Design italiano sempre più all’avanguardia in Europa e nel mondo

Il design, oltre alla moda e al food, sta diventando sempre più un potente marchio di fabbrica del Made in Italy. Questo fenomeno è stato analizzato dal rapporto Design Economy realizzato da Fondazione Symbola e presentato al Salone del Mobile di Milano da Domenico Sturabotti ed Ermete Realacci, rispettivamente direttore e presidente di Symbola, alla presenza del presidente di FederlegnoArredo, Emanuele Orsini.

L’Italia mantiene nel settore un ruolo di leadership, grazie al numero delle imprese attive, che sono 29 mila, meno delle 34 mila francesi ma più delle 23 mila tedesche. Seguono poi Inghilterra con 21 mila e la Spagna con 5 mila.
Inoltre, l’Italia è seconda tra le grandi economie europee con 4,4 miliardi di fatturato, superata solo dalla Gran Bretagna (8,8 miliardi), ma davanti a Germania (3,6), Francia (1,9) e Spagna (1,0).
Da podio anche la specializzazione del Paese: l’Italia è seconda, sempre dietro il Regno Unito (0,17%), per incidenza del fatturato del design sul totale dell’economia: 0,15%, quasi il doppio della media dell’Unione europea (0,09%), molto più della Germania (0,06%) e di Francia e Spagna (0,05%).

In Europa, quasi un addetto nel design su cinque (17,4%) è italiano; in numeri assoluti si tratta di 47.274 occupati nel settore sui 272.268 dell’UE. Se osserviamo il valore aggiunto per addetto negli anni 2013-14, la sola Spagna (+23,8%, che parte però da livelli molto più bassi dell’Italia) evidenzia performance migliori del nostro Paese (+7,8%), mentre sono negative sia la media dei risultati dell’Unione europea (-1,0%) che il risultato di Regno Unito (-5,2%), Germania (-11,7%) e Francia (-13,7%).

Ermete Realacci ha voluto commentare questi dati: “Il design non è legato solo all’estetica ma anche alla capacità di risolvere problemi complicati, che vale oro nella complessità contemporanea: dall’ideazione di nuovi prodotti all’individuazione di nuovi mercati, fino alla ricerca di nuovi significati. Ieri come oggi il design è l’infrastruttura immateriale del made in Italy, e non è un caso se le imprese di design prosperano lì dove ci sono le Pmi che fanno il made in Italy. Come dimostra autorevolmente il Salone del Mobile, che alla sua 56esima edizione si conferma la più importante fiera del settore a livello internazionale contribuendo all’attrattività del nostro Paese nel mondo. Il design oggi assume e veicola nei prodotti anche i dettami dell’economia circolare: efficienza, minore impiego di materia ed energia, riciclabilità. Non a caso il settore italiano del legno-arredo è primo in Europa per efficienza energetica, riduzione delle emissioni e investimenti in ricerca e sviluppo”.

Emanuele Orsini ha aggiunto: “L’Italia ha beneficiato del fortunato incontro tra il mondo artistico e creativo e il mondo manifatturiero-produttivo fortemente radicato nel territorio e fatto di eccellenza e imprenditori votati all’innovazione, che hanno saputo tradurre in realtà concreta ciò che, senza il necessario talento, poteva essere solo. Il clima culturale ha favorito le contaminazioni internazionali, eventi come il Salone del Mobile di Milano promuovono e lanciano idee e prodotti unici nel loro genere, offrono opportunità ai giovani talenti. A parte qualche piccola battuta d’arresto il settore è in crescita, ora occorre fare sistema e favorire una strategia a livello nazionale che consenta alle nostre aziende di competere sempre più nei mercati europei e internazionali”.

Ovviamente, il Legno Arredo merita una citazione a parte, poiché si dimostra essere all’avanguardia non solo per il design, ma anche per la sostenibilità ambientale.
Le aziende italiane, infatti, utilizzano 30 tonnellate equivalenti di petrolio per ogni milione di euro prodotto, contro una media Ue di 68. Ma anche per quanto riguarda le emissioni: con 39 tonnellate di CO2 equivalente per milione di euro, contro le 50 dei Tedeschi, le 52 dei Francesi, le 93 dei Britannici e le 124 degli Spagnoli.

