Missione dei commercialisti italiani negli Emirati Arabi

I commercialisti italiani sbarcano negli Emirati Arabi. Nell’ottica di una crescente importanza dei processi di internazionalizzazione da parte delle imprese, che i commercialisti italiani sono chiamati a sostenere con la loro opera e le loro competenze, il Consiglio nazionale di categoria promuove una missione negli Emirati Arabi Uniti dal 2 al 7 novembre 2015, aperta a tutti i commercialisti italiani.

Non è un caso che la meta scelta come destinazione siano gli Emirati Arabi. Gli Stati del Golfo Persico, infatti hanno una elevata propensione a un regime di libero scambio ed è forte e risaputo il loro interesse nei confronti del made in Italy.

I commercialisti italiani che parteciperanno avranno l’opportunità di incontrare esponenti delle istituzioni locali, delle rappresentanze diplomatiche italiane, degli organismi finanziari, del mondo professionale locale e altri soggetti che supportano le attività di internazionalizzazione verso quell’importante mercato.

Il viaggio è anche un’opportunità per acquisire crediti formativi (8 per la precisione), che saranno erogati ai commercialisti italiani che si iscriveranno tramite la partecipazione a un seminario sugli incentivi e sulle strategie a sostegno dell’internazionalizzazione, organizzato dal Consiglio nazionale. Per info e adesioni scrivere a international@commercialisti.it entro il 16 ottobre 2015.

Appuntamento ad ottobre con il Salone del Franchising di Milano

La trentesima edizione del Salone del Franchising si terrà a Milano dal 23 al 26 ottobre 2015, ospitato dalla Fiera Milano di Rho/Pero, in concomitanza con Host, la fiera dell’hotellerie e del food service, e vicina ad Expo, che sarà attivo fino al 31 ottobre.

Si può dire, quindi, che come ubicazione e sinergia questa edizione nasce entro una buona stella, allietata inoltre dal trend positivo che finalmente il settore ha raggiunto, dopo anni di stabilità dovuta anche e soprattutto alla crisi.
Il bilancio, ad oggi, è positivo per lo 0,4%, con un giro d’affari pari all’1,4% del PIL italiano, un fatturato medio per ogni catena di 23 milioni di euro e 1.200 addetti.

A fare da traino a questa lenta ma incoraggiante ripresa è stato il settore food, che segna un +6% rispetto allo scorso anno, poiché la formula del franchising viene vista come vincente per espandere il Made in Italy.
Non a caso, i negozi in franchising che sono sorti all’estero negli ultimi anni riguardano soprattutto pizzerie, gelaterie, yogurterie, pub e caffetterie, con un’attenzione particolare per mercati quali il Regno Unito, la Germania e la Francia, ma anche Cina, Emirati Arabi e Russia.

Il Salone, dunque, punterà a favorire l’arrivo di operatori professionali dall’estero ma anche l’internazionalizzazione, che già ha avuto una spinta notevole, con il 4% dei franchisor italiani proiettati verso l’estero e il 17% con progetti di carattere nazionale.

L’evento, inoltre, sarà rivolto particolarmente ai giovani, per i quali mettersi in proprio affidandosi ad un team di esperienza può rappresentare la scelta giusta per il futuro, ma anche a negozianti interessati alla formula del franchising e agli investitori di fondi o aziende, senza dimenticare i retailer e gli operatori internazionali.

Vera MORETTI

I gioielli Made in Italy volano a Dubai

Nonostante l’estate non sia ancora finita, c’è chi si porta avanti e pensa al Natale.
Durante l’ultima edizione del Vicenza Oro Fall 2014, svoltasi presso Fiera di Vicenza dal 6 al 10 settembre, sono state presentate le nuove collezioni di gioielli, quelle invernali, destinate a spopolare proprio sotto le feste.

Ma le novità non sono rappresentate solo dall’originalità delle preziose creazioni, ma anche da importanti partnership che porteranno i gioielli Made in Italy negli Emirati Arabi, e precisamente a Dubai, dal 23 al 26 aprile 2015.

Ciò è stato reso possibile grazie ad un accordo sancito tra Fiera di Vicenza e il Dubai World Trade Centre, che ha portato all’organizzazione del VicenzaOro Dubai, che si preannuncia come un vero e proprio show della gioielleria italiana.
Ma non solo, poiché la manifestazione segna un passo avanti verso un legame sempre più fitto tra Occidente e Oriente, e precisamente tra prodotti Made in Italy e la potenziale clientela degli Emirati Arabi Uniti.

