Assegno Unico: i chiarimenti dell’Inps per continuare a fruirne

L’Inps nel giorno 15 dicembre ha provveduto a comunicare chiarimenti in merito all’Assegno Unico e Universale con la circolare 132. Ecco cosa devono fare i percettori per continuare a fruirne.

Assegno Unico e Universale: chiarimenti dell’Inps per il 2023

Sappiamo che l’Assegno Unico e Universale è un importo versato dall’INPS in beneficio dei ragazzi da 1 a 18 anni e in seguito al raggiungimento della maggiore età viene erogato fino a 21 anni se il ragazzo frequenta un corso di studi. Non vi sono invece limiti di età per i disabili. L’importo dell’Assegno Unico Universale (AUU) varia in base ad età, reddito Isee del nucleo familiare e condizione di disabilità. Per le famiglie che hanno un Isee superiore a 40.000 euro gli importi previsti sono minimi, stessi importi sono riconosciuti a coloro che non presentano una dichiarazione Isee. Queste sono le informazioni base inerenti l’Assegno Unico e Universale. Ora con la circolare 132 del 15 dicembre 2022 l’Inps ha provveduto a dare indirizzi su cosa fare per il rinnovo.

Dal 1° marzo 2023 coloro che nel corso del periodo gennaio 2022 – febbraio 2023 abbiano presentato una domanda di Assegno Unico e Universale per i figli a carico accolta e in corso di validità, potranno godere dell’erogazione d’ufficio della prestazione da parte dell’INPS, senza dover presentare una nuova domanda.

Comunicazione di variazioni intervenute

Nel caso in cui si vogliano avere importi aumentati in relazione al reddito Isee, è necessario presentare il modello aggiornato o una nuova DSU ( Dichiarazione Sostitutiva Unica). Nella circolare 132 del 15 dicembre 2022 viene precisato che “in assenza di una nuova DSU presentata per il 2023 e correttamente attestata, l’importo dell’Assegno unico e universale sarà calcolato a partire dal mese di marzo 2023 con riferimento agli importi minimi previsti dalla normativa.” Ecco perché è essenziale presentare la comunicazione anche in assenza di variazioni reddituali. La dichiarazione presentata entro il 30 giugno 2023 consente di ottenere gli arretrati dei maggiori importi a decorrere da marzo 2023.

Circolare_numero_132_del_15-12-2022

In caso di variazioni rispetto alla domanda precedentemente presentata, sarà necessario effettuare la comunicazione, ad esempio in caso di nascita di figli ( ricordiamo anche che la legge di bilancio 2023 ha raddoppiato gli importi dell’Assegno Unico e Universale per i bambini da 0 a 1 anno), separazione, variazione dell’Iban, variazione della condizione di disabilità, inserimento di una disabilità acquisita, variazioni inerenti la frequenza scolastica, criteri di ripartizione dell’assegno tra i due genitori (i maggiorenni possono ricevere direttamente su un loro conto gli importi).

Precisa l’Inps che devono essere comunicate anche le dimissioni di uno dei genitori in modo che possa essere adeguato l’importo percepito nel caso in cui nell’anno precedente si sia fruito della maggiorazione prevista nel caso in cui entrambi i genitori siano lavoratori.

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Assegno Unico e Universale: controllo automatico sulle variazioni

Tali variazioni saranno oggetto di controllo automatico da parte dell’Inps attraverso l’incrocio con i dati contenuti nelle varie banche dati.

Naturalmente è possibile anche presentare nuove istanze, l’Inps nel comunicato rende noto che per le domande presentare entro il 30 giugno 2023 potranno beneficiare dell’assegno a decorrere dal mese di marzo 2023.

La domanda può essere presentata tramite patronato, contact center, i servizi online dell’Inps.

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Dimissioni da contratto a tempo determinato: cosa comporta

Abbiamo parlato in un precedente articolo del caso di dimissioni da parte un dipendente assunto a tempo indeterminato, motivazioni, procedure e conseguenze. Ma cosa succede se il lavoratore di un’azienda legato ad essa da un contratto a tempo determinato, vuole dare le dimissioni?

Premesso che, un contratto a termine può trasformarsi a tempo indeterminato, magari per volontà del datore di lavoro di stabilizzare il dipendente con una proroga definitiva, la differenza tra i due rapporti di lavoro è incentrata sulla presenza o meno di una data di scadenza.

