Lo sport nazionale? L’evasione fiscale

di Vera MORETTI

Per risanare i conti pubblici la manovra appena varata dal Governo Monti potrebbe essere assai meno pesante se solo ci fosse la possibilità di metter mano ai miliardi di Euro evasi solo nell’ultimo anno.

I dati, sconcertanti ma veri stimati da Istat, parlano di ben 275 miliardi che, tra evasione fiscale e sommerso, potrebbero non solo dare un’ampia boccata d’ossigeno all’economia nostrana, ma anche assicurare un futuro tranquillo a noi e ai nostri discendenti.
Le cifre parlano di 120 miliardi sottratti al Fisco che corrispondono a 2.093 Euro per ciascun contribuente, ovvero il 13,5% del proprio reddito.

Non a caso, dunque, l’Herald Tribune ha affermato che l’evasione è il vero sport nazionale italiano. Altro che calcio, dunque, perché nei sotterfugi siamo dei veri campioni. A “praticare” maggiormente questa attività sono gli uomini, più delle donne, e i giovani, più degli anziani.
Lavoratori autonomi ed imprenditori sono i veri “campioni”, dal momento che dichiarano la metà del proprio reddito, nascondendo così, in media, 15 mila euro a testa.
Ma anche i proprietari di case, negozi ed appartamenti si astengono dal dichiarare le loro entrate, almeno dell’80%, circa 18 mila euro ciascuno.

Ma qualcosa di “marcio” dev’esserci anche per chi è titolare di sale da ballo e discoteche, dal momento che, poverini, con una dichiarazione media inferiore ai 6 mila euro, si trovano sotto la soglia di povertà, costretti alla fame. E sulla stessa china sono centri benessere, con meno di 3.200 euro dichiarati, e impianti sportivi, che non arrivano a 1.300. Se poi, tra questa categoria inseriamo parrucchieri che “arrancano” con 12.500 euro annuali, e i gioiellieri con 16.300, la situazione è lampante, per non dire vergognosa.

Ciò era già emerso in base alle vendite di beni di lusso, acquistati in quantità maggiore rispetto alle possibilità degli acquirenti. I beni maggiormente imputati sono le auto e le barche, e queste ultime in particolar modo mettono in evidenza le discrepanze che anche il Fisco ha accusato. Sono ben 42.000 le persone che, tra i beni in loro possesso, hanno anche yacht superiori a 10 metri, nonostante un reddito di 20 mila Euro all’anno. Insomma, è possibile essere “poveri” ma possedere un suv, un jet o una barca di lusso?

E non si tratta dei soliti “vip” che sistematicamente vengono scovati e poi perdonati con maxi patteggiamenti, perché tra la popolazione dei furbi ci sono tante persone “normali” che non dichiarano neanche un euro, o, se lo fanno, non arrivano neanche alla metà delle loro entrare reali.

E se i provvedimenti sono così “soft”, sono furbi loro o tonti noi?

Censis: gli Italiani sono disposti a fare sacrifici

In tempi di crisi, gli italiani riscoprono il valore della responsabilità collettiva: il 57,3% è infatti disponibile a fare sacrifici per l’interesse generale del Paese. Anche se il 46% di questi lo farebbe solo in casi eccezionali. E’ quanto risulta da un’indagine del Censis contenuta nel Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2011.

Secondo il rapporto, il 65,4% indica la famiglia come elemento che accomuna gli italiani, mentre l’81% condanna duramente l‘evasione fiscale. A fronte poi di un 46% di cittadini che si dichiara ”italiano”, c’è un 31,3% di ”localisti” che si riconoscono nei Comuni, nelle regioni o nelle aree territoriali di appartenenza, un 15,4% di ”cittadini del mondo” che si identificano nell’Europa o nel globale e un 7,3% di ”solipsisti” che si riconoscono solo in se stessi. Ancora oggi i pilastri del nostro stare insieme fanno perno sul senso della famiglia, indicata dal 65,4% come elemento che accomuna gli italiani.

