Contributi a fondo perduto Simest, apre da oggi lo sportello per gli incentivi

Apre da oggi, 27 aprile 2022, la procedura a sportello per la richiesta dei contributi a fondo perduto e dei finanziamenti agevolati Simest. Il perimetro dei finanziamenti per la transizione ecologica e digitale risulta esteso alle piccole e medie imprese anche con meno di 1.500 addetti, purché a vocazione internazionale. I finanziamenti possono arrivare a un milione di euro. A partire da oggi si può fare il pre-caricamento della domanda per una delle tre agevolazioni previste:

  • transizione ecologica e digitale;
  • fiere e mostre;
  • commercio elettronico.

Contributi a fondo perduto e finanziamenti Simest: tutte le date per precaricare e inviare la domanda

Lo sportello per inviare le richieste dei contributi a fondo perduto e dei finanziamenti Simest ammetterà le domande pre-caricate nel sistema anche delle piccole e medie imprese. La fase di precaricamento sarà attiva fino a lunedì 2 maggio prossimo.  La domanda vera e propria potrà essere inoltrata a partire da martedì 3 maggio 2022, con scadenza fissata a martedì 10 maggio. La chiusura del portale di tutti i finanziamenti del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) per inoltrare le domande è stata anticipata rispetto alla scadenza originaria del 31 maggio 2022.

Contributi a fondo perduto Simest: le novità di allargamento delle imprese beneficiarie e del tetto massimo di spesa

Due sono le novità dei contributi a fondo perduto Simest per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. In primis, l’allargamento della platea delle imprese beneficiaria, comprendendo anche quelle fino a 1.500 dipendenti. In secondo luogo, cambia il tetto massimo di ammontare che passa a un milione di euro. Nel dettaglio, l’obiettivo della transizione ecologica e digitale passa da 300 mila euro di contributi a un milione di euro. Le imprese che già in precedenza avevano inviato domanda per i contributi con limite a 300 mila euro, possono presentare una nuova domanda per arrivare al nuovo tetto di incentivi.

Contributi a fondo perduto per la transizione ecologica e digitale: quali finanziamenti possono richiedere le imprese?

Nello specifico degli incentivi per l’internazionalizzazione delle imprese, i contributi a fondo perduto e i finanziamenti richiedibili dalle Pmi per la transizione ecologica e digitale prevede il seguente mix di incentivi:

  • una quota del 50% del totale dei finanziamenti è destinata agli investimenti per la transizione digitale;
  • la restante quota finanzia la competitività internazionale;
  • il finanziamento è a tasso agevolato in regime “de minimis” con cofinanziamento a fondo perduto in regime di “Temporary Framework”;
  • l’importo massimo finanziabile, fino a 1 milione di euro, non deve essere in ogni modo superiore al 25% dei ricavi medi ottenuti negli ultimi due bilanci approvati e depositati dall’impresa;
  • la quota dei contributi a fondo perduto è pari al 40% per le imprese del Sud Italia e fino al 25% per le imprese situate nelle altre zone.
  • la durata del finanziamento è di sei anni, dei quali due di pre-ammortamento.
  • alle imprese del Sud Italia è riservato il 40% della dotazione complessiva del Fondo 394 pari a 480 milioni di euro.

Finanziamenti e contributi a fondo perduto per le fiere e le mostre: in cosa consistono?

I contributi a fondo perduto e i finanziamenti agevolati per la partecipazione delle piccole e medie imprese a fiere e mostre internazionali, svolte anche in Italia, consistono in incentivi in regime “de minimis” con co-finanziamento a fondo perduto in regime di “Temporary Framework*”. L’obiettivo è quello di sostenere la partecipazione a un singolo evento internazionale: fiere, mostre, missioni imprenditoriali e missioni di sistema. In tal modo, l’impresa può promuovere la propria attività sui mercati esteri o in Italia. L’incentivo prevede l’erogazione di un finanziamento destinato per almeno il 30% alle spese digitali connesse al progetto. Il vincolo non si applica se l’evento internazionale riguarda tematiche digitali o ecologiche.

Quali finanziamenti possono richiedere le piccole e medie imprese per le mostre e le fiere?

Il mix di incentivi richiedibili dalle imprese per la partecipazione a mostre e a fiere consiste:

  • in aiuti fino a 150 mila euro e, in ogni modo, non superiori al 15% dei ricavi risultanti dall’ultimo bilancio approvato e depositato dall’impresa;
  • una quota di contributo a fondo perduto di massimo il 40% per le piccole e medie imprese del Sud Italia e del 25% per le Pmi delle altre regioni;
  • la quota di cofinanziamento a fondo perduto è ottenibile, in ogni caso, nei limiti dell’importo massimo complessivo di agevolazione in regime di Temporary Framework per impresa. la durata dei finanziamenti agevolati è di quattro anni, dei quali uno di pre-ammortamento.

Finanziamenti per il commercio elettronico con i contributi Simest: in cosa consistono?

Tra gli incentivi ottenibili dalle piccole e medie imprese rientrano quelli per lo sviluppo del commercio elettronico in Paesi esteri. Sono previsti finanziamenti a tasso agevolato in regime de minimis con cofinanziamento a fondo perduto in regime di Temporary Framework. Gli incentivi sono destinati a realizzare progetti di investimento digitale per creare o migliorare piattaforme di commercio elettronico di proprietà (dedicata); o l’accesso a piattaforme di terzi (market place) per commercializzare beni e servizi prodotti in Italia o con marchio italiano.