Risultati per i quali vanno ringraziati soprattutto gli investimenti delle imprese in ricerca e sviluppo: ben 67 milioni di euro nel 2014. Più di quanti ne abbiano fatti nel medesimo anno Regno Unito e Germania, rispettivamente a quota 48,4 e 39 milioni, oppure Spagna e Polonia, ferme a 18 e 12,3 milioni.

Vera MORETTI

Italia, la più cliccata dai mercati stranieri

L’Italia e il Made in Italy piacciono ancora, anzi, sempre di più.
A testimoniarlo sono le percentuali delle ricerche su Google, che negli ultimi tre anni sono aumentate del 22%.

Questo dato è frutto di uno studio, il rapporto Italia – Geografie del nuovo Made in Italy, realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, presentato a Treia (Macerata) nella sessione di apertura del XIII seminario estivo.

Questo risultato fa capire come il Belpaese sia concepito all’estero, nonostante i sette anni di crisi: i mercati globali, infatti, hanno ancora un’idea di Italia innovativa, versatile, creativa, reattiva, competitiva e vincente.

Questo successo, comunque, è dovuto grazie ad un percorso che, in questi anni, si è deciso di percorrere, senza mai lasciare da parte la qualità, che da sempre contraddistingue, ad esempio, la nostra attività manifatturiera.

Proprio questo settore ha contribuito a far arrivare l’Italia tra le prime cinque potenze industriali, insieme a Cina, Germania, Giappone e Corea.
Non a caso dall’introduzione dell’euro l’Italia ha visto i valori medi unitari dei suoi prodotti salire del 39%, facendo meglio di Regno unito (36%) e Germania (23%).

Ma la qualità dei prodotti italiani non viene riconosciuta solo all’estero perché ben due italiani su tre sono disposti a pagare un sovrapprezzo per avere prodotti 100% italiani. E questa tendenza si riscontra anche in Giappone, Emirati Arabi, Usa, Russia e Brasile.

Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, ha dichiarato in proposito: “Mentre la crisi sembra finalmente allentare la sua presa sul Paese, è ancora più importante avere un’idea di futuro, capire quale posto vogliamo che l’Italia occupi in un mondo che cambia. Più che in passato, mi piace dire che l’Italia deve fare l’Italia, rispondendo ad una domanda che aumenta ed e’ confermata dai dati sull’innalzamento delle ricerche sul maggiore motore di navigazione internet, e puntare sui talenti che il mondo le riconosce: bellezza, qualità, conoscenza, innovazione, territorio e coesione sociale che sempre più incrociano la frontiera della green economy. Talenti che ci consegnano le chiavi della contemporaneità e delle sfide del futuro perchè assecondano la voglia crescente di sostenibilità dei consumatori e danno risposte ai grandi cambiamenti negli stili di vita e nei modelli di produzione”.

Vera MORETTI

Un milione di euro per le pmi green

Cloros, Energy Service Company, ha deciso di mettere a disposizione delle piccole e medie imprese che puntano sulla sostenibilità per essere competitive, un milione di euro per diventare ancora più efficienti.

Questa iniziativa è sostenuta in partnership con Symbola, Fondazione per le qualità italiane, e prevede una selezione dei migliori progetti candidati non solo da un punto di vista tecnologico, ma anche in base alla capacità di rappresentare il Made in Italy in maniera concreta ed originale.

Riccardo Caliari, Amministratore Delegato di Cloros, ha presentato il progetto: “Creatività, soluzioni su misura, innovazione. E, certamente, efficienza. La forza del Made in Italy sta qui. Ma la crisi e le difficoltà di accesso al credito non aiutano certo le imprese a investire per essere competitive. Cloros è una E.S.Co che crede nelle eccellenze italiane e ha deciso di dedicare il progetto proprio alle Piccole e Medie Imprese perché crede nella forza del nostro Paese e nei suoi talenti. E per fare questo non potevamo che scegliere di affiancarci a un partner autorevole come Symbola, la fondazione che seleziona e promuove le qualità italiane”.

