Bonus export digitale: contributi fino a 22.500 euro, presentazione domanda entro il 15 luglio

Il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e l’Agenzia Ice mettono a disposizione delle micro e piccole e medie imprese i contributi a fondo perduto per l’export digitale. L’obiettivo è quello di favorire lo sviluppo dell’attività di intermediazione delle imprese, organizzate anche in consorzi e reti. L’importo minimo dei contributi a fondo perduto è di 4 mila euro; quello massimo è di 22.500 euro.

Contributi a fondo perduto per l’export digitale: che cosa sono?

I contributi a fondo perduto per l’export digitale consistono in incentivi per acquistare soluzioni digitali che permettano alle imprese di incrementare il processo di internazionalizzazione. L’incentivo è pari a 4 mila euro al netto dell’Iva, per spese pari a 5 mila euro effettuate dalle micro imprese; gli aiuti salgono a 22.500 euro per i consorzi e le reti imprese sulle spese ammissibili.

Quali investimenti prevedono i contributi a fondo perduto dell’export digitale delle imprese?

Gli investimenti che si possono effettuare mediante i contributi a fondo perduto dell’export digitale consistono:

  • nel realizzare i siti di commercio elettronico o le applicazioni mobili;
  • nell’implementare strategie di comunicazione, di informazione e di promozione che consentano una presenza on line delle imprese più ampia;
  • nel fruire di servizi di consulenza relativi ai processi organizzativi e al capitale umano;
  • nel sottoscrivere abbonamenti alle piattaforme specializzate a gestire la visibilità e il content marketing.

Quali sono le imprese che possono richiedere i contributi a fondo perduto per l’export digitale?

Le imprese che possono richiedere i contributi a fondo perduto per l’export digitale sono:

  • le micro imprese (numero di dipendenti inferiori a dieci e fatturato non eccedente i 2 milioni di euro all’anno) e le imprese organizzate in reti e consorzi del manifatturiero, organizzate in società; ditte individuali; artigiani; consorzi; reti;
  • tra le micro imprese ammesse si indicano le industrie alimentari; le industrie di confezionamento di articoli di abbigliamento, di pelle e pelliccia; aziende per la fabbricazione dei prodotti in metallo; le imprese dei mobili e del legno; altre attività produttive come macchinari, apparecchiature, pelle, stampa, gomma, plastica, chimica, elettromedicali, elettronica e gioielli.

Come si presenta la domanda per il bonus export digitale?

La domanda del bonus export digitale deve essere presentata tramite la piattaforma messa a disposizione da Invitalia. Per l’accesso è necessario dotarsi di uno Spid. La sezione di riferimento è quella relativa alla misura del “Bonus per l’export digitale”. La prenotazione dei contributi a fondo perduto avviene in due momenti. Nel primo è necessario compilare la domanda dal 10 maggio al 15 luglio 2022; nel secondo l’impresa dovrà presentare la domanda vera e propria entro la stessa data di scadenza, ovvero il 15 luglio 2022.

Presentazione domanda contributi export digitale: di cosa c’è bisogno?

Per presentare domanda è dunque necessario avere:

  • lo Spid per l’identificazione e l’accesso alla piattaforma;
  • una casella di posta elettronica certificata (Pec) che sia attiva;
  • la firma digitale.

Infine, ogni micro impresa può presentare un’unica domanda, sia considerata singolarmente che come partner di reti di imprese o di consorzi.

 

RTI: la rivoluzione digitale va sostenuta da una formazione adeguata

Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato, intervenuto a nome di Rete Imprese Italia in occasione dell’Audizione promossa dalla Commissione Lavoro del Senato sull’impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale, ha dichiarato: “La quarta rivoluzione industriale impone una ‘rivoluzione’ anche delle politiche della formazione e del lavoro. Va costruita una ‘via italiana’ a Industria 4.0 che valorizzi le competenze e il saper fare delle persone, fattore chiave di competitività per le micro, piccole e medie imprese”.