Estinzione di un rapporto di lavoro a termine

Nel caso di assunzione a tempo determinato, il contratto si conclude al raggiungimento del termine prefissato. Tuttavia, le parti possono recedere unilateralmente in anticipo rispetto alla scadenza del termine, sempreché sia terminato il periodo di prova, ma solo per gravi motivi.

Nel caso di recesso da parte del datore di lavoro, si parla di licenziamento per giusta causa o impossibilità sopravvenuta della prestazione qualora l’evento, pur se prevedibile, non era evitabile. Il lavoratore, invece, può rassegnare le dimissioni solo per giusta causa. Ovviamente, il contratto s’intende sciolto anche per accordo preso da entrambi le parti. Ma adesso, concentriamoci sulle dimissioni presentate dal dipendente.

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Dimissioni dipendente contratto a tempo determinato: il preavviso

Come accennato in precedenza, il dipendente assunto con un contratto a termine può dare le dimissioni esclusivamente in presenza di una giusta causa. La sua mancata sussistenza, porta il dipendente a subire delle conseguenze.

La giusta causa è determinata da un comportamento del datore di lavoro talmente grave da costringere il dipendente a dimettersi senza preavviso.

Anche nel contratto a tempo determinato, il lavoratore che rassegna le dimissioni per giusta causa non è tenuto a dare un preavviso al datore di lavoro. Invero, ciò si verifica in quanto il preavviso è una prerogativa dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

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I comportamenti gravi che rientrano nelle dimissioni per giusta causa

Il dipendente con un contratto a termine, può dare le dimissioni per giusta causa:

  • quando non riceve lo stipendio o comunque gli viene corrisposto in ritardo;
  • per mancato versamento dei contributi previdenziali;
  • per mobbing;
  • per consistente svuotamento delle mansioni, tali da pregiudicare il bagaglio professionale del dipendente;
  • per molestie sessuali da parte del datore di lavoro;
  • per comportamento ingiurioso del superiore gerarchico;
  • quando il datore pretende prestazioni illecite dal lavoratore.

Dimissioni per giusta causa del dipendente a tempo determinato: la procedura

Il dipendente che intende interrompere il rapporto a termine per giusta causa, deve ufficializzare le dimissioni esclusivamente in modalità telematica, con l’invio di appositi moduli al datore di lavoro via PEC e all’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Nel modulo, il dipendente oltre a verificare la correttezza dei dati precaricati e ad inserire le informazioni richieste, deve selezionare l’opzione “dimissioni per giusta causa” e indicare il giorno di decorrenza delle stesse e l’ultimo giorno di lavoro in azienda.

L’invio del modulo può avvenire in autonomia collegandosi al sito www.cliclavoro.gov.it (è necessario possedere lo SPID) o tramite intermediari abilitati: patronati, consulenti del lavoro, sindacati, enti bilaterali, commissioni di certificazione e sedi territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Le dimissioni possono essere revocate entro sette giorni dalla trasmissione utilizzando la stessa modalità prevista per l’invio.

Dimissioni giusta causa: cosa spetta al lavoratore

Il lavoratore che si dimette per giusta causa da un rapporto a tempo determinato ha diritto al risarcimento del danno, che il datore di lavoro corrisponderà in busta paga. Il relativo calcolo si basa  sulla retribuzione cui avrebbe avuto diritto se il contratto fosse arrivato a scadenza (a meno che non abbia trovato un’altra occupazione) compresa la tredicesima o eventuale quattordicesima a seconda del contratto collettivo applicato.

Durante il periodo di prova il dipendente può recedere in modo legittimo dal contratto a termine. In questo caso non è necessaria alcuna motivazione e le dimissioni possono essere presentate anche verbalmente. Tuttavia, per un’esigenza di certezza dei dati, è preferibile che il lavoratore consegni al datore una comunicazione scritta in cui rassegna le proprie irrevocabili dimissioni indicanti l’ultimo giorno di lavoro effettuato in prova.

La durata del periodo di prova è stabilita nel contratto di lavoro, ma nel caso si rinvii al Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, ci si attiene a quanto da esso indicato.