Seguono il gusto per la qualità della vita (25%), la tradizione religiosa (21,5%), l’amore per il bello (20%). Cosa dovrebbe essere messo subito al centro dell’attenzione collettiva per costruire un’Italia piu’ forte? Per piu’ del 50% la riduzione delle diseguaglianze economiche. Moralità e onesta’ (55,5%) e rispetto per gli altri (53,5%) sono i valori guida indicati dalla maggioranza degli italiani. Emerge poi la stanchezza per le tante furbizie e violazioni delle regole. L’81% condanna duramente l’evasione fiscale: il 43% la reputa moralmente inaccettabile perché le tasse vanno pagate tutte e per intero, per il 38% chi non le paga arreca un danno ai cittadini onesti. Infine, il Censis sottolinea come il modello di sviluppo italiano abbia sempre trovato nella famiglia un punto di grande forza e la famiglia si sia sempre fatta carico dei bisogni sociali, andando a integrare se non a sostituire le prestazioni di welfare.

Ma questo modello, avverte, comincia a mostrare segni di debolezza: se è vero che in proporzione al Pil la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane rimane una delle più rilevanti in Europa, in valore assoluto si è assistito a un’erosione significativa di questo patrimonio tra il 2006 e il 2009, il cui ammontare è passato da 3.042 miliardi di euro a 2.722 miliardi. Inoltre, dal punto di vista della capacità di assistenza informale delle famiglie, il numero dei potenziali caregiver (persone che si prendono cura dei familiari) andrà riducendosi in modo netto: se nel 2010 c’erano 18,5 persone autosufficienti in età compresa tra 50 e 79 anni (fascia d’età nella quale rientra la gran parte dei caregiver) per ogni ultraottantenne non autosufficiente, entro il 2040 questa proporzione è destinata a dimezzarsi, scendendo a 9,2 caregiver per ogni anziano potenzialmente bisognoso di assistenza.

Fonte: Confcommercio.it

Pochi ricchi e tante auto di lusso

Può un “povero” permettersi un’auto di lusso? E’ quanto ci si chiede apprendendo che, a discapito della crisi e dei pochissimi ricchi “dichiarati”, sono più di 200.000 le supercar vendute in un anno.

I dati parlano chiaro: il livello della pressione fiscale, in Italia, ha raggiunto il 43,4% e ricade soprattutto sui redditi da lavoro e da pensione che contribuiscono al reddito Irpef per l’86,2%.

Esaminando le dichiarazioni dei redditi del 2010 salta all’occhio un dato emblematico: i soggetti che dichiarano piu’ di 200.000 euro (0,17% del totale) sono per il 58,8% lavoratori dipendenti, per il 27,7% pensionati e per il rimanente 13,7% contribuenti che dichiarano altri tipi di redditi.

Ma, se i “ricchi” costituiscono lo 0,17% della popolazione, perché aumenta sempre più l’acquisto dei beni di lusso? Le auto di fascia superiore, in questa statistica, rappresentano la fetta più consistente, poiché ne sono state vendute 260.000 solo nel 2010, per un prezzo medio di 103.000 euro. E chi può permettersi di sfrecciare su uno di questi “bolidi” deve rientrare tra i 71.989 contribuenti che hanno dichiarato al fisco più di 200.000 euro. Ma, cifre alla mano, ne mancano un bel po’, per arrivare a 260.000 modelli venduti. E quindi: come fanno gli altri 137.011 possessori di Ferrari, Lamborghini, Mercedes, Bmw e Audi a possedere auto che valgono metà del loro reddito annuo?
Considerato che i “non ricchi” dichiarano meno di 35.000 euro e, tra loro, meno di 15.000 euro l’anno, dovrebbero usare lo stipendio di dieci anni per potersi permettere un’auto di lusso.

Le incongruenze continuano: i proprietari di discoteche, centri benessere e istituti di bellezza, hanno dichiarato addirittura perdite. I negozi di abbigliamento e calzature un reddito molto più basso: 8.000 euro. Fino ad un massimo dei bar (16.200 euro) e degli orafi (16.300 euro). E in tutti questi casi si tratta di cifre annue inferiori allo stipendio di un lavoratore dipendente.

Tutto ciò la dice lunga sull’evasione fiscale del nostro Paese, la cui base imponibile ammonta a circa 200 miliardi di euro, mentre le imposte evase supererebbero ormai i 100 miliardi di euro. Stima rilevante ma giudicata prudenziale da tutti gli altri studi che ritengono che il livello dell’evasione fiscale superi i 130 miliardi di euro.

