Padova, provincia virtuosa

Tra le province venete, la più virtuosa, quando si parla di evasione fiscale, è risultata Padova.

L’indagine condotta dal Centro Studi Sintesi indica la città patavina in testa nella sua regione e decima tra le 103 province italiane. Questo risultato è frutto del raffronto tra il reddito disponibile ed il tenore di vita delle famiglie.

Fernando Zilio, presidente dell’Ascom Confcommercio di Padova, ha dichiarato: “Credo che il lavoro compiuto in questi anni da categorie economiche, Camera di Commercio, Guardia di Finanza e Prefettura abbia avuto un effetto “trascinamento” positivo sull’operato dei padovani nei confronti del fisco nonostante la crisi, colpendo duramente il comparto della piccola impresa, non abbia lasciato indifferenti taluni dal trovare una scorciatoia, anche se solo per sopravvivere, nella mancata emersione di parte del reddito“.

Inoltre, proprio alla luce del rapporto reddito-tenore di vita, e considerando che il tessuto imprenditoriale della zona è fatta soprattutto da piccole imprese, viene smentito il sillogismo “piccolo uguale evasore“.

Zilio, infine, sostiene che “non è lo scontrino emesso o meno la cartina di tornasole di un corretto rapporto fisco-impresa“.

Vera MORETTI

Niente “nero” in Emilia Romagna

Uno studio condotto dal Centro Studi Sintesi sull’economia sommersa, ovvero sui lavoratori “in nero” che non denunciano i loro guadagni al fisco, ha stilato una classifica delle regioni “virtuose”, ovvero dei luoghi dove i consumi sono più aderenti ai guadagni dichiarati.

Gli indicatori di benessere presi in considerazione sono sette e comprendono, ovviamente, le auto di lusso e le mega ville, e sono condensati tutti in un rapporto di ricavi e spese, risultato dei quali rappresenta la media nazionale.

Su una media di 100, dunque, le località che ottengono un punteggio superiore sono quelle in cui i consumi sono “giustificati” dai redditi, se il punteggio e’ più basso si spende mediamente più di quanto si dichiara al fisco.

La regione “regina” è l’Emilia-Romagna, che spicca sulle altre con 147 punti (media nazionale di 100), perdendone però 3 rispetto al passato. Al secondo posto c’è il Friuli Venezia Giulia, al terzo il Piemonte; sei anni fa accanto all’Emilia-Romagna c’erano la Lombardia e il Trentino Alto Adige.

Secondo la “mappa fiscale” del Paese, la provincia più fedele è invece Trieste, seguita da Milano, e Bologna che completa il podio.

Tra le province emiliane, dopo Bologna che è terza (149 punti, meno uno al confronto con un anno fa), Forli-Cesena è quarta (131, più 11), Parma ottava (126, meno quattro), Modena è undicesima (122, meno cinque), Ravenna quattordicesima (119, più otto), Reggio Emilia 19ma (116, più 15), Piacenza 24ma (115, meno 12), Ferrara 45ma (103, meno 42). Ultima, maglia nera della regione, Rimini, che si piazza al 59mo posto della classifica italiana e si ferma ad un punteggio pari a 95 e registra un meno otto rispetto al 2006.

Il commento pervenuto dalla provincia di Rimini in un comunicato è eloquente: “Questi dati ci segnalano ancora una volta la profondità del problema fiscale nel territorio riminese, anomalo anche rispetto alle aree dall’economia omogenea. Gli strumenti per intervenire non stanno sulla luna, molti stanno in capo all’esecutivo centrale, qualcuno di meno agli enti locali. Ma e’ la convinzione della priorità della ‘guerra’, come l’ha definita lo stesso Presidente Monti, l’elemento centrale di ogni strategia di contrasto”.

Positivo, invece, il commento del sindaco di Cesena Paolo Lucchi, il quale ha dichiarato: “Dopo il poco invidiabile exploit della scorsa settimana, quando la nostra provincia si è classificata al primo posto per l’aumento dei reati denunciati, questa volta la posizione alta e’ un segnale positivo, se e’ vero che l’evasione fiscale ha effetti devastanti per l’economica del nostro Paese, tanto da indurre il primo ministro Mario Monti, in genere sempre molto misurato, a parlare di un vero e proprio ‘stato di guerra’”.

