 1° marzo 2020 al 27 gennaio 2021. In caso affermativo, non devono essere stati superati i limiti indicati nella Comunicazione delle Spese relative alle attività teatrali e agli spettacoli dal vivo scaricabile sul sito dell’Agenzia delle entrate. Nel modello è presente anche l’allegato numero 1 relativo:

  • al valore della produzione;
  • ai costi della produzione;
  • al calcolo del rispetto dei costi fissi non coperti.

Risposta dell’Agenzia delle entrate dopo la presentazione della domanda per il bonus teatro

Dopo aver presentato la domanda, anche tramite un Caf ma sempre in via telematica, l’Agenzia delle entrate calcola la quota percentuale del credito di imposta effettivamente maturabile. Il calcolo è svolto in base alle risorse disponibili. Pertanto, la percentuale di credito di imposta ufficiale verrà resa nota dal direttore dell’Agenzia delle entrate. Il provvedimento che emanerà a tal proposito, che arriverà non oltre il 25 novembre 2021, è quello di una nota.

Bonus sanificazione, domande al via: imprese ed enti possono inviare il modulo entro il 4 novembre

L’Agenzia delle entrate, con il comunicato del 3 ottobre, ha annunciato l’apertura del canale telematico per l’invio delle domande del bonus sanificazione. Si tratta di un credito di imposta relativo alle spese sostenute per la sanificazione e per l’acquisto di dispositivi di protezione individuali (Dpi) da parte di enti e imprese. Il bonus sanificazione è stato introdotto dal decreto legge numero 73 del 2021 (Sostegni bis).

Chi può inviare domanda per il bonus sanificazione?

Ammessi a presentare domanda per il bonus sanificazione sono gli esercenti le attività di impresa, arti e professioni, gli enti non commerciali e le strutture ricettive extra alberghiere a carattere non imprenditoriale. Sono riconosciuti tra i beneficiari anche gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.

Come si calcola il bonus sanificazione e quali spese sono sostenibili?

Il credito di imposta costituente il bonus sanificazione deve essere calcolato nella misura del 30%  delle spese sostenute e ammesse al beneficio. Le spese devono essere state effettuate nei mesi di giugno, luglio e agosto 2021 e riguardare l’acquisto di dispositivi di protezione e la somministrazione dei tamponi per il coronavirus. Inoltre, il credito è ammesso per le spese sostenute per la sanificazione. Il massimo riconosciuto per il bonus è di 60 mila euro. Le risorse messe a disposizione dal governo per la misura ammontano a 200 milioni di euro.

Come presentare domanda per il bonus sanificazione?

Si può presentare domanda per il bonus sanificazione da ieri, 4 ottobre, fino al 4  novembre. Per la domanda è necessario utilizzare il modulo (approvato con provvedimento 191910 del 2021) scaricabile dal sito dell’Agenzia delle entrate e comunicare l’ammontare delle spese sostenute per la sanificazione e per la sicurezza dei lavoratori nei mesi da giugno ad agosto 2021.  La domanda può essere inoltrata dal richiedente oppure da un intermediario.

Cosa avviene dopo la domanda del bonus sanificazione?

Dopo aver inviato la domanda per il bonus sanificazione, l’Agenzia delle entrate rilascerà la ricevuta di presa in carico dell’istanza entro cinque giorni. La domanda può essere anche scartata: in tal caso l’Amministrazione segnala la motivazione della bocciatura.

Come utilizzare il credito di imposta del bonus sanificazione?

Il credito di imposta maturato per il bonus sanificazione può essere utilizzato nella dichiarazione dei redditi. Bisogna far riferimento, in questo caso, al periodo di imposta nel quale si sono sostenute le spese oggetto del rimborso. Si può anche procedere con la compensazione. In tal caso è necessario presentare il modello F24 all’Agenzia delle entrate, esclusivamente per via telematica.

Risposta Agenzia delle entrate alla domanda di bonus sanificazione

Al termine del periodo di invio delle domande, l’Agenzia delle entrate determinerà e darà risposta, con provvedimento ad hoc, la quota percentuale dei crediti d’imposta effettivamente fruibili, in relazione alle risorse disponibili. La sufficienza delle risorse disponibili dipenderà dalla quantità di domande.

