Il Made in Italy si protegge anche con la tecnologia

Il Made in Italy, ormai è chiaro, è al centro di casi di contraffazione in tutto il mondo, e non solo dall’Asia, ma anche dall’Europa. Proprio dalla Germania venivano spediti pacchi di pasta spacciati per italiani e diretti a Dubai.

Ma si tratta solo di un esempio su tanti, troppi, che vogliono riprodurre l’italian sounding danneggiandolo pesantemente, e che creano un giro di affari di 90 miliardi di euro, con conseguente perdita di almeno centomila posti di lavoro, calcolati da Federalimentari.

Per combattere questa minaccia, anche la tecnologia può dare un importante sostegno, come accade per Authentico, una startup italiana che ha messo a punto un sistema per verificare l’autenticità di un prodotto alimentare attraverso la scansione del codice a barre.
Per poterlo fare, occorre scaricare la app, scansionare il codice a barre e scoprire così se si tratta di vero Made in Italy o di italian sounding.

In pochi secondi, dunque, è possibile verificare la provenienza del prodotto ed inviare, se necessario, un alert al sistema che procede poi ai controlli sul prodotto.
Dopo i controlli, si costruisce una community con un’area della app dedicata alle ricette che è possibile realizzare con i prodotti acquistati. In più è possibile acquistare online ed essere informati sulle promozioni.

C’è anche la proposta di FoodChain, dotato di un sistema che prevede che il produttore raccolga la materia prima, per poi registrare i dati di geolocalizzazione, il giorno, l’ora, foto e video, e grazie all’associazione con un codice univoco garantisce l’autenticità e l’origine delle materie prime.
Da qui in poi a ogni passaggio della lavorazione vengono raccolti e inviati i dati multimediali a FoodChain che li autentica e li memorizza.

Questo metodo permette di rendere le filiere più trasparenti e permette al consumatore di leggere il codice con il suo smartphone per consultare le informazioni raccolte durante il processo di produzione.

Anche Certilogo lavora da anni per proteggere e tutelare il Made in Italy, tanto che tra i suoi clienti ci sono brand come Versace e Diesel. Il sistema su cui si basa l’azienda è attivo dal 2006 e prevede l’assegnazione ai prodotti di un Codice Certilogo identificativo che protegge i marchi.
Si tratta di un codice human readable, in chiaro e leggibile, composto da 12 caratteri, solitamente preceduto dall’acronimo CLG.

Vera MORETTI

Il Made in Italy alla conquista dell’Australia

Il Made in Italy ha conquistato anche l’Australia, grazie ad una “missione” alla quale ha partecipato, tra gli altri, anche Aurelio Ceresoli, vicepresidente di Federalimentare, che, al suo ritorno in patria, si è dimostrato particolarmente ottimista.
Il motivo principale è che sia i ristoratori australiani sia le catene appartenenti alla grande distribuzione si sono dimostrati molto interessati al Made in Itlay.

Alla spedizione hanno partecipato circa trenta aziende dei settori dell’agrifood e della pelletteria, guidate dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, in collaborazione con Confindustria, Ice, Federalimentare, Assocalzaturifici, Aimpes e Rete Imprese Italia.

Piergiorgio Borgogelli, direttore generale dell’Ice, ha confermato questo mood positivo: “In Australia abbiamo raggiunto traguardi importanti nel settore agroalimentare e nel comparto calzature-pelletteria: l’Italia è al sesto posto tra i fornitori agroalimentari, con un trend del +2,7% nell’export 2016, mentre nei prodotti calzaturieri e nella pelletteria siamo al quarto posto con una crescita del 13,9% nel 2016”.

In quattro giorni molto fitti, la delegazione ha fatto tappa a Sidney e a Melbourne e ha anche incontrato le due principali catene della Gdo australiana, che sono Coles e Woolworths.

Ad oggi, i prodotti dell’agrifood italiano più esportati sono le bevande e le conserve di ortaggi e legumi, anche se negli ultimi tempi le vendite di sughi e pelati sono calate a causa dell’applicazione dei dazi antidumping, che poi Camberra a gennaio ha parzialmente revocato.
Si tratta di un problema di cui il governo italiano vuole farsi carico, come ha dichiarato Scalfarotto: “Nella prospettiva di un rafforzamento delle nostre relazioni bilaterali anche attraverso un eventuale accordo di libero scambio tra Ue e Australia il cui mandato negoziale è oggi in via di valutazione a livello europeo, l’Italia lavora perché siano superate le difficoltà rappresentate da alcuni ostacoli non tariffari quali dazi antidumping, barriere fitosanitarie e denominazioni di origine”.