Vera MORETTI

Siglata l’intesa tra i comuni calabresi e l’Agenzia delle Entrate

Il Direttore Regionale delle Entrate della Calabria, Antonino Di Geronimo, e il Sindaco di Conflenti, Giovanni Paola, hanno firmato un accordo finalizzato alla collaborazione nel recupero dell’evasione fiscale. Il protocollo d’intesa prevede uno scambio strutturato di informazioni, inviate in via telematica, attraverso il quale l’Amministrazione finanziaria raccoglierà dati utili all’individuazione di fenomeni evasivi. I due enti si impegnano, inoltre, a sviluppare sempre più efficaci forme di accertamento fiscale dei tributi.

Fino al 2014, il comune riceverà una quota pari al 100% delle somme recuperate a seguito di apposite segnalazioni qualificate, che abbiano contribuito al buon esito dell’accertamento fiscale. Questi i settori interessati sono il commercio e le professioni, l’urbanistica e il territorio, la proprietà edilizia e il patrimonio immobiliare, le residenze fittizie all’estero e la disponibilità di beni e servizi di rilevante valore indicativi di capacità contributiva.

Pressione fiscale da record: sale al 55%

Un pressione fiscale effettiva pari al 55%. L’Italia detiene il primato della pressione del Fisco più alto al mondo,  oltre che il più elevato della propria storia economica recente.

Se la pressione fiscale apparente nel 2012 si è stabilizzata su livelli pari al 45,2% del Pil, la pressione effettiva percepita sale però di ben 10 punti.  E’ quanto rileva il rapporto del Centro studi di Confcommercio ‘Sulle determinanti dell’economia sommersa’.

Il valore della pressione fiscale effettiva “non solo è il più elevato della nostra storia economica recente – precisa Confcommercio – ma costituisce un record mondiale assoluto”.

L’Italia si posiziona infatti in cima alla classifica con il 55%. seguita da Danimarca (48,6%), Francia (48,2%) e Svezia (48%). Il dato è invertito se si guarda alla pressione fiscale apparente: per l’Italia si attesta al 42,5%, è il Belpaese  questa volta è quinto dietro la Danimarca (47,4%), la Francia (46,3%), la Svezia (45,8%) e il Belgio (45,8%).

Come convivono dunque i due dati? Il problema reale per l’italia è il sommerso: se si guarda infatti al rapporto tra pressione fiscale e Pil al netto del sommerso, che vale il 17,5% del Prodotto interno lordo, allora la pressione fiscale effettiva in Italia sale al 55%. Un’incidenza estremamente elevato quello dell‘evasione fiscale in Italia:  l’imposta evasa ammonterebbe infatti a circa 154 miliardi di euro (il 55% di 280 miliardi di imponibile evaso). Anche in questo caso, un record mondiale per l’ Italia: il Belpaese è infatti  al primo posto al mondo davanti a Messico (12,1%) e Spagna (11,2%) per quanto riguarda l’evasione fiscale.

La crescita ammazzata dalle tasse

di Davide PASSONI

La Corte dei Conti e l’acqua calda. Quando l’organo di controllo in materia di entrate e spese pubbliche parla o presenta rapporti è un po’ come quando parla il presidente della Repubblica e ci fa pensare: ma bisogna essere presidenti per dire una cosa tanto ovvia? Con tutto il rispetto che la carica merita. Ecco, ieri la Corte dei Conti, che pure si pronuncia dopo studi e analisi e deve comunque tradurre in termini comprensibili ai più quanto emerge dalle proprie ricerche, se n’è uscita con una ovvietà: nel suo Rapporto 2012 lamenta che il peso eccessivo della pressione fiscale rischia di comportare “impulsi recessivi” nell’economia reale. Insomma, troppe tasse fermano la crescita.

Un’ovvietà che, però, fa arrabbiare e non poco. Chiedetelo alle imprese che, grazie alla lungimirante politica fiscale dei professori ora e dei governi politici prima, si ritrovano con uno Stato che intermedia oltre il 70% del loro fatturato. Chiedetelo alle famiglie, che grazie alla crescente pressione fiscale (che non è solo Imu) si ritrovano con un potere d’acquisto ai minimi storici e con lo spauracchio di un aumento dell’Iva per il prossimo autunno che significherebbe la vera morte dei consumi. Chiedetelo ai giovani, sempre più senza lavoro e senza prospettive non tanto e non solo per colpa della crisi, quanto per le responsabilità di una classe dirigente che 30 anni a questa parte ha saputo solo far crescere la spesa corrente.