Matteo Marzotto, presidente della Fiera di Vicenza, ha dichiarato in proposito: “Si tratta di una nuova società costituita in joint-venture con il World Trade Centre di Dubai ed è stato lo stesso emiro a volere che il nome della fiera nell’Emirato contenesse quello della nostra città“.
Marzotto vuole che il business del settore subisca una forte accelerazione: “La manifattura italiana del gioiello è ancora un punto di riferimento in tutto il mondo anche se i volumi di lavorazione nel nostro Paese si sono ridotti moltissimo: dalle quasi 300 tonnellate di oro che sono state trasformate nel ’92 in Italia siamo scesi a 60, mentre tra Cina e India se ne trasformano ben 500. Il futuro del nostro settore è dunque all’estero, dove il mercato apprezza moltissimo creatività, design e know-how italiani“.

Le esportazioni italiane di gioielleria hanno visto crescere i propri valori percentuali già nei primi quattro mesi del 2014, con un aumento del 6,9%.
Lo scettro di maggiori importatori di gioielli Made in Italy spetta proprio agli Emirati Arabi, che assorbono oggi il 24,3% dell’export italiano, seguiti dalla Svizzera, con il 17,5%.
Hong Kong è salita al terzo posto con una quota del 10,2% sul totale in aumento del 110% rispetto allo stesso periodo del 2013.
Sostanziali incrementi dell’export anche verso la Germania (+40%) e il Regno Unito (+39%).

Il comparto gioielleria, anche negli ultimi due anni, falcidiati dalla crisi, ha dimostrato di godere di buona salute, tanto da registrare, dal 2012 ad oggi, un aumento delle imprese orafe e del gioiello, passando da 16.187 a 16.451 unità.

Vera MORETTI

Agli Emirati piacciono i gioielli Made in Italy

Che in Oriente il lusso, soprattutto se Made in Italy, abbia un forte appeal, è cosa risaputa, ma forse non tutti sanno che gli Emirati Arabi, quando devono fare acquisti di gioielli di alta gamma, non conoscono altre mete se non l’Italia.

Ciò è stato confermato dall’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Milano, che ha reso noto come i Paesi del Golfo Persico nel 2013 hanno speso 1,2 miliardi in gioielli Made in Italy, pari a un quinto di tutte le vendite nazionali del settore fatte all’estero.

In occasione della conferenza internazionale sui Paesi del Golfo organizzata da Promos, l’azienda speciale della Camera di commercio, Ispi e Intesa Sanpaolo, è stato spiegato che per la Lombardia si tratta di un giro d’affari da 7 miliardi all’anno tra import e export.

Tra i principali clienti figurano gli Emirati Arabi e l’Arabia Saudita, mentre i maggiori fornitori sono Qatar e ancora una volta l’Arabia Saudita.

Tradotto in cifre, l’esportazione dei gioielli Made in Italy frutta 3,5 miliardi di euro, contro un’importazione di petrolio pari a 1,9 miliardi.
Attiva nel settore è principalmente Milano, con 4 miliardi di interscambio, seguita da Mantova che ha un interscambio pari a 800 milio e Bergamo oltre i 500 milioni di euro.

Luigi Molinari, consigliere della Camera di Commercio di Milano, ha commentato soddisfatto: “Apprezzano prima di tutto qualità e buon gusto, a partire dal settore della moda“.

Vera MORETTI

Made in Italy verso i Paesi emergenti

Poiché il mercato interno continua ad essere fermo, le imprese si vedono costrette sempre più frequentemente a spostarsi verso l’estero.
Ma non è per tutti facile trovare le risorse per effettuare questa operazione.

Per questo motivo, le banche e le compagnie di assicurazione hanno deciso di affiancarsi alle aziende che vogliono investire o accrescere la loro presenza, nonché la loro competitività, verso i Paesi esteri.

Esempio concreto di ciò è il caso di Iccrea BancaImpresa e Sace che hanno appena rinnovato due accordi.

  • Il primo riguarda, con un plafond di 30 milioni di euro, il finanziamento a breve termine (tra i 6 e i 18 mesi meno un giorno) per aziende con fatturato complessivo fino a 250 milioni di euro che hanno necessità di capitale circolante per l’acquisizione di contratti con l’estero.
  • Il secondo, che ha un plafond di 100 milioni di euro, viene proposto come finanziamento a medio e lungo termine (durata massima 8 anni) per Pmi con un fatturato non superiore ai 250 milioni di euro, di cui almeno il 10% rivolto ai mercati esteri.

