Lavorare in Europa? Arriva il ‘Passaporto’

di Alessia CASIRAGHI

Un certificato elettronico per lavorare ovunque nell’Ue. Una tessera professionale riconosciuta da tutti i Paesi della Comunità Europea che ha lo scopo di semplificare le regole per la mobilità dei professionisti all’interno dell’Ue. Una sorta di passaporto per muoversi più liberamente alla ricerca di una nuova occupazione nei Paesi Europei aderenti alla Ue.

“L’Europa sta affrontando numerose sfide – ha commentato Michel Barnier, commissario al Mercato interno ed ai Servizi finanziari. – Una di esse sarà l’aumento della domanda di personale altamente qualificato in tutta l’Ue. La proposta odierna sulle qualifiche professionali risponde all’esigenza di disporre di un buon sistema di riconoscimento delle qualifiche per sostenere la mobilità dei professionisti di tutta Europa”.

Per coloro che disporranno del ‘passaporto’ del lavoro sarà più facile trasferirsi dove si prospettano maggiori offerte di lavoro, dando così un contributo alla crescita dell’economia europea. “Sono convinto che l’idea di una tessera professionale europea, sotto forma di certificato elettronico, sia la giusta via da seguire – continua Barnier. – Consentirà di semplificare e accelerare le procedure di riconoscimento per i professionisti disposti a trasferirsi per lavoro”.

Auto: immatricolazione -1,8% nel mese di ottobre

In Europa si comprano sempre meno auto. Nel mese di ottobre 2011, i dati rivelano una flessione del mercato delle immatricolazione dell’1,8% in Europa. La situazione appare ancora meno rosea per l’Italia: a determinare il calo pare sia stato proprio il Bel Paese con un -5,5% delle vendite nel mese appena trascorso.

Secondo i dati Acea nel mese di ottobre 2011 sono state vendute 1.005.976 nuove vetture, in flessione dell’1,8% rispetto allo stesso dato del 2010. Da gennaio ad ottobre le vendite sono state pari a 11.126.436 di unità, in calo dell’1,2% rispetto al 2010.

Volgendo uno sguardo più approfondito alla cartina europea, a determinare il calo delle vendite, secondo Acea, sono stati i pessimi risultati in Italia (-5,5%) e Spagna (-6,7%), mentre i mercati in Francia e Gran Bretagna hanno segnato una crescita del 2,4% e 2,6% rispettivamente. La domanda in Germania è rimasta stabile con una lieve crescita dello 0,6%.

Segnali positivi arrivano invece da Fiat. Nel solo mese di ottobre 2011 Group Automobiles ha immatricolato quasi 69 000 vetture pari ad una quota di mercato del 6,6%. Il trend negli ultimi mesi è di lieve e costante crescita, essendo aumentata rispetto al 5,8 % di agosto 2011 e al 6,5% di settembre. Nei primi dieci mesi dell’anno, cioè da gennaio a ottobre, le vetture vendute da FGA sono state oltre 818 000, per una quota totale del 7,1%.

Ma quali sono i mercati europei più attivi per il gruppo Fiat ? Al primo posto la Germania, con più più di 86 000 vetture immatricolate, il 4,4% in più rispetto allo stesso periodo del 2010, attestandosi si una quota del 3,2%. In Europa il marchio Fiat ha immatricolato oltre 49 000 vetture a ottobre, raggiungendo una quota 4,7%. Nel progressivo annuo le Fiat vendute sono più di 590 000 e la quota è del 5,1%.

Quali sono i modelli più venduti? Panda e 500 in testa alla classifica del segmento A nel 2011: insieme registrano una quota superiore al 29%. La Punto resta saldamente tra le top ten del segmento B, con una quota nell’anno del 6,5%.

Alessia Casiraghi

Dall’Ue un piano per l’export delle Pmi

In occasione della quinta Conferenza Italia-America Latina, svoltasi nei giorni scorsi al ministero degli Esteri italiano, il vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, ha annunciato il prossimo avvio, da parte dell’Unione Europea, di una nuova strategia per favorire l’Export delle Pmi europee nei mercati terzi: obiettivo, raddoppiare il traffico delle esportazioni nei prossimi 5 anni. Il relativo piano di incentivi sarà presentato all’assemblea dei commissari entro la fine di ottobre.

La strategia dell’Ue si baserà sulla cooperazione industriale con i Paesi dell’America Latina, grazie a importanti accordi che spazieranno dal turismo all’innovazione, dallo sfruttamento delle materie prime sudamericane all’industria aerospaziale.