Per quanto riguarda il settore della pelletteria, sembra che il mercato australiano offra molte buone opportunità, come ha dichiarato Riccardo Braccialini, presidente dell’Aimpes, l’associazione dei pellettieri. Aprire un negozio a Sidney significherebbe non solo avvicinarsi ai consumatori interni ma anche ai turisti provenienti da Corea del Sud, Giappone e Cina.

Vera MORETTI

Made in Italy: cosa cambiare per essere sempre più competitivi

Per proteggere i prodotti alimentari nazionali dal rischio, sempre più elevato, di contraffazione, è stato studiato un brand unico che faccia da contrassegno al Made in Italy ed ora i ministeri interessati e il Poligrafico dello Stato sono al lavoro per far sì che diventi realtà al più presto.

Potrebbe trattarsi di un primo passo, che per ora interesserà il food e che, in futuro, potrà abbracciare anche altri settori.

In realtà, la contraffazione non è l’unico problema, perché, con un trend sempre più salutista che ha visto, tra i brand mondiali non italiani, la Coca Cola dimezzare i suoi utili, occorre tenere presenti i mutamenti dei gusti dei consumatori, entro e fuori i confini.

Questi temi, attuali ed estremamente importanti, sono stati discussi ad Apertamente, iniziativa voluta da Luigi Scordamiglia, presidente della Federalimentare, che ha organizzato un tour per la stampa in alcune aziende del Nord che hanno accettato di aprire le fabbriche e i reparti di produzione.

Questo viaggio tra alcune realtà di prestigio del food italiano, da Ibis SalumiCaseificio Mauri, fino alla distilleria Branca e il birrificio Poretti, ha dimostrato come qualche cambiamento nella preparazione degli alimenti sia già in atto: fino al 30% di sale nei formaggi, riduzione dei grassi nei salami, eliminazione dei conservanti chimici in favore di quelli vegetali, e tagli drastici al glutine.

Senza dimenticare l’eliminazione dell’olio di palma da molti alimenti: ciò che sembrava impossibile è stato invece attuato, senza che i prodotti abbiano risentito in quando a sapore.
A dimostrazione che, se si vuole cambiare per migliorare, alla fine si riesce (quasi) sempre.

Vera MORETTI

Cibus e l’eccellenza del food made in Italy

Dopo tanta attesa, parte oggi a Parma Cibus, il Salone internazionale dell’alimentazione. Inaugurato dal ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, e forte di una expertise di oltre 35 anni, sviluppata ulteriormente nel semestre di Expo2015 con l’arrivo di centinaia di top buyer esteri nel padiglione CIBUSèITALIA, Cibus si conferma la piattaforma per eccellenza dell’industria alimentare per incrementare gli scambi con i mercati esteri.

Il programma completo della 18esima edizione di Cibus – Salone internazionale dell’alimentazione, organizzato da Fiere di Parma e Federalimentare, è stato presentato le scorse settimane alla stampa a Milano.

Sulla scia del dopo Expo anche i numeri sono da record: 3mila espositori su un’area di 130mila metri quadri, 70mila visitatori attesi, di cui 15mila dall’estero. Arriveranno 2mila top buyer da ogni continente, grazie alla collaborazione con ICE Agenzia e ad un investimento complessivo di oltre 3 milioni di euro, grazie anche all’importante contributo da parte del Governo, nel quadro di programma promozionale del made in Italy agroalimentare “The Extraordinary Italian Taste”. In concomitanza con l’evento fieristico si terranno anche il “World Food Research and Innovation Forum” e l’assemblea annuale di Federalimentare.

Cibus è una fiera in continua crescita – ha dichiarato Gian Domenico Auricchio, Presidente di Fiere di Parma – per il volume d’affari che genera, per notorietà internazionale ed anche come numeri: gli espositori aumentano dell’11% rispetto alla precedente edizione e i metri quadrati lordi d’esposizione dell’8%. Il quartiere fieristico è sempre più moderno e funzionale: all’ingresso ovest è stato rimontato il padiglione che ha ospitato CIBUSèITALIA ad Expo2015 offrendo un ingresso di oltre 1.300mq; i parcheggi antistanti a questo ingresso sono stati totalmente asfaltati e l’esterno dei padiglioni è stato rimodellato da un ammodernamento grafico”.

Nel 2015 l’export del comparto alimentare ha raggiunto i 37 miliardi di euro, facendo ben sperare per l’obiettivo, delineato dal premier Matteo Renzi, di raggiungere i 50 miliardi entro il 2020.