Entrambi i finanziamenti sono garantiti da Sace fino al 70% dell’importo richiesto.

Anche le Istituzioni vogliono dare il loro contributo, come accade in Puglia, con la Regione che ha lanciato un programma promozionale per cui il servizio Internazionalizzazione e quello Ricerca industriale e innovazione si coordinano insieme per “azioni congiunte di promozione dell’internazionalizzazione”.
La Regione Lombardia, invece, assegna voucher che consentono alle imprese di acquistare servizi a supporto dell’internazionalizzazione presso soggetti terzi. Il valore dei voucher varia “a seconda della tipologia e dell’area di intervento, da un minimo di euro 1.200 a un massimo di euro 3.000”.

E poi ci sono i privati, come Antonello Martinez, avvocato di Oristano partner dello studio legale Martinez & Novebaci e presidente nazionale dell’Associazione italiana avvocati d’impresa, fondata nel 1947.

Ebbene, Martinez ha avuto l’intuito di dedicarsi all’internazionalizzazione delle imprese, individuando, già nel 2004, le potenzialità di mercati emergenti quali Emirati Arabi e Russia.
Si tratta di Paesi attratti da tutto ciò che è Made in Italy, a cominciare dalla moda, fino ad arrivare al cibo, passando per il design.

Queste le sue parole al riguardo: “Tutti quelli che ci sono venuti finora hanno fatto veramente numeri imbarazzanti. Chi è potuto andare in precedenza in questi paesi rappresentava la grande impresa, mentre l’imprenditore medio italiano era tagliato fuori. Ma per quanto riguarda fashion, arredamento per la casa, food, l’Italia è ambitissima“.

Il problema maggiore, da sempre, è la contraffazione, a cominciare dai finti ristoranti italiani che, a Dubai come a Mosca, si sono diffusi negli ultimi anni, ma anche i supermercati russi e cinesi che espongono vini e pasta che di Made in Italy non hanno nulla.

Antonello Martinez, dunque, lavora proprio per evitare la diffusione di prodotti falsi e al contempo supporta le pmi italiane che desiderano esportare i loro prodotti: “Adesso e in particolare su Dubai sto ultimando tre operazioni importanti che possono coinvolgere centinaia di piccoli imprenditori che abbiano prodotti di qualità a prezzi concorrenziali. La prima è una piattaforma di rappresentanze dove gli imprenditori, con un investimento molto contenuto, hanno modo di provare la capacità di penetrazione della loro merce sul territorio. La seconda è un progetto molto avanzato che si riferisce al Dubai Mall, un centro commerciale gigantesco, in cui ci sono tutti i migliori brand italiani e dove prenderò dei grandi spazi per farne un multibrand italiano, sotto un’unica insegna. Il problema è quello di portare negli Emirati la media e piccola impresa, quindi anche un’azienda molto piccola, che con costi molto contenuti possa promuovere il prodotto su un mercato estero così importante. La terza è un’operazione molto mirata e mentre le altre due sono in uno stadio più avanzato questa è ancora in fieri. Negli alberghi di Dubai che sono i più lussuosi del mondo, qualcuno addirittura a sette stelle, con design moderni che riecheggiano la tradizione araba senza essere pacchiani, due cose saltano agli occhi: la prima è il servizio inadeguato, affidato prevalentemente a personale del sud est asiatico; la seconda è che la qualità media dei cosiddetti ristoranti italiani è bassissima. L’idea quindi è di fondare una scuola per cuochi e camerieri, o aiutare una scuola italiana del settore a trasferirsi negli Emirati“.

Niente piccole imprese, invece, verso il mercato russo, dove l’interesse è rivolto verso aziende di dimensioni più grandi, e quindi di numero ridotto.
Il progetto a cui Martinez sta partecipando prevede la costruzione di un centro commerciale, una specie di Casa Italia dove raggruppare tutte le imprese e dove esporre i prodotti.

Vera MORETTI

Il Made in Italy si fa strada all’interno della DAFZA

Il Made in Italy, che tanto piace in Oriente, dove i Paesi emergenti rappresentano i punti di forza dell’export di casa nostra, troverà presto una collocazione importante all’interno della Dubai Airport Freezone, definita Prima Freezone del mondo dal Foreign Direct Investment per l‘anno 2012.

