Merito creditizio: cos’è, come si calcola e perché è importante

Più volte nell’affrontare le varie tematiche legate agli investimenti che le aziende hanno bisogno di fare per restare competitive sul mercato, abbiamo sottolineato che per loro è di vitale importanza avere accesso al credito. Abbiamo più volte sottolineato che in alcuni casi è possibile contare sulla garanzia dello Stato o di specifici fondi, ad esempio quelli Invitalia, per avere l’accesso al credito. A questo proposito occorre quindi chiudere il cerchio parlando del merito creditizio, infatti spesso le imprese vedono i loro progetti volatilizzarsi proprio perché non riescono ad accedere al credito. Dobbiamo quindi capire di cosa si tratta esattamente e come viene valutato dalle banche.

La disciplina sul merito creditizio

In linea generale occorre ricordare che, sebbene le banche siano soggetti privati, e di conseguenza hanno una certa autonomia di scelta, vi sono delle regole da rispettare. In primo luogo è necessario citare l’articolo 5 del TUB (Testo Unico Bancario), questo stabilisce che le banche hanno la responsabilità di una corretta erogazione del credito tenendo in considerazione non solo le esigenze dell’utenza, ma anche quelle delle imprese che si trovano inserite nel sistema. Inoltre le norme europee prevedono che le banche non assumano crediti eccessivamente rischiosi. Queste norme sono dettate per mantenere in equilibrio il mercato del denaro, anche tenendo in considerazione quello che è successo nel 2008 con i subprime e che ha scatenato una crisi economica globale.

In Italia a queste disposizioni si aggiungono le fonti normative secondarie dettate dall’Autorità Bancaria Europea (ABE), dalla BCE e dalla Banca d’Italia, le quali sottolineano la necessità per ogni banca di dotarsi di un regolamento sul merito creditizio in modo da evitare un’eccessiva personalizzazione dei servizi offerti.

Merito creditizio ed esposizione finanziaria della banca

Occorre sottolineare che quando una banca rifiuta un prestito non è detto che sia per un rating negativo del richiedente, infatti può essere dovuto anche a un’eccessiva esposizione della banca stessa, ecco perché è bene sempre andare a fondo e magari chiedere a un’altra banca. Inoltre il cliente ha sempre la facoltà di chiedere le motivazioni del rifiuto. Ci sono inoltre state pronunce della Corte di Cassazione che hanno sottolineato che un eventuale rifiuto della banca di motivare il diniego del prestito, potrebbe esporla a un’azione risarcitoria per violazione dell’obbligo di buona fede. Il cliente potrebbe inoltre chiedere la restituzione delle somme spese per la perizia tecnica realizzata su un eventuale bene da porre a garanzia.

Criteri per la valutazione del merito creditizio

Ritornando ai criteri con cui si valuta il merito creditizio.

Con il merito creditizio si valuta l’affidabilità economico -finanziaria di un soggetto che appunto richiede un prestito e viene comunemente espresso anche in forma di tasso di interesse, cioè la banca o istituto di credito determina quanto è rischioso prestare del denaro a un soggetto e più elevato è il rischio più alto è il tasso di interesse.

La prima cosa che la banca tiene in considerazione quando un imprenditore chiede un prestito è il flusso di reddito prodotto dallo stesso, si procede quindi alla valutazione dell’indebitamento pregresso, infatti una persona che ha già dei debiti avrà maggiore difficoltà a pagare quelli nuovi. Si passa quindi al vaglio anche degli insoluti pregressi, quindi debiti non estinti. Tra gli elementi tenuti in considerazione c’è anche il godimento di fonti finanziarie alternative e la possibilità che queste permangano nella disponibilità del richiedente per un lasso di tempo sufficientemente elevato. Vengono inoltre sottoposte a giudizio le garanzie che può offrire il richiedente. Questi sono solo i parametri principali, di fatto vi è un calcolo complesso che mira a determinare la solvibilità del richiedente.

Si è visto in precedenza che in caso di rifiuto immotivato la banca potrebbe essere esposta a pretese risarcitorie, in realtà queste possono sussistere anche nel caso in cui abbia valutato con superficialità il merito creditizio. Ad esempio la Corte di Cassazione con la sentenza 17268/2017 ha condannato la banca a risarcire il cliente in quanto aveva erogato un credito anche se la società si trovava in una situazione economico finanziaria che in realtà non consentiva tale concessione.