Questo significa che, secondo Rete Imprese Italia, la rivoluzione digitale va gestita con misure legislative capaci di trasformarla in opportunità di lavoro sia indipendente sia dipendente, ma per farlo occorre che vengano sviluppate nuove politiche di istruzione e formazione continua per i giovani.

Per non perdere di vista gli obiettivi principali, dunque, la strada obbligata da percorrere è quella del sistema duale, che prevede da un lato l’attuazione dell’alternanza scuola-lavoro e dall’altra l’apprendistato di primo e terzo livello, che possono contribuire a superare il gap ancora esistente, e purtroppo molto profondo, tra scuola e mondo produttivo, fornendo così ai ragazzi che ne usufruiscono le giuste e dovute competenze richieste dalla rivoluzione digitale.

Non si tratta di un accompagnamento che deve interessare solo i ragazzi ma anche i lavoratori, che avranno necessariamente bisogno di formazione ed aggiornamenti continui, per essere all’altezza dei cambiamenti repentini delle tecnologie digitali.

Anche la contrattazione collettiva dovrà essere capace di governare e interpretare i cambiamenti tecnologici con maggiore flessibilità del rapporto di lavoro, con azioni finalizzate ad aumentare la produttività e con incentivi dei programmi di welfare contrattuale.

Vera MORETTI

Cloud computing sempre più diffuso tra micro e piccole imprese

Durante la Convention Servizi di Confartigianato, denominata BIT – Generation – sulla strada del digitale, tenutasi lo scorso 4 maggio, si è parlato delle tendenze offerte dal mercato in particolare dedicate alle micro e piccole imprese, con una attenzione specifica a domanda ed offerta di servizi determinata dalle tecnologie digitali.

Per le pmi, e per le micro imprese, l’esigenza di poter usufruire di servizi digitali competitivi, ma a basso costo, è molto sentita e, a questo proposito, il cloud computing rappresenta la soluzione perfetta, dando la possibilità di ampliare i servizi disponibili per l’impresa grazie ad un incremento della potenza di calcolo e la capacità di memorizzazione.

Il cloud computing è utilizzato in Italia da oltre un quinto delle imprese, pari al 21,5%, superiore alla media Ue del 20,9% e secondo solo dopo il Regno Unito che raggiunge il 34,7%. Gli altri maggiori Paesi dell’Unione europea sono dietro di noi: Spagna con il 18.3%, Francia con il 17,1% e Germania con il 16,3%.

Per quanto riguarda i servizi a pagamento di cloud computing, il più utilizzato è quello di posta elettronica (18,2% delle imprese), seguono l’archiviazione di file (8,7%), l’hosting di database dell’impresa (8,4%), il software per ufficio (7,6%), il software customer relationship management (CMR) (4,2%), il software di finanza e contabilità (4,1%) e la potenza di calcolo per eseguire software di impresa (2,1%).

A livello territoriale, la sua diffusione è maggiore al Nord-Est (23,9% delle imprese) e meno nel Mezzogiorno (17,7%). Più di una impresa su quattro sfrutta questi servizi in Basilicata (29,3%) e Provincia Autonoma di Bolzano (25,6%); seguono Lombardia (24,4%), Lazio (24,3%) e Emilia-Romagna (24,1%).

Per quanto riguarda, invece, i settori d’impresa, oltre la metà delle imprese di Informatica ed altri servizi d’informazione (52,8% delle imprese) utilizza questa tipologia di servizi, che risulta ampiamente diffusa anche presso Agenzie di viaggio e tour operator (47,4%), Telecomunicazioni (47,3%), Produzione audio e video (43,3%) ed Attività editoriali (42,4%). Nelle imprese dell’ICT l’uso del cloud computing (48,3% delle imprese) è oltre due volte superiore alla media.