In termini qualitativi, di valore aggiunto e conseguentemente di prezzi riconosciuti ai nostri prodotti sui mercati internazionali, l’esportazione agroalimentare italiana non ha concorrenti – ha sottolineato Luigi Scordamaglia, Presidente di Federalimentare -. Il traguardo di 50 miliardi di euro a fine decennio garantirebbe un aumento degli occupati diretti e indiretti di circa 100mila unità e permetterebbe al Made in Italy alimentare di entrare nella leadership europea colmando in parte il gap con gli altri Paesi. Con un 6-7% di aumento dell’export l’anno, l’obiettivo è alla nostra portata. Oggi la sfida è quella di trasformare quei progetti capaci di creare occupazione e ricchezza, in investimenti e in risultati in termini di esportazione del food and beverage italiano per consolidare un trend di crescita positivo. E se Expo ha consacrato nel mondo il modello alimentare italiano come modello di riferimento internazionale, quest’edizione record di Cibus sarà l’occasione per ribadirlo. Stiamo già guardando oltre, per rafforzare in futuro la presenza internazionale di questa manifestazione con modalità che diano sempre più servizi e vantaggi competitivi alle aziende italiane che promuovono i loro prodotti nel mondo“.

Cibus intanto procede con la sua evoluzione da fiera leader di settore a piattaforma permanente di conoscenza e promozione per supportare l’export agroalimentare italiano.

Cibus 2016 è il traguardo di anni di lavoro – ha sottolineato Antonio Cellie, Ceo di Fiere di Parma – durante i quali abbiamo accompagnato le imprese alimentari italiane nelle più importanti fiere internazionali di settore (da Pechino a Bangkok, da Chicago a San Francisco), organizzando road show (Tokio, Dubai, Singapore) e incontri con i buyer esteri nel Cibus Market Check (da Mosca a New York, da San Paolo a Shanghai). La sfida per i prossimi anni è trasformare Cibus in una piattaforma permanente per la promozione all’estero a disposizione del food made in Italy e delle istituzioni. Con le 3mila aziende espositrici, tutte espressioni del made in Italy alimentare, daremo al mondo una rappresentazione straordinaria del nostro patrimonio di competenze lungo tutte le filiere”.

Vedremo domani gli highlights di Cibus 2016.

Agroalimentare italiano alla conquista dell’Iran

L’agroalimentare italiano non conosce frontiere e rimane, per la nostra economia, un formidabile gancio di traino. Lo sa bene Federalimentare, tanto che nei giorni scorsi il suo presidente, Luigi Scordamaglia, ha partecipato al Business Forum Italia-Iran a Teheran, una missione imprenditoriale nell’ex Persia guidata dal vice ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda.

Non è un caso la scelta dell’ex Paese degli scià: nei primi otto mesi del 2015, infatti, l’export dell’ agroalimentare italiano verso l’Iran è cresciuto del 21,9% rispetto al 2014, per un controvalore di 11,08 milioni di euro. E i possibili sviluppi sono infiniti. Considerando il progressivo allentamento delle sanzioni economiche internazionali verso l’Iran, la diffusione di abitudini di consumo e di shopping simili a quelle occidentali e il potenziale bacino di consumatori (78 milioni di persone), l’ agroalimentare italiano nel Paese può ritagliarsi un ruolo di primo piano.

Del resto, lo scopo della missione a Teheran, alla quale non hanno partecipato direttamente le aziende italiane, è stato proprio quello di favorire l’ingresso dell’ agroalimentare italiano in Iran dopo la fine delle sanzioni internazionali, mettendo in atto delle efficaci politiche di import-export.

L’Iran, con una produzione agricola qualificata, ma non sufficiente a coprire i suoi fabbisogni alimentari – ha ricordato Scordamaglia -, potrebbe unirsi a quei Paesi che, dalla Russia all’Africa subsahariana, alla Cina, stanno già chiedendo alle nostre industrie di investire anche sui loro territori, di valorizzare in maniera lungimirante e non predatoria, come solo noi sappiamo fare, la loro produzione agricola, chiedendo di associare al made in Italy anche il made with Italy”.

E che l’ agroalimentare italiano sia, per la nostra economia, quasi come il petrolio, lo ha ricordato il presidente di Federalimentare concludendo che “l’obiettivo è che si verifichi in Iran quanto già accaduto con altri sbocchi importanti del Medio Oriente, come gli Emirati Arabi e l’Arabia Saudita, dove in appena dieci anni l’export del made in Italy ha raggiunto rispettivamente 170 e 137 milioni di euro, con tassi di crescita annuale del 40% circa“.

Federalimentare: recuperare il mercato russo

Il presidente russo Vladimir Putin è comparso a Expo 2015 e ha ricordato come le sacrosante sanzioni imposte alla Russia dalla comunità internazionale per la gestione della guerra con l’Ucraina siano un danno per le imprese di un Paese come l’Italia, che ha nel Paese degli zar un mercato di primissimo piano.

Non sono quindi casuali le parole dette, sempre a Expo 2