Ermete Realacci, presidente di Symbola, ha aggiunto: “La green economy già oggi in Italia significa non solo qualità ambientale, benessere per i cittadini, ma competitività. Lo hanno capito quelle 341.500 aziende italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti (un quinto circa del totale) che dal 2008, in piena crisi, hanno investito in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Un dato che sale al 33% nell’industria manifatturiera”.

I risultati ottenuti sono stati soddisfacenti, poiché nella manifattura il 25,8% delle imprese eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2013, mentre tra le non investitrici è successo solo nel 17,5% dei casi.
Inoltre, le imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti sono anche più forti all’estero: il 44% esporta stabilmente, contro il 24% di quelle che non investono.

La cifra di 1 milione di euro messa a disposizione da Cloros sarà impiegata per finanziare interventi tecnologici finalizzati alla riduzione dei consumi energetici nei processi produttivi delle aziende italiane, con conseguente riduzione delle emissioni di CO2.
Gli interventi saranno realizzati attraverso l’innovativo meccanismo del contratto a prestazione energetica garantita o Energy Performance Contract (EPC): il risparmio energetico generato viene condiviso tra l’impresa, che vede ridurre da subito il costo in bolletta, e Cloros, che lo utilizza per recuperare il capitale investito (in massimo 5 anni).

Gli interventi finanziabili riguardano la sostituzione dei sistemi di riscaldamento, condizionamento, illuminazione, ma anche l’installazione di motori elettrici efficienti o dotati di inverter, l’adozione di macchine a basso consumo di energia e la realizzazione di impianti per la produzione di energia termica ed elettrica.

Per partecipare al progetto “Made in Italy in green. Nuove energie per la tua impresa” occorre visitare il sito Madeinitalygreen.it e compilare un breve modulo entro il 30 giugno 2015.
Ogni impresa potrà beneficiare di un budget complessivo che varierà da 30 a 250mila euro circa.
L’elenco delle aziende selezionate sarà reso noto entro il 31 luglio 2015 e gli interventi verranno portati a termine entro la fine del 2015.

Vera MORETTI

Enel Green Power trionfa ad Eurosolar 2014

Premio importante per Enel Green Power, che si è distinta nell’ambito di Eurosolar 2014 come eccellenza italiana.

Si tratta di un riconoscimento prestigioso che dal 1994 si occupa delle potenzialità della sfida solare e degli studi che si stanno svolgendo nell’ambito delle energie rinnovabili.

La manifestazione si è svolta ieri a Roma presso la Casa dell’Architettura ed è stata organizzata da Eurosolar e Eurosolar Italia, insieme al Dipse, Dipartimento progetto sostenibile ed efficienza energetica e al Dipartimento rigenerazione urbana dell’Ordine degli Architetti PPC di Roma e Provincia.

I progetti italiani premiati sono stati ben due: Pyramid lab k2 Nepal – Ardito Desio – Top recycling mission 2013, Nzeb urban planning Terra cielo di Niccolo Aste e Claudio Delpero, selezionati in due categorie nazionali e otto progetti europei, selezionati in sette categorie e cinque nazioni.

Ermete Realacci, presidente della commissione ambiente della Camera, ha dichiarato: “Il tema che si affronta oggi è la risposta alla crisi. Non usciremo dalla crisi se non cambiamo. Troppi pensano che si possa ripartire ricominciando da dove ci siamo fermati, ma dalla crisi si esce cambiando. L’innovazione è il tema di come rilanciare l’economia e l’occupazione“.

Ha poi aggiunto Silvia Costa, europarlamentare e presidente della commissione cultura ed educazione: “Oggi le nostre città, e le periferie in modo particolare richiamano con assoluta urgenza a nuovi investimenti, in termini di risorse ma anche di idee, progetti e soluzioni innovative. L’innovazione introdotta da ogni idea, analisi e progetto in ciascuno di questi campi deve far riscontrare impatti positivi negli altri, indirizzando i suoi effetti ad un obiettivo unico il miglioramento delle qualità delle nostre società e della vita di tutti i cittadini“.