Il rating: classificazione

Il rating o merito creditizio si cataloga con una specifica graduatoria di cui spesso abbiamo sentito parlare anche in riferimento agli Stati la stessa prevede:

  • Tripla A elevata sicurezza;
  • AA sicurezza;
  • A ampia solvibilità;
  • BBB solvibilità;
  • BB vulnerabilità;
  • B elevata vulnerabilità;
  • Tripla C rischio;
  • Doppia C Elevato rischio;
  • C rischio molto elevato.

Tra le misure che agevolano l’accesso al credito è possibile ricordare: Fondo Nazionale Innovazione per supportare start up innovative

Dal MISE in arrivo 45 milioni di euro per innovazione tecnologica

 

 

Cosa significa rapporti non contestati?

Nella Centrale dei Rischi della Banca d’Italia i dati e le informazioni che sono raccolte sono soggette ad una classificazione. Sulla base di un modello di rilevazione dei rischi, infatti, in CR emergono quelli che, per i crediti, sono i rapporti tra l’intermediario segnalante, che può essere una banca oppure una società finanziaria, ed il soggetto segnalato che, per esempio, può essere un privato cittadino oppure una piccola o media impresa.

Ecco cosa significa rapporti non contestati per i crediti in Centrale Rischi

In queste categorie di censimento possono rientrare pure i cosiddetti rapporti non contestati. Ma cosa sono i rapporti non contestati, e cosa significa? Al riguardo c’è da dire, in linea generale, che i rapporti si definiscono non contestati quando per questi, ai fini della risoluzione delle controversie, non c’è stato alcun intervento da parte di un’autorità giudiziaria al fine di dirimere la lite.

Riferito al credito, quindi, il rapporto non contestato è tale che il credito dovrebbe essere o comunque in Centrale dei Rischi è ritenuto essere esigibile. O quantomeno non ci sono informazioni tali per cui si possa ritenere che il credito, per esempio, possa essere invece in sofferenza o addirittura è passato a perdita.

L’importanza di rapporti non contestati per i privati e per le imprese

La presenza di rapporti non contestati è importante per un privato che, nell’accedere al credito, paga puntualmente le rate dei mutui, dei prestiti e dei finanziamenti. Ed è altrettanto importante per un’azienda. E questo perché, se in Centrale Rischi sono presenti dei rapporti contestati, allora per esempio l’impresa potrebbe avere non pochi problemi per le operazioni di finanza straordinaria.

Dalla cessione di asset all’ingresso di nuovi soci, e passando anche per la stipula di importanti partnership a livello commerciale. E questo perché, per i soggetti terzi che vogliono vederci chiaro prima di investire in un’azienda, la presenza di rapporti non contestati in Centrale dei Rischi è fondamentale per accertare che l’impresa sia davvero solida a livello creditizio.

La verifica dei rapporti non contestati in Centrale dei Rischi

La dicitura ‘rapporto non contestato, accedendo al database in Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, equivale ad un rapporto che risulta essere segnalato come un credito di cassa che è regolare, e quindi è tale che per questo non sono state rilevate e verificate delle inadempienze. In caso contrario, se il rapporto è invece contestato, allora può scattare la segnalazione di credito di dubbia riscossione già a partire da una soglia di soli 250 euro se il credito rientra tra quelli in sofferenza.

La cadenza della raccolta delle informazioni, nella Centrale dei Rischi che è gestita dalla Banca d’Italia, è mensile. Questi dati poi, sempre da parte della Banca d’Italia, vengono resi accessibili agli intermediari creditizi. Con questi ultimi che, di conseguenza, avranno sempre una conoscenza aggiornata e puntuale dell’indebitamento e del merito creditizio dei loro clienti includendo pure la regolarità o meno dei loro pagamenti. Ecco perché chi non ha segnalazioni negative in Centrale dei Rischi riesce ad ottenere un mutuo o un prestito più facilmente.

Che cosa sono i crediti in sofferenza?