Vera MORETTI

Made in Italy: la crescita dipende dall’e-commerce

Le imprese italiane lo stanno finalmente capendo: per reggere la concorrenza con l’estero, devono necessariamente farsi strada nell’e-commerce, per far conoscere e vendere i propri prodotti, considerando che sono sempre di più gli utenti che ricorrono al digitale per i loro acquisti.

Il Made in Italy, dunque, dovrà procurarsi sempre più spazio in rete, per rimanere al passo ma anche per dimostrare di essere innovativo e saper cogliere le giuste opportunità.
Le prime basi sono state gettate, poiché nel 2016 l’e-commerce è aumentato del 24%, ma si può e si deve fare di più, poiché si tratta ancora del 6% totale delle esportazioni Made in Italy.

Si tratta di dati resi noti dall’Osservatorio Export del Politecnico di Milano, che evidenzia opportunità e ritardi dell’export digitale in Italia, basandosi sull’esperienza di 100 aziende campione nei settori consumer.

Riccardo Mangiaracina, direttore dell’Osservatorio, ha dichiarato in proposito, consapevole del fatto che delle 210mila imprese esportatrici italiane, la maggioranza vende all’estero meno del 10% del fatturato: “In uno scenario internazionale altamente competitivo, con consumatori sempre più inclini all’uso delle tecnologie digitali, l’adozione dell’e-commerce come canale di vendita all’estero può risultare una scelta vincente”.

Ma quali settori hanno dimostrato di essere più propensi e quindi più innovativi? Prima di tutto la moda, che copre il 60% dell’export digitale italiano, poi l’alimentare (17%), l’arredo e il design (entrambi al 12%).
I canali di vendita digitale all’estero sono principalmente quattro: retailer online (come Yoox, Zalando o Net-a-porter Group), marketplace (come Amazon o eBay, con domini italiani o esteri), siti di vendite private e le stesse aziende.

I mercati verso cui sono dirette le maggiori esportazioni rimangono ancora Europa e Stati Uniti, con Est europeo in netto rialzo, anche se le opportunità maggiori derivano, ad oggi ma anche in futuro, dalla Cina e dagli Stati Uniti, mercati attivi e molto promettenti, non solo per la considerazione di cui gode il Made in Italy, ma anche per l’elevato numero di utenti digitali.
In questo secondo caso, per la precisione, la Cina è infatti il Paese che ne detiene il primato, con circa 688 milioni di cittadini, che rappresentano la metà della popolazione, regolarmente connessi.
Dati alla mano, l’e-commerce cinese, che rappresenta il 45% del mercato mondiale, ha messo a segno nel 2016 una crescita del 23,6% e transizioni per un valore di circa 2.700 miliardi di euro.

E gli Stati Uniti? Il mercato non è certo giovane, ma nonostante ciò ci sono previsioni di forte crescita sul web, tanto che nel 2016 i consumi online hanno raggiunto un valore di 489 miliardi di euro (+12% rispetto al 2015), facendo degli Usa il secondo mercato al mondo per l’e-commerce.

A frenare l’export italiano verso le mete oltreoceano è la consapevolezza che si tratta di un mercato difficile, poiché le aziende hanno un controllo limitato sui processi logistici verso gli Usa, e nessuna presenza sul posto o magazzini e strutture distributive in loco, nonché una mancanza di figure addette all’export, che abbiano adeguate conoscenze in ambito digitale e nell’e-commerce.

Vera MORETTI

Cresce il mercato digitale italiano

Anche se a ritmi tutt’altro che sostenuti, il mercato digitale italiano ha continuato a crescere nel primo semestre del 2016.

Tlc, contenuti e informatica hanno infatti totalizzato un +1,2% anno su anno, con un valore di quasi 32 miliardi di euro. Un trend che, secondo le analisi di Assinform, dovrebbe portare a una crescita del settore nell’intero 2016 dell’1,3% a quasi 66 miliardi di euro.

Il 2015 del mercato digitale italiano si era chiuso a +1% sul 2014, che aveva invece chiuso in negativo come gli anni precedenti.