La DAFZA, infatti, ha recentemente concluso un roadshow in Italia, con l’obiettivo di incontrare aziende interessate ad opportunità di internazionalizzazione in una zona, Dubai appunto, che si pone come porta d’accesso per i mercati del Medio Oriente.
I workshop sono stati realizzati con la collaborazione dell’Ambasciata d’Italia negli Emirati Arabi Uniti e del Consolato Generale d’Italia a Dubai.

Fare business con gli Emirati Arabi non rappresenta certo una novità, per i marchi italiani di fama internazionale, ma ultimamente i rapporti tra le nazioni si sono infittiti e, ancora oggi, sono in costante crescita.
A dimostrazione di ciò, ci sono i dati riguardanti le esportazioni italiane verso gli EAU relative al 2012, che hanno raggiunto la cifra record di 5,517 miliardi di Euro, con un incremento rispetto al 2011 del +16,7%, mentre le importazioni dagli EAU si sono assestate sui 651 milioni di Euro.

Jamal Bin Marghoob, Direttore Marketing e Comunicazione della Dubai Airport Freezone, ha dichiarato: “La Dubai Airport Free Zone, nata con l’obiettivo di favorire gli scambi commerciali internazionali, offre alle aziende italiane che vogliono operare in Medio Oriente servizi di marketing di qualità in collaborazione con il Ministero dell’Economia. Questa partnership sta dando ottimi frutti, tanto che II numero di imprese italiane insediate nella Freezone è cresciuto molto negli ultimi anni. Le realtà europee attualmente rappresentano il 31% di tutte le aziende presenti nella Dubai Airport Freezone. La Dubai Airport Freezone è la scelta ottimale per tutte le realtà imprenditoriali che sono alla ricerca di strutture all’estero in grado di offrire servizi di primo livello e consulenza professionale specializzata, grazie anche alla partnership con lo studio Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners”.

Fanno già parte della Dubai Airport Freezone 27 aziende italiane tra le più autorevoli, come Luxottica, Montegrappa, Ariston, Frey Wille, Guzzini.
Oltre alla posizione strategica di Dubai, città al centro delle principali vie di comunicazione globali e caratterizzata da interessanti opportunità imprenditoriali, le aziende possono beneficiare dell’esenzione fiscale prevista dalla Dubai Airport Freezone e dall’assenza di restrizioni all’ingresso di aziende a capitale straniero.

Sono inoltre previste alcune importanti iniziative che dovrebbero contribuire ad un ulteriore incremento delle attività.
E’ infatti in via di costruzione un esclusivo centro direzionale di sette piani che ospiterà gli uffici di società internazionali e di numerose istituzioni governative partner della Freezone. Completa la struttura un’area comune con ristoranti e servizi di prossimità ed un parcheggio multipiano da 850 posti a disposizione di tutti i dipendenti. La centrale tecnologica a servizio del complesso verrà potenziata del 40% per far fronte alle nuove esigenze energetiche.

Per portare a termine il progetto, verranno investiti 500 milioni di Dirham, e realizzati 70.000 metri quadri di nuove costruzioni. Un’ulteriore espansione del centro direzionale della Dubai Airport Freezone è prevista per il 2015.

Vera MORETTI

Rapporto Imd amaro per l’Italia

L’Italia è sempre meno competitiva, a livello economico, e, appesantita dal debito pubblico e dal carico fiscale che pesa su aziende e lavoro, è scivolata al 44esimo posto, su 60, nella classifica dell’ultimo rapporto dell’Istituto svizzero di Losanna Imd.

In un anno, il Belpaese ha perso ben 4 posizioni, a causa di performance economiche molto deboli, ma anche dell’inefficienza del settore pubblico, le difficoltà del sistema bancario e la rigidità del mercato del lavoro.

Ma non è solo l’Italia ad arrancare, perché la Spagna è in caduta libera, dal 39esimo al 45esimo posto, seguita anche dal Portogallo, ora al 46esimo posto, mentre l’anno scorso era al 41esimo.
Fanalino di coda rimane la Grecia, in 54esima posizione.

Gli economisti vedono in estrema difficoltà l’area meridionale dell’Europa, colpevole di non aver “abbastanza diversificato la loro industria o controllato la spesa pubblica e ora devono far fronte a programmi di austerità”.

Ma anche ai “piani alti” c’è poco da sorridere, perché perdono punti, e posizioni, anche Gran Bretagna, ora in 18esima posizione, e la Francia, 28esima, superate da paesi in ascesa come gli Emirati Arabi, che guadagnano 8 posizioni e, dalla 16esima, balzano all’ottava posizione.