Oggi, in una situazione di sofferenza generale per il paese, dovuta dalla crisi pandemica, da cui appena si intravede una via di uscita, andremo a scoprire di cosa si parla quando si fa riferimento ai crediti in sofferenza.

Crediti in sofferenza, di cosa si tratta

Oggi andiamo ad addentrarci in situazioni bancarie per molti astruse. In una situazione economica, psicologica e sociologica poco agevole per il nostro paese (e per tanti altri paesi), molti si chiedono cosa siano i crediti in sofferenza. Scopriamolo assieme.

Partiamo col capire che il credito bancario nasce da tre diverse situazioni: Un contratto, ad esempio di finanziamento stipulato tra un soggetto che vuole acquistare dei beni ma non ha il denaro necessario e una finanziaria che è in grado di prestare il denaro.

Ma cosa è, in questo caso, un credito in sofferenza?

crediti in sofferenza sono, in pratica, quei crediti bancari la cui riscossione non è certa (per le banche e gli intermediari finanziari che hanno erogato il finanziamento), poiché i soggetti debitori si trovano in stato d’insolvenza (anche non accertato giudizialmente) o in situazioni sostanzialmente equiparabili.

Quindi si può ben dire che un debito bancario viene definito in sofferenza quando la riscossione da parte della banca non è sicura, per una situazione di insolvenza del cliente.

Come cancellare crediti in sofferenza

Ma la domanda che può arrovella le menti di coloro che sono in sofferenza (bancaria, in questo caso) è ben precisa. Ovvero come si possono cancellare i crediti in sofferenza?

La risposta a questa annosa e sofferente questione è, banalmente, presto detta. In sostanza, se non si presentano gli estremi, ma la banca segnala comunque la sofferenza bancaria, il cliente può ricorrere al tribunale in sede cautelare con un ricorso d’urgenza. In questo modo, il cliente potrebbe ottenere la cancellazione dello stato di sofferenza e della segnalazione alla Centrale Rischi.

E allora, i più sofferenti si chiederanno, ma come fare nel caso fosse arrivata la segnalazione alla Centrale Rischi?

Per sopperire a tale rischio e limare la sofferenza, il cliente ha una sola soluzione. Per richiedere la cancellazione potrà utilizzare il modulo online sul sito del CRIF e dovrà inviarlo via mail, fax o posta alla società. Il CRIF ha il dovere di effettuare la cancellazione dei dati che risultino positivi entro 90 giorni dalla tua richiesta.

Ma quanto dura la sofferenza?

Molti si chiedono quando poter mettere fine a questa sofferenza bancaria, attraverso l’impiego del CRIF.

In sostanza, possiamo dire che varia la durata della risoluzione della sofferenza previa segnalazione al Crif a seconda della gravità del ritardo. Ovvero, avremo un periodo di 12 mesi per ritardi relativi a 1 o 2 rate. Mentre un periodo di 24 mesi per ritardi relativi a 3 o più rate.

Per quanto riguarda invece la sofferenza segnalata alla Centrale Rischi abbiamo un altro quadro di sofferenza. Quindi, ad esempio la sofferenza in Centrale Rischi di Banca d’Italia dura finché il debito non è estinto o prescritto. I crediti della banca si prescrivono, di regola, entro 10 anni. Il termine decorre dalla chiusura del rapporto col cliente.

Questo è quanto vi fosse di più necessario ed immediato da sapere per poter mettere fine una volta per tutte alle vostre sofferenze bancarie.

Che significa crediti passati a perdita?

Quando la riscossione dei crediti non è certa, da parte di banche e società finanziarie, questi vengono definiti come crediti in sofferenza. E questo quando il debitore si trova in una situazione tale da non poter onorare gli impegni presi contrattualmente, per esempio, con la stipula di un mutuo o con l’accensione di un prestito.

Quando invece i crediti già in sofferenza non sono più recuperabili, allora si utilizza un’altra definizione. In tal caso, infatti, si parlerà di crediti passati a perdita. Ecco allora quali sono tutti gli aspetti e le caratteristiche per i crediti passati a perdita, cosa succede e quali sono i rischi e le conseguenze per chi ha concesso il credito, e per chi invece non è riuscito a pagare il debito in tutto o magari solo in parte.