Dimissioni dal contratto a tempo determinato senza giusta causa

Le dimissioni prive di giusta causa e presentate al di fuori del periodo di prova costituiscono un’inosservanza del contratto di lavoro. In tal caso, il datore può chiedere il risarcimento del danno al dipendente, che consiste in una somma di denaro da trattenere in busta paga a discrezione dell’azienda.

Questa può avere un importo diverso rispetto agli stipendi cui il lavoratore avrebbe avuto diritto se non si fosse dimesso. Infatti, possono essere presi in considerazione elementi che riguardano l’attività di produzione e la sua pianificazione a medio o lungo termine.

Ad esempio, se il danno arrecato all’azienda con le dimissioni senza giusta causa del dipendente a tempo determinato viene ritenuto grave per pessima tempistica e/o per la difficoltà nel sostituirlo (magari perché svolge una mansione altamente specializzata), il risarcimento potrebbe essere più alto.

Dimissioni nel rapporto di lavoro a termine: cosa deve fare il datore

A prescindere da ciò che può ricevere l’azienda dal punto di vista economico, una volta ricevute le dimissioni del dipendente a tempo determinato via PEC, il datore di lavoro è obbligato a comunicarle entro cinque giorni dall’evento (l’ultimo giorno di lavoro) al Centro per l’Impiego tramite l’invio del modello Unilav.

Nel modello deve essere indicato se le dimissioni sono ordinarie o per giusta causa, insieme all’ultimo giorno di lavoro effettuato dal dipendente.

Come dare le dimissioni in un contratto a tempo indeterminato

Quando un lavoratore recede da un contratto a tempo indeterminato in modo unilaterale, ponendo fine al rapporto di lavoro, siamo di fronte ad un atto di dimissioni. A dire il vero, soprattutto in tempi di crisi economica, quando il lavoro latita e le assunzioni a tempo indeterminato sono sempre minori è davvero raro che un dipendente rassegni le dimissioni.

Tuttavia, in linea generale, è possibile che un lavoratore decida di licenziarsi in una situazione di estremo stress, nel caso non riesca più a sottostare alle direttive di un datore di lavoro o comunque di un suo superiore. Oppure perché ha ricevuto una proposta di lavoro più allettante dal punto di vista economico o che gli consente di soddisfare, magari nel tempo, le sue ambizioni. O ancora, per il mancato pagamento da parte del suo datore di lavoro della retribuzione spettante.

A questo punto, la domanda è d’obbligo: come dare le dimissioni quando si è stati assunti con un contratto a tempo indeterminato? Scopriamo qual è l’iter da seguire e se il dipendente ha diritto a qualcosa.

Dimissioni, quando è possibile

La legge contempla la possibilità del dipendente di recedere da un contratto di lavoro a tempo indeterminato in qualsiasi momento e senza la necessità di fornire alcuna motivazione. Tuttavia, ricorre l’obbligo di dare un preavviso. Diversamente, lo stesso potere non è concesso al datore di lavoro che, per porre fine a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, deve motivare il licenziamento di un suo dipendente.

A tal proposito, per approfondire l’argomento potrebbe interessarti leggere: Per quali motivi si può essere licenziati, i casi nel dettaglio

Come dare le dimissioni?

Per dare le dimissioni, il lavoratore dipendente deve inoltrare comunicazione al suo datore di lavoro, nella forma prevista dal CCNL. Nella maggior parte dei casi, ciò avviene per iscritto o con una e-mail. Tuttavia, affinché siano valide, le dimissioni vanno formalizzate in via telematica con appositi moduli resi disponibili dal ministero del Lavoro e trasmessi al datore di lavoro e all’Ufficio territoriale del lavoro competente.

Chi si occupa di questa procedura sono i patronati, i sindacati, i consulenti del lavoro, l’Ispettorato Territoriale del Lavoro, gli enti bilaterali e le commissioni di certificazione.

Qualora il dipendente voglia agire in modo autonomo, ecco quali sono gli step da seguire:

  • richiesta dello Spid effettuata da remoto o recandosi in una delle sedi INPS;
  • accesso tramite il portale lavoro.gov.it al form on-line per la trasmissione della comunicazione;
  • compilazione del modulo.

Il modulo viene inviato in automatico all’indirizzo di posta elettronica o meglio alla PEC (se presente) del datore di lavoro e all’Ispettorato territoriale del lavoro (o alle Province Autonome di Trento e Bolzano e alla Regione Siciliana).