Superbonus 110%, cessione del credito e sconto in fattura anziché le detrazioni fiscali

Nelle modalità di utilizzo del superbonus 110% non rientrano solo le detrazioni di imposta sui lavori edili. Sono previste dalla legge due importanti modalità alternative, ovvero la cessione del credito e lo sconto in fattura. Entrambi permettono ad esempio agli incapienti, ovvero ai contribuenti che hanno un’imposta lorda che non permette di avvalersi delle detrazioni fiscali, di poter utilizzare il superbonus con benefici alternativi.

Superbonus 110%, come beneficiare dello sconto in fattura

All’articolo 121 del decreto legge numero 34 del 2020 è previsto che i contribuenti che nel 2020 e nel 2021 sostengano spese per gli interventi rientranti nel superbonus 110% possano ricorrere allo sconto in fattura o alla cessione del credito. Lo sconto in fattura è previsto dal comma 1 della lettera a). L’articolo prevede che il contributo sia ottenuto “sotto forma di sconto sul corrispettivo fino a un importo massimo pari al corrispettivo dovuto”. Tale corrispettivo è anticipato dal fornitore che ha effettuato i lavori. Quest’ultimo può recuperare il corrispettivo stesso attraverso il credito d’imposta. Tuttavia, anche il fornitore ha la possibilità, successiva, di cedere il proprio credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

Cessione del credito nel superbonus 110%

Lo strumento della cessione del credito per i lavori rientranti nel superbonus 110% è previsto dalla leggera b) del comma 1 dell’articolo 121. In particolare, l’articolo prevede che “la trasformazione del corrispondente importo in credito di imposta, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e altri intermediari finanziari”.

Superbonus 110% e stato di avanzamento degli interventi

Le due opzioni possono essere esercitate in relazione a ciascuno stato di avanzamento degli interventi. Tuttavia va precisato che per i lavori che beneficiano del superbonus 110% gli stati di avanzamento possono essere al massimo due per ciascun intervento complessivo. Inoltre, ciascuno stato di avanzamento degli interventi deve far riferimento a non meno del 30% del medesimo lavoro.

Per quali interventi si può beneficiare dello sconto in fattura o cessione del credito?

Gli interventi per i quali si può richiedere lo sconto in fattura o la cessione del credito nell’ambito dei vantaggi fiscali del superbonus 110% riguardano:

  • il recupero del patrimonio edilizio previsto dal comma 1, lettere a) e b) dell’articolo 16 bis del Decreto del Presidente della Repubblica numero 917 del 1986;
  • gli interventi di efficienza energetica;
  • l’adozione delle misure antisismiche;
  • il recupero o il restauro della facciata degli edifici esistente, ovvero gli interventi previsti dal cosiddetto “bonus facciate”;
  • l’installazione degli impianti fotovoltaici per la produzione dell’energia elettrica;
  • l’installazione delle colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici;
  • l’eliminazione delle barriere architettoniche. Quest’ultima possibilità non è prevista dalla normativa ma concessa, in via interpretativa, dall’Agenzia delle entrate.

Calcolo del credito d’imposta nello sconto in fattura

Nel caso in cui si voglia beneficiare dello sconto in fattura, il credito di imposta si calcola sull’importo dello sconto applicato. Conseguentemente, lo sconto applicato sarà equivalente al credito acquisito. Nello sconto in fattura, come precisa l’Agenzia delle entrate con il provvedimento numero 283847 del 2020, “l’importo della detrazione spettante è calcolato tenendo conto delle spese complessivamente sostenute nel periodo d’imposta, comprensive dell’importo non corrisposto al fornitore per effetto dello sconto praticato. In presenza di diversi fornitori per il medesimo intervento, la detrazione spettante è commisurata all’importo complessivo delle spese sostenute nel periodo d’imposta nei confronti di ciascuno di essi”.

A quanto ammonta il credito di imposta dello sconto in fattura nel superbonus 110%?

La stessa Agenzia delle entrate, nella circolare 24/E del 2020, ha specificato anche a quanto ammonta il credito di imposta derivante dalla cessione del credito. Infatti, “nel caso in cui il contribuente sostenga una spesa pari a 30.000 euro alla quale corrisponde una detrazione pari a 33.000 euro (110 per cento), a fronte dello sconto applicato in fattura pari a 30.000 euro, il fornitore maturerà un credito d’imposta pari a 33.000 euro”.