Per ovviare a questo problema, che evidenzia come la macchina del fisco produca effetti di iniquità ed inefficacia, la Uil chiede di varare un Forum nazionale che si impegni ad “affermare la legalità fiscale del nostro Paese“ con provvedimenti che portino ad una svolta, in questo periodo di crisi assolutamente necessaria.
Tra questi, ad esempio, la tracciabilità per le operazioni sopra i 500 euro, ma anche l’incrocio tra le banche dati dell’Amministrazione finanziaria, Enti locali e servizi pubblici, nonché il potenziamento delle procedure e degli strumenti di controllo e il rafforzamento del contrasto di interessi.

Solo così ci sono speranze di risollevare l’economia collassata del Belpaese, perché potrebbe essere proprio la leva dei fisco a far ripartire la crescita. E ne avremmo davvero bisogno

Vera Moretti

L’esercito degli evasori totali

Tra il 2001 e il 2010 la Guardia di Finanza ha svolto un lavoro ciclopico di lotta all’evasione fiscale e al lavoro nero. Secondo un’laborazione dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, nel periodo indicato sono stati scovati quasi 350mila lavoratori in nero ed evasori totali e paratotali. L’imponibile recuperato dal contrasto all’evasione si aggira attorno ai 230 miliardi di euro: un valore leggermente superiore al Pil di Piemonte e la Toscana.

Secondo il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, “se facciamo una media molto trilussiana possiamo dire che in questi ultimi 10 anni sono venuti a ‘galla’ mediamente oltre 63 milioni di euro al giorno“.

Riguardo alla crescita dell’imponibile recuperato, in termini assoluti si è passati dai 15,28 miliardi accertati nel 2001 ai 49,24 “recuperati” nel 2010: +222% nel decennio.

Non è un caso – dice ancora Bortolussiche l’imponibile accertato abbia assunto dimensioni rilevanti negli ultimi 4 anni. Il merito va alla politica adottata dall’Amministrazione finanziaria che ha intensificato in maniera encomiabile l’azione contro i grandi evasori e coloro che sono completamente sconosciuti al fisco“.

Se sarà introdotta la cosiddetta patrimoniale – prosegue-, a pagare non saranno, ancora una volta, solo coloro che sono conosciuti al fisco, mentre chi è un evasore totale la farà franca ancora una volta? Quindi, non è meglio potenziare l’attività di contrasto alla grande evasione che in questi ultimi anni ha dato ottimi risultati?“.

Parlando di persone, nel periodo in esame ne sono state scoperte quasi 350mila: 81.770 evasori totali (persone completamente sconosciute al fisco) e paratotali (contribuenti che hanno occultato oltre il 50% del loro giro d’affari) e altri 267.355 che svolgevano un’attività completamente o del tutto in nero.

Secondo l’Istat, però, in Italia l’imponibile sottratto ogni anno al fisco attorno è di circa 250/275 miliardi di euro. Se nel 2010 sono stati recuperati poco meno di 50 miliardi, significa che siamo ancora intorno al 20% del totale stimato.

Attenzione a distinguere bene tra imponibile accertato e riscossione effettiva, ossia i soldi che concretamente finiscono nelle casse dell’Erario dopo i vari livelli di giudizio. “Ebbene – conclude Bortolussile riscossioni effettive, seppur in forte aumento negli ultimi anni, si aggirano attorno al 10-12% dell’imponibile accertato. Un risultato ancora contenuto che va assolutamente migliorato“.

Dichiarazione dei redditi: arriva il redditometro

D’ora in poi sarà più difficile sfuggire ai controlli sulla dichiarazione dei redditi. L’Agenzia delle Entrate ha infatti presentato il nuovo redditometro, un nuovo strumento di controllo e di orientamento per i contribuenti
L’obiettivo è la verifica della ‘coerenza‘ fra quanto dichiarato e la capacità di spesa di ciascun contribuente. In caso di una profonda discrepanza rilevata dal redditometro, potranno scattare i controlli degli Enti preposti.

Il nuovo redditometro punta sul concetto di spesa effettiva. “E’ innanzitutto uno strumento di compliance a disposizione dei contribuenti che consente di rilevare la coerenza tra le loro spese e il reddito che hanno dichiarato”, ha sottolineato Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate. Il nuovo strumento di controllo sarà utilizzato per la verifica delle dichiarazioni dei redditi a partire dal 2009.

“Si tratta di un prodotto assolutamente attendibile, in quanto la stima è ancorata a dati di spesa certi, non ipotizzati, che si vanno a confrontare con l’elemento redditi dichiarati”, ha specificato il direttore dell’Accertamento, Luigi Magistro. Ma come funzionerà nella pratica il nuovo strumento dell’Agenzia delle Entrate?