Hanno ragione a gloriarsi sugli allori la Svizzera, che recupera un secondo posto a seguito degli Usa, che si sono riappropriati della la prima posizione. Bene anche la Svezia, al quarto posto, e la Germania che resta al nono posto.

Vera MORETTI

Emirati Arabi: centro nevralgico dei mercati internazionali

L’Oriente rappresenta sicuramente il mercato del presente e del futuro.
Tutte le più importanti imprese, anche e soprattutto italiane, si dirigono a Est per ampliare i propri affari e, ormai, gli Emirati Arabi sono diventati un punto di approdo irrinunciabile, se si vuole puntare ad una internazionalizzazione importante.

Ferrari, da poco nominato marchio più potente al mondo, non a caso è già presente sul mercato, con due store rispettivamente a Dubai e ad Abu Dhabi, e a breve ne aprirà un terzo in Kuwait.

Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Ferrari, a proposito, ha dichiarato: “Gli Emirati sono un nostro partner commerciale strategico nei Paesi arabi e penso che ci sia ancora ampio margine per far crescere l’interscambio. Anche il resto dell’area del Golfo ha un grande potenziale, non limitato soltanto al settore dei beni di lusso ma anche a quello degli investimenti in infrastrutture e nei mezzi di trasporto“.

Gli Emirati Arabi non sono certo sconosciuti a Montezemolo, che ha rapporti stretti con la famiglia reale di Abu Dhabi, gli Al Nayan.
Attraverso il fondo sovrano Mubadala, guidato dal crown prince di Abu Dhabi, lo sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan, capo del governo e delle forze armate, Abu Dhabi è tra i principali investitori nel fondo di private equity Charme, la cui gestione fa capo a Luca e Davide Montezemolo.
Il fondo Charme, inoltre, controlla Poltrona Frau e Bellco, due aziende molto attive nell’area Gcc.

Vera MORETTI

L’Italia maglia nera delle tasse

E’ stato reso noto il report annuale redatto da , che analizza le norme fiscali di 185 paesi del mondo e l‘Italia ne esce davvero malconcia.

Romania a parte, il Belpaese è la nazione europea dove il carico fiscale è il peggiore. Facendo una somma tra tasse sugli utili (22,9%)e sul lavoro (43,4%), infatti, va allo Stato ben il 68,3% dei profitti, contro una media europea che arriva al 42,6%.
Gli indicatori con i quali è stata fatta questa classifica, che ha piazzato l’Italia al 133esimo posto, comprendono non solo gli adempimenti fiscali annui, ma anche il tempo speso per portarli a termine.

In base a questi calcoli, l’Irlanda, come lo scorso anno, rimane il paese europeo con la tassazione alle imprese più conveniente, visto che si ferma ad una percentuale di 26,4%, con soli otto adempimenti l’anno. Seguono Danimarca, Lussemburgo, Gran Bretagna, e Olanda.
Nel complesso, le tasse meno elevate si pagano in Lussemburgo (21%) e a Cipro (23%).
Ecco la top ten internazionale: Emirati Arabi, Qatar, Arabia Saudita, Hong Kong, Singapore, Irlanda, bahrein, Canada, Kiribati (Oceania), Oman.

La maglia nera attribuita all’Italia è dovuta soprattutto al numero di pagamenti, che nel corso dell’anno è pari a 15. Ma, se questo dato, preso singolarmente, sarebbe anche positivo, tanto da farci risalire posizioni fino ad arrivare al 59esimo posto, è la burocrazia ad appesantire il meccanismo, visto che per tutti gli adempimenti un’impresa perde mediamente 269 ore l’anno.

L’unico paese europeo in cui le tasse sul lavoro sono più alte che in Italia è il Belgio, al 50,8%, livello però compensato dal 5,4% di imposte sugli utili.

Vera MORETTI

Ceramica d’eccellenza, la forza dei piccoli

Continua il viaggio di Infoiva all’interno della filiera della ceramica italiana. Un mondo che non è fatto solo di piastrelle e sanitari, ma che annovera tra le proprie eccellenze zone e distretti nei quali la ceramica da artigianato diventa arte.

Una di queste zone è Caltagirone, in provincia di Catania, dove la lavorazione della ceramica ha radici antichissime e, nel 2012, è portata avanti principalmente da piccole e piccolissime imprese, che cercano di resistere alla crisi puntando sull’export e sull’eccellenza. Con una difficoltà a fare sistema che, purtroppo, ne mette a rischio la sopravvivenza.

Leggi l’intervista a Marcello Romano, Presidente dell’Associazione Ceramisti Calatini