E non basta sentirsi dire dalla Corte che i margini per riequilibrare il “sistema di prelievo” fiscale conciliando “rigore, equità e crescita” sono esauriti e per questo “si rafforzano le ragioni per puntare” sull’ampliamento della base imponibile attraverso “la lotta all’evasione, all’elusione e al ridimensionamento dell’erosione“. No. Perché se la lotta all’evasione, all’elusione e ai furbetti dello scontrino sono sacrosante, la Corte è bene che faccia ricordare a chi di dovere che esistono altri metodi non tanto per aumentare un “gettito fiscale rimasto al di sotto delle previsioni, penalizzato dalla mancata ripresa dell’economia“, quanto per far risparmiare soldi a uno stato bulimico di tasse che pensa solo a ingrassare e mai a dimagrire. Questi metodi si chiamano privatizzazioni, dismissioni di asset pubblici, dismissione delle partecipazioni in società in perdita, razionalizzazione delle spese, lotta alla corruzione e all’improduttività.

Perché la crisi è la crisi, la crisi è globale ma le dinamiche che hanno portato l’Italia in questa situazione si sono innescate ben prima. E se troppe tasse frenano la crescita, perché il governo continua a metterne di nuove? Ah, i professori

Hai comprato casa? Evasore!

di Davide PASSONI

L’Agenzia delle Entrate l’ha fatto ancora, ci ha preso di nuovo per evasori fiscali a prescindere. Ma questa volta l’ha fatto con il sorriso sulle labbra, con la mano tesa che sembra aiutare e invece, come al solito, questua, con una finta aria bonaria che in realtà è la supponenza di chi pensa di essere sempre e comunque dalla parte del giusto.

Lo ha fatto con una lettera spedita a circa 300mila contribuenti che, più che una lettera, è un vero e proprio ultimatum. Il senso della missiva è: caro contribuente, c’è qualcosa che non ci torna, perché nel 2010 ci risulta che tu abbia fatto delle spese non compatibili con quanto riporti nella tua dichiarazione dei redditi 2011. Se, come pensiamo, hai fatto quelle spese utilizzando soldi provenienti da fonti di reddito non dichiarate, per favore, mettiti in regola, fai anche tu le tue veririche, nel caso fai un bel ravvedimento operoso, saldaci quanto ci devi e ci hai invece nascosto e tutto si sistemerà. In caso contrario occhio, perché faremo altri controlli e ti verremo a beccare.

Beh, che c’è di male, direte voi? Una moral suasion nei confronti dei contribuenti per non abbassare la guardia di fronte all’evasione. Sacrosanto, ma cosa pensare del fatto che praticamente tutte le persone che l’hanno ricevuta si sono ritrovate indicate tra le spese sospette l’acquisto di una casa? Ovvio che non si può confrontare l’importo dell’acquisto con la sola dichiarazione 2010, visto anche che la normativa precedente prevedeva che tale costo sarebbe stato ripartito in cinque anni e non calcolato solo su un periodo d’imposta. Una casa diventa a prescindere un acquisto sospetto: ditelo a quelli che magari l’hanno acquistata con l’aiuto di parenti, dando fondo ai risparmi e con un mutuo asfissiante

Insomma, un’altra occasione persa dall’Agenzia delle Entrate per dimostrare di essere non solo dalla parte dello stato ladro ma anche da quella di tutti i contribuenti onesti. Tutti. Perché è vero che a sparare nel mucchio qualche nemico lo si becca, ma si fanno anche tante vittime innocenti. E di questi “danni collaterali“, oggi, proprio non ne abbiamo bisogno.

Ah, a proposito, qui sotto il testo della lettera. Valutate voi. E se l’avete ricevuta, diteci che cosa ne pensate?
Gentile contribuente, desideriamo offrirle alcuni elementi di valutazione relativi ai redditi dichiarati nel 2011 (anno d’imposta 2010). Questa comunicazione ha finalità esclusivamente informative e pertanto non è necessaria, da parte sua, alcuna risposta.

Dal confronto dei dati indicati nella sua dichiarazione dei redditi 2011 con le informazioni presenti nelle banche dati dell’Agenzia delle Entrate, risultano alcune spese apparentemente non compatibili con i redditi dichiarati. La natura di tali spese (ad esempio acquisto di autovetture, acquisto di imbarcazione da diporto, spese per lavoro domestico) è indicata nel prospetto allegato. Per tutelare la sua riservatezza, nel prospetto non è precisato l’ammontare delle spese rilevate dalle banche dati dell’Agenzia, nel presupposto che le siano certamente note, in quanto relative alla recente annualità 2010.

Nel caso in cui rilevi errori o incongruenze nel prospetto allegato, può comunque segnalarli inviando una mail all’indirizzo dc.acc.commsint@agenziaentrate.it o rivolgersi ai Centri Assistenza Multicanale, telefonando al numero 848800444. Se invece non rileva errori o incongruenze, la invitiamo a valutare le compatibilità del reddito complessivo dichiarato per il 2010 con le spese indicate nel prospetto e con le altre spese, di diversa natura da lei sostenute nel 2010 (incluse quelle per il suo sostentamento e quello di eventuali familiari a carico).

Infatti, in sede di controllo della dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2010, l’Agenzia delle Entrate effettuerà una analoga valutazione e, in presenza di spese di ammontare complessivo significativamente superiore al reddito dichiarato, procederà ai necessari approfondimenti. In particolare, le potrà essere chiesto di dimostrare che la quota di spese eccedente, per almeno un quinto, il reddito complessivo dichiarato sia stata finanziata con redditi diversi da quelli posseduti nel 2010, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

Le ricordiamo che, nel caso in cui non fosse in grado di dimostrare la compatibilità delle spese sostenute con il reddito dichiarato, l’Agenzia delle Entrate potrà procedere all’accertamento sintetico del reddito complessivo. Le suggeriamo quindi di considerare con attenzione questa comunicazione e le opportunità di ravvedimento offerte dalla normativa fiscale (art. 13 del decreto legislativo n 472/1997). La invitiamo a considerare il contenuto di questa comunicazione anche ai fini della dichiarazione 2012, valutando la compatibilità delle spese effettuate lo scorso anno con il reddito complessivo da dichiarare.

Codacons: estendere i blitz anti evasione

Nei primi quattro mesi del 2012 la Guardia di Finanza ha scoperto circa 650 milioni di euro di Iva evasa. Il Codacons plaude all’azione delle forze dell’ordine, ma è evidente che quello che è stato fatto finora non basta se si considera che per la Corte dei Conti sull’Iva vi è una evasione del 36%, di gran lunga la più elevata tra i grandi Paesi europei, con l’eccezione della Spagna.

Se si vuole combattere seriamente l’evasione, il Governo Monti deve cambiare il meccanismo che consente a professionisti ed artigiani disonesti di evadere con la complicità del consumatore, grazie allo sconto sulla prestazione. Innumerevoli le possibili soluzioni, a cominciare da un diverso sistema di detrazioni fiscali.

Il Codacons chiede, inoltre, che i blitz della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle entrate non si limitino agli esercizi pubblici come locali notturni, ristoranti e alberghi, ma si estendano anche ad idraulici, elettricisti, meccanici, gommisti, carrozzieri, architetti, avvocati …. insomma artigiani e professionisti vari. In particolare l’associazione di consumatori ricorda che, avendo il decreto Salva Italia codificato la prassi di eseguire “gli accessi in borghese”, è indispensabile che gli agenti si fingano normali clienti di questi artigiani.

Basterebbe recuperare il 10% dell’evasione sull’Iva per scongiurare l’aumento previsto ad ottobre.

Fonte: agenparl.it

Niente black list per chi non emette scontrini

di Vera MORETTI

Niente black list per i commercianti che non hanno emesso lo scontrino.

Nonostante la guerra contro l’evasione fiscale sia legittima e assolutamente giusta, Confesercenti si era schierata contro la decisione del Governo di dare la “caccia all’untore” attraverso liste dei commercianti cattivi da rendere noti anche all’opinione pubblica.

Il motivo di tale avversione è dettato da una spettacolarizzazione della lotta all’evasione che sarebbe fuori luogo e rischierebbe di spostare l’attenzione da ciò che è più importante: debellare l’evasione alla radice.
E’ stato quindi approvato un emendamento presso le Commissioni Bilancio e Finanze del Senato che cambia l’articolo 8 del decreto che consentiva all’Agenzia delle Entrate di elaborare, nell’ambito dell’attività di pianificazione degli accertamenti, liste selettive di contribuenti e di commercianti segnalati per non aver emesso gli scontrini.

Fisco, avanti coi blitz. Azione o vessazione?

di Davide PASSONI

Show must go on, cantavano i Queen. Una canzone che al direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, doveva girare in testa quando ieri ha presentato il Rapporto sui risultati del 2011 e le prospettive per il 2012 dell’Agenzia. Sì, perché nel mare di cifre e dati uscito dal rapporto, la cosa che giornalisticamente fa più notizia è che i blitz in stile Cortina, Portofino eccetera continueranno: “Rientrano nella nostra attività ordinaria e proseguiranno – ha detto Befera -. Si tratta di operazioni che vengono messe in campo dopo una selezione accurata. Non controlliamo chi passa per caso“.

Venendo alle crude cifre, nel 2011 sono stati incassati 12,7 miliardi, +15,5% rispetto al 2010. Di questi, i versamenti diretti ammontano a 8,2 miliardi, il riscosso da ruoli a 4,5 miliardi. L’incremento delle somme incassate direttamente dall’attività di accertamento e di liquidazione delle dichiarazioni ha interessato tutte le tipologie di contribuenti: dai grandi (31% del totale del risultato) alle imprese di piccole dimensioni e i lavoratori autonomi (25%), alle persone fisiche (27%). A fronte di una diminuzione del numero di accertamenti (-1,2%, da 706mila a 697mila), la maggiore imposta accertata è aumentata del 9,3% e ha superato la quota di 30,4 miliardi contro i 27,8 del 2010.

Caso o non caso, intanto che i Befera Boys presentavano le cifre del loro lavoro nel 2011, l’Eurispes diffondeva il suo rapporto sull’economia sommersa: un fenomeno che, in Italia, vale 540 miliardi di euro, il 35% del nostro Pil. Le rilevazioni dell’Eurispes sono impietose: il 53% dell’economia in nero è rappresentato dal lavoro sommerso, il 29,5% dall’evasione fiscale di aziende e imprese, il 17,6% dalla cosiddetta economia informale. Un mondo che non interessa solo i grandi evasori: secondo Eurispes, coinvolge tanti cittadini comuni che lavorano in nero, magari come secondo lavoro.

Anche per questo i blitz dell’Agenzia delle Entrate continueranno. Sia chiaro, chi scrive è favorevole a questo tipo di iniziativa: certo, si fa come quando, a scuola, il professore entrava in classe e annunciava il compito in classe a sorpresa, di fatto veniamo trattati come dei bambini. Ma l’effetto psicologico dei blitz vale infinitamente di più delle somme che vengono recuperate. Non avete notato come sono diventati ligi allo scontrino i dettaglianti? Eppure bisogna stare molto attenti a distinguere queste iniziative dall’accanimento fiscale contro gli imprenditori onesti che non sono evasori per il solo fatto di avere un’impresa propria e che, come spesso accade, le tasse le pagano, anche oltre il lecito. Questo è il vero discrimine per separare l’azione dalla vessazione, visto che praticamente nulla si può fare per eliminare l’asimmetria fiscale per cui lo Stato pretende ed esegue quando è a debito, dilaziona e glissa quando è a credito. Quanti altri imprenditori onesti, sennò, decideranno ancora di darsi fuoco?

Riforma fiscale rinviata a data da destinarsi

di Vera MORETTI

Fumata nera da parte del Consiglio dei Ministri per quanto riguarda la delega fiscale. L‘annuncio è stato reso noto attraverso un comunicato ufficiale di Palazzo Chigi: “in ragione dei numerosi punti all’ordine del giorno, e tra questi in particolare la riforma del mercato del lavoro e il prossimo viaggio in Asia del Presidente del Consiglio, il Consiglio dei Ministri ha ritenuto opportuno rinviare ad una seduta successiva l’approvazione del testo finale. Ciò al fine di ponderare e analizzare con maggiore attenzione i dettagli tecnici della riforma fiscale“.

Per quanto riguarda le aliquote IRPEF, il testo analizzato durante il Consiglio non è stato modificato nulla, ma novità arrivano dalla riforma del catasto, considerando il prossimo, e nuovo, calcolo per l’IMU.

Il disegno di legge per la semplificazione fiscale è composto da 17 articoli e prevede l’emanazione di più decreti legge che riguarderanno l’attuazione e la revisione di punti cruciali come IMU, revisione del sistema sanzionatorio e del contenzioso tributario, razionalizzazione dell’IVA, carbon tax e misure contro l’evasione fiscale.

La discussione sulla delega fiscale è stata rinviata perché alcuni ministri si sono opposti su alcuni punti della riforma del fisco.
Tra questi, il ministro dell’Agricoltura, Mario Catania, che ha chiesto chiarimenti sull’IMU per le aziende agricole: “La riforma vuole correggere alcuni aspetti del sistema fiscale italiano per renderlo più equo e orientato alla crescita economica. Un primo punto importante è quello di dare maggior certezza al sistema tributario e, quindi, migliorare i rapporti con i contribuenti. A questo si aggiunge la volontà di proseguire nel contrasto all’evasione e all’elusione e al riordino dei fenomeni di erosione fiscale. Sul fronte dell’equità, un contributo sarà assicurato dalla riforma del catasto dei fabbricati, mentre su quello della crescita emerge la tassazione ambientale“.