Le detrazioni per le spese edilizie si trasmettono agli eredi?

Le ristrutturazioni edilizie sono uno degli argomenti più spinosi degli ultimi tempi questo perché le norme sono cambiate di frequente negli ultimi anni e di conseguenza si è generata molta confusione che l’Agenzia delle entrate prova a dipanare con risposte alle istanze dei contribuenti.

Tra le domande poste vi è quella sulla trasmissibilità delle detrazioni per le spese edilizie agli eredi. Ecco cosa dice l’Agenzia delle entrate.

Dalla cessione del credito alle detrazioni fiscali: si possono ereditare?

Con il decreto 34 del 2020 si è provveduto a riscrivere le norme sulle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edili. In particolare per il Superbonus, il bonus barriere architettoniche e il bonus sisma si è prevista la possibilità di ottenere lo sconto in fattura o la cessione del credito. Si tratta di agevolazioni che permettono di ottenere subito quanto speso.

Dal mese di febbraio 2023 c’è stata un’inversione di tendenza notevole, infatti è stata eliminata la possibilità di ottenere la cessione del credito e lo sconto in fattura, resta invece la possibilità di ottenere le detrazioni fiscali e il contribuente può scegliere se spalmare le stesse fino a 10 anni.

Si possono ottenere le classiche detrazioni fiscali anche su crediti incagliati.

Se per la cessione del credito e sconto in fattura non si creavano problemi inerenti gli eredi perché il credito di imposta veniva liquidato immediatamente attraverso la cessione al fornitore o a terzi soggetti, non è così per le detrazioni. Può capitare che dopo aver riscosso alcune rate, o nessuna, il titolare venga meno. Cosa succede in questi casi? Le detrazioni si perdono? Questa la domanda che un contribuente ha posto all’Agenzia delle entrate che ha così risposto.

Le detrazioni per le spese edilizie si trasmettono agli eredi in caso di morte del beneficiario?

La domanda specifica posta è stata: “Una persona deceduta lo scorso anno stava usufruendo delle detrazioni per ristrutturazioni edilizie, avendo realizzato interventi su un’abitazione non di proprietà ma in affitto, con regolare contratto di locazione registrato. Le rate restanti di detrazione non ancora richieste si trasferiscono al convivente?”
In questo specifico caso la risposta dell’Agenzia delle entrate è stata positiva, ma al presentarsi di determinate condizioni. Infatti, l’AdE richiede che il convivente possa usufruire delle detrazioni fiscali solo nel caso in cui oltre ad avere la qualità di “convivente” sia anche erede della persona deceduta e che subentri nel contratto di locazione.

Precisa l’Agenzia che non spettano le rate residue della detrazione nel caso in cui il soggetto subentrante nel contratto di locazione non sia un erede. Ad esempio, non spetta nel caso di convivente di fatto non nominato erede dal de cuius oppure nel caso di coniuge che non abba accettato l’eredità.

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Detrazioni spese sanitarie: non spettano agli eredi perché manca la norma

Brutte sorprese per gli italiani, le detrazioni per le spese sanitarie non spettano agli eredi. Tante le conseguenze negative.

Spese sanitarie: cosa succede se l’avente diritto alle detrazioni spese sanitarie muore?

Purtroppo può capitare nella vita di avere imprevisti e di dover sostenere importanti spese sanitarie non coperte dal Servizio Sanitario Nazionale. A fronte quindi di importanti esborsi è possibile ottenere delle detrazioni del 19% sulle spese sanitarie, ma cosa succede se nel frattempo purtroppo il soggetto in cui favore sono state sostenute le spese viene a mancare? La brutta notizia è che in questi casi gli eredi non possono ottenere le agevolazioni fiscali spettanti al beneficiario delle spese sanitarie.

Il caso: si può applicare per estensione la norma per le detrazioni delle spese di ristrutturazione?