Tajani ha sottolineato l’importanza del sostegno all’internazionalizzazione delle Pmi in Europa, forti dei numeri che portano sul mercato: “Ci sono 23 milioni di Pmi, che rappresentano il 99,8% delle aziende europee – ha chiosato il vicepresidente –, di cui soltanto il 13% conduce e sviluppa attività al di là dei confini del mercato europeo“.

La crisi porta gli italiani al low cost, ma occhio allo spreco

La fiducia dei consumatori italiani tocca il minimo dal luglio 2008 senza però essere arrivata alle famiglie. La sensazione è che esistano degli stabilizzatori automatici che rallentano la caduta. Gli italiani non hanno tagliato la voce «stadio» nei budget familiari. Il caso limite è quello del Napoli che a fine agosto ha visto 8 mila tifosi accollarsi il costo di una trasferta a Barcellona per seguire gli azzurri in un match amichevole.

Per rimanere in zona sport possiamo aggiungere che gli abbonati di Sky non sono diminuiti. Anzi. Mancano pochi giorni alla chiusura della trimestrale e le stime sono ottimistiche. La pay tv cresce al ritmo di 30-40 mila abbonati ogni tre mesi con un costo medio per abbonato pari a 43 euro al mese.

Il presidente dell’Istat Enrico Giovannini sostiene che fino alla bufera di agosto gli italiani erano rimasti dell’idea che la crisi fosse transitoria, che si dovesse aspettare che passasse la nottata e che bastasse in qualche modo stringere di un buco la cinghia. Giovannini pensa che nei prossimi mesi ci troveremo di fronte a una discontinuità.

Per cercare di spiegare la lenta metamorfosi italiana Giuseppe Roma, direttore del Censis, racconta la storia de L’Aquila, una città che ha perso dopo il terremoto 20 mila abitanti, in cui la ricostruzione è sostanzialmente a zero e nella quale in virtù della defiscalizzazione sono sorte tante piccole attività tutte a basso valore aggiunto. Il paradigma aquilano è un tipico comportamento adattivo italiano, si ottimizzano le risorse esistenti e si nasconde l’assenza di un progetto socioeconomico vero.

Milano è sociologicamente interessante anche per monitorare altri comportamenti adattivi. Un fenomeno interessante è quello legato all’espandersi dell’economia dei buoni pasto. Gli esercizi commerciali del centro puntano sempre di più sulla pausa pranzo degli impiegati. Sorgono nuovi punti di ristoro con un target ben preciso e i bar ristrutturano gli spazi in funzione della maggiore capienza di tavolini. Nello slang meneghino nasce l’ «ape», la cena di una fascia generazionale che va dai 25 ai 40 anni che  risolve il problema di un pasto a prezzi contenuti e per di più non rinuncia alla socializzazione.

Per capire come reagiscono gli italiani alla bufera economica il commercio è sicuramente un elemento chiave. I dati degli uffici/studi delle associazioni segnalano la chiusura di 10 mila piccoli esercizi ogni semestre in Italia, aggiungono che questa cifra è destinata ad aumentare vertiginosamente e tuttavia esiste un buon tasso di rotazione. Quello che si compra si consuma e le scorte sono ridotte al minimo.

Resta il risparmio. È chiaro che non se ne forma di nuovo, non ci sono però code davanti alle banche o alle società di gestione per ritirare i soldi già investiti. Del resto il portafoglio degli italiani è tra i più prudenti in Europa e l’investimento in azioni è circa al 20%.

Laura LESEVRE

Stanziati 3000 miliardi per salvare l’Euro

Nell’ipotesi di un default della Grecia, stando alle  rivelazioni del Sunday Times, avrebbe preso forma durante i lavori del Fondo Monetario Internazionale l’idea di potenziare il fondo “salva Stati” che passerebbe cosi’ da 440 a 3 mila miliardi. In questo modo, sarebbe possibile sia ricapitalizzare le banche europee vulnerabili sia pilotare il default della Grecia limitandone il contagio.

Nessuna conferma ufficiale e’ arrivata a questa ipotesi, eccetto le indicazioni fornite da Gerard Lyons, capo economista della Standard Chartered: “La questione non è  più se la Grecia andrà in default, quanto assicurare che ci sia la potenza di fuoco finanziaria per far fronte a un default e assicurare che il contagio non si diffonda attraverso l’Eurozona quando succederà”.