Dai numeri di Assinform si evidenzia che, scorporando dal mercato digitale la parte relativa alle tlc e ai servizi di rete, la cui crescita risulta ancora un po’ seduta, il settore farebbe segnare una progressione del 3,2% nel primo semestre 2016, a fronte di un +2,5% del primo semestre dell’anno precedente.

Entrando nel dettaglio delle cifre del mercato digitale rilevate da Assinform, nel primo semestre 2016 i servizi Ict hanno fatturato circa 5 miliardi e 200 milioni (+ 2%), software e soluzioni Ict 2 miliardi e 900 milioni circa (+4,8%), dispositivi e sistemi quasi 8 miliardi e mezzo (+1%), contenuti digitali e digital advertising quasi 4 miliardi, con il balzo più significativo: +9%.

Il rapporto Assinform rileva la buona tenuta del mercato dei dispositivi, trainato dalle buone performance degli smartphone, il cui peso sul fatturato totale è arrivato a oltre 1 miliardo e mezzo, in crescita del 9,8% anno su anno.

Conseguentemente è aumentato in maniera significativa il traffico dati su rete mobile, +52,7%. E, se da un lato è scesa discretamente la componente pc relativamente ai volumi movimentati (-8%), la componente pc server è cresciuta a doppia cifra, +10,3%. Le aziende, quindi, proseguono nella politica di potenziamento dei loro data server, segno che vedono qualche barlume di ripresa.

Vedremo domani quale impatto hanno avuto sul mercato digitale italiano, nel primo semestre 2016, i comparti delle soluzioni Ict e del software.

Mercato digitale e soluzioni Ict per le imprese

Il rapporto Assinform sull’andamento del mercato digitale italiano nel primo semestre 2016 dedica anche un approfondimento importante al comparto del software e delle soluzioni Ict.

Si tratta di un settore già in ripresa da due anni e legato più di ogni altro all’innovazione e che, nel primo semestre di quest’anno, ha mostrato nell’insieme ancora più brio, superando quota 2 miliardi e 800 milioni in valore (+4,8%).

Anche in questo settore del mercato digitale è evidente il segno della trasformazione in atto. È cresciuto bene il software applicativo (poco più di 2 miliardi, +7,1%), spinto dalle componenti più innovative – piattaforme per la gestione web (+15,2%) e IoT (per il manufacturing, l’energy management, l’automotive, ecc., +16,4% a 815 milioni) -, mentre le soluzioni applicative tradizionali (-0,2% a 1.060 milioni) sono risultate stabili.

Nel mercato digitale hanno frenato il software di sistema (-0,4% a 246 milioni) e il middleware (583 milioni, -03% contro il +2,6% dei primi 6 mesi dell’anno scorso), non tanto per carenza di domanda, quanto per la migrazione di buona parte di essa negli ambiti del cloud e dell’outsourcing infrastrutturale.

Buono l’andamento dei servizi Ict, secondi solo ai servizi di rete per peso sul mercato digitale complessivo. La crescita rilevata, del 2% a quasi 5 miliardi e 200 milioni, si contrappone non solo alla staticità dello scorso anno (+0,3%) ma ai cali continui degli anni precedenti, e rivela la consistenza dei nuovi e più evoluti trend di spesa.

Il comparto è infatti trainato dai servizi di data center e cloud computing (+18,8% a 1.074,8 milioni) che compensano la staticità dei servizi di assistenza tecnica (339 milioni) e l’andamento in moderato calo di tutti gli altri segmenti (outsourcing -1,7%, formazione -2,5%, consulenza -1,2%, sviluppo applicativo e systems integration -1,9%), più esposti sui fronti dell’Ict tradizionale, ma comunque coinvolti nella trasformazione in atto nel mercato digitale.

A Roma un evento per parlare di impresa e digitale

UniCredit ha organizzato a Roma una giornata per parlare di produttività aziendale, e-commerce, interazione con la Pa, turismo e formazione di competenze.

