Fatturazione elettronica da e verso la Pa

Il D-Day della fatturazione elettronica è arrivato. Da ieri, tutte le pubbliche amministrazioni italiane potranno pagare e ricevere solo attraverso la fatturazione elettronica redatta in formato strutturato e con firma digitale. Un passaggio ulteriore rispetto all’obbligo di fatturazione elettronica che era già attivo dal 6 giugno 2014 per oltre 9mila enti pubblici della pubblica amministrazione centrale.

A oggi il sistema di interscambio ha già veicolato una mole molto importante di fatturazione elettronica, pari a circa 2,2 milioni le fatture; una cifra che, una volta rodato il sistema, dovrebbe toccare quota 50 milioni, frutto di uno scambio tra la Pa e i suoi 100mila fornitori abituali e quasi 2 milioni di fornitori occasionali.

Secondo le stime ministeriali, la fatturazione elettronica da e verso la Pa consentirà alla Pa stessa di risparmiare circa 17 euro per ciascuna fattura ricevuta. Allo stesso modo, i vantaggi saranno tangibili anche per i fornitori della Pa, per i quali si stima un risparmio tra i 6 e gli 8,5 euro a fattura.

Complessivamente, si stima che l’introduzione della fatturazione elettronica nella Pubblica amministrazione consentirà a quest’ultimo un risparmio annuo di circa 1 miliardo di euro, soprattutto grazie al contenimento dei costi di esecuzione delle attività. A questo miliardo, si aggiungono anche 500 milioni di risparmi derivanti dall’aumento di produttività delle imprese che forniscono la Pubblica amministrazione.

Il passaggio successivo alla fatturazione elettronica, quello che, secondo le stime ministeriali potrebbe far lievitare il risparmio annuo alla cifra monstre di 6,5 miliardi, è la digitalizzazione dell’intero ciclo procure to pay della Pubblica Amministrazione. Se poi ci fosse la digitalizzazione totale del ciclo ordine-pagamento di tutte le imprese italiane, si arriverebbe a 60 miliardi di euro. Ma questa è fantascienza e a Babbo Natale abbiamo smesso tutti di credere da un pezzo.

Imposta sui contanti versati in banca, stop del Governo

Quella dell’ imposta sui contanti versati in banca stava diventando una notizia che, se confermata, avrebbe acceso (figuratamente…) un candelotto di dinamite sotto alla sedia del premier Renzi. Nei giorni scorsi era infatti circolata la voce che, per combattere l’evasione fiscale, oltre a misure sensate il governo stava pensando di introdurre una imposta sui contanti versati in banca, superiori ai 200 euro, che fosse crescente proporzionalmente al valore del versamento. Una bomba, appunto.

Ecco perché il Governo si è affrettato a smentire la voce, ricordando che anzi l’obiettivo dell’Esecutivo non è introdurre una imposta sui contanti versati in banca ma portare i limiti per l’uso del contante al livello europeo, alzandoli da 1.000 a 3mila euro. Un tetto più alto, dal momento che all’estero l’uso del contante è più limitato che in Italia, in quanto i pagamenti elettronici sono molto più frequenti che da noi. Quindi, niente imposta sui contanti versati in banca.

Il Governo non ha mai fatto mistero di puntare sullo sviluppo dei pagamenti elettronici come strumento di lotta all’evasione, come la fattura o lo scontrino elettronici, immediatamente tracciabili dal Fisco. Del resto, proprio l’ok al decreto delegato sulla fatturazione elettronica e online è legato a doppio filo l’aumento della soglia per l’uso del contante: se salta il primo, salta anche il secondo.

Insomma, sulla voce relativa alla imposta sui contanti versati in banca sembra essere stata messa la parola fine. Almeno per ora…

Fatturazione elettronica, chi la deve fare

Indicata da molti come una delle strade possibili per fare chiarezza nei rapporti tra Pubblica Amministrazione e imprese fornitrici, la fatturazione elettronica è ora una realtà. In questo modo, come detto, dovrebbero diventare più chiari i flussi di fornitura verso la Pa e, forse, potrebbero trarre beneficio anche i tempi di pagamento nei confronti delle imprese private, che nello Stato hanno oggi il loro maggior creditore.

La decorrenza per le nuove modalità di fatturazione elettronica nei confronti della Pubblica Amministrazione era il 6 giugno scorso per ministeri, agenzie fiscali ed enti previdenziali e assistenziali. Per gli altri Enti della Pa l’obbligo sarebbe dovuto decorrere un anno dopo, dal 6 giugno 2015, ma l’art. 25 del D.L. 24 aprile 2014 n. 66 ne ha anticipato l’adempimento di 3 mesi, al 31 marzo 2015.