Credito di imposta e sconto parziale in fattura del fornitore

La stessa circolare dell’Agenzia delle entrate prende in esame anche il caso in cui il fornitore applichi uno sconto “parziale”. In questo caso, il credito d’imposta è calcolato sull’importo dello sconto applicato. Ciò comporta, in sostanza, che se a fronte di una spesa di 30.000 euro, il fornitore applica uno sconto pari a 10.000 euro, lo stesso maturerà un credito d’imposta pari a 11.000 euro. Il contribuente potrà far valere in dichiarazione una detrazione pari a 22.000 euro (110 per cento di 20.000 euro rimasti a carico) o, in alternativa, potrà optare per la cessione del credito corrispondente a tale importo rimasto a carico ad altri soggetti, inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari.

Calcolo della cessione del credito nel superbonus 110%

Nel caso della cessione del credito ai fini del superbonus 110% possono esserci diverse pattuizioni. Ciò significa che la cessione può essere effettuata dal titolare della detrazione fiscale anche a un prezzo inferiore rispetto al valore nominale delle detrazione stessa. Ad esempio, se il lavoro ai fini del superbonus comportasse una spesa di 100, con detrazione ammessa di 110, la cessione del credito potrebbe avvenire anche al prezzo di 90 o inferiore.

Sconto in fattura o cessione del credito, quale conviene di più?

Mentre per chi chiede lo svolgimento dei lavori potrebbe essere più conveniente lo sconto in fattura, dal punto di vista del fornitore questo istituto potrebbe risultare meno appetibile rispetto alla cessione del credito. Questo avviene perché il fornitore, ovvero colui che svolge l’intervento previsto nel superbonus 110%, a sua volta dovrà quasi sicuramente cedere il credito maturato, ovvero lo sconto concesso in fattura, per non incorrere in squilibri finanziari. Di conseguenza, si allungherebbero i passaggi del credito con maggiori oneri e contrattazioni per il fornitore.

Come può utilizzare il credito chi ha acquisito il beneficio?

Chi maturi il diritto alla detrazione ha un credito di imposta che può essere ceduto. L’acquirente, o l’azienda che applica lo sconto in fattura, può scegliere:

  • di utilizzare il credito di imposta in compensazione secondo quanto prevede l’articolo 17 del decreto legislativo numero 241 del 1997;
  • monetizzare a pronti il credito d’imposta facendo, a sua volta, la cessione del credito a terzi.

 

Quando è inefficace la cessione del credito da bonus fiscali?

La cessione del credito da bonus fiscali rappresenta una scelta che molti cittadini in Italia fanno al fine di beneficiare delle agevolazioni che sono previste per i lavori edilizi e non solo. Per esempio, attualmente ci sono i bonus fiscali per i lavori di recupero del patrimonio edilizio e per gli interventi che sono finalizzati all’incremento dell’efficienza energetica con l’ecobonus e con il più recente superbonus 110%.

Così come c’è pure il cosiddetto sismabonus, il bonus facciate e gli sconti di imposta che sono previsti pure per l’installazione di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici e per l’installazione di impianti solari fotovoltaici. Per questi bonus fiscali il contribuente può optare per la detrazione in sede di dichiarazione dei redditi, oppure cedere il credito e, almeno sulla carta, sfruttare il bonus subito senza attendere cinque anni così come è previsto, per esempio, per il superbonus 110%. Pur tuttavia, quando è inefficace la cessione del credito? O quando comunque a conti fatti non conviene?

Cessione del credito da bonus fiscali, ecco gli aspetti da valutare con attenzione

La domanda è d’obbligo in quanto sulla cessione del credito bisogna fare attenzione a tutti i costi ed alle spese che sono connesse all’operazione. Per il credito fiscale legato ai bonus di Stato, infatti, si parla di cessione del credito al miglior offerente, ovverosia alla banca che offra per la cessione un credito reale quanto più possibile vicino a quello nominale. Sul credito che si vuole cedere, infatti, l’istituto di credito applicherà sempre una percentuale di sconto, e nella maggioranza dei casi applicherà pure delle spese sia per l’istruttoria, sia per la gestione della pratica.