Mix di incentivi per il commercio elettronico con l’estero targati Simest: cosa si può richiedere?

Gli importi massimi finanziabili con i finanziamenti e i contributi a fondo perduto Simest relativi al commercio elettronico con l’estero prevedono:

  • un tetto massimo di spesa fino a 300 mila euro per una piattaforma elettronica propria. L’importo concedibile non può eccedere, in ogni modo, il tetto del 15% dei ricavi medi ottenuti dagli ultimi due bilanci approvati e depositati dall’impresa;
  • Il limite di 200 mila euro per una piattaforma di terzi. Anche in questo caso, l’importo concedibile non può eccedere, in ogni modo, il tetto del 15% dei ricavi medi ottenuti dagli ultimi due bilanci approvati e depositati dall’impresa.
  • l’importo minimo degli incentivi è pari a 10 mila euro;
  • la quota massima dei contributi a fondo perduto è pari al 40% per le piccole e medie imprese del Sud Italia e del 25% per le imprese delle altre zone.
  • la durata del finanziamento è pari a quattro anni, dei quali uno di pre-ammortamento.

Come precaricare la domanda dei finanziamenti Simest per i contributi a fondo perduto alle piccole e medie imprese?

Per precaricare la domanda dei contributi a fondo perduto e dei finanziamenti è necessario andare sul portale Simest e, nella finestra di benvenuto, cliccare nella parte di “Inoltra la tua richiesta”. Il click porta direttamente all’area riservata “Sace Simest” da dove si potrà cliccare su “Accedi”. Nella stessa finestra c’è la possibilità di cliccare su “Registrati” nel caso si tratti del primo accesso alla piattaforma.

Bonus 4000 euro Pmi per le spese di digitalizzazione: click day il 16 maggio

Doppio intervento del ministero degli Esteri per la digitalizzazione e l’export delle micro e piccole e medie imprese. Da un lato l’assistenza tecnica sui servizi digitali, offerta in maniera gratuita, per le Pmi. Dall’altro un contributo minimo di 4 mila euro per l’export digitale. E due date da segnare: quella del 28 aprile prossimo per l’apertura di uno sportello telematico informativo; e quella del 16 per la richiesta dei contributi a fondo perduto per la digitalizzazione delle imprese.

Bonus per la digitalizzazione delle Pmi, la misura arriva dal ministero degli Esteri

La misura deriva dal Patto per l’export del 2020, voluta dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio per il rilancio del Made in Italy. Nello scenario attuale, la misura andrà a vantaggio delle imprese, e nello specifico delle micro e Pmi, per l’urgente necessità di digitalizzazione delle attività commerciali e per superare gli ostacoli legati agli accessi alle piattaforme internazionali di commercio elettronico. Inoltre, la misura mira a colmare il gap culturale in ambito digitale delle piccole e medie imprese rispetto ai concorrenti degli altri Paesi europei.

Servizi digitali gratis per le piccole e medie imprese: di cosa si tratta?

Il primo ambito della misura in arrivo dal ministero degli Esteri per la digitalizzazione delle piccole e medie imprese comprende l’assistenza tecnica e gratuita per i servizi digitali delle imprese. Otto provider tecnologici internazionali sono stati selezionati dal bando del ministero degli Esteri sulla base delle offerte presentate per assistere le Pmi italiane nei processi di transizione digitale. Si tratta di eBay, Italia Online, Adiacent, Nexi Payments, Bonucchi e Associati, Google Ireland, Statista.com e Metagorà.

In quali attività le piccole e medie imprese riceveranno supporto dagli otto provider di digitalizzazione dell’export?

Le tipologie di servizi offerti alle piccole e medie imprese riguardano per l’assistenza nella transizione digitale dell’export riguardano:

  • la diffusione via web delle attività di formazione;
  • la conoscenza degli strumenti promozionali per l’esportazione del Maeci;
  • l’aggiornamento del digital temporary export manager;
  • gli studi e le analisi sulla promozione del Made in Italy;
  • la condivisione di provider.

Bonus digitalizzazione delle micro e Pmi: in cosa consistono i contributi a fondo perduto?

Oltre ai servizi di assistenza per la digitalizzazione delle piccole e medie imprese, è previsto un contributo a fondo perduto per l’export digitale. Le risorse per la misura del ministero degli Esteri ammontano a 30 milioni di euro. L’incentivo prevede un incentivo per le micro e le piccole imprese di 4 mila euro per spese ammissibili pari a non meno di 5 mila euro; il contributo può salire a 22.500 euro per i consorzi di imprese che effettuino una spesa minima in strumenti digitali di 25 mila euro.

Quali spese sono ammissibili per il bonus digitalizzazione delle Pmi da 4 mila a 22.500 euro?

Le spese ammissibili per richiedere il bonus da 4 mila a 22.500 euro comprendono:

  • la realizzazione di piattaforma di commercio elettronico verso l’estero;
  • l’implementazione o il potenziamento di applicazioni mobili o di siti internet per le operazioni commerciali;
  • l’automatizzazione delle operazioni;
  • la gestione dei prodotti in via digitale e tramite il marketing digitale.