Cosa succede e che fine fanno i crediti che sono passati a perdita?

Quando il credito da in sofferenza passa a perdita, questo significa che l’intermediario, la banca o la società finanziaria, non è più in grado di recuperarlo. Con la conseguenza che, tecnicamente, il rapporto di credito tra le parti, ovverosia tra chi ha concesso il credito e chi lo ha ricevuto, si estingue in maniera anomala.

E questo perché la banca o la società finanziaria dall’operazione ha subito una perdita, mentre per chi ha ricevuto il credito, senza ripagare il debito, in futuro sarà difficile se non impossibile, specie nel breve termine, riuscire ad accedere di nuovo al credito attraverso la stipula di mutui, di prestiti e di finanziamenti spesso anche se questi risultano essere coperti da garanzie reali.

Incubo Centrale dei Rischi per le famiglie e per le imprese insolventi

Quando le famiglie e le imprese sono insolventi, o comunque il credito loro concesso non è passato a perdita, ma è in sofferenza e quindi solo di dubbia riscossione, scatterà inevitabile e inesorabile la segnalazione e l’inserimento nella CR, ovverosia nella Centrale dei Rischi che è una base di dati che è gestita dalla Banca d’Italia.

La base di dati, in particolare, è alimentata proprio dalle banche e dalle società finanziarie. Ma quando un cliente che accede al credito è segnalato nella CR? Al riguardo c’è da dire che la segnalazione in Centrale Rischi scatta solo quando l’importo che il cliente deve restituire, sia questo un’impresa o un privato cittadino, risulta essere pari o superiore alla soglia dei 30.000 euro. Pur tuttavia, se il credito concesso al cliente è in sofferenza, allora la soglia di segnalazione nella Centrale dei Rischi crolla ad appena 250 euro.

E se il cliente bancario, pur tuttavia, è segnalato in CR ritenendo che ci sia un errore, cosa fare? Al riguardo, in caso di problemi o di contestazioni relative proprio alla segnalazione nella Centrale dei Rischi, il cliente prima di tutto può inviare un reclamo direttamente all’intermediario bancario o finanziario. Ed eventualmente il cliente può pure rivolgersi al giudice ordinario, oppure può optare per sistemi di risoluzioni stragiudiziali delle controversie. E questo avviene, nel caso specifico, rivolgendosi all’ABF che è l’Arbitro Bancario Finanziario.

Imprese e le rinunce italiane


Lo sapete che dal 2007 ad oggi sono stati persi 4 milioni di euro al giorno nel settore delle imprese? Stiamo parlando ufficialmente della caduta degli investimenti, causata principalmente dall’assenza di risorse proprie e banche che non prestano più soldi.
La conferma arriva ufficialmente dal Centro Studi del Cna. Il 2007 è stato l’ultimo anno positivo prima dell’arrivo della fase recessiva, gli investimenti realizzati all’interno del sistema sono letteralmente precipitati a 38.768 milioni.
Questo significa che ogni giorno la spesa per investimenti si è ridotta di 3.7 milioni rispetto a quella del 2007. Le cause? Innumerevoli? Si parte con il crollo della domanda interna e da una parte della chiusura dei rubinetti per il settore creditizio.
Basti pensare che il costo del denaro per investimenti è aumentato del 30% in tre anni. Il confronto è stato reso possibile grazie ai tassi applicati dalle banche alle imprese per importi a revoca. Non è possibile andare avanti di questo passo, visto che si rischia di chiudere le piccole imprese artigianali.

Calano fiducia e ricavi per le pmi nel 2° trimestre

Nel secondo trimestre del 2012 il saldo tra giudizi positivi e negativi da parte degli imprenditori è salito a -71,1 rispetto a -63,4 del primo trimestre. Tra i meno fiduciosi ci sono gli operatori del commercio, dei servizi alle imprese e delle regioni del Mezzogiorno, con prospettive non positive anche per il terzo trimestre, soprattutto per quelle del Nord-Est. E’ quanto emerge dai dati del secondo trimestre 2012 dell’Osservatorio sul credito alle Pmi, presentato da Rete imprese Italia e Artigiancassa (Gruppo Bnp Paribas).