A fornire delucidazioni in merito è stata l’Agenzia delle Entrate nella risposta ad Interpello 192 del 2023. Nel caso in oggetto il coniuge ha chiesto la possibilità di portare in detrazione le spese sostenute per un intervento chirurgico di cui aveva beneficiato il coniuge ormai deceduto. Il coniuge aveva deciso di ripartire le somme riconosciute in detrazione in quattro rate annuali di uguale importo e aveva indicato la prima rata nella dichiarazione Modello Redditi Persone Fisiche 2021. Nell’interpello l’istante ritiene che “per similitudine con le spese per ristrutturazione edilizia per le quali le istruzioni prevedono che nell’anno del decesso vadano trasferite agli eredi (…) anche le spese mediche rateizzate debbano seguire lo stesso criterio’‘. Di contrario avviso è invece l’Agenzia delle Entrate.

La prima cosa da sottolineare è che si riconosce la possibilità di portare in detrazione le spese mediche generiche (articolo 15, comma 1, lettera c) del TUIR) in rate nel caso in cui la spesa annua superi il limite di 15.493,71 euro. In questo modo il contribuente che ha un’incapienza tra imposte da versare e detrazioni da far valere, evita di perdere le detrazioni.

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Agenzia delle Entrate: la detrazione per le spese sanitarie non spetta agli eredi

L’Agenzia però sottolinea che le norme previste per le spese di ristrutturazione edilizia prevedono espressamente la possibilità per l’erede di beneficiarne, non è invece così per quanto riguarda le spese mediche. Siccome la norma non si può applicare per estensione, l’interpello del contribuente deve avere risposta negativa. Questo implica che il coniuge non potrà richiedere di beneficiare delle rate ancora spettanti della detrazione.

Tale importo potrà essere utilizzato in un’unica soluzione solo per conto del de cuius. Questo implica che dovrà essere presentata la dichiarazione dei redditi per il soggetto deceduto, nel caso in cui dovessero emergere delle imposte da versare potranno essere portate in compensazione le detrazioni per le spese mediche sostenute per il de cuius, ma nel caso in cui vi fossero ancora crediti ulteriori del de cuius per detrazioni per spese mediche, le stesse non possono essere fruite dagli eredi.

Scarica l’Interpello 192/2023 dell’Agenzia delle Entrate

 

La guida alla successione: per i debiti del defunto eredi solidali o no?

Una materia molto complicata quella ereditaria, tra beni attivi, beni passivi, immobili, soldi in banca, azioni e obbligazioni e perfino debiti. Ereditare è una cosa assai particolare anche dal punto di vista normativo. Infatti sono tanti gli iter burocratici da portare avanti ed anche gli adempimenti a cui sono chiamati gli eredi. E le stesse problematiche che si verificano quando si va a ereditare un bene, si hanno quando invece c’è da saldare i debiti del defunto.

La domanda che molti si pongono sui debiti del defunto

Una domanda che molti si pongono riguarda i rischi a cui gli eredi vanno incontro nel momento in cui una parte dei debiti del defunto non viene pagata da altri eredi. Il dubbio riguarda la responsabilità sui debiti del de cuius e su chi ricade la stessa. Un distinguo però va fatto dal punto di vista della responsabilità solidale o parziaria, due aspetti che la legge prevede.

I debiti del defunto ricadono sugli eredi

Sul sito laleggepertutti.it, viene fugato ogni dubbio riguardo ai rischi che ricadono sugli eredi nel momento in cui uno di essi non paga la quota dei debiti che il de cuius ha lasciato loro. La prima cosa da dire è che alla sua morte, una persona agli eredi non lascia solo attività finanziarie e patrimoniali, ma anche passività. Tutti gli eredi che hanno accettato l’eredità, quindi ad esclusione di chi ha fatto il contrario, devono sostituirsi al defunto e pagare i debiti di quest’ultimo. È così come vengono divisi i patrimoni sia mobiliari che immobiliari, in quote tra gli eredi, così vengono ripartiti i debiti. Anche questi ultimi Infatti vengono divisi in quote tra tutti gli eredi che hanno accettato L’Eredità.

Chi paga i debiti del defunto

Sui debiti di un defunto vige una regola fissa che nemmeno il testamento, se è stato fatto dal defunto prima di morire, può derogare. Nessun erede che ha accettato l’eredità può farla franca e non pagare i debiti del defunto, anche se quest’ultimo ha provveduto nel testamento a caricare i debiti soltanto su uno degli eredi. E come detto prima, ogni singolo erede si fa carico della propria quota di debito, pari alla propria quota di eredità. Per esempio se un erede subentra nei beni del defunto, in misura pari al 33%, dovrà accollarsi anche l’onere di pagare il 33% dei debiti di quest’ultimo. Meno alta la quota di eredità spettante, meno alta sarà la percentuale del debito che si accollerà l’erede in questione.