Come e quando presentare domanda per i contributi a fondo perduto delle micro e Pmi per la digitalizzazione dell’export?

Per la presentazione delle domande è necessario attendere la fine del mese. Il 28 aprile prossimo, infatti, a cura di Invitalia e Ice verrà aperto lo sportello elettronico per ricevere informazioni per usufruire dei contributi a fondo perduto per la digitalizzazione delle micro e piccole e medie imprese. La presentazione vera e propria delle domande è prevista per il 16 maggio 2022. Si tratterà di un click day e la richiesta dei contributi potrà essere presentata tramite il portale di Invitalia.

 

E-commerce, 7 cose da fare prima di aprire un negozio online

E-commerce è sempre più usato in tutto il mondo. Ma se si vuole aprire un negozio online, ecco 7 cose da dover fare per un’idea di successo.

E- commerce perché aprire un negozio online

Aprire un negozio online è una scelta molto impegnativa. E di sicuro non va fatto a cuor leggero, perché come qualsiasi nuova attività commerciale necessita di alcune fasi di analisi. Tuttavia è una scelta che si può fare anche come semplice ampiamento di un’attività già esistente. Facciamo un esempio, una piccola impresa locale ha di solito la sua clientela nelle zone limitrofe.

Ma mettiamo il caso voglia ampliare la sua clientela, può decidere di aprire un negozio online. Ma per non perdere tempo in una scelta fallimentare, occorre fare un’analisi più attenta di alcuni punti. Comunque sia prendersi del tempo utile per analizzare gli aspetti importanti può già essere una saggia scelta.

1. Analizzare il mercato di riferimento

Se si vuole aprire un e-commerce occorre capire il mercato di riferimento. Ebbene prima di offrire un prodotto occorre capire se ci sono i clienti pronti ad acquistare. Quindi definire il target di riferimento. In altre parole a quale fetta di mercato rivolgersi.

Una volta raccolti i dati ed analizzati si può tentare di entrare in contatto con i potenziali clienti. Utilizzare i social per predisporre questionari, sondaggi per saggiare la risposta dei clienti, potrebbe essere ideale. Tuttavia puntare l’orecchio ai clienti non è importante solo in fase di apertura di un negozio online. Sono al contrario attività da effettuare periodicamente per tenere sotto controllo ed eventualmente modificare le strategie di marketing e per offrire un servizio di vendita sempre all’altezza delle aspettative, per monitorare le tendenze del mercato e per coinvolgerli attivamente portandoli a divenire clienti fidelizzati.

2. Realizzare un Business plan

Il Business plan è un documento importante per la pianificazione aziendale ed il lancio del nuovo prodotto. Il Business plan analizza sotto vari aspetti le azioni da compiere che potremmo così riassumere:

  • Scrivere un riassunto dell’idea di business;
  • descrivere l’impresa o la struttura organizzativa che si vorrebbe realizzare;
  • analizzare bene il prodotto oppure il servizio da proporre;
  • Fare analisi di mercato, la concorrenza e la clientela;
  • Definire un piano di marketing completo;
  • valutare il tipo di produzione;
  • il piano finanziario necessario.

Ogni singola operazione permette di valutare la stessa fattibilità e la concretezza della nuova idea di aprire una nuova e-commerce.

3. Scegliere la piattaforma e-commerce

Un e-commerce è un sito web che ha lo scopo di vendere online. Dunque si possono vendere beni, servizi, prestazioni di lavoro indipendentemente dal metodo di consegna o di pagamento. E’ consigliabile anche gestire un multilingue che possa permettere di parlare anche con clienti di nazionalità differenti.

Ideale è anche la possibilità di usare un software gestionale per e-commerce. Si tratta di un programma che permette di semplificare molti processi aziendali. Il programma interamente automatico dà la possibilità di essere efficiente, veloce, anche sia nella gestione degli acquisti che nella preparazione degli ordini. E si proprio degli elementi essenziali per l’e-commerce, che a differenza dei luoghi fisici è molto rapido anche nella conclusione degli affari.

4. Come far provare un prodotto nell’E-commerce

Quando un’azienda decide di immettere sul mercato un nuovo prodotto, oppure una start up vuole verificare un’idea nuova utilizza lo smoke test. E’ una simulazione usata dai programmatori informatici al fine di valutare l’efficacia delle funzioni di base di un software.

Lo smoke test però offre una vasta gamma di vantaggi, tra cui:

  • traction dimostrata con la quale si può valutare il grado di appetibilità per gli investitori;
  • possibilità di organizzare la produzione partendo dalle richieste di un determinato prodotto;
  • possibilità di apprendimento ed ottimizzazione lanciando più smoke test contemporaneamente;
  • fidelizzare il consumatore già da subito.

5. Farsi conoscere sul mercato

E’ chiaro che avendo individuato i clienti ed il prodotto da vendere occorre metterli in contatto. Perché si può avere un prodotto eccellente, ma se il cliente non lo sa, come dovrebbe comprarlo? Ecco che farlo testare potrebbe essere una scelta ottimale, come abbiamo già detto, ma farsi conoscere è ancora più importante.

Pertanto occorre investire sulla pubblicità online. Anche online la pubblicità è l’anima del commercio, ed è una frase che non passa mai di moda. Ciò che occorre fare è che il cliente possa vedere il prodotto, mentre naviga su internet. E quindi fare investimenti online potrebbero essere soldi ben spesi.