Di conseguenza, prima di valutare la cessione del credito è bene farsi quattro conti andando peraltro a valutare ed a stimare la capienza fiscale che è attesa per i prossimi anni. E questo perché, avendo capienza fiscale, il credito fiscale spalmato su più anni si recupera tutto pagando meno tasse, mentre con la cessione a terzi, ovverosia ad una banca, l’istituto di credito potrebbe anche consigliare, se non imporre, pure l’apertura di un conto corrente connesso e dedicato all’operazione.

Come evitare che la cessione del credito fiscale sia poco vantaggiosa

Per evitare che la cessione del credito fiscale sia inefficace, o che comunque sia a conti fatti poco vantaggiosa, si può optare per la cessione parziale. In questo modo una quota del bonus fiscale si incasserà subito, e la rimanenza si potrà andare anno dopo anno a scalare dalle tasse da pagare in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Se tra lo sconto applicato dalla banca, ed i costi di istruttoria e di gestione della pratica, la cessione del credito è davvero poco vantaggiosa, allora in alternativa si potrebbe optare per l’accesso ad un finanziamento che, considerando che attualmente i tassi di interesse sono bassi, potrebbe paradossalmente rivelarsi più vantaggioso. In questo modo, ripartito in 5 anni a patto di avere capienza fiscale, il credito di imposta anziché cederlo potrà essere pienamente scontato in dichiarazione dei redditi. E nel frattempo, grazie al finanziamento, il contribuente avrà la liquidità necessaria per coprire il costo dei lavori.

Chi è incapiente può cedere il credito?

Gli incapienti, ovverosia i contribuenti che sono senza reddito da dichiarare al Fisco, o che comunque hanno da dichiarare redditi troppo bassi, sono generalmente tagliati fuori dalla possibilità di andare a scaricare le spese sostenute nell’anno di imposta di riferimento. Ovverosia, non possono beneficiare delle deduzioni e delle detrazioni fiscali. Pur tuttavia, in casi particolari, il credito di imposta maturato ai sensi della normativa fiscale vigente si può recuperare pure se si rientra nella categoria dei contribuenti incapienti.

Ecco quando chi è incapiente può cedere il credito fiscale di cui si ha diritto

Tra gli sconti fiscali che sono accessibili tramite la cessione del credito anche agli incapienti, e quindi pure ai contribuenti senza IRPEF, spicca il cosiddetto superbonus 110%. E lo stesso dicasi pure per gli altri sconti fiscali che sono previsti per i lavori di edilizia agevolati dallo Stato italiano. Dall’ecobonus al cosiddetto sismabonus, e fino ad arrivare al bonus facciate.

Al riguardo il Fisco ha precisato che, al posto di accedere alle detrazioni fiscali attraverso la dichiarazione dei redditi, i contribuenti incapienti possono accedere all’opzione ed alla modalità alternativa della cessione dei credito in quanto risulta essere titolare di un reddito fondiario.

Ovverosia, in qualità di proprietario della casa dove vengono effettuati i lavori rientranti nei bonus fiscali edilizi, a partire proprio dal superbonus 110%, risulta essere titolare di una rendita catastale che, pur non essendo soggetta ad imposta sul reddito delle persone fisiche, concorre comunque alla formazione del reddito complessivo del contribuente.

In che modo si può cedere il credito di imposta anche parzialmente

Quando la normativa fiscale lo prevede, il credito di imposta maturato, anche quando il contribuente non è incapiente, può essere sempre ceduto a terzi in alternativa alla detrazione fiscale in dichiarazione. E per questo, per esempio per il superbonus 110%, il contribuente ha la facoltà di cedere il credito di imposta totalmente oppure parzialmente secondo delle percentuali che sono libere. In tal caso una parte del credito fiscale sarà ceduta, e la rimanenza si andrà ad utilizzare in compensazione con i propri debiti fiscali in sede di dichiarazione dei redditi.

La cessione parziale del credito, in particolare, è vantaggiosa quando il contribuente ha da un lato capienza fiscale, ma dall’altro stima che questa non sia sufficiente per andare a scontare pienamente il bonus ripartito in cinque anni fiscali e diviso in cinque parti uguali. La quota annuale di credito di imposta maturato, infatti, deve essere utilizzata totalmente nella dichiarazione dei redditi, altrimenti poi viene persa.