Vera MORETTI

Le 10 verità sulla competitività dell’Italia

L’Italia è tra i cinque Paesi che, al mondo, possono vantare un surplus commerciale manifatturiero superiore a 100 miliardi di dollari.

Questo dato è una delle 10 verità che riguardano la competitività del Belpaese, secondo un’indagine condotta da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, illustrata da Marco Fortis, vicepresidente Fondazione Edison, e Ermete Realacci, presidente di Symbola, e che punta a “sfatare i tanti luoghi comuni che non rendono giustizia al nostro Paese e rischiano di distogliere l’attenzione dai suoi reali problemi. Dal 2008 il nostro fatturato estero manifatturiero è cresciuto (+16,5%) più di quello tedesco (+11,6%)”.

Oltre all’Italia, gli altri quattro Paesi sono Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud, mentre Francia (-34 mld), Gran Bretagna (-99) e Usa (-610) vedono la bilancia commerciale manifatturiera pendere al contrario, secondo i dati del Wto.

Le altre nove verità sulla competitività dell’Italia sono le seguenti:

  • Le imprese italiane sono tra le più competitive al mondo. Su un totale di 5.117 prodotti nel 2012, l’Italia si è piazzata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 935 (dati Istat, Eurostat, Un Comtrade).
  • L’Italia è tra i paesi avanzati che, nella globalizzazione, ha conservato maggiori quote di mercato mondiale. Mantenendo, dopo l’irruzione della Cina e degli altri Brics, il 71% delle quote di export rispetto al 1999: come gli Usa, mentre il Giappone le ha viste ridotte al 67%, la Francia al 61%, la Gran Bretagna al 55% (dati Wto).
  • Il modello produttivo italiano è tra i più innovativi in campo ambientale. Per ogni milione di euro prodotto dalla nostra economia emettiamo in atmosfera 104 tonnellate di CO2, la Spagna 110, il Regno Unito 130, la Germania 143. Più efficienti anche nel campo dei rifiuti: con 41 tonnellate ogni milione di euro prodotto distanziamo di parecchio anche la Germania (65 t).
  • L’Italia è, in Europa, la meta preferita dei turisti extraeuropei. Il primo paese dell’eurozona per pernottamenti di turisti extra Ue, con 54 milioni di notti. Meta preferita di paesi come la Cina, il Brasile, il Giappone, l’Australia, gli Usa e il Canada (dati Eurostat).
  • La zavorra del Pil italiano non è certo la competitività dell’industria, ma il crollo della domanda interna. Il fatturato interno dell’industria manifatturiera italiana ha perso il 15,9% rispetto al 2008, contro lo 0,3% della Germania e a fronte di una crescita del 4,6% in Francia.
  • La crescita degli altri paesi non è fatta di sola competitività, ma anche di debito. Un ruolo decisivo, infatti, lo ha avuto proprio l’aumento del debito: quello aggregato (pubblico e privato) dell’Italia è cresciuto del 61% rispetto al Pil tra il 1995 e il 2012, mentre quello francese cresceva dell’81%, quello britannico del 93%, quello spagnolo del 141% (dati Eurostat).
  • Dagli inizi degli anni ’90 ad oggi la ‘quota di mercato’ dell’Italia nel debito pubblico totale dell’eurozona è costantemente calata. Infatti il peso del nostro debito pubblico rispetto al totale del debito pubblico europeo è sceso dal 28,7% del 1995 al 22,1% del 2013 (dati Commissione Europea).
  • Considerando il debito aggregato (Stato, famiglie, imprese) l’Italia è uno dei paesi meno indebitati al mondo: quello italiano pesa il 261% del Pil. Quello del Giappone il 412%, quello della Spagna il 305%, quello britannico il 284%, quello degli Stati Uniti il 264% (dati Banca d’Italia).
  • Dal 1996 ad oggi l’Italia ha prodotto il più alto avanzo primario statale cumulato della storia: 591 miliardi di euro correnti, ben 220 miliardi in più della virtuosa Germania.

Vera MORETTI

La proroga degli Ecobonus crea posti di lavoro

La decisione di prorogare entrambi gli Ecobonus si è rivelata vincente, non solo per la percentuale degli italiani che hanno deciso di usufruirne, ma anche perché, tra il 2012 e il 2013, ha creato ben 335mila posti di lavoro, che salgono a 500mila calcolando l’indotto.