6. Gli adempimenti normativi per l’E-commerce

Un negozio anche se online ha sempre bisogno di rispettare la normativa di riferimento e svolgere i necessari adempimenti. Infatti qui si apre tutto il filone dei cookie o dell’approvazione della Privacy online ed il rispetto dei dati sensibili dei clienti. La violazione delle norme del GDPR comporta sanzioni amministrative che possono essere pari al 2 o al 4 per cento del fatturato d’impresa e fino a 20 milioni di euro. Quindi spesso occorre sia una consulenza di un commercialista, ma anche di uno specialista/avvocato che sappia gestire queste tematiche.

Inoltre si ricorda che occorre definire il negozio anche dal punto di vista giuridico, scegliendone la forma individuale o societaria. Infine serve registrarsi presso la Camera di commercio di riferimento che spesso coincide con la sede del suo proprietario. In alcuni casi, quando l’idea è particolarmente innovativa, è possibile richiedere l’iscrizione al registro delle start up innovative della Camera di Commercio per accedere a un regime di favore.

7. La gestione del magazzino e il controllo dei risultati

Se si vendono prodotti online è importante creare anche uno spazio adeguato di magazzino. Questo perché il cliente vuole avere in poco tempo il suo prodotto, quindi deve esserci quando viene acquistato online. Dunque, il venditore può decidere di avere uno spazio proprio, oppure affidarsi allo dropshipping.

Il dropshipping è una tipica modalità di gestione indiretta del magazzino e comporta una grande semplificazione per il venditore che può effettivamente vendere la propria merce senza possederla nel proprio magazzino. In questi casi, l’ordine viene trasmesso direttamente al produttore che provvede a effettuare la spedizione. Tuttavia effettuare costanti controlli periodici permettono una gestione efficiente sia che si un negozio online che un negozio fisico, perché solo così possono prendersi azioni correttive, se necessarie.

 

Cosa non si può fare con il commercio elettronico

I consigli su cosa si può fare per eccellere nella realizzazione di una scheda prodotto di un sito di commercio elettronico (e-commerce) non mancano mai e sono di vario genere. Ma cosa non si può fare lo dicono in pochi. Una pecca che porta i neofiti a commettere una serie di errori banali che gli impedisce di partire con il piede giusto nella loro attività di vendita online.

A questo punto, non ci resta che vedere cosa è consigliato non fare, quindi evitare di compiere su una scheda prodotto che dovrebbe consentire di invogliare il potenziale acquirente a comprare.

Cosa non si può fare con il commercio elettronico: non copiare

La prima regola per tutti coloro che praticano il copywriting o comunque che scrivono contenuti testuali sul web, è non copiare dagli altri siti. E’ risaputo che Google detesta, anzi, penalizza i contenuti duplicati, tanti da ometterli tra i risultati di ricerca o di piazzarli nelle retrovie, dove l’utente non arriva nemmeno. In casi più gravi e reiterati, il motore di ricerca di Mountain View, il più utilizzato in Italia dagli utenti per distacco, può decidere di affossare il sito e-commerce nelle ricerche.

Perché dovrebbe funzionare diversamente quando si crea una scheda prodotto per il proprio sito e-commerce? Pertanto, anche quando si parla di commercio elettronico, evitare di copiare ciò che hanno scritto i siti concorrenti, senza usare nemmeno l’accortezza di rielaborare il testo o di aggiungere qualcosa di originale, porta al medesimo risultato: un disastro. D’altronde, cosa dovrebbe leggere di diverso l’utente che non abbia già letto di quella scheda prodotto dalla casa madre?

Il danno e la beffa: copiare fa incavolare Google rendendoti quasi invisibile agli utenti, i quali non trovando niente di nuovo o che possa almeno incuriosirli, pur essendo piombati sul sito di commercio elettronico, sorvolano e non acquistano.

Evitare troppi banner e altri elementi di disturbo

Non inserire troppe pubblicità, troppi banner o altri elementi di disturbo che possano distogliere l’attenzione del potenziale cliente/acquirente sul prodotto che s’intende vendere. Tra gli elementi di disturbo ci sono anche i menù di navigazione laterali che inducono l’utente a cambiare pagina e fargli perdere completamente l’attenzione sulla scheda prodotto. Il cliente potrebbe così essere urtato da tanti elementi estranei, da scappare dal sito di commercio elettronico, nonostante fossero interessati al prodotto.

Non promettere ciò che non puoi mantenere

E’ una delle regole d’oro da rispettare per chi gestisce un e-commerce. Inserire una tot quantità di prodotto disponibile all’acquisto immediato, quando in realtà non sono nemmeno stati stoccati in magazzino, vuol dire rischiare di illudere tanti clienti di poter ordinare e ricevere velocemente un determinato prodotto che in realtà non è ancora reperibile. Si tratta di gettare l’esca per far abboccare i clienti, peccato che le aspettative saranno disattese per forza di cose e questo porterà al sito di commercio elettronico a perdere altri cliente, perché è risaputo che la pubblicità negativa, quindi le pessime recensioni, fanno allontanare chiunque voglia avvicinarsi.