Secondo quanto riporta la Circolare 1/DF diffusa il 31 marzo 2014 dal ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, pur esistendo uno specifico divieto di pagamento dei fornitori in assenza di fatturazione elettronica, è tuttavia previsto un periodo transitorio in cui la Pa potrà accettare fatture cartacee. Amministrazioni ed Enti pubblici nei tre mesi successivi alla data di entrata in vigore del nuovo adempimento potranno accettare fatture cartacee emesse antecedentemente a tale data.

Nel documento di prassi è anche spiegato il perché si è scelto di concedere un periodo transitorio alla fatturazione elettronica. Infatti, la trasmissione della fattura in formato cartaceo non può essere istantanea, ragion per cui dal momento della spedizione al momento della ricezione passano spesso diversi giorni. In ogni caso, terminato il trimestre di transizione, le vecchie fatture non saranno più accettate e i fornitori non potranno più essere pagati.

Da oggi in vigore la fattura elettronica

Entra in vigore oggi l’obbligo di fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione e, per questo motivo, l’Agenzia delle Entrate ha messo a disposizione dei propri fornitori un vademecum completo di specifiche tecniche, codici da utilizzare, uffici di riferimento, elementi da inserire nelle fatture dirette e indirette.

In base al DM 55/2013, da oggi il Fisco non potrà più ricevere fatture cartacee e, dai primi di settembre, non potrà più effettuare alcun pagamento senza fattura elettronica.

Se si tratta di opere pubbliche, devono essere riportati codice identificativo di gara (CIG) e codice unico di progetto (CUP), inseriti in uno dei blocchi informativi 2.1.2 (Dati Ordine Acquisto), 2.1.3 (Dati Contratto), 2.1.4 (Dati Convenzione), 2.1.5 (Dati Ricezione) o 2.1.6 (Dati Fatture Collegate), in corrispondenza degli elementi denominati “CodiceCUP” e “CodiceCIG”, del tracciato.

In fattura va inserito obbligatoriamente l’ufficio destinatario, identificato da Codice Univoco Ufficio grazie al quale il sistema di interscambio è in grado di recapitare correttamente la fattura: va inserito in corrispondenza dell’elemento del tracciato 1.1.4 denominato “Codice Destinatario”.

Ecco l’elenco completo con relativi codici.

  • Direzione Provinciale Bolzano: F6HH86
  • Direzione Provinciale Trento: F7B0R7
  • Direzione Regionale Abruzzo: HARF3J
  • Direzione Regionale Basilicata: ED1F0B
  • Direzione Regionale Calabria: LIBBHF
  • Direzione Regionale Campania: DHBAAH
  • Direzione Regionale Emilia Romagna: HSIRQ2
  • Direzione Regionale Friuli Venezia Giulia: 03IE5D
  • Direzione Regionale Lazio: 1F8O3G
  • Direzione Regionale Liguria: 8SB4MD
  • Direzione Regionale Lombardia: GB4P77
  • Direzione Regionale Marche: DOIBBL
  • Direzione Regionale Molise: 2P63B6
  • Direzione Regionale Piemonte: IOJCIC
  • Direzione Regionale Puglia: E4P4FD
  • Direzione Regionale Sardegna: C792AC
  • Direzione Regionale Sicilia: J5ON12
  • Direzione Regionale Toscana: 2ERKJA
  • Direzione Regionale Umbria: 6OK5GB
  • Direzione Regionale Valle D’Aosta: DLDJPI
  • Direzione Regionale Veneto: QBNNFA
  • Ufficio Contratti e Infrastrutture TLC: 42TVPB
  • Ufficio Fornitori: X3DZ5I
  • Ufficio Rapporti con i partner tecnologici: IB3XE4
  • Ufficio Rapporti con intermediari e agenti della riscossione: 2OHKJB

Le modalità di emissione e trasmissione della fattura attraverso il sistema di interscambio sono contenute nell’allegato B “Regole tecniche” al citato DM 55/2013, mentre quelle per la gestione del processo di fatturazione si trovano nell’allegato C “Linee Guida”.

Le fatture all’Agenzia delle Entrate possono essere indirette (beni e servizi a seguito dell’emissione di ordine di acquisto) oppure dirette (per acquisti non effettuati in seguito a emissione di ordini). Nel primo caso, le aziende fornitrici dovranno inserire in fattura i dati relativi a ordine e ricezione (che verranno comunicati dalla stessa Agenzia via mail). Per le fatture indirette, con particolare riguardo a forniture di energia elettrica, gas, verrà inviata alle aziende fornitrici una mail con i dati aggiunti da inserire in fattura, fra i quali un determinato codice per ogni utenza.