La Legge di Stabilità porterà ad un’ulteriore proroga, che estenderà la fruizione dei bonus per tutto il 2014.

Dal 2010 ad oggi, inoltre, si è registrata una vera e propria escalation, poiché, se nel primo biennio il valore totale degli investimenti oscillava fra 12 e 13 mld di euro, nel 2012 è salito a 14,5 mld e nel 2013 (primo anno in cui la maggiorazione ha effetto su 12 mesi) ha accelerato a 19 mld (un punto di PIL).
Per questo, le stime 2014 vedono il trend proseguire con 19,5 mld di investimenti stimati.

Nell’anno in corso, inoltre, gli investimenti più pesanti sono stati quelli riguardanti il bonus ristrutturazioni, con 14,5 miliardi, contro i 4,5 del bonus Energia.
Anche questo trend proseguirà nel 2014: 15,1 miliardi di investimenti per i lavori edilizi mentre gli interventi di riqualificazione energetica si attesteranno a livello di 4,5 miliardi.

Anche i posti di lavoro sono considerevolmente aumentati, poiché si è passati dai 117mila occupati diretti del 2011 (176mila calcolando anche l’indotto), a quota 144mila (216mila contando anche l’indotto) del 2012.
L’incremento maggiore è nel biennio 2013-2014, in cui gli incentivi sono per l’intero periodo al valore massimo: occupati diretti in entrambi i casi sopra quota 190mila, che salgono sopra 280mila unità con l’indotto.
Nel 2015, si scende a 141mila, nel 2016 a 103mila.

Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera, sottolinea che i dati “confermano il contributo fondamentale che gli sgravi fiscali stanno dando allo sviluppo: una cifra superiore a un punto percentuale di PIL, che rappresenta una boccata di ossigeno per un settore importante come l’edilizia, che dal l’inizio della crisi ha perso oltre 500mila addetti e ha visto chiudere 12mila imprese“.

Vera MORETTI

La green economy contro la crisi

Di dubbi, Ermete Realacci di Fondazione Symbola e Ferruccio Dardanello di Unioncamere, ne hanno ben pochi: la green economy e le sue molteplici potenzialità, ci salveranno dalla crisi.

I due hanno dichiarato in coro: “La green economy, è un nuovo paradigma produttivo che esprime, nel nostro Paese, la parte propulsiva dell’economia. Dall’inizio della crisi, nonostante la necessità di stringere i cordoni della borsa, più di un’impresa su cinque ha scommesso sulla green economy. Che è stata, quindi, percepita come una risposta alla crisi stessa, e non ha deluso le aspettative“.

A testimoniarlo, i dati di GreenItaly 2013, il rapporto annuale di Unioncamere e Fondazione Symbola che racconta le eccellenze della green economy nazionale e che è stato presentato a Milano presso la sede di Expo 2015.
Dal 2008, infatti, hanno investito, o lo faranno entro la fine dell’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale ben 328mila aziende italiane appartenenti ai settori dell‘industria e dei servizi, che corrispondono al 22% del totale.

E proprio da queste imprese quest’anno arriverà il 38% delle assunzioni totali, segnale che l’economia green non solo traina il mercato italiano, ma crea anche buone opportunità di lavoro. Se si considerano, poi, le assunzioni destinate a ricerca e sviluppo, la percentuale si alza fino al 61,2%.

Ha dichiarato Ferruccio Dardanello: “GreenItaly ci racconta di un’Italia che sa essere più competitiva e più equa, perché fondata su un modello produttivo diverso. In cui tradizione e innovazione, sostenibilità e qualità si incrociano realizzando una nuova competitività. L’Italia non una delle vittime della globalizzazione ma, anzi, un Paese che ne ha approfittato per modificare profondamente la propria specializzazione internazionale, modernizzandola, proprio grazie alla green economy. Creando valore aggiunto in settori in cui ci davano per spacciati e creando nuove specializzazioni in altri settori, in cui siamo oggi leader. L’Expo 2015 è un’occasione unica per presentare al mondo questo modello di sviluppo e l’Italia come suo autorevole paladino. Se vogliamo che questo modello vincente contagi tutto il nostro sistema produttivo, dobbiamo sostenerlo. Anzitutto liberandolo dagli ostacoli che incontra lungo il cammino, primo fra tutti l’eccesso di burocrazia. E poi con politiche industriali e fiscali più green: nelle tecnologie, nella formazione, nella tassazione del lavoro, nel credito, negli investimenti“.