La stessa cosa vale per i tempi di consegna, non solo non va indicata una disponibilità che non c’è, ma lede gli interessi del sito e-commerce anche indicare una arco di tempo di consegna impossibile o quasi da rispettare.

Il commercio elettronico deve essere ottimizzato in tutti i sensi

Non ci si può permettere di avere grandi aspettative di vendita del proprio prodotto del sito e-commerce, se non è ottimizzato per i dispositivi mobili. Ormai, la gran parte delle ricerche da parte degli utenti e nel caso specifico da potenziali clienti/acquirenti sono effettuate da mobile. Questo vale per un qualsiasi sito, anche non e-commerce.

Avere nel sito link rotti o non funzionanti che restituiscono un errore 404 all’utente, è un macigno pesante da togliersi da dosso. Non utilizzare la SEO nella scrittura, usare immagini di scarsa qualità, omettere la pagina “Chi siamo” e le recensioni dei prodotti in vendita, creare una navigazione complicata e/o un’esperienza d’acquisto difficile, non offrire incentivi di alcun tipo, tutti questi errori od omissioni indicate nell’articolo, non possono che diminuire se non azzerare il tasso di conversione.

Quindi? Se il sito di commercio elettronico è già così mal messo, non resta che affidarsi a dei professionisti esperti (consulenti, programmatori, sistemisti e similari) per correre ai ripari, ma la strada non sarà affatto breve e semplice.

La speranza è che questo articolo possa essere letto da chi ancora non ha lanciato il proprio e-commerce, in modo da capire cosa non fare!

E-commerce: strategie SEO per vendere con successo

Un imprenditore che attraverso il proprio e-commerce vuole vendere con successo, non può fare a meno di utilizzare la SEO (Search Engine Optimization) che tradotto in italiano vuol dire “ottimizzazione dei motori di ricerca”.

Cos’è la SEO

Senza perderci in termini troppo tecnici, la SEO è l’insieme delle strategie e pratiche teso ad aumentare la visibilità di un sito internet. In parole ancora più semplici, l’obiettivo è comparire nei primi risultati restituiti dal motore di ricerca per antonomasia: Google, quando l’utente e potenziale acquirente digita una parola chiave o una frase ad essa correlata che riguarda il prodotto a cui è interessato.

Il raggiungimento di tale obiettivo significare ricevere molto più traffico utenti sul proprio e-commerce, quindi, avere molte più probabilità di vendere con successo. Scegliere di concentrarsi sulla SEO, vuol dire anche servirsi di uno strumento molto efficace e decisamente a basso costo, rispetto all’utilizzo di campagne pubblicitarie a pagamento come Facebook Ads e Google Ads.

C’è da dire, che adottare la SEO non è affatto un compito semplice, tutt’altro. E’ necessario avere delle competenze per applicarla sul proprio e-commerce con efficacia. Se si ritiene di non averne a sufficienza, è consigliato rivolgersi a un professionista del settore.

Ottimizzare i contenuti per i motori di ricerca

I contenuti del proprio e-commerce devono essere ottimizzati per i motori di ricerca, per farlo si deve agire sulla struttura del sito, delle pagine e dei contenuti del catalogo. Il lavoro va svolto anche sul codice HTML dei contenuti, sulla gestione dei link presenti nell’articolo del sito, sulla descrizione dei prodotti o della pagina del proprio e-commerce. Grande importanza ricopre anche il lavoro svolto sui contenuti testuali dei propri articoli o delle descrizioni dei prodotti.

Come ottimizzare i testi per vendere con successo

E’ necessario creare contenuti testuali originali e di qualità che possano stimolare l’utente impegnato nella loro lettura, soddisfacendone le esigenze e di conseguenza, avere maggiori possibilità di vendere con successo. L’ottimizzazione di un articolo passa anche per la sua lunghezza. A quanto pare, Google apprezza e premia quelli composti da circa 3.000 parole. Tuttavia, il consiglio è di fare in modo di strutturare al meglio il contenuto di un articolo, specie se è lungo.

A tal proposito, l’utilizzo di qualche grassetto e soprattutto di titoletti è importantissimo, così come evitare frasi e paragrafi troppo lunghi che potrebbero confondere l’utente e magari annoiarlo.

Scelta delle keyword

La scelta delle parole chiave (keyword) è fondamentale per redigere un articolo in ottica SEO e ci si può avvalere di due tool gratuiti: Google Trends e Keyword Tool. Il primo indica gli argomenti in tendenza e il loro andamento trascorso. Il secondo dà la possibilità di trovare parole chiave correlate a quella cercata.

Attenzione, è consigliato l’utilizzo di keyword con medio-bassa concorrenza e di affidarsi all’uso delle long tail keywords, ossia una frase che contenga la parola chiave principale e che possa rappresentare una ricerca più di nicchia. Per verificarlo, è sufficiente digitare la frase e vedere quanti risultati restituisce il motore di ricerca, minore è il numero e più bassa è la concorrenza.

Titoli e keyword stuffing

L’ottimizzazione SEO di un articolo scritto sul proprio sito passa principalmente per il titolo che deve essere inerente al contenuto. E’ altrettanto importante evitare un utilizzo spropositato delle parole chiave. Erroneamente, si pensa che inserirla quante più volte possibile nel contenuto testuale possa aumentarne il piazzamento. In realtà, Google ne penalizza l’abuso (keyword stuffing), per cui è indicato usare la parola chiave solo in qualche occasione e comunque in modo proporzionato alla lunghezza del testo.