Il digitale, infatti, non è solo un nuovo canale di comunicazione, ma una nuova lingua con cui ripensare l’economia, il sociale, la vita delle persone. E la cosiddetta “digital life” è una realtà che oggi impone cambiamento e innovazione continui: un percorso ineludibile che però in Italia stenta ancora a decollare.

Per meglio approfondire le problematiche connesse alla digitalizzazione delle attività ed esplorare possibili sinergie e partnership con i propri interlocutori privati e pubblici, UniCredit ha dedicato il Forum dei Territori 2016 del Centro Italia al tema “Digitalizzare per crescere, competere e migliorare la qualità della vita”.

Il Forum è stato un momento di confronto propositivo tra management e qualificati protagonisti della vita economica del territorio su diversi temi nei quali il Gruppo ha realizzato specifici prodotti e soluzioni, nella convinzione che digitale è sinonimo di efficienza, trasparenza, crescita. Ma soprattutto che è la porta per il futuro del Paese.

I lavori si sono tenuti su cinque tavoli tematici differenti ai quali hanno preso parte manager, imprenditori e stakeholders del territorio. Nello specifico si è parlato di “Digitalizzazione e produttività aziendale”, “Il retail nell’era digitale”, “Pa Digitale”, “Viaggiatori digitali”, “Accompagnare il Paese sul digitale”.

La giornata si è chiusa con un momento di sintesi di quanto discusso nei vari tavoli con Gabriele Piccini, Country Chairman Italy, ed Enrico Giovannini, professore ordinario di Statistica Economica Università di Tor Vergata e presidente del Consiglio di Territorio Centro di UniCredit, oltre alle conclusioni di Federico Ghizzoni, ad del Gruppo.

Il digitale per far crescere le imprese e l’export

Si è svolto qualche giorno fa a Roma un interessante workshop dal titolo Digital4export, durante il quale si è cercato di fare il punto sulla relazione positiva tra digitalizzazione, internazionalizzazione ed esportazione. Una relazione particolarmente significativa per le piccole e medie imprese italiane, nelle quali il digitale può essere un facilitatore nei rapporti internazionali.

Il workshop ha visto la partecipazione del ministro del Lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti, del presidente di Unioncamere Ivan Lo Bello, del Country Chairman Italia di UniCredit Gabriele Piccini e del responsabile Policy and government affairs di Google, Diego Ciulli.

La tavola rotonda ha sottolineato come oggi le Pmi possono trovare un valido supporto nella collaborazione tra enti pubblici e grandi aziende, chiamati a intercettare e comprendere come le loro caratteristiche possano essere utilizzate per rilanciare, attraverso l’export e una conversione decisa al digitale, la crescita economica del Paese. Queste le voci dei partecipanti.

Giuliano Poletti, Ministro del lavoro e delle politiche sociali

La crescita economica, e la possibilità di creare nuovo lavoro di qualità, passa anche per l’aumento della capacità delle imprese di giocare un ruolo crescente sui mercati internazionali. Il digitale rappresenta una leva essenziale in questa direzione: in particolare, le pmi possono beneficiare delle opportunità offerte dall’innovazione per raggiungere nuovi clienti in tutto il mondo. Favorire la diffusione del digitale significa, naturalmente, dotare i giovani delle competenze necessarie, attraverso interventi mirati di formazione. La nostra sfida è quella di contribuire alla digitalizzazione del Paese puntando sui ragazzi di Garanzia Giovani. L’esperienza che abbiamo avviato con Crescere in Digitale, in collaborazione con Google ed Unioncamere, sta dando risultati positivi e testimonia il grande interesse dei giovani e delle imprese che, nel programma Go International di Unicredit, possono trovare un sostegno reale all’avvio di una strategia di internazionalizzazione”.

Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere

Tra il 2011 e il 2014, le ricerche in rete dei prodotti made in Italy sono cresciute del 22%. Ciò significa che la voglia di Italia è in continuo aumento sul web. A fronte di questo, solo una impresa manifatturiera italiana su 5 esporta. Per raggiungere i potenziali consumatori del mondo, il digitale rappresenta allora la via più rapida e praticabile per le nostre Pmi. Per attuare questa rivoluzione, insieme a Google abbiamo puntato sulla sensibilizzazione delle imprese e sulla formazione dei giovani circa i vantaggi della digitalizzazione in termini di competitività e occupabilità. Con il programma Crescere in digitale, realizzato all’interno dell’iniziativa Garanzia Giovani del Ministero del Lavoro, stiamo formando circa 50mila giovani, con l’obiettivo di portarne 6mila ad effettuare 3mila tirocini, in maniera che possano spendere, all’interno delle aziende che li ospitano, le competenze digitali acquisite. In questo contesto vedo la possibilità di sviluppare sinergie anche con Unicredit, valorizzando le opportunità offerte dall’iniziativa Go International! all’interno del progetto Crescere in Digitale per i giovani e per le imprese che vogliono sfruttare le potenzialità del web per esportare”.

Gabriele Piccini Country Chairman Italy di UniCredit

Siamo stati tra i primi a parlare alle imprese del rapporto tra export e digitalizzazione lanciando nel 2014 il programma di formazione Go International!. In poco più di un anno e mezzo quasi 6mila imprese hanno partecipato ai nostri corsi gratuiti usufruendo di 30mila ore di formazione, di cui oltre 10mila su temi di digitalizzazione, e-commerce, internazionalizzazione anche attraverso seminari realizzati in collaborazione con Google. Con UniCredit International abbiamo avviato percorsi di affiancamento e accompagnamento all’estero per le nostre imprese e organizzato incontri sia reali che virtuali tra buyer esteri e seller italiani. Dal 2009 ad oggi sono stati oltre 40 gli incontri B2B a cui hanno partecipato 3mila aziende di vari settori dal food&beverage, al sistema casa, alla moda, al turismo. Da metà 2015 abbiamo lanciato una nuova modalità virtuale di B2B con un primo pilota effettuato sul settore wine&food. Tutto questo ci ha consentito dal 2012 di accompagnare all’estero, oltre 22mila imprese e il nostro obiettivo è di accompagnarne altre 30mila al 2018”.

Diego Ciulli, responsabile Policy and government affairs di Google

L’Italia è per propria natura un Paese esportatore, ma ancora oggi soltanto una frazione del nostro sistema produttivo è internazionalizzata. Grazie alle piattaforme digitali le Pmi possono accedere a un mercato globale: analizzare i mercati, contattare i consumatori, e vendere in tutto il mondo. La principale barriera all’utilizzo del web da parte delle Pmi sta nelle competenze digitali. Per questo ci siamo impegnati a formare con competenze digitali 2 milioni di europei entro il 2017. In Italia lo facciamo anche scommettendo sui giovani disoccupati, con il programma Crescere in Digitale, insieme al Ministero del Lavoro e a Unioncamere”.

Le tecnologie digitali al servizio della crescita

Quanto possono aiutare la crescita dell’economia mondiale le competenze e le tecnologie digitali? A leggere le cifre elaborate da Accenture tanto, tantissimo. L’azienda leader mondiale nel campo dei servizi professionali ha infatti presentato nei giorni scorsi al World Economic Forum di Davos la propria ricerca Digital Disruption: the Growth Multiplier, (clicca qui per scaricare il rapporto) dalla quale emerge che l’ottimizzazione delle competenze e tecnologie digitali a livello mondiale potrebbe generare 2 trilioni di dollari di produzione economica in più entro il 2020.

Questo ruolo centrale delle tecnologie digitali servirebbe anche a dare un ulteriore impulso a livello globale all’economia digitale, che già oggi vale oltre un quinto del prodotto interno lordo mondiale.