Su questa linea, anche il capo del dipartimento europeo dell’Fmi, Antonio Borges, secondo cui è  “molto importante” che la Bce e il Fondo ‘salva-Stati’, l’Efsf, agiscano congiuntamente, mentre il membro del board della Bce Lorenzo Bini Smaghi ha sottolineato la necessità di rafforzare il ruolo del Fondo europeo ‘salva Stati’ e far si’ che diventi uno “strumento efficace” per garantire liquidita’ sui mercati.

Marco Poggi

“L’economia non va così male”, parola di Crédit Suisse

Dal rapporto degli analisti finanziari di Crédit Suisse, dopo il downgrade sul credito, emerge che l’Italia non è così grave come sembrava.

Stando a quanto dichiara il report, il rischio di default è inferiore a quanto si possa pensare. In Europa, solo la Norvegia e la Svizzera vantano un avanzo primario.

Il problema principale in Italia è la crescita molto bassa e l’unica via d’uscita che possa funzionare è una ripresa vigorosa globale, un euro più debole o più debole dei prezzi internazionali delle materie prime (in Italia le importazioni delle materie prime al netto sono circa il 4% del Pil) o, naturalmente, una caduta molto forte dei costi di finanziamento.

L’indebitamento complessivo in Italia risulta inferiore al livello medio della zona euro e questo, spiegano, perché i livelli molto elevati di debito pubblico (121% del pil) sono compensati da un basso debito privato“, spiegano gli analisti di Crédit Suisse, che sostengono inoltre che la perdita di competitività in Italia e la bassa crescita sono un problema “ma con un disavanzo delle partite correnti del 3,9% del Pil, la perdita di competitività sembra essere più piccola di quella di Grecia e Portogallo (dove il disavanzo delle partite correnti è rispettivamente al 9,6% e all’8,9% del Pil)“.

Per quanto riguarda poi il debito sovrano, circa la metà è di proprietà di investitori nazionali. Inoltre, la scadenza media è di 7,2 anni.

Ciò significa che, secondo il ministro delle Finanze italiano, ogni aumento dell’1% nel rendimento dei titoli dopo un anno aggiunge solo lo 0,4% del Pil per i costi di finanziamento.

In definitiva, sostengono gli analisti di Crédit Suisse, l’Italia è stata disponibile ad adottare alcune misure fiscali dolorose, con un nuovo pacchetto di austerità di 60 miliardi di euro (3,8% del pil) tra il 2011 e il 2014.

Quindi, conclude l’istituto elvetico, “riteniamo che il rischio di insolvenza prezzato sul mercato dei Credit default swap (le assicurazioni contro un eventuale crac) è troppo alto (20% ipotizzando un tasso di recupero pari a zero, il 32% assumendo un tasso di recupero 40%).”

La stima del mercato del rischio di default si esprime anche nella index linked del mercato obbligazionario, con i 10 anni indicizzato al 4,7% di rendimento, rispetto al -0,2% nel Regno Unito e prossimo allo zero negli Stati Uniti.

Marco Poggi

2013: Italia leader nel settore fotovoltaico

C’è chi predice la fine del mondo, il 21 dicembre 2012, e chi invece, in maniera molto più realistica, fa previsioni sul futuro dell’energia rinnovabile in Italia. E il 2013 sembra confermarsi l’anno in cui l’Italia potrebbe diventare il primo paese in Europa leader nella produzione di energia fotovoltaica. In quel momento sarà possibile produrre un determinato quantitativo di energia elettrica da fonte rinnovabile allo stesso costo di produzione dello stesso quantitativo di energia elettrica da fonte convenzionale. Lo afferma il rapporto annuale l’European Photovoltaic Industrial Association, l’associazione europea dell’industria fotovoltaica (Epia), che ha preso in considerazione le performance energetiche di cinque paesi europei (Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia e Spagna) concludendo che il comparto è in grado di giungere alla piena competitività con le altri fonti di elettricità entro il 2020, tagliando di oltre il 50% i prezzi attuali.