I fattori di ranking SEO per e-commerce

Conoscere i fattori di ranking SEO significa capire come scalare la SERP e comparire tra i primi risultati di ricerca. Abbiamo già parlato dell’utilizzo delle parole chiave e del titolo, ma adesso ci soffermiamo anche sull’importanza dei link. E’ indispensabile eliminare collegamenti esterni interrotti, per questo si deve controllare se la URL introdotta è corretta. Anche creare una link building interna per collegare i contenuti del proprio e-commerce è fondamentale.

Altro fattore di ranking SEO è rappresentato dalla velocità di caricamento delle pagine del proprio negozio online, più è bassa e maggiore è la possibilità di perdere posizionamento. Inoltre, si deve consentire agli utenti di navigare all’interno del sito con estrema facilità, in modo intuitivo. Per verificare se ciò accade, è sufficiente controllare la frequenza di rimbalzo su Google Analitycs che indica la percentuale degli utenti che abbandona la navigazione del proprio e-commerce. Per testare la velocità del proprio sito è possibile usare degli strumenti gratuiti come Google PageSpeed Insights.

Ottimizzazione immagini e video

Non solo testi, la SEO va applicata anche alle immagini e ai video inseriti nell’articolo. Il potenziale acquirente di un e-commerce può cercare informazioni su un prodotto anche tramite la ricerca di immagini. Per questo motivo, è importante fornire una descrizione dettagliata dell’immagine nel testo alternativo al fine di ottimizzarla. Da scegliere anche un nome per ogni foto carica di parole chiave.

Non tutti i proprietari di un negozio online inseriscono dei video. Peccato, perché costituiscono uno strumento importante per fornire informazioni su un prodotto e invogliare l’utente-cliente ad acquistare. Per ottimizzare i video è consigliato utilizzare la funzione di completamento automatico di YouTube, al fine di conoscere quali sono le keyword phrase usate dagli utenti che cercano contenuti video inerenti il prodotto venduto online.

Per farlo, basta digitare l’argomento del proprio video e osservare le parole chiave suggerite che vanno utilizzate nel proprio canale e nella descrizione del proprio video.

 

eCommerce in aumento in Italia

L’eCommerce sta dilagando anche in Italia, tanto che nel 2017 le imprese che vendono online sono arrivate quasi a quota 18mila, registrando così un aumento dell’8,4% rispetto all’anno precedente. Ma a questa cifra se ne aggiungono altri 10mila, che sono negozi offline ma che hanno una vetrina anche sul web.

Purtroppo, però, non tutto è positivo, perché in realtà i siti minori raccolgono dal commercio online neanche il 5% delle vendite totali, come è stato confermato da Confesercenti sui dati camerali e quelli provenienti dall’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano.

Ma intanto le percentuali crescono, tanto che dal 2012 al 2017 si nota un aumento del 72,6% ed un incremento netto di oltre 7.500 unità, che sono una media di 4 al giorno.

Sebbene si tratti di una crescita rilevata a livello nazionale, il Sud ha ottenuti i risultati più sorprendenti, tanto che, dal 2012 ad oggi, ha visto più che raddoppiare (+116,9%) i merchant online, ed un incremento del 12,8% solo nell’ultimo anno.

A livello provinciale, però rimane la Lombardia ad ottenere le performance migliori, con 3.226 attività, quasi un quinto del totale nazionale. Seguono Campania (con 2.204 negozi online) e Lazio (2.078).

Unico neo, dunque, rimane quello della spartizione di questi risultati, che hanno portato il valore degli acquisti online a oltre 23,6 miliardi di euro: a beneficiarne sono per la maggior parte i grandi, tanto che i primi 20 merchant realizzano il 71% del mercato, e i primi 250 il 95%.
Il rimanente 5% va spartito tra i piccoli siti di eCommerce che insieme fatturano meno di un miliardi di euro.

Mauro Bussoni, Segretario Generale di Confesercenti, ha dichiarato in proposito: “L’accelerazione degli acquisti online degli italiani ha attirato molti neo-imprenditori, soprattutto tra i giovani in cerca di occupazione: in media i merchant hanno 39 anni, quasi 10 in meno della media del commercio, ed il 28% ha meno di 35 anni. Purtroppo però l’eCommerce è un settore ad altissimo tasso di competizione, in cui trovare uno spazio al di fuori dei grandi marketplace come Amazon ed eBay è molto difficile. A incidere è anche un dislivello fiscale tra le attività italiane e quelle estere operanti nel nostro Paese, che permette a queste ultime di essere più competitive sul fronte dei prezzi: ma conta pure il ritardo con cui il sistema Italia, a parte poche eccezioni, s’è affacciato a questo mondo. Cui, però, non dobbiamo rinunciare. Per questo, oltre ad una webtax equilibrata che risolva le iniquità fiscali, al prossimo governo chiediamo anche di investire per un aggregatore nazionale che dia visibilità alle PMI italiane dell’ecommerce. Ma anche una maggiore attenzione ad abusivismo e contraffazione, che sul web purtroppo sono dilaganti, senza dimenticare le concentrazioni di mercato che impediscono lo sviluppo del settore, e sulle quali solleciteremo un’indagine presso l’Autorità Garante”.