Altri interessanti numeri arrivano dal rapporto, giunto ormai alla sua quarta edizione: il 42% delle imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti esporta i propri prodotti, contro il 25,4% di quelle che non lo fanno.
Il 30,4% delle imprese del manifatturiero che investono in eco-efficienza ha effettuato innovazioni di prodotto o di servizi, contro il 16,8% delle imprese non investitrici.
Il 21,1% delle imprese manifatturiere eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2012, tra le non investitrici è successo solo nel 15,2% dei casi.

Cosa significa ciò? Semplicemente che la green economy aiuta ad aver maggior successo anche all’estero, oltre che ad aumentare produttività e reddito.

Anche i dati relativi all’occupazione giovanile sono incoraggianti, poiché il 42% del totale delle assunzioni under 30 programmate quest’anno dalle imprese dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente, verrà fatto proprio da quel 22% di aziende che fanno investimenti.

Sostengono Unioncamere e Symbola: “Non stiamo parlando, evidentemente, di un settore dell’economia, ma di un tracciante verde che percorre il sistema produttivo italiano e che, a ben guardare, delinea il ritratto più fedele del nuovo made in Italy“.

I settori che maggiormente si sono dimostrati sensibili ed attenti all’economia green, sono
il comparto alimentare (27,7% contro una media del complesso dell’industria e dei servizi del 22%), quello agricolo (49,1%), il legno-mobile (30,6%), il settore della fabbricazione delle macchine ed attrezzature e mezzi di trasporto (30,2%), e poi tessile, abbigliamento, calzature e pelli (23%).

Il Nord del Paese si sta dimostrando più partecipativo in questo senso, con 170mila imprese sul totale delle 327mila, ossia il 52% del totale.
Di queste, 94mila sono al Nord Ovest (28,7%) e circa 75.600 nel Nord-Est (23,1%).
Aziende verdi si trovano anche al Sud, con 93.500 imprese (28,5%), mentre nel Centro si fermano a 64.800 (19,8%).

Per quanto riguarda la distribuzione a livello regionale, spicca la Lombardia, dove le aziende green sono più di 60mila, ovvero il 18% delle imprese green di tutto il Paese.
Segue il Veneto con 30.670 imprese che puntano sull’eco-efficienza (9,4%), terza posizione a pari merito davanti all’Emilia-Romagna e il Lazio, dove sono presenti, in ciascun territorio, poco più di 28mila imprese (8,6%).
Seguono Piemonte, Campania, Toscana e Puglia, rispettivamente con 23.690, 22.540, 21.440 e 20mila imprese attente alle loro performance ambientali. E quindi troviamo la Sicilia, a quota 19.760, e le Marche, che si attestano a 9.830 imprese green.

Ha dichiarato Ermete Realacci: “Non sarà certo la politica economica dell’Adda passà ’a nuttata, per dirla con De Filippo, a tirarci fuori dalla crisi. L’Italia deve affrontare i suoi mali antichi, che vanno ben oltre il debito pubblico e che la crisi ha reso ancora più opprimenti: le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia spesso persecutoria e inefficace. Deve rilanciare il mercato interno, stremato dalla recessione, dall’austerità e dalla paura. E deve saper fare tesoro della crisi per cogliere le sfide, e le opportunità, della nuova economia mondiale. Lo deve fare scommettendo sull’innovazione, la ricerca, la qualità, la green economy, per rinnovare il suo sapere fare, la sua vocazione imprenditoriale e artigiana. L’Italia, insomma, deve fare l’Italia. La prossima Expo di Milano, pensata dopo la crisi, può essere anche la prima esposizione mondiale della green economy“.