Non è necessario utilizzare la modalità telematica se le dimissioni vengono presentate al sindacato, alla direzione territoriale del lavoro o presso le commissioni di certificazione. Durante il periodo di prova, nel lavoro domestico o marittimo, da genitori lavoratori.

Il preavviso: quando è necessario e la sua durata

Per dare le dimissioni è indispensabile fornire il preavviso rispettandone i termini, durante il quale deve continuare a lavorare regolarmente, maturando anche il relativo stipendio.

Tuttavia, esistono dei casi in cui il preavviso non è necessario. Ovvero per dimissioni per giusta causa, motivazione che si concretizza a seguito di una grave inadempienza del datore di lavoro. Quest’ultima, si verifica per omesso pagamento dello stipendio, mobbing, mancato rispetto delle regole anti infortunistiche e sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, molestie, etc.

Inoltre, il preavviso non è necessario per dimissioni del padre lavoratore o della madre lavoratrice, o perché presentate durante o alla fine del periodo di prova.

La durata del preavviso è stabilita dal contratto collettivo nazionale del lavoro di categoria, ma il contratto individuale può fissare per le dimissioni un termine di preavviso più lungo rispetto a quanto previsto dal contratto collettivo.

Rinuncia al preavviso

Il dipendente può decidere di rinunciare al preavviso per dare alle dimissioni effetto immediato, ma in questo caso, è tenuto al pagamento di una somma di denaro come forma di risarcimento a favore del datore di lavoro. Ci riferiamo alla cosiddetta indennità sostitutiva del preavviso, il cui importo è stabilito dal Contratto collettivo nazionale del lavoro Pertanto, più che di pagamento si parla di decurtazione dall’ultima retribuzione o dal TFR.

Anche il datore di lavoro può rinunciare al preavviso, chiedendo al dipendente con effetto immediato di interrompere l’attività lavorativa. Tuttavia, come accade per il lavoratore dimissionario, in tal caso è l’azienda a dover risarcire il dipendente con l’indennità sostitutiva del preavviso.

Cosa spetta al dipendente dimissionario

Una volta rassegnate le dimissioni, il lavoratore assunto a tempo indeterminato ha diritto all’incasso dell’ultima retribuzione ed eventualmente di tutti gli arretrati e deve ricevere la liquidazione, ossia il Trattamento di Fine Rapporto.

A tal proposito, va precisato che il datore di lavoro è tenuto ad erogare immediatamente il TFR, anche se questo non succede quasi mai. Il pagamento in tempi non veloci è illegittimo, tuttavia, se il dipendente dimissionario procedesse per via giudiziale, perderebbe ancora più tempo per recuperare la somma.

In caso di dimissioni rassegnate per giusta causa, il lavoratore in questione può chiedere anche il risarcimento del danno.

“La normativa sulle dimissioni online è un mostro giuridico”

I consulenti del lavoro intervengono nel dibattito sulle nuove procedure di dimissioni online e lo fanno in maniera decisa attraverso un vademecum operativo, corredato da un facsimile di comunicazione da personalizzare e da inviare ai clienti, in modo che la norma possa essere recepita in maniera corretta. E la Fondazione Studi, che ha stilato il vademecum, non ha dubbi: “Con le dimissioni online per l’impresa aumentano oneri e incertezza“.

Secondo i consulenti del lavoro, la procedura di dimissioni onlinesi presenta come un ulteriore balzello burocratico, capace di creare esclusivamente problemi e difficoltà a tutti gli attori del rapporto di lavoro“.

Il fine con cui nasce – prosegue la Fondazione Studiè certamente nobile, ma risulta di difficile comprensione la necessità di dover complicare l’iter di dimissioni di oltre un milione di lavoratori per una manciata di irregolarità, peraltro mai censite esattamente. Abusi e violazioni residuali si perseguono con la vigilanza e inasprendo il quadro sanzionatorio, non certamente rendendo costoso e a volte impossibile l’iter procedurale per tutti“.

A subire le conseguenze della farraginosità delle dimissioni online, prosegue ancora la Fondazione Studi, “saranno i datori di lavoro che non avranno in mano più alcuno strumento per sopperire all’inattivismo del lavoratore dimessosi, che non completa la procedura on line; con conseguente obbligo di licenziamento e di pagamento del relativo ticket“.