Vera MORETTI

E-commerce in aumento in Italia, ma gli scettici sono ancora tanti

Anche l’Italia, molto lentamente, sta imparando ad acquistare online sempre più spesso, tanto da raggiungere, ad oggi, una percentuale del 20% che riguarda coloro che optano per l’e-commerce tramite smartphone almeno una volta alla settimana, numero che sale al 24% per chi utilizza il pc e si assesta al 19% per chi preferisce il tablet.

Il motivo principale di questa scelta resta quello economico, poiché online si risparmia quasi sempre, e infatti il 49% di coloro che si avvalgono dell’e-commerce sostengono di fare spese online proprio per questo. Ma anche la comodità non è da sottovalutare, almeno per il 30% degli intervistati. Solo il 18% decide di comprare via internet per l’assortimento.
Ovviamente, a preferire questo tipo di shopping, più veloce ed immediato, sono i giovani, che sono sempre più restii a recarsi nei negozi, di qualunque genere si tratti.

Secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio nazionale Federconsumatori, l’e-commerce non offre vantaggi solo ai consumatori, ma anche ai commercianti, poiché online si può raggiungere una clientela molto più vasta, anche se sono ancora molti, il 31%, i negozianti che lo considerano, al contrario, una minaccia per la distribuzione tradizionale.

In ogni caso, è anche vero che i negozi online crescono ad un ritmo più veloce rispetto a quelli tradizionali, poiché una ricerca condotta da InfoCamere per Unioncamere rivela che il numero delle imprese che vendono online i loro prodotti e servizi è aumentato di 8.994 unità tra il 2009 e il 2015 mentre, contemporaneamente, il settore del commercio al dettaglio, che riguarda poco più di 870mila aziende, ha registrato una crescita di sole 7.170 imprese (+0,83%).

Vera MORETTI

L’e-commerce in Russia ha superato 26 miliardi di dollari

La Russia rappresenta, per l’Italia e per il suo Made in Italy, una grossa opportunità di crescita, soprattutto ora che il mercato russo dell’e-commerce ha superato i 26 miliardi di dollari, come stimato dai dati EWDN 2017 del Russian e-Commerce Report.

Giulio Gargiullo, esperto di digital marketing in Russia, ha commentato così questo dato: “Il Made in Italy è fortemente apprezzato nella Federazione Russa ed è importante approfittare del momento favorevole dell’e-commerce russo: da un lato questo cresce costantemente, a differenza degli acquisti retail che sono stati colpiti dalla crisi, dall’altro consente alle aziende italiane di sviluppare un commercio nell’economia di Mosca che va riprendendosi già nel 2017 e, come testimoniano i dati EWDN, i russi apprezzano particolarmente gli acquisti cross-border (+26% ). Molteplici i segnali positivi nell’economia russa: la ripresa in parte del rublo, i buyer russi che tornano nei principali eventi fiore all’occhiello del Belpaese come Pitti come segnalano gli ultimi dati cpm di Mosca sull’abbigliamento e maglieria (+5%) o gli arrivi previsti al prossimo Salone del Mobile. Poi il ritorno dei russi in Italia come da dati Global Blue, secondo i quali gli acquisti tax free sono aumentati del 9% fra ottobre e dicembre 2016”.

Particolare attenzione merita il settore del lusso, che in Russia sta prendendo sempre più piede e che coinvolge ovviamente i fiori all’occhiello del nostro Made in Italy. Ma, nonostante questo, il luxury online ancora non viene preso molto seriamente, con il rischio di perdere un’ottima opportunità, considerando che proprio quello russo è il mercato principale del lusso tra i paesi emergenti.

A confermare le prospettive future è Gargiullo, che conclude così: “Il commercio online in Russia continuerà a crescere grazie all’espansione della penetrazione di internet, soprattutto quella mobile, anche nelle aree più remote. Questo verrà favorito anche dall’uso sempre maggiore di mezzi elettronici di pagamento, miglioramenti nella logistica e la diminuzione dei costi di spedizione in corso. Basti pensare che i prezzi degli immobili per magazzinaggio alla fine del 2016 sono scesi a meno del 60% dei prezzi registrati all’inizio della crisi”.

Vera MORETTI

Made in Italy: la crescita dipende dall’e-commerce

Le imprese italiane lo stanno finalmente capendo: per reggere la concorrenza con l’estero, devono necessariamente farsi strada nell’e-commerce, per far conoscere e vendere i propri prodotti, considerando che sono sempre di più gli utenti che ricorrono al digitale per i loro acquisti.

Il Made in Italy, dunque, dovrà procurarsi sempre più spazio in rete, per rimanere al passo ma anche per dimostrare di essere innovativo e saper cogliere le giuste opportunità.
Le prime basi sono state gettate, poiché nel 2016 l’e-commerce è aumentato del 24%, ma si può e si deve fare di più, poiché si tratta ancora del 6% totale delle esportazioni Made in Italy.

Si tratta di dati resi noti dall’Osservatorio Export del Politecnico di Milano, che evidenzia opportunità e ritardi dell’export digitale in Italia, basandosi sull’esperienza di 100 aziende campione nei settori consumer.