Lo studio valuta il valore aggiunto al PIL generato da hardware, software e tecnologie digitali correlate, nonché dai lavoratori che hanno bisogno di queste risorse digitali per svolgere le loro attività. Il rapporto calcola anche il valore dei beni e servizi intermedi digitali impiegati nella produzione.

Il rapporto di Accenture raccomanda caldamente tre azioni con le quali migliorare l’applicazione dei modelli di business digitale, per ottenere livelli più alti di produttività e crescita:

  • Dare priorità agli investimenti digitali basati su opportunità di valore: valutare l’equilibrio degli investimenti digitali, in modo che una combinazione ottimale di crescita delle competenze e di avanzamento tecnologico massimizzi i ritorni degli investimenti digitali;
  • Competere attraverso una strategia digitale specifica per settore: avere chiaro quale piattaforma, quali ruoli e quali dati sono fondamentali per competere con successo nel proprio settore;
  • Creare l’ambiente adatto per la trasformazione digitale: migliorare il proprio “quoziente d’intelligenza digitale”, collaborando con le istituzioni per avviare rapporti intersettoriali e cambiare le regole della concorrenza.

Lo studio di Accenture prende in esame i benefici che l’ottimizzazione delle competenze e tecnologie digitali porterebbe in diversi Paesi. Per l’Italia, si avrebbe una forte spinta allo sviluppo di tecnologie e dei cosiddetti “fattori abilitanti” – infrastrutture, contesto regolatorio, pubblica amministrazione, mercati – che porterebbe al Paese entro il 2020 una crescita addizionale del PIL del 4,2%, pari a circa 75 milioni di euro in 4 anni.

Del resto, il nostro Paese sconta ancora un certo ritardo nella gestione e nell’implementazione delle tecnologie digitali. In Italia l’economia digitale contribuisce oggi solo al 18% del PIL, contro il 33% degli Usa, il 31% del Regno Unito e il 29% dell’Australia.

Guardando il bicchiere mezzo pieno, se da una parte l’Italia si posiziona decima tra le 11 nazioni analizzate dal rapporto Accenture rispetto al peso dell’economia digitale sul PIL, dall’altra è tra i Paesi con le maggiori opportunità di crescita e di sviluppo se riuscirà ad ottimizzare le sue risorse e tecnologie digitali.

Accordo Poste Italiane-Digital Magics

Poste Italiane prosegue nel proprio lavoro di sviluppo e di differenziazione del business, specialmente in ambito digitale. Il gruppo, però, in questo caso non procede da solo ma annuncia l’avvio di una collaborazione con Digital Magics, uno dei più importanti business incubator italiani, specializzato nei servizi di consulenza sui programmi digitali.

Secondo quanto comunica il gruppo, la partnership tra Digital Magics e Poste Italiane consentirà a queste ultime di supportare l’imprenditorialità digitale in Italia, favorendo la nascita di nuove aziende e trasformando Poste Italiane in un “catalizzatore dell’innovazione digitale”.

L’accordo prevede la creazione a Roma del Campus per l’innovazione di Poste Italiane, coordinato da Digital Magics insieme alla partecipata Talent Garden, nel quale i migliori talenti del mondo digitale potranno confrontarsi, progettare, realizzare e sperimentare soluzioni da applicare al business di Poste Italiane.

Vanno in questo senso i percorsi di formazione per i dipendenti del Gruppo Poste, che possano dare massima diffusione in azienda alla cultura dell’innovazione e del digitale di cui Digital Magics è portabandiera

Nella sostanza, la partnership affida a Digital Magics il ruolo di supervisore attento per il mondo delle startup in modo che sia pronta a dare visibilità alle migliori soluzioni innovative sviluppate dalle startup digitali, che si possano applicare ai processi e ai servizi di Poste Italiane.

In questo modo, vengono messe “a sistema mettere a sistema informazioni e conoscenze per pianificare iniziative ed eventuali investimenti che Poste Italiane valuterà in termini di valore industriale e tecnologico per nuove soluzioni di business”.