Per esempio, se con il superbonus 110% il contribuente matura un credito di imposta che è pari a 50.000 euro, ed è incapiente, allora la cessione totale del credito sarà la strada obbligata per non perdere interamente l’agevolazione che è chiaramente cospicua. Chi ha la capienza fiscale ma non ha redditi alti, invece, può per esempio optare per 25.000 euro di cessione del credito. Mentre con i restanti 25.000 euro la detrazione fiscale da sfruttare in compensazione sui debiti fiscali, in sede di dichiarazione dei redditi, sarà pari a 5.000 euro annuali per 5 anni.

“Caro” nuovo Governo… di uno stato liberale

Nuova tornata elettorale, nuovo governo, nuove richieste. Oppure no? Imprese e liberi professionisti cosa dovranno aspettarsi dall’esecutivo scelto dalle elezioni politiche 2013?

In queste ore gli italiani sono chiamati al voto per esprimere una preferenza, eppure c’è chi non sta a guardare e sa già cosa ci vorrebbe per far ripartire il motore della piccola impresa e quindi della grande economia italiana.

Anche Riccardo Alemanno, Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT), ha le idee chiare.

Quali sono, a suo parere, le tre priorità che dovrà affrontare il nuovo governo per rilanciare domanda e consumi?
Recentemente ho postato una citazione di Benedetto Croce sulla mia pagina Facebook che potrei definire la priorità delle priorità: “Non abbiamo bisogno di chissà quali grandi cose o chissà quali grandi uomini. Abbiamo solo bisogno di più gente onesta.”
Tornando alla domanda e precisando che le priorità sono talmente tante che sceglierne tre è estremamente difficile, si potrebbe iniziare da queste:

  1. la prima azione deve essere nei confronti delle famiglie ovvero ridurre il carico fiscale ed aumentare le detrazioni per i familiari a carico, ciò, oltre ad essere socialmente giusto, libererebbe risorse che potrebbero contribuire fortemente al rilancio della domanda di beni e servizi. Le risorse finanziarie necessarie dovrebbero essere costituite, da una parte, dei proventi derivanti dalla lotta all’evasione (che sarebbe pertanto maggiormente supportata dal cittadino), dall’altra dei tagli concreti agli sprechi della spesa pubblica (sarebbe sbagliato tagliare la spesa pubblica in modo lineare);
  2. la seconda azione è quella di ridurre il costo del lavoro per imprese e professionisti. Oggi questo ha due effetti negativi: l’aumento dei costi di beni e servizi, uno stallo nelle assunzioni;
  3. la terza è un intervento forte e concreto di sburocratizzazione e semplificazione degli adempimenti per i cittadini, attualmente invece il nostro Paese sta andando nella direzione diametralmente opposta: addirittura si arriva al paradosso che quando si parla a livello legislativo di “semplificare”, in realtà, spesso, si creano ulteriori complicazioni.

Quali sono, invece, le politiche che dovrà mettere in campo per dare sostegno a imprese e professionisti, strozzati dalla crisi?
Per prima cosa si dovrebbe partire dal principio che imprese e professionisti (tutti ordinistici ed associativi) sono entrambi soggetti che lavorano e danno lavoro. Pertanto gli incentivi ed i sostegni non devono creare differenze tra le due tipologie di soggetti, troppo spesso i professionisti sono stati esclusi da leggi di incentivazione e sostegno. Ciò detto, tenendo conto che stiamo vivendo un periodo di crisi profonda, un intervento a costo zero e da perseguire da subito è quella della certezza della norma: nel nostro Paese troppo spesso vengono emanate norme che poi hanno necessità di mesi di studio e di chiarimenti per la loro corretta applicazione. Nel settore tributario ciò è all’ordine del giorno. Tali difficoltà si traducono poi in costi ed in rischi sanzionatori molto elevati. Inoltre, sia per i professionisti che per le imprese, bisogna rivedere la possibilità di detrarre totalmente i costi legati all’attività: negli anni la detrazione di molti costi è stata via via ridotta percentualmente con il conseguente aumento di una base imponibile più elevata (spesso non reale) e quindi con l’aumento della tassazione. In particolare, per i professionisti dell’area economica che svolgono funzione di intermediari fiscali tra il cittadino e lo Stato, svolgendo tale compito sempre con supporti e sistemi telematici, sarebbe importante riconoscere un credito di imposta sui costi di aggiornamento software ed hardware che ogni anno crescono di importo e che oggi pesano enormemente sui bilanci degli studi professionali.