Riccardo Mangiaracina, direttore dell’Osservatorio, ha dichiarato in proposito, consapevole del fatto che delle 210mila imprese esportatrici italiane, la maggioranza vende all’estero meno del 10% del fatturato: “In uno scenario internazionale altamente competitivo, con consumatori sempre più inclini all’uso delle tecnologie digitali, l’adozione dell’e-commerce come canale di vendita all’estero può risultare una scelta vincente”.

Ma quali settori hanno dimostrato di essere più propensi e quindi più innovativi? Prima di tutto la moda, che copre il 60% dell’export digitale italiano, poi l’alimentare (17%), l’arredo e il design (entrambi al 12%).
I canali di vendita digitale all’estero sono principalmente quattro: retailer online (come Yoox, Zalando o Net-a-porter Group), marketplace (come Amazon o eBay, con domini italiani o esteri), siti di vendite private e le stesse aziende.

I mercati verso cui sono dirette le maggiori esportazioni rimangono ancora Europa e Stati Uniti, con Est europeo in netto rialzo, anche se le opportunità maggiori derivano, ad oggi ma anche in futuro, dalla Cina e dagli Stati Uniti, mercati attivi e molto promettenti, non solo per la considerazione di cui gode il Made in Italy, ma anche per l’elevato numero di utenti digitali.
In questo secondo caso, per la precisione, la Cina è infatti il Paese che ne detiene il primato, con circa 688 milioni di cittadini, che rappresentano la metà della popolazione, regolarmente connessi.
Dati alla mano, l’e-commerce cinese, che rappresenta il 45% del mercato mondiale, ha messo a segno nel 2016 una crescita del 23,6% e transizioni per un valore di circa 2.700 miliardi di euro.

E gli Stati Uniti? Il mercato non è certo giovane, ma nonostante ciò ci sono previsioni di forte crescita sul web, tanto che nel 2016 i consumi online hanno raggiunto un valore di 489 miliardi di euro (+12% rispetto al 2015), facendo degli Usa il secondo mercato al mondo per l’e-commerce.

A frenare l’export italiano verso le mete oltreoceano è la consapevolezza che si tratta di un mercato difficile, poiché le aziende hanno un controllo limitato sui processi logistici verso gli Usa, e nessuna presenza sul posto o magazzini e strutture distributive in loco, nonché una mancanza di figure addette all’export, che abbiano adeguate conoscenze in ambito digitale e nell’e-commerce.

Vera MORETTI

Black Friday e Cyber Monday: si risparmia davvero?

Anche in Italia ormai si attendono il Black Friday e il Cyber Monday, il “venerdì nero” e il “lunedì cibernetico” degli sconti online che segnano l’inizio dello shopping natalizio negli Usa e che da qualche anno tentano di sfondare anche in mercati digitali differenti.

Quest’anno le date sono il 25 e il 28 novembre. idealo, portale di comparazione prezzi, ha indagato la tematica per capire se il risparmio legato a queste giornate sia così netto anche sul mercato italiano.

In Italia, nel 2015 si è registrata una crescita del fenomeno pari al 33,46% rispetto all’anno precedente, in base ai dati di traffico del portale Idealo. In dettaglio, l’incremento percentuale di traffico rispetto alle tre settimane precedenti e successive è stato nel 2015 del 78% per il Black Friday e del 40% per il Cyber Monday.

Nel 2014, invece, le impennate sono state più contenute: 11,03% visitatori in più per il Black Friday e appena il 4,52% per il Cyber Monday. Ciò implica che l’indice di popolarità degli sconti di fine novembre è in crescita anche in Italia.

Le categorie di prodotti più ricercate in Italia in occasione del Black Friday e del Cyber Moday nel 2015 sono state per lo più legate al settore tecnologico: console di gioco, robot da cucina, notebook, TV LED, obiettivi, fotocamere, smartphone, ultrabook e smartwatch. Sintomo che il consumatore hi-tech italiano ha ormai superato le barriere legate alla diffidenza di acquistare online. A maggior ragione se ne ottiene un risparmio.

Per quanto concerne l’entità degli sconti offerti dai retailer che hanno aderito all’iniziativa lo scorso anno, idealo ha constatato un livello medio dei ribassi pari al 6%. Gli sconti più significativi sono stati praticati, in occasione del Black Friday, su “Robot da cucina” (13,3%), “Smartwatch” (8,1%), “Fotocamere Bridge” (6,7%) e “Notebook” (5,9%).

Gli articoli sui quali è attualmente puntata l’attenzione dei consumatori digitali italiani fanno capo principalmente a due colossi tech quali Apple e Samsung ma rivelano anche sorprese inattese. Interessante notare, ad esempio, la presenza di giocattoli elettronici tra le categorie monitorate a Novembre, tra cui gli innovativi animaletti elettronici Hatchimals e i droni DJIl, due articoli di tendenza in vista della corsa ai regali di Natale.

Amazon resta una delle piattaforme e-commerce maggiormente coinvolte dall’iniziativa, anche per quanto concerne l’entità degli sconti offerti. Però, sebbene Amazon possegga il catalogo più ricco nel panorama italiano (almeno nel settore tech), l’entità degli sconti offerti per l’occasione è spesso più evidente presso altri rivenditori. In media, ad esempio, il sito Stockisti.it ha offerto sconti del 2% più elevati rispetto a quelli del colosso americano.