La presentazione è avvenuta in occasione della firma del protocollo d’intesa sulla realizzazione dell”Osservatorio nazionale sul credito delle pmi‘. Una rilevazione su base trimestrale voluta da Rete Imprese Italia e realizzata con Artigiancassa basandosi sulle indagini campionarie di Format Research e su dati di Bankitalia, Abi, InfoCamere e Istat. Il protocollo è stato firmato dal presidente di Rete Imprese Italia, Giorgio Guerrini, e dal direttore generale di Artigiancassa, Giuseppe Ienzi.

Secondo l’indagine, pur peggiorando il giudizio degli imprenditori per l’andamento della ‘propria impresa’ (i giudizi negativi aumentano a -44,4 da -31,3 del primo trimestre), le sole aziende artigiane riflettono invece una dinamica meno negativa, anche in relazione alle attese per il terzo trimestre dell’anno. Nell’attuale congiuntura, sono più preoccupati per l’andamento della propria azienda gli imprenditori dei servizi alle imprese, delle costruzioni e quelli che operano nel Mezzogiorno, sebbene, tale territorio sia l’unico che si attende un lieve miglioramento della fiducia nel prossimo trimestre, assieme alle imprese artigiane.

d.S.

Solo il 35% delle imprese sono autonome sul fabbisogno

Continua a diminuire la capacità delle imprese del terziario di far fronte al proprio fabbisogno finanziario. L’Osservatorio sul credito per le imprese del commercio, del turismo e dei servizi fa notare che nel secondo trimestre del 2012, fra aprile e giugno, soltanto il 35,7% delle imprese del commercio, del turismo e dei servizi ha dichiarato di non aver avuto difficoltà nel gestire le proprie necessità finanziarie mentre ben il 57,5% ha dichiarato di essere riuscita a fare fronte al proprio fabbisogno con qualche difficoltà o ritardo. Infine il 6,8% delle imprese non sono riuscite affatto a fare fronte al proprio fabbisogno finanziario.

I dati rivelano anche che resta ancora molto bassa la quota di imprese – una su cinque – che si è rivolta alle banche per chiedere un finanziamento; di queste, il 38,5% ha ottenuto il credito con ammontare pari o superiore alla richiesta, ma una quota non molto dissimile (circa il 36%) non si è vista soddisfare le proprie richieste (percentuale che arriva intorno al 50% per le imprese del Centro e del Mezzogiorno).

Tra le motivazioni che hanno spinto le imprese a chiedere un finanziamento, anche se sono in aumento le richieste per nuovi investimenti, la maggioranza delle imprese (quasi il 60%) si è rivolta alle banche per esigenze di liquidità o di cassa; qualche miglioramento, infine, viene percepito dalle imprese in riferimento al costo del finanziamento e delle ”altre condizioni”, alla durata temporale del credito e alle garanzie richieste da parte delle banche a copertura dei finanziamenti concessi. Insomma, permangono ancora forti elementi di criticità anche se i dati indicano una leggera tendenza al miglioramento delle condizioni di accesso al credito. Si tratta, comunque, segnala l’Osservatorio, “di segnali ancora timidi e bisognerà attendere i prossimi mesi per verificare l’inizio di una reale ed effettiva inversione di tendenza”.

Ottenere un credito è diventato un lusso

di Vera MORETTI

Tempi duri per le aziende anche quando si tratta di chiedere un credito: provvedere al proprio fabbisogno finanziario, infatti, anche nel primo trimestre del 2012 è impresa ardua.
Addirittura, per la prima volta dal 2008, la maggioranza delle imprese ottengono meno credito di quello richiesto o, nel 37% dei casi, non lo ottengono affatto, mentre solo il 34,2% ricevono il finanziamento richiesto.
Ad affermare di non poter far fronte al fabbisogno finanziario aziendale sono il 15,3% delle imprese, con picchi del 44,4% nel Mezzogiorno.

Sarà per questo che, a fare richiesta di credito nel trimestre solo il 18,7% delle imprese? Se consideriamo che, tra queste, una su cinque è ancora in attesa di risposta, si capisce che l’aria che tira, anche nelle banche, non è molto favorevole.