Quando un erede che ha accettato il lascito, non paga il debito

Fermo restando il fatto che l’accettazione dell’eredità, che sia tacita o che sia espressa, impone l’obbligo per gli eredi di pagare i debiti, ci sono casi assai particolari che vanno opportunamente approfonditi. Come dice il sito sopra citato, e come abbiamo spiegato in premessa, tutti coloro che accettano l’eredità devono rispondere dei debiti del defunto. E non esiste soluzione o stratagemma che permette a chi accetta una eredità di non pagare i debiti del defunto. Tutti quindi devono provvedervi, ma in base al principio della responsabilità parziaria. In parole povere anche se la legge fa questa distinzione, in materia ereditaria la responsabilità parziaria è l’unica che può essere adottata.

Differenza tra responsabilità parziaria e solidale

In materia di responsabilità su determinati debiti la legge distingue tra responsabilità solidale e parziaria. La prima è quella più favorevole al creditore, perché consente a quest’ultimo di agire nei confronti di tutti i soggetti tenuti al pagamento del debito anche se, inizialmente, solo per una quota. In parole povere se tra un gruppo di soggetti su cui grava un debito, c’è chi non vuole pagare, il creditore ha il diritto di farsi risarcire dagli altri. La responsabilità parziaria invece tutela soprattutto Il debitore. Infatti in questo caso succede esattamente il contrario.

Cosa accade nelle due vie della responsabilità su un debito

Se uno dei soggetti su cui grava un debito non vuole pagare la sua quota, il creditore non potrà rivalersi sugli altri che sono tenuti soltanto a pagare la propria di quota. E come detto in materia di successioni ereditarie, i debiti di un defunto non gravano su tutti ma solo per quota. In altri termini se un erede non vuole pagare i debiti del defunto o meglio, non vuole pagare la sua parte di debito, gli eredi non subiranno alcuna conseguenza. Dovranno in sostanza pagare solo ed esclusivamente la quota loro spettante.

Altri chiarimenti

È naturale che sono esclusi da questi discorsi coloro i quali rinunciano all’eredità. In questo caso è naturale che il debito verrà diviso solo tra gli eredi che hanno accettato il lascito. Per esempio se l’asse ereditario di un defunto è composto solo da quattro figli, dei quali uno rinuncia all’eredità, si opera così. Sia i beni attivi che quelli passivi anziché divisi per 4 saranno divisi per 3. In questo caso anche la quota del debito del de cuius, al posto di essere divisa tra i quattro figli, verrà diviso solo tra i 3 che hanno accettato l’eredità. La responsabilità parziaria che vale ed è esclusiva per quanto riguarda le eredità, vale per qualsiasi forma di debito del defunto e non soltanto per debiti verso privati. In buona sostanza il principio è applicabile anche per i debiti con lo Stato, con il fisco, e con ogni altro ente pubblico.

Su qualcosa però la responsabilità resta solidale

L’unica tassa che ricade in maniera solidale tra gli eredi che hanno accettato l’eredità è l’Irpef. L’Agenzia delle Entrate infatti può chiedere ad uno solo degli eredi il pagamento dell’intera imposta dovuta dal defunto e non ancora versata. Sarà poi l’erede che ha provveduto a saldare l’Irpef e su cui l’Agenzia delle Entrate ha proposto azione, a rivalersi sugli altri eredi. Naturalmente sempre quelli che hanno accettato il lascito. E il pagatore chiederà il rientro della parte di debito loro spettante.

 

Rinuncia all’eredità: non è valida se non si presenta l’inventario

Sei stato chiamato all’eredità avente ad oggetto beni di cui già sei in possesso? In questo caso si perde la possibilità di rinunciare all’eredità se non si redige l’inventario entro 3 mesi.