Il documento dell’associazione mette a confronto il costo reale della produzione di energia elettrica fotovoltaica con quello di altre fonti di energia nel prossimo decennio rivelando quali siano le giuste condizioni normative e di mercato per centrare la meta. Già oggi, secondo l‘Epia, l’elettricità solare è più conveniente di quanto molti pensino e andrà sempre meglio nei prossimi anni grazie all‘innovazione tecnologia in costante miglioramento e alle economie di scala. Il costo di produzione di energia elettrica fotovoltaica in Europa potrebbe diminuire dalla media di 0,16-0,35 euro per kWh del 2010 a 0,08-0,18 euro per kWh nel 2020, a seconda delle dimensioni del sistema e il livello di irraggiamento. E se nel 2013 in Italia si potrebbe parlare di grid parity dinamica nel segmento commerciale, l’anno successivo si potrebbe raggiungere la competitività di generazione di valore che andrebbe a raggiungere i rimanenti mercati selezionati e tutti i tipi di impianti entro il 2020. Allo stato attuale l’industria fotovoltaica dipende ancora dal sostegno governativo e da aiuti di stato ma, grazie allo sviluppo tecnologico, sarà in grado di poter contare sempre meno su sistemi di incentivazione a fondo perduto e arrivare alla graduale eliminazione dei regimi di tariffazione.

A.C.

L’imprenditoria italiana trasloca in Ticino

Non solo depositi bancari: almeno 150 imprenditori italiani in pochi anni si sono trasferiti in Ticino ma portandosi dietro azienda, famiglia e casa d’abitazione. E il fenomeno della delocalizzazione è in crescita, complice anche la comodità logistica, un’ora da Milano e Malpensa e l’efficienza dei mezzi pubblici elvetici.

La Svizzera sta offrendo, al di la dei già noti conti cifrati e salvagenti fiscali, opportunità ben diverse rispetto alle prestazioni bancarie tradizionali e sa dare tutte le cose da sempre invocate dagli imprenditori italiani. Da mesi, dopo gli scudi fiscali, è aumentata la pressione fiscale nei confronti degli imprenditori italiani, con le minacce di patrimoniale e un clima politico-sindacale sempre più incerto. Il governo sembra orientato ad accaparrarsi in qualche modo i beni scudati, si intensificano i pignoramenti del fisco e la tentazione di fuga aumenta.

Dal 1997 al 2010, con il programma cantonale Copernico del Dipartimento delle finanze e dell’economia per l’incentivazione all’innovazione economica e le agevolazioni fiscali, sono state costituite in Ticino 219 nuove imprese. Di queste, la gran parte dall’Italia, una decina ciascuno da Germania e USA, 11 aziende si sono trasferite dal resto della Svizzera e 60 sono state create da residenti in Ticino.

Ma perchè la Svizzera? Tanti i lati positivi e le facilitazioni che derivano dallo stabilirsi oltreconfine: tassazione bassa, circa 20% contro il 75% dell’Italia, efficienza ed equità fiscale. Il fisco è un interlocutore, non un nemico; c’è poi la posizione strategica nel continente europeo, veloci e affidabili infrastrutture logistiche e dei trasporti e spedizioni, efficienza e rapidità dell’autorità doganale, efficienza della pubblica amministrazione, burocrazia snella e chiara, funzionalità delle norme locali nella registrazione, gestione e degli adempimenti relativi ai soggetti giuridici. Stabilità politica, pace sociale, economia sana, finanze pubbliche ben gestite dal livello comunale a quello federale, grande mobilità del lavoro, flessibilità nelle relazioni sindacali, tasso medio di assenteismo tra i più bassi d’Europa; da aggiungere poi l’ottima qualità, rapidità ed efficienza delle organizzazioni bancarie, finanziare e professionali insediate nel territorio e strutture medico-sanitarie e scolastico-educative ai massimi livelli.

Inoltre nel Ticino in una settimana si apre un’azienda e il costo del lavoro in Svizzera è minore che da noi. Va detto poi che se il salario netto è più alto che in Italia, i costi sociali sono enormemente più bassi. Attenzione però: l’impresa deve avere un mercato di vendita a livello internazionale e deve essere strutturata per avviare un’attività all’estero. 

Tra i nuovi insediamenti prevale il settore dell’elettronica, seguito da chimica-farmaceutica-medicale, servizi e logistica, abbigliamento, informatica, meccanica di precisione e metallurgia, materie plastiche, ma anche società di metalli preziosi e alimentari. Questa zona svizzera è poi particolarmente attrattiva anche per aziende commerciali, finanziarie, di gestione, di consulenza, di marketing, di engineering e per gli headquarters di aziende internazionali.

E’ finita l’epoca in cui della Svizzera l’italiano amava solo la cioccolata e la puntualità.