Vera MORETTI

Fatture elettroniche per le PA: ecco le prime istruzioni

Per agevolare le semplificazioni burocratiche che riguardano la Pubblica Amministrazione, sono state rese note le prime indicazioni operative sull’avvio della fattura elettronica per la PA.

La Ragioneria Generale dello Stato ha fissato i paletti e le linee guida per l’emissione, la trasmissione e il ricevimento della fattura elettronica che diventerà obbligatoria nei rapporti economici con le amministrazioni pubbliche.

Per un corretto uso del sistema informativo, in particolare per il censimento degli uffici destinatari di fattura elettronica, i Ministeri hanno reso note le attività propedeutiche e il relativo processo da attuare.

La scadenza è stata confermata al 6 giugno 2014, dopo la quale i Ministeri non potranno accettare fatture che non siano trasmesse in forma elettronica secondo le modalità previste del decreto n. 55/2013.

A tal scopo il Sistema di Interscambio, ovvero il sistema informatico che si occupa di ricevere le fatture elettroniche, fare i controlli sui file ricevuti e inoltrarle alle Amministrazioni destinatarie, verrà reso disponibile alle Amministrazioni e ai fornitori a partire dal 6 dicembre 2013.

Vera MORETTI

Una nuova direttiva UE cambia i modi di fatturare

Da gennaio cambieranno alcune cose in materia di fatturazione e Iva, come previsto dalla
Direttiva n. 2010/45/UE, e ne saranno coinvolti tutti gli Stati membri.

Si tratterà di ridurre gli oneri amministrativi per le imprese, semplificare la contabilità per cassa delle pmi ed introdurre la fatturazione elettronica.

Relativamente al ciclo attivo di fatturazione, è stato deciso di ampliare il numero delle operazioni con certificazione, comprendendo anche la cessione di beni e le prestazioni non territoriali effettuate nei confronti di soggetti passivi debitori d’imposta in un Paese diverso dal proprio.
Se si tratta di un cessionario o committente residente UE, occorre inserire nella fattura la dicitura “inversione contabile”.
Qualora si trattasse di un cessionario o committente residente extra-UE, la dicitura “operazione non soggetta”.
Il documento dovrà essere corredato della partita Iva del cessionario/committente nazionale o UE se impresa, il codice fiscale nel caso di persona fisica.

La Fattura semplificata è appannaggio di operazioni che non superino i 100 euro o anche 400 euro per ambiti specifici in cui sia difficile rispettare gli adempimenti per le emissioni di fatture.
Per un cliente residente in Italia occorre indicare codice fiscale o partita IVA invece dei dati identificativi. Per un cliente residente nella UE serve il numero di identificazione IVA definito dal Paese di residenza.
È comunque obbligatorio inserire corrispettivo (anche in una valuta diversa, tenendo presente il tasso previsto dalla Banca Centrale Europea) e imposta, così da ottenere la base imponibile.
La Fattura elettronica digitale viene equiparata in tutto e per tutto a quella cartacea.

La fatturazione è effettuabile fino al 15esimo giorno del mese successivo alla prestazione a cui il documento contabile si riferisce per cessione di beni e per servizi forniti allo stesso soggetto nel corso di un mese, ma anche per i servizi generici resi in ambito UE.

Per quanto riguarda la fatturazione di beni, la scadenza massima è fissata al 15 del mese successivo alla cessione del bene.
In caso di acquisto il compratore deve ricevere la fattura dall’operatore UE entro il secondo mese successivo alla compravendita altrimenti il compratore è obbligato a produrre un’autofattura entro il 15 del terzo mese successivo allo scambio. Questo, anche nel caso in cui il cedente non risieda in uno degli Stati UE.
Il momento in cui viene effettuata l’operazione è quello in cui inizia il trasporto o la spedizione del bene nel Paese cedente, mentre l’acquisto si ritiene compiuto al momento dell’arrivo della merce sul territorio nazionale.

Gli acconti incassati o pagati per una cessione o acquisto di beni con un Paese UE non sono più soggetti all’obbligo di fatturazione; nel caso in cui vengano emesse fatture in forma anticipata (ad esempio in caso di fatturazione di un acconto), esse diventano prova dell’effettuazione dell’operazione e rendono l’imposta, da quello stesso momento, immediatamente esigibile.

Per quanto riguarda infine la fatturazione di servizi, la normativa resta immutata. Ciò significa che l’operazione viene individuata al momento dell’ultimazione del servizio stesso. Gli acconti, pagati o incassati, vanno sempre fatturati; l’anticipata fatturazione non stabilisce automaticamente l’anticipazione del momento di effettuazione del servizio.