Cos’è la rinuncia all’eredità

La rinuncia all’eredità è uno strumento dato ai chiamati all’eredità allo scopo di poter decidere se effettivamente entrare nell’asse ereditario di un soggetto. I motivi della rinuncia possono essere di varia natura, ad esempio si può trattare di motivi di ordine morale, come nel caso in cui una persona non ha voluto avere a che fare con un congiunto e decide di non volere i suoi beni neanche dopo la morte della persona. Possono però essere anche motivi di ordine economico, ovvero se si ha il sospetto che il patrimonio sia incapiente rispetto ai debiti contratti dal soggetto, si può decidere di non accettare l’eredità.

Qualunque sia il motivo di tale scelta, è necessario rispettare delle procedure specifiche e in una recente pronuncia la Corte di Cassazione ha stabilito che chi vuole rinunciare all’eredità deve fare l’inventario. La regola generale prescrive che la rinuncia deve essere effettuata entro 10 anni dall’apertura della successione testamentaria. Vi sono però delle eccezioni e oggi ci interessa una di esse, cioè il caso in cui il chiamato sia già in possesso dei beni.

Rinuncia all’eredità quando gli eredi sono già in possesso dei beni

Nel caso in esame occorre fare delle precisazioni. Trova applicazione l’articolo 485 del Codice Civile il quale stabilisce che coloro che per vari motivi sono in possesso dell’eredità entro tre mesi dall’apertura della successione devono fare l’inventario. Se non procedono in tal senso, l’eredità si intende accettata e quindi si perde la possibilità di esercitare la rinuncia all’eredità. Se gli eredi hanno iniziato a redigere l’inventario, ma non riescono a completarlo nell’arco di 3 mesi, possono chiedere al tribunale del luogo in cui si è aperta la successione una proroga che, salvo gravi circostanze, non può eccedere i tre mesi.

Questo è il caso che interessa nel concreto, cioè i chiamati all’eredità erano già in possesso dei beni. Si verifica ciò nel caso in cui Tizio lasci, ad esempio, in eredità al figlio Caio una casa e costui vive già nella casa, oppure un’azienda che il soggetto già dirige, un terreno che già coltiva.

Ordinanza n°36080 Corte di Cassazione

Nel caso trattato con l’ordinanza n. 36080/2021, l’Agenzia delle Entrate aveva provveduto a notificare collettivamente agli eredi del contribuente una cartella di pagamento. Gli eredi avevano proposto ricorso e si erano opposti alla stessa indicando come motivazione la rinuncia all’eredità con efficacia retroattiva, in applicazione dell’articolo 521 del codice civile, presentata però successivamente alla notifica.

Il tribunale in primo e in secondo grado (Commissione Tributaria Provinciale e Regionale), avevano accolto la tesi del contribuente. La CTR aveva addirittura azzardato come motivazione il fatto che non vi era la prova sufficiente del fatto che gli eredi avessero il possesso dei beni. L’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che il domicilio fissato presso l’immobile oggetto dell’eredità poteva essere considerato prova del possesso.

A questo punto l’Agenzia delle Entrate si rivolge alla Suprema Corte che capovolge le pronunce del giudice di prime e seconde cure.

Secondo l’Agenzia delle Entrate gli eredi non avevano provveduto a dimostrare di avere presentato l’inventario dei beni nei termini previsti e di conseguenza erano divenuti eredi a tutti gli effetti.

La Corte di Cassazione ha effettivamente sposato la tesi dell’Agenzia delle Entrate, la questione è stata quindi rimandata alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione che dovrà quindi dirimere la questione.

Come comportarsi in caso di eredità

In sintesi, se non si vuole essere esposti al rischio di dover pagare i debiti del de cuius è necessario provvedere ad accettare con beneficio dell’inventario, oppure rinunciare all’eredità. Se però si è già in possesso dei beni dell’eredità occorre entro tre mesi redigere l’inventario. Se non si provvede si sarà tenuti a pagare i debiti del de cuius. nel nostro caso erano verso l’Agenzia delle Entrate, ma potrebbero esservi anche altri creditori che comunque potrebbero aggredire l’eredità e in caso di incapienza i beni degli eredi.

Per conoscere la procedura per eseguire correttamente la rinuncia all’eredità, leggi l’articolo: Rinuncia all’eredità: caratteristiche, limiti e procedura