Marco Poggi

Affitti, Milano tra le città meno care d’Europa

Affittare una casa a Milano è un affare, almeno se si guarda ai prezzi delle altre maggiori città europee: su 32 grandi centri, Milano è infatti al 25esimo posto. Solo sette grandi città risultano più convenienti e il capoluogo lombardo continua a guadagnare in competitività, a causa di una variazione dei prezzi delle locazioni meno accentuata in termini relativi rispetto alle altre città: nel 2010 era al 22esimo posto e nel 2009 era al 20esimo (-5 posizioni in 2 anni). I dati emergono da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano attraverso il Lab MiM su dati statistici internazionali al 2011.

Roma si conferma più cara di Milano, posizionandosi al 15esimo posto in Europa (era 16esima nel 2010): ponendo gli affitti di Milano pari a 100, il costo medio a Roma sale a 126. In Europa sempre prima Londra, con un indice dei costi pari a quasi cinque volte quello di Milano. Ma anche Parigi non scherza, con un indice di 221. Seguono due città svizzere: Ginevra (184) e Zurigo (173). La città europea più economica per le locazioni si conferma anche nel 2011 Lione (61).

La posizione di Milano si conferma anche considerando i prezzi degli affitti degli appartamenti medi (Roma al 13esimo posto: indice 132), mentre sale per gli appartamenti di lusso (23esima, con Roma al 17esimo posto: 120). Milano guadagna di competitività anche a livello globale: il capoluogo lombardo si posiziona nella seconda metà della classifica delle 100 città più care, al 57esimo posto (era al 47esimo posto nel 2010), mentre Roma è al 41esimo posto (era al 34esimo posto). Tra le città considerate, la più cara al mondo per gli affitti risulta Hong Kong (con un indice pari a 712: sette volte più cara di Milano), seguita da Londra (480) e da Mosca (434), che precede Tokyo (398).

In questo quadro si inserisce MECA, il Primo Mercato Milanese della Casa, a Milano dal 25 al 27 novembre 2011: “Pensare, vedere, saper scegliere la casa”. È l’evento dedicato alla compravendita e alla locazione degli immobili pensato e rivolto ai privati, promosso e organizzato da OSMI Borsa Immobiliare (Camera di Commercio di Milano), Consiglio Notarile di Milano, FIMAA Milano e ASSIMPREDIL ANCE.

Milano – ha dichiarato Antonio Pastore, presidente di Borsa Immobiliare, azienda speciale della Camera di Commercio di Milanosi conferma nel quadro europeo e internazionale come un riferimento non solo solido e significativo, ma anche competitivo. In questa fase economica turbolenta diventa allora importante fare network, promuovendo il lavoro e l’impegno congiunto delle istituzioni e degli operatori privati per un costante monitoraggio e per una promozione di Milano e delle sue opportunità anche a livello internazionale. In questa interazione OSMI Borsa Immobiliare si pone quale cerniera tra le istituzioni e il mercato promuovendo MECA, il cui obiettivo è di facilitare l’incontro tra domanda e offerta del settore immobiliare in maniera informata e trasparente“.

Per informazioni e adesioni a MECA: Segreteria organizzativa OSMI Borsa Immobiliare. 02-85154126, franco.simona@mi.camcom.it. Sito web: www.mecamilano.it (a breve on line).

L’Italia è la prima nazione al mondo per le immatricolazioni

L’Italia è ancora una volta la nazione in prima posizione per quanto riguarda le immatricolazioni dei veicoli. Nel mese di Aprile è stato registrato un valore pari a +9,3% con un totale nel mese di Marzo di circa 163.953 nuovi mezzi. Secondo i dati ufficiali nei primi 4 mesi del 2011 vi è stata una crescita del 13,6% con un totale di circa 681.567 immatricolazioni.

Di seguito vi riportiamo la classifica Europea con tanto di valori :

  • Italia : +26,1%; Regno Unito : 23,6%; Germania : 12,% ; Francia : 3,0% ; Spagna : -14,3% ; Grecia : -38,9%

Come potete notare dalla tabella riportata in alto, non tutte le nazioni hanno avuto incrementi rispetto ad anni precedenti, paesi come la Spagna e la Grecia hanno avuto addirittura dei cali e si parla di numerosi veicoli.

Secondo le analisi, anche i camion pesanti sono soggetti in Europa a un incremento di circa il 50,8% unico settore che resta quasi invariato è quello dei pullman e autobus.