Vera MORETTI

Il Decreto Crescita 2.0 delude le pmi

Mancano poche settimane alla pubblicazione del Decreto Crescita 2.0, chiamato anche DL Sviluppo Bis, ma già sono emerse alcune perplessità.

Le maggiori riguardano la quasi totale assenza di provvedimenti che riguardino le pmi, se si escludono Confidi e reti d’impresa.
La delusione, per i diretti interessati, è cocente, considerando che le aspettative nei confronti del decreto erano molte. Crescita 2.0, infatti, avrebbe dovuto essere il motore per la realizzazione della metamorfosi digitale italiana e non solo delle famiglie e della pubblica amministrazione, ma anche delle imprese.

A questo proposito, Andrea Rangone, a capo degli a capo degli Osservatori ICT del Politecnico di Milano, ha dichiarato: “Il governo ha scelto di concentrarsi sulla dimensione della pubblica amministrazione. Che è importante. Ma ha dimenticato gli incentivi all’innovazione delle nostre aziende. In particolare le PMI ne avrebbero bisogno. Non ci sono contributi né incentivi fiscali per la loro innovazione digitale. Non ci sono riferimenti all’e-commerce, l’e-procurement, la fattura elettronica“.

Un cambiamento radicale sarebbe servito, per dare la scossa ad un mercato, quello digitale, ancora esiguo in Italia, specialmente per numero di pmi che vendono online, ancora ferme al 3,8% del totale, percentuale che non viene superata dalla sola Bulgaria.

L’e-commerce è stato fortemente penalizzato perché, a differenza della bozza iniziale, dal decreto sono scomparse le agevolazioni fiscali per i contratti di rete, e la detassazione ricavi da attività di commercio elettronico internazionale delle medie imprese.

Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio del commercio elettronico, ha commentato: “E’ molto grave che il decreto abbia sottovalutato l’importanza dell’e-commerce. Servono incentivi per spingere le nostre aziende a vendere online. Il dato che più evidenzia il problema è forse questo: la nostra bilancia commerciale, nell’e-commerce, è negativa per 1,3 miliardi. Cioè importiamo online molto di più di quanto esportiamo, in contrasto con la vocazione del nostro manifatturiero, molto votato all’export“.

L’Osservatorio sull’Agenda Digitale del Politecnico di Milano ha a questo proposito fornito tre consigli chiave:

  • la PA sia esempio di e-commerce, attraverso la spinta all’e-procurement e alla Fatturazione Elettronica;
  • incentivi all’e-commerce B2b (es.: sgravi fiscali), inteso come digitalizzazione dei processi commerciali tra imprese, giustificati dai rilevanti ritorni su questi investimenti e potenzialmente finanziabili anche attraverso la lotta all’evasione fiscale, che potrebbe essere favorita proprio dalla diffusione di queste pratiche.
  • investire in formazione, affinché le aziende che si affacciano al mondo dell’e-commerce lo possano fare con la consapevolezza necessaria, comprendendo fino in fondo le implicazioni organizzative che riguardano l’implementazione e la gestione di una soluzione di e-commerce.

Ma dal Governo rispondono che nessuno si è dimenticato delle pmi.
Ad assicurarlo è stato Giuseppe Tripoli, garante delle pmi e responsabile e-commerce per i lavori sull’Agenda Digitale, presso il ministero allo Sviluppo Economico, il quale ricorda come nel Crescita 2.0 ci siano misure per facilitare l’accesso al credito bancario, e l’export di piccole aziende. Inoltre sono stati estesi i contratti di rete tra le imprese agricole, per favorirne l‘aggregazione.

Per quanto riguarda le start-up, il decreto prevede norme ed incentivi, mentre sono scomparse le liquidità che sembrava sarebbero state messe a disposizione.
Ma a questo proposito, dal ministero dello Sviluppo Economico, fanno sapere che verranno aumentate, tramite Cassa Depositi e Prestiti, le risorse a disposizione del Fondo italiano di investimento a favore del venture capital, per una somma compresa tra 50 e 100 milioni di euro.

In dirittura d’arrivo, invece, dovrebbe essere la fattura elettronica, che dovrà essere adottata da ministeri, agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza e assistenza sociale entro 12 mesi, mentre le altre amministrazioni, dalle quali sono escluse quelle locali, dovranno adeguarvisi entro 24 mesi.

Questa manovra dovrebbe portare ad un risparmio di un miliardo di euro per la PA e di un altro miliardo per le aziende fornitrici, secondo stime del Politecnico. Il tutto fungerà inoltre da sprone per le aziende a informatizzarsi.

Vera MORETTI