Direttiva case green: ecco chi dovrà ristrutturare casa nei prossimi anni

I cambiamenti climatici sono diventati una vera emergenza e la prima causa è l’inquinamento. Secondo le stime dell’Unione Europea un terzo delle emissioni inquinanti deriva dagli immobili e il 75% degli edifici è poco efficiente. Proprio per questo è in arrivo la direttiva case green dell’Unione Europea che prevede diverse tappe entro le quali si dovrà arrivare alle emissioni zero. Ecco cosa prevede la normativa.

Case green: ristrutturazione entro il 2030 per il 60% degli edifici

La nuova direttiva dell’Unione Europea sulle case green dovrebbe essere approvata il 24 gennaio 2023 dalla Commissione Energia, in seguito dovrebbe essere l’approvazione definitiva del Parlamento nel mese di marzo 2023. In base alle bozze circolanti dovrebbe prevedere un’importante stretta sulle case inquinanti che dovranno essere man mano eliminate anche attraverso lavori volti all’efficientamento energetico.

La direttiva prevede diversi obiettivi, in primo luogo entro il 2030 tutti gli edifici dovranno essere almeno in classe energetica E, hanno tali caratteristiche edifici costruiti dagli anno 80-90 in poi. Oggi in Italia il 60% degli edifici è in realtà in una classe energetica inferiore rispetto alla E, di conseguenza sarà necessario effettuare degli interventi che possano riequilibrare. Proprio per questo motivo molti sottolineano che se la direttiva UE sulle case green dovesse essere confermata, saranno necessari molti interventi di ristrutturazione che possano prevedere un cappotto termico interno o esterno, la sostituzione dei vecchi infissi, l’installazione di pannelli fotovoltaici o comunque altri interventi in grado di migliorare le prestazioni energetiche.

Questo non è l’unico obiettivo, infatti entro il 2033 si dovrà invece arrivare a edifici tutti in categoria almeno D, il consiglio quindi è effettuare direttamente lavori che possano portare a tale classe energetica.

Sanzioni previste

In base al piano attualmente in approvazione entro il 2040 o 2050 sarà necessario arrivare ad emissioni zero, un obiettivo davvero molto importante e non semplice da realizzare. Naturalmente i nuovi edifici dovranno essere già costruiti con criteri green.

Dalla bozza della direttiva sono state eliminate le sanzioni inizialmente previste in caso di mancato adeguamento, tra cui l’impossibilità di concedere l’immobile in locazione o effettuare compravendite, ma questo non vuol dire che non saranno applicate, infatti spetterà agli Stati Membri curare l’esecuzione della direttiva anche attraverso delle sanzioni volte a “punire” i proprietari di immobili residenziali che non dovessero adeguarsi alla direttiva.

Occorre sottolineare che l’effetto immediato dell’entrata in vigore della direttiva green sugli edifici a uso residenziale sarà la riduzione del valore degli immobili che non rispettano i requisiti.

Immobili esonerati dall’obbligo

Sono esonerati dall’applicazione della disposizione:

  • gli immobili di interesse storico, nella versione iniziale della bozza non era prevista questa possibilità, ma questo avrebbe messo in difficoltà soprattutto l’Italia in quanto ha un parco di edifici storici ampio e quindi si presentava il rischio di deturpare il panorama o comunque rovinare siti di interesse storico archeologico con l’uso di pannelli fotovoltaici oppure con coibentazioni. Tale esenzione riguarderà soltanto gli edifici il cui interesse storico è stato dichiarato, cioè dove è presente un vincolo;
  • Saranno inoltre esentate chiese ed edifici di culto, in questo caso senza particolari limitazioni o requisiti;
  • potranno essere esentate le seconde case a patto che siano abitate per meno di 4 mesi l’anno, ad esempio la casa in montagna o al mare;
  • L’ultima esenzione spetta alle case indipendenti di dimensioni inferiori a 50 metri quadri.

Ricordiamo che, anche se in misura limitata, è possibile ancora sfruttare il Superbonus al 90% per il recupero di due classi energetiche.

Stop incentivi su installazione caldaie dal 2027 e dismissione entro 2040

La Commissione Europea ha proposto la direttiva sulle performance energetiche degli edifici e sono in arrivo grosse novità nel settore, alcune andranno a incidere in modo sostanziale nella vita quotidiana di molti di noi.

Addio alle vecchie caldaie: nessun incentivo dal 2027

L’attenzione per l’ambiente diventa sempre più alta e proprio per questo le varie istituzioni cercano di rispondere in modo adeguato. Un input importante lo offre anche l’Unione Europea che in questi giorni ha posto l’accento sulle emissioni inquinanti degli edifici privati e pubblici. La direttiva prevede l’obbligo entro il 2030 di costruire solo edifici a emissioni zero, per gli edifici destinati ad accogliere uffici pubblici l’obbligo parte dal 2027. La direttiva contiene anche la raccomandazione agli Stati Membri di realizzare un piano che consenta la graduale dismissione dei combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffreddamento. La trasformazione deve avvenire al più tardi entro il 2040.

Sebbene il 2040 possa sembrare un orizzonte temporale lontano, è bene sottolineare che in realtà la direttiva prevede che già dal 2027 ci sia lo stop alla concessione di agevolazioni fiscali per l’installazione di caldaie a combustibili fossili come il gas e il metano. In poche parole gli incentivi attualmente disponibili in Italia per chi decide di cambiare la vecchia caldaia e installarne una a condensazione, presto potrebbero sparire, nonostante si tratti di un modello finora incentivato perché a basso impatto ambientale.