Vera MORETTI

Ristrutturazioni ed efficienza energetica: arrivano le proroghe per il 2014

Le detrazioni fiscali relative ad interventi di ristrutturazione ed efficienza energetica, al 50 e al 65%, nelle proprie abitazioni sono state prorogate per tutto il 2014, come è stato confermato dalla Legge di Stabilità.
Questa decisione ha ricevuto il benestare anche da parte dei presidenti delle commissioni Ambiente e Finanze, Ermete Realacci e Daniele Capezzone.

Per quanto riguarda il Bonus Ristrutturazioni, fissato al 50% fino al dicembre 2013, con un tetto di spesa pari a 96mila euro per singola unità immobiliare, si mantiene invariato anche per il 2014, per poi tornare gradualmente al livello strutturale di questa agevolazione, quindi al 36% su un tetto di spesa di 48mila euro.

L’Ecobonus è al 65% dallo scorso 6 giugno 2013 e fino al 31 dicembre 2013, al 30 giugno 2014 nel caso di lavori sulle parti comuni degli edifici. Il tetto di spesa cambia a seconda della tipologia di interventi.
Anche per l’Ecobonus c’è una proroga dell’attuale agevolazione, mentre poi ci sarà una progressiva discesa nel tempo. Incerte invece le sorti della detrazione per interventi antisismici, oggi al 65% per una spesa massima di 96mila euro fino al 31 dicembre 2013: da capire se è stata parimenti rinnovata.

La situazione non è del tutto chiara neanche per quanto riguarda il Bonus Arredi, che prevede una detrazione del 50% sull’acquisto di mobili ed elettrodomestici di classe A destinati ad appartamenti oggetto di ristrutturazione agevolata, per una spesa fino a 10mila euro.
E’ dunque collegato al Bonus Ristrutturazioni al 50%, che tecnicamente è è stato prorogato, quindi dovrebbe andare da sé un rinnovo del bonus, che diversamente decadrebbe da gennaio 2014.

Vera MORETTI

A tutto green per sconfiggere la crisi

La crisi si sconfigge con l’innovazione che, ultimamente, fa spesso rima con green economy.

O, almeno, così accade in Veneto, dove sono ben 34mila le imprese che puntano proprio sui valori green per riprendersi dopo un periodo difficoltoso.

Questa tendenza, che fa del Veneto la seconda regione “verde” dopo la Lombardia, è stata confermata dal rapporto “Viaggio nel Veneto delle qualità”, presentato a Padova nella sede di Antonveneta Monte dei Paschi dalla Fondazione per le qualità italiane Symbola presieduta da Ermete Realacci con il contributo di Fondazione Monte dei Paschi di Siena e Ambiente, Federparchi, e il Nord Est Europa.

La regione è, in questo momento, un vero e proprio laboratorio d’avanguardia in fatto di green economy, anche grazie a venti imprese di successo che si sono distinte in questo ambito e che confermano questa come leva strategica per affrontare la recessione.

A questo propisito, il presidente di Symbola ha dichiarato: “Il Veneto è uno dei cuori manifatturieri dell’Italia un sistema produttivo variegato e di grande vitalità che, anche nella crisi, coniugando qualità, innovazione e territorio con la green economy sta rinnovando con successo il proprio tessuto imprenditoriale”.

Giuseppe Menzi, direttore generale di Banca Antonveneta, ha proseguito: “Siamo felici di ospitare questa iniziativa perché crediamo nel valore strategico di un approccio sostenibile”.

A conferma di tutto ciò, è bene sapere che negli ultimi quattro anni un’impresa veneta su quattro, operante nell’industria e nel terziario, ha investito in tecnologie green a maggior risparmio energetico e a minore impatto ambientale.

Si tratta di circa 33.900 imprese che rappresentano il 10% di tutte le aziende che hanno investito nel green in Italia, nonché il 24% del totale regionale, contro il 23,6% della media nazionale.
Gli investimenti in tecnologia green sono finalizzati per il 20% al processo produttivo, 14% al prodotto e al 66% per la riduzione dei consumi.

Per le province venete, Padova si colloca al primo posto con 6.966 imprese green, seguono Treviso con 6.570 imprese verdi, Vicenza 6.082 imprese, Verona 5.781, Venezia 5.658, Belluno con 1.493 e Rovigo 1.346.