Da questo osservatorio, condotto da Confcommercio-Imprese per l’Italia, emerge il peggioramento del giudizio delle imprese per quanto concerne il costo dei finanziamenti, il costo delle cosiddette ”altre condizioni” e il costo dei servizi bancari.
Negativa anche la percezione riguardo alla durata temporale del credito e alle garanzie richieste da parte delle banche a copertura dei finanziamenti concessi.

Versione definitiva di “Iva Tr”

Approvata, con provvedimento direttoriale del 20 marzo, la versione definitiva di “Iva Tr”, da presentare per chiedere il rimborso o l’utilizzo in compensazione del credito Iva trimestrale, unitamente alle istruzioni e alle specifiche tecniche per la trasmissione dei dati. Il modello è disponibile sul sito dell’Agenzia e del Mef.

E’ prelevabile anche da altri siti internet, a patto che abbia le stesse caratteristiche tecniche di stampa e siano indicati il sito stesso e gli estremi del provvedimento.

La nuova versione del modello sostituisce quella approvata il 19 marzo 2009.

Le istanze di rimborso Iva, o di utilizzo in compensazione, vanno presentate entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre (articolo 8, Dpr 542/1999). La scadenza del primo appuntamento per il nuovo modello, dunque, è il 30 aprile (per le richieste relative al primo trimestre del 2012).

La trasmissione deve avvenire per via telematica, direttamente o tramite gli intermediari abilitati. Questi ultimi devono rilasciare al contribuente la richiesta di rimborso o di utilizzo in compensazione del credito Iva trimestrale, redatta su modelli conformi, per struttura e sequenza, a quelli approvati con il provvedimento.

Nel rigo “Ufficio competente” del frontespizio va indicato il codice dell’ufficio territorialmente competente, reperibile nel sito nel menu “contatti”. I soggetti non residenti, identificati direttamente in Italia, devono riportare il codice ufficio 250, relativo al Centro operativo di Pescara (provvedimento 30 dicembre 2005).

Fonte: fiscooggi.it

Il microcredito si tinge di rosa in Liguria

Fino a 15 mila euro di contributi per promuovere l’imprenditoria locale, sia supportando l’avvio di nuove attività sia concedendo finanziamenti alle imprese esistenti. La Liguria pensa in grande e soprattutto alle donne: i contributi messi a disposizione dalla Camera Commercio di La Spezia guardano infatti alle microimprese femminili ( alle quali sarà destinato il 51% dei finanziamenti) e alle start up avviate dagli under 35.

Il nuovo progetto di sostegno alle microimprese del territorio ligure si chiama“Microcredito”: i contributi camerali sono concessi in collaborazione con la società PerMicro S.p.a. specializzata in microcredito.

Requisiti di accesso

I finanziamenti sono destinati agli aspiranti imprenditori, purché disoccupati, lavoratori in Cig o mobilità, giovani di età inferiore ai 35 anni o donne, decisi ad avviare una nuova microimpresa, indipendentemente dal settore produttivo.
Nel caso di imprese già esistenti, per accedere al credito dovranno dimostrare di essere state costituite dopo il primo gennaio del 2011, e di avere sede nella provincia di La Spezia.

Modalità di finanziamento

I contributi messi a disposizione dalla Camera di Commercio di La Spezia e PerMicro S.p.a. potranno arrivare a coprire i costi di investimenti fino ad un massimo di 30 mila euro.
La richiesta di finanziamenti potrà variare da 3 mila euro fino a un massimo di 15 mila euro, unico vincolo: l’importo non dovrà superare il 50% della stima presentata nel piano di avvio della nuova microimpresa.
Non solo. La Camera di Commercio di La Spezia potrà concedere fino a 2 mila euro per abbattere i tassi di interesse.

Modalità di richiesta

Per tutte le microimprese o le aspiranti imprenditrici la richiesta di adesione al bando di finanziamento dovrà essere inoltrata entro il 6 aprile 2012 direttamente presso la sede della Camera di Commercio di La Spezia. Per scaricare la domanda di finanziamento è possibile accedere al sito della Camera di Commercio di La Spezia.