Per parte vostra, quali saranno le prime istanze che porterete al nuovo esecutivo?
La revisione degli obblighi contributivi dei professionisti privi di cassa autonoma ed obbligati all’iscrizione nel fondo di gestione separata dell’Inps, l’aliquota pagata da tali soggetti va oltre il 27% la più elevata rispetto alle altre categorie del mondo professionale.
Ricordare che, oggi anche ai sensi della Legge 4/2013, il settore professionale in Italia è composto dalle professioni organizzate in ordini e da quelle organizzate in associazioni, quando si vara un norma innovativa per il mondo professionale o dove i professionisti sono coinvolti tenere conto di ciò. Al nuovo esecutivo presenteremo istanza sulla modifica delle STP che devono tenere conto di ciò.
Riprendere il lavoro interrotto sulla riforma fiscale, la Legge delega approvata è solo un contenitore, noi vogliamo contenuti.

Qual è l’errore più grave commesso dai precedenti governi che non volete venga più commesso dall’esecutivo che verrà?
Errori ne sono stati commessi molti da tanti, se non da tutti, ma con i “se” ed i “ma” non si va da nessuna parte. Mi auguro che il prossimo Governo sia dialogante con le categorie interessate al Bene comune, meno accondiscendente con quelle che pensano solo agli interessi corporativi. E non mi riferisco al solo mondo delle professioni.
Se mi permette, come ho iniziato, vorrei concludere con una citazione questa volta di Luigi Einaudi dal saggio del 1938, Miti e paradossi della giustizia tributaria: “In uno stato liberale si deve sempre tenere presente il punto critico al di là del quale l’imposta, crescendo ancora, deprimerebbe l’interesse a risparmiare e l’interesse alle nuove iniziative”. L’attualità di questa citazione del ’38 rende la citazione ancora più, per dirla alla Crozza-Conte, agghiacciante.

Paola PERFETTI

Credito d’imposta per le attività di ricerca appaltate ad università ed enti di ricerca

Per incentivare le imprese a realizzare innovazioni di prodotto o di processo, il Decreto Legge Sviluppo ha reintrodotto il credito d’imposta, relativo ad attività di ricerca appaltate ad università ed enti di ricerca.

I beneficiari possono essere imprese di qualsiasi dimensione di tutto il territorio nazionale e possono accedere all’incentivo se esternalizzano le spese di ricerca affidandole a:
– università,
– stituti di ricerca (statali e non)
– enti pubblici di ricerca,
– Asl e organismi di ricerca,
– istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs).

Il bonus fiscale spetterà per gli investimenti in ricerca sostenuti nel corso dei periodi di imposta 2011 e 2012, purché “incrementali” rispetto alla media delle stesse spese sostenute nel triennio 2008-2010.

La fruizione potrà avvenire in tre tranche annuali (di pari importo) a decorrere da ciascuno degli anni 2011 e 2012. In ogni caso – assicura la norma stessa – l’investimento nei progetti di ricerca beneficiari del bonus rimane integralmente deducibile dall’imponibile delle imprese.

Credito di imposta per investimenti al Sud

E’ nuovamente accessibile il credito di imposta per l’acquisto di impianti emacchinari destinati a strutture produttive ubicate nelle regioni del Sud Italia.

Potranno beneficiare dell’incentivo i soggetti titolari di reddito di impresa (articolo 55 del Tuir). Sono agevolabili anche le attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (di cui all’allegato I del Trattato Ue), purché non esercitate da imprenditori agricoli, e il settore della pesca.
Sono confermate le categorie di beni finanziabili: deve ritenersi agevolabile esclusivamente l’acquisto di beni, materiali e immateriali ammortizzabili, a norma degli articoli 102, 102-bis e 103 del Tuir.

La norma istitutiva individua come tali i macchinari, gli impianti (diversi da quelli infissi al suolo) e le attrezzature varie, i programmi informatici (limitatamente alle Pmi) e i brevetti concernenti nuove tecnologie di prodotti e processi produttivi (per le grandi imprese sono ammessi nel limite del 50% del totale degli investimenti agevolabili). Essendo l’elenco tassativo, sono esclusi i cespiti classificabili in voci di bilancio diverse (come gli immobili e gli autoveicoli).

Laura LESEVRE