L’impegno degli Stati Membri

La commissaria europea all’Energia Kadri Simpson ha sottolineato che trattandosi solo di suggerimenti spetta alla buona volontà degli Stati Membri recepire la direttiva in modo ampio contribuendo così a ridurre le emissioni inquinanti.

Per raggiungere gli obiettivi prefissati con la  direttiva per la riqualificazione degli edifici della Commissione Ue l’Unione Europea ha stanziato fondi per 150 miliardi di euro entro il 2030.

Il vicepresidente della commissione Ue Frans Timmermans ha sottolineato che in realtà la direttiva non prevede alcun divieto di vendita degli immobili con impatto energetico negativo, ma spetterà agli Stati Membri decidere come attuare la direttiva e raggiungere gli obiettivi prefissati.

La Direttiva Ue per il risparmio energetico

E’ in vigore ormai da un mese la Direttiva Ue che riguarda l’efficienza energetica e coinvolge tutti gli Stati membri a proposito di riduzione dei consumi energetici ed efficientamento dell’edilizia pubblica.

Vediamo nel dettaglio le tematiche salienti:

  • Riduzione dei consumi: ogni paese ha tempo fino ad aprile 2013 per presentare il proprio piano per l’aumento dell’efficienza. Sarà poi Bruxelles ad esaminare i progetti pervenuti e ad approvarli. La scadenza sarà triennale.
  • Edilizia: Per quanto riguarda la riqualificazione energetica degli edifici pubblici, esiste un impegno vincolante, poiché, a partire dal 2013, i Paesi membri devono elaborare e attuare un piano di efficientamento degli “edifici riscaldati e/o raffrescati posseduti ed occupati dal loro Governo centrale”, che ne permetta la riqualificazione a un tasso minimo del 3% della superficie coperta utile all’anno, a cominciare dagli immobili più energivori.In questa prima fase, l’obbligo riguarda gli edifici con superficie coperta utile superiore ai 500 metri quadri. Dal 9 luglio 2015 la soglia sarà abbassata a 250 mq.
  • Acquisti verdi e incentivi: la Direttiva 2012/27/UE prevede che siano incentivati gli acquisti verdi e che i bandi di gara vengano redatti in modo da privilegiare i fornitori più attenti all’efficienza e ella sostenibilità ambientale.I Governi nazionali dovranno anche prevedere misure per incentivare il teleriscaldamento, i contatori intelligenti e i sistemi per la contabilizzazione del calore.
  • Distributori di energia: la nuova normativa comunitaria stabilisce anche che le imprese energetiche di pubblica utilità, i distributori e le società di vendita di energia al dettaglio dovranno diminuire la vendita annuale di energia ai clienti finali di almeno l’1,5% annuo dal 2014 al 2020.

Vera MORETTI

Appello a Monti: accelerare i pagamenti per le Pmi

Piccole e medie imprese italiane sempre più strette dalla morsa dei ritardi nei pagamenti e dal rischio del fallimento. Unazienda su 10 in Italia, secondo quanto rivelato dal l‘Osservatorio sulla rischiosità commerciale di Cribis D&B, è a rischio declassamento per l’insostenibilità degli oneri nei confronti dei propri fornitori.

La Cgia di Mestre chiede un intervento immediato ed efficace da parte del presidente del Consiglio Mario Monti, affinchè intervenga in prima persona per accelerare l’iter della Direttiva emanata dalla Comunità Europea contro i ritardi nei pagamenti. Le piccole e medie imprese, denuncia Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, “a seguito della diminuzione del credito erogato dalle banche, non sono ormai più’ in grado di fronteggiare la crisi”.

E sono i dati a confermare l’ipotesi peggiore. Tra la stretta creditizia (-1,24% di prestiti erogati nel 2011 dalle banche), l’aumento dei ritardi nei pagamenti (+ 38 giorni negli ultimi 3 anni) e l’incremento dei fallimenti (+ 60,5% negli ultimi 4 anni), le piccole e medie imprese in Italia sono condannate.

“I ritardi nei pagamenti tra la Pubblica amministrazione italiana e le imprese private – continua Bortolussi – sono aumentati in questi ultimi 3 anni di 38 giorni. Secondo una recente elaborazione della Cgia, attualmente la Pa paga i suoi fornitori con un ritardo medio di 90 giorni. Se teniamo conto che le aziende italiane avanzano quasi 70 miliardi di euro dallo Stato italiano e il nostro Paese e’ maglia nera in Europa per i tempi medi di pagamento”.

Ritardi nei pagamenti che sono molto spesso l’anticamera del fallimento dell’azienda. Dal 2007 ad oggi i fallimenti sono aumentati i del 60,5%, toccando nel 2011 quota 11.615. Un’azienda su tre denuncia di aver portato i libri in tribunale a causa dei forti ritardi nei pagamenti subiti.

E il sistema creditizio e bancario? Come sostiene la piccola e media imprenditoria in Italia?

A causa dell’ aumento dell’inflazione del 3%, le imprese artigiane hanno registrato una contrazione dei prestiti pari a -1,24% e per le quasi società non finanziarie, le piccole società come le snc o le sas, l’aumento e’ stato solo dello 0,31%.

E’ andata meglio all’impresa pubblica, ch ha visto erogati crediti con +26,11%. Per le altre imprese private gli impieghi sono invece aumentati del +5,08%.