Vera MORETTI

Imprese verdi? Sono le più innovative

La green economy in Italia ha ormai preso piede in tutti i settori lavorativi, tanto che è difficile, ora, trovarne uno che non ne sia stato contaminato.

Una buona notizia, non c’è che dire, che esula dal rispetto per l’ambiente e fa parte di un discorso più ampio, dove dinamicità e innovazione rappresentano i punti cardine di un’economia in cerca di ripresa.

Questo è quanto è emerso dal Rapporto GreenItaly 2012 che Fondazione Symbola e Unioncamere hanno presentato lunedì a Roma.
Ciò che sorprende piacevolmente è come la green economy abbia saputo insinuarsi anche nei comparti più tradizionali, e in ogni ambito è stata reinterpretata a seconda delle diverse esigenze.

L’Ocse, nel suo recente rapporto sull’innovazione nei diversi paesi aderenti all’organizzazione, ha infatti rilevato come, nell’ultimo decennio, le attività di ricerca nel campo delle tecnologie legate all’ambiente abbiano sviluppato per il nostro Paese una vera e propria specializzazione.

E ciò ha influito positivamente anche sull’occupazione, dal momento che circa il 30% delle assunzioni non stagionali programmate complessivamente dalle imprese del settore privato per il 2012 riguarda figure professionali legate alla sostenibilità.
Questo significa che la “rivoluzione verde” in Italia sta facendo passi da giganti e, ad oggi, interessa il 23,6% delle imprese industriali e terziarie con almeno un dipendente, meritevoli di aver investito, tra il 2009 e il 2012, in tecnologie e prodotti green.

In questo caso, inoltre, non c’è divisione tra Nord e Sud, se si considera che le prime dieci posizioni della classifica regionale per diffusione delle imprese che investono in tecnologie green sono occupate da quattro regioni settentrionali e sei del Centro-Sud.

Ma le imprese della green Italy emergono anche per la loro maggiore propensione all’innovazione, perché il 37,9% delle imprese che investono in eco-sostenibilità hanno introdotto innovazioni di prodotto o di servizio nel 2011, contro il 18,3% delle imprese che non investono green.
Stesso discorso per quanto riguarda le esportazioni: il 37,4% delle imprese green vanta presenze sui mercati esteri, contro il 22,2% delle imprese che non investono nell’ambiente.

Alla presentazione del Rapporto GreenItaly 2012 era presente, tra gli altri, anche Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, il quale ha dichiarato: “Per far ripartire il Paese non basta fronteggiare la crisi. Affrontare i nostri mali antichi: il debito pubblico, l’illegalità e l’evasione fiscale, le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza, il sud che perde contatto, una burocrazia speso soffocante. Serve una visione in grado di mobilitare le migliori energie per affrontare le sfide del futuro. È necessario difendere la coesione sociale non lasciando indietro nessuno, e scommettere sull’innovazione, sulla conoscenza, sull’identità dei territori: su una green economy tricolore che incrocia la vocazione italiana alla qualità e si lega alla forza del made in Italy. È necessario cambiare partendo dai talenti dell’Italia che c’è. Per uscire dalla crisi e trovare il suo spazio nel mondo che cambia, insomma, l’Italia deve fare l’Italia”.

Gli ha fatto eco Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello: “L’economia verde può rappresentare una chiave strategica per superare questa lunga crisi, uscendone più forti e meglio in grado di costruire un futuro diverso, più sostenibile e più ricco di possibilità. Grazie ad un modello di sviluppo che si fonda sui valori tradizionali dei territori e dei sistemi produttivi italiani di piccola impresa: qualità, innovazione, eco-efficienza, rispetto dell’ambiente. Una ricetta che oggi dimostra di saper sposare i valori etici alla competitività e che ha il grande merito di favorire la coesione tra i territori. Una coesione che coinvolge migliaia di piccole e medie imprese, sempre più spesso operanti in rete tra loro, nel dare vita a questo che è ormai un vero e proprio “laboratorio verde” dell’Italia di domani”.

Vera MORETTI