Una procedura macchinosa i cui effetti si faranno sentire in maniera trasversale: “Costerà fatica anche ai lavoratori diligenti, che per confermare le dimissioni online dovranno completare una procedura lunga e farraginosa con la richiesta di un Pin consegnato in due fasi (una parte via internet e una per posta). E se per completare l’iter decideranno di avvalersi di un patronato, avrà un costo anche per i lavoratori. Ma chi ci rimetterà più di tutti sarà lo stesso Stato che ha creato questo mostro giuridico“.

E se sarà lo Stato a pagare per primo il peso della burocrazia, sottolineano i consulenti, sarà per responsabilità proprie: “Il pagamento della conseguente Naspi – proseguono i consulenti del lavoro – sarà il pesante aggravio al bilancio (circa 1,5 miliardi di euro) già segnalato, ma trascurato. Così come non hanno trovato ancora accoglimento le richieste di modifica formulate in ripetute occasioni dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, nel totale silenzio delle associazioni di categoria. Richieste che sono lì, depositate in Parlamento e al ministero, in attesa che vengano recepite appena vi sarà un primo riscontro fattuale“.

Resta il fatto – concludono i consulenti parlando delle dimissioni onlineche questa norma è in vigore. Dunque, va attuata e segnalata ai clienti per dare loro la possibilità di recepirla. E per questo motivo abbiamo predisposto un vademecum. Con la speranza che nei decreti correttivi al Jobs Act, che sono in fase di predisposizione, si possa trovare spazio per le proposte di modifica formulate dai consulenti del lavoro“.

Berlusconi: prima la legge di stabilità, poi dimissioni

Nel pomeriggio l’approvazione da parte della Camera del disegno di legge di rendiconto generale dello Stato per il 2010, con 308 voti a favore, nessun contrario, un astenuto e 321 non votanti. Uno schiaffo per Berlusconi e per la sua non-più-maggioranza. Il Premier ha preso atto e, dopo un breve vertice con la Lega, è salito al Quirinale e, dopo un colloquio con Napolitano, la decisione: prima l’approvazione della legge di stabilità per garantire gli impegni presi con l’Ue, poi dimissioni e voto anticipato.

Dopo il varo della legge di stabilità ci saranno le mie dimissioni in modo che il capo dello Stato possa aprire le consultazioni e decidere sul futuro: non spetta a me decidere, ma io vedo solo la possibilità di nuove elezioni. Il Parlamento è paralizzato“, ha detto Berlusconi al Tg5.
 
Ritengo che sia importante dare la prcedenza all’approvazione di queste misure e quindi intendo chiedere all’opposizione di consentire il varo urgente di queste misure di stabilità che conterranno tutte le richieste dell’Europa“, ha proseguito.
 
Alla domanda se le elezioni siano più vicine, Berlusconi ha risposto: “Sì, mi sembra logico perché il Parlamento è paralizzato per quanto riguarda la Camera dei deputati, al Senato il centrodestra ha ancora una buona maggioranza. Invece con la defezione di 7 membri della maggioranza il governo non ha più quella maggioranza che noi credevamo di avere e quindi dobbiamo con realismo prendere atto di questa situazione e preoccuparci della situazione italiana e di ciò che sta accadendo sui mercati“.
 
Secondo Casini, l’esito dell’incontro tra Napolitano e Berlusconi “dimostra che una via d’uscita c’era, ma sono convinto che Berlusconi abbia la consapevolezza che la situazione economica e finanziaria non ci consente una lunga ed estenuante campagna elettorale“.
 
L’annuncio delle dimissioni del presidente del Consiglio “è una svolta, che salutiamo con grande soddisfazione“, ha invece commentato il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che guardando alla crisi sottolinea come sia “urgente che le dimissioni del presidente del Consiglio consentano di aprire una nuova fase“. “Ci riserviamo un esame rigoroso del contenuto dell’annunciato maxiemendamento alla legge di stabilità per verificare le condizioni che ne permettano, anche in caso di una nostra contrarietà, una rapida approvazione. Il Pd – conclude Bersani – ritiene sconcertante che con le sue prime dichiarazioni il presidente del Consiglio, battuto alla Camera e dimissionario, cerchi di condizionare un percorso che è pienamente nelle prerogative del Capo dello Stato e del Parlamento“.