Sono più di cento le voci che verranno prese in considerazione per la stima del reddito, e che dovranno indicare la capacità di spesa del contribuente. Queste le categorie:

  • abitazione (abitazione principale, altre abitazioni, mutui, ristrutturazioni, collaboratori domestici, arredi, utenze)
  • mezzi di trasporto (auto, minicar, caravan, moto, barche)
  • contributi e assicurazioni (contributi previdenziali, responsabilità civile, incendio e furto, vita)
  • istruzione (asili nido, scuola per l’infanzia, primaria e secondaria, corsi di lingue straniere, master)
  • attività sportive e ricreative e cura della persona (sport, iscrizioni a circoli, cavalli, abbonamenti pay-tv, alberghi, centri benessere)
  • altre spese significative (oggetti d’arte e antiquariato, gioielli, donazioni)
  • investimenti immobiliari e mobiliari netti

Il rapporto fra queste voci di spesa e il reddito dichiarato rileverà il “grado di coerenza” dei contribuenti. Le famiglie analizzate dal redditometro saranno differenziate a seconda dell’area geografica di provenienza e dal tipo di compagine sociale, quindi se single o in coppia, se con figli a carico o senza, etc. Per ciascuna tipologia verranno create delle famiglie ‘tipo’ per individuare il grado di coerenza. Se le spese effettive si riveleranno superiori al reddito, saremo di fronte a una situazione di “non coerenza” che, a seconda dello scostamento, può generare un rischio di evasione basso, medio o alto. Nel primo caso non ci sarà nessuna conseguenza, nel secondo caso il contribuente dovrà fornire adeguati chiarimenti, in assenza dei quali si procede all’accertamento sintetico basato sulle spese sostenute o su un diverso strumento presuntivo.

La fase di test e sperimentazione del nuovo redditometro inizierà a novembre e terminerà a fine febbraio 2012. Attraverso un software disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate, saranno acquisiti alcuni casi per testare il nuovo strumento. Ai contribuenti che faranno parte del test valutativo è garantito l’anonimato.

Alessia Casiraghi

A Milano gli Stati Generali del Commercio

“E’ ora di reagire. Il tempo è scaduto ed è l’ora delle scelte”. E’ intriso di pragmatismo e necessità di un’azione forte e immediata l’ultimatum lanciato al Governo da Confcommercio, riunito a Milano per gli Stati Generali del Commercio.

Per la rinascita dell’Italia si richiedono “scelte necessarie per controllare e ridurre la spesa pubblica, – si legge nel documento presentato da Confcommercio – e per contrastare e recuperare evasione ed elusione. Ponendo, così, le basi per una progressiva riduzione di un livello di pressione fiscale divenuto ormai intollerabile”. Il vero monito va al Governo: “sappiamo che occorreranno ancora sacrifici. Ad essi non ci sottrarremo. Ma a condizione che si renda chiaro che questi sacrifici verranno ripagati con il ”dividendo” delle scelte necessarie per il futuro dell’Italia”.

Il tempo della partita è scaduto. Confcommercio ribadisce la necessità di lavorare con ”serietà e rigore nell’affrontare e nel risolvere nodi strutturali di lungo corso.

Punto primo: “liberare risorse destinate agli investimenti infrastrutturali ed al capitale sociale ed umano”, solo così l’Italia sarà in grado di competere ad armi pari in ogni mercato”.

Punto secondo: “riformare politica ed istituzioni. Rinnovando, così, l’etica pubblica e riguadagnando il rispetto e la fiducia dei cittadini”. Secondo la Confederazione ”per accelerare la dinamica del ritorno alla crescita, occorre fare tesoro della lezione principale della crisi, cioè della rivalutazione delle ragioni dell’economia reale e del lavoro”. In particolare, si legge nel documento di Confcommercio “occorre rafforzare la capacita’ competitiva del sistema di impresa diffusa, con regole, politiche e risorse che ne sostengano competitività, produttività e crescita. Tenendo presente, in particolare, che oggi le imprese dei servizi di mercato contribuiscono alla formazione del valore aggiunto e dell’occupazione in misura superiore al 50% del totale”.

E rivolto alla classe politica italiana, Confcommercio ribadisce ”è necessario un rilancio delle riforme istituzionali, a partire dalla riduzione dei costi della rappresentanza politica, così come è indispensabile ancorare a solidi principi di riferimento l’attuazione del federalismo fiscale”. Altro cancro per l’Italia l’evasione e dell’elusione fiscali che si combattono “riducendo le aliquote di prelievo fiscale senza traslare la pressione ‘dalle persone alle cose’. Occorre, poi, procedere a coraggiose alienazioni di patrimonio pubblico per ridurre il debito e finanziare la spesa pubblica strategica per il futuro del Paese”. L’ulteriore e ”fondamentale impegno” che oggi Confcommercio chiede ”è quello di una vera e propria politica per i servizi, fatta di semplificazioni, di flessibilità governata e contrattata nel mercato del lavoro, di sostegno all’innovazione e di liberalizzazioni”.

Sul fronte delle infrastrutture la confederazione chiede, inoltre, ”una compiuta attuazione della riforma che liberalizza le attività di autotrasporto e logistica; l’adozione di un Patto e un Piano Nazionale per la mobilità urbana; un’effettiva liberalizzazione del mercato del trasporto ferroviario; una strategia di riordino e razionalizzazione del trasporto aereo; lo sviluppo dei trasporti marittimi e delle autostrade del mare, potenziando nel contempo le infrastrutture portuali e retroportuali e i loro collegamenti con il territorio”.

Ultimo nodo cruciale per il destino economico dell’Italia, il Mezzogiorno: la priorità per il Sud è di ”perseguire pochi e fondamentali obiettivi strategici, privilegiando la costruzione di condizioni di contesto che consentano una maggiore produttività delle imprese e del lavoro. Servono incentivi automatici e fortemente selezionati per le attività d’impresa, e occorre rafforzare le infrastrutture con particolare attenzione alla logistica urbana”.

A.C.

Assoedilizia: la patrimoniale danno per l’Italia

I sostenitori della patrimoniale, che da oltre due mesi con proposte esplicite o larvate cavalcano questa tesi, stanno facendo un grande danno al Paese.” Ad affermarlo è Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, che dall’Africa Forum Ambrosetti-Fondazione BdS Banco di Sicilia, svoltosi a Taormina, lancia il suo avvertimento riguardo ai possibili danni che l’imposta sulla patrimoniale potrebbe causare al nostro Paese.

Per Colombo Clerici la patrimoniale si riduce nei fatti ad un’imposta immobiliare, che ha come effetto quello di generare “una discriminazione sociale e civile intollerabile fra categorie di risparmiatori e di investitori economici aventi tutti una pari dignità e una pari funzione sociale”.

Un altro rischio evidente rappresentato dalla patrimoniale riguarda la sua frequente associazione a problematiche quali l’evasione e l’elusione fiscale, con tutte le implicazioni negative collegate ai toni punitivi punitivi e colpevolizzanti del giustizialismo fiscale e sociale.

Per il presidente di Assoedilizia si tratta invece di una “ricchezza rappresentata da risparmi – quindi redditi, magari accumulati da generazioni, sui quali si son pagate le relative tasse, anche patrimoniali laddove siamo in presenza di passaggi successori ”.

La patrimoniale rischia di avere un vero e proprio effetto depressivo sull’economia e sulle famiglie italiane: “La sensazione dominante presso le famiglie risparmiatrici, sottoposte quotidianamente alla doccia scozzese delle proposte più’ disparate e fantasiose che vengono riportate dalla stampa, non e’ solo quella di trovarsi ‘tra color che son sospesi’,ma soprattutto di sentirsi di fatto ingiustamente e vanamente impoveriti da una prospettiva fiscale ineluttabile, della cui entità peraltro non v’e’ certezza.”

Per Clerici la patrimoniale appare piuttosto come un ostacolo al un rilancio della crescita economica dell’Italia: “chiediamo ai commercianti, agli artigiani, agli operatori turistici, alle agenzia immobiliari, insomma a tutti coloro che hanno a che fare con le spese e gli investimenti delle famiglie e ci diranno della crescente contrazione dei consumi da parte dei nostri connazionali”.

A.C.

E’ il canone Rai la tassa più odiata dagli italiani

Gli italiani e le tasse. A poche ore dall’approvazione della manovra finanziaria da parte della Camera, incentrata su nuove entrate fiscali, prima fra tutte l’aumento dell’Iva al 21%, un sondaggio dell’Ifel, il centro studi dell’Anci, ha stilato la classifica delle tasse più odiate dagli italiani.

Al primo posto troviamo il canone Rai, tassa osteggiata dal 45,5% degli intervistati, seguita dal Bollo Auto che si aggiudicata il 14,2% di insofferenze da parte degli italiani. Al terzo posto si classifica la tanto discussa imposta sul valore aggiunto, l’Iva, con un 9,1%.

Le tasse non sono uguali per tutti, è il caso di dire. Un dato però accomuna tutti i contribuenti italiani: il 70% considera l’evasione fiscale un cancro che divora il nostro Paese, anche se l’80,3% lo ritiene frutto del nostro sistema fiscale squilibrato. Da Nord a Sud l’evasione fiscale è considerata la vera mela marcia del nostro sistema, anche se è nel nord est produttivo e insofferente alla burocrazia, si registrano le percentuali più elevate: il 68,8% contro il 29,3% di Siciliani e Sardi, che vedono le tasse come un’imposizione vessatoria.

Assolta invece l’Ici, l’imposta comunale sugli immobili. Nel 2006, alla vigilia delle elezioni politiche, fu proprio Berlusconi a lanciare la sfida a Prodi con la proposta di abolizione dell‘Ici sulla prima casa. Col senno di poi, i dati raccolti dall’Ifel evidenziano invece che l’insofferenza degli italiani verso l’imposta comunale sugli immobili è solo del 6,5%.

Un altro dato sorprendente riguarda la fiducia che il 26,8% degli intervistati ripone nel Comune, considerato l’ente con la miglior efficienza di spesa dei soldi pubblici, quasi il doppio rispetto alla Regione, che raccogli solo il 14,6% dell’approvazione da parte degli italiani, e al terzo posto l’ Unione Europea , con il 6,7%.

Largo al Federalismo Municipale quindi? I dati non lo confermano così nettamente: il federalismo fiscale si colloca infatti solo al quinto posto con il 14,5% nella classifica delle riforme strutturali necessarie secondo il cittadino italiano. Più urgenti appaiono infatti per gli intervistati la riforma del mercato del lavoro, con il 43,9%, quella del sistema fiscale, con il 42,7% e la ridistribuzione dei costi della politica 35,7%. Peccato però, che la finanziaria appena approvata dal parlamento non abbia nemmeno sfiorato le tre questioni.

A.C.

“Tariffe minime per contrastare l’evasione fiscale”

Il presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri Gianni Rolando alza la voce per commentare la segnalazione inviata al Governo e alle Camere dall’Antitrust in vista dei lavori parlamentari per la conversione della Manovra, nella quale si auspica l’eliminazione del riferimento legale alle tariffe: “Stabilire delle tariffe minime inderogabili e dare il compito agli ordini professionali di riscuoterle per poi pagare i professionisti. In questo modo si darebbe una spallata definitiva all’evasione fiscale dei professionisti“, ha dichiarato a LABITALIA.

Sicuramente la mia è una proposta provocatoria però avrebbe la sua efficacia, anche se nella nostra categoria non si contano molti casi di evasione fiscale. La liberalizzazioni delle professioni rappresenta una grande opportunità per mettere mano a una questione complessa troppo spesso rimandata e per riscrivere i fondamenti di un nuovo modo di concepire la professione“.

Rolando concorda poi con l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato nella volontà di “ridurre la durata del tirocinio. Anche se questo non è un problema che tocca la nostra categoria: per gli ingegneri non esiste tirocinio, il tasso di successo all’esame di stato è dell’89%, gli iscritti all’albo sono 228 mila, con un aumento del 65% in dieci anni e meno del 10% di loro svolge la professione perché ‘ereditata’ dai genitori“.

In generale ritieniamo corretto che il tirocinio duri il meno tempo possibile, per aiutare veramente le giovani generazioni ad entrare nel mercato del lavoro. Si tratta comunque – ha concluso Rolando di uno strumento necessario perchè serve per preparare al mondo del lavoro i giovani che, magari anche se a livello tecnico hanno acquisito tutte le competenze necessarie, a livello pratico hanno ben poca esperienza“.

Arrivano controlli fiscali più severi

L’Agenzia delle Entrate,  tramite il direttore generale, Attilio Befera, ha precisato le linee guida dei controlli fiscali del prossimo semestre.

Convinto che verifiche più efficienti consentiranno al fisco di eguagliare lo stesso recupero di evasione che, nel 2010, ha fruttato 10,6 miliardi di euro, il direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, ha  disposto una riduzione del 20% del target relativo all’indicatore che fa riferimento agli accertamenti nei confronti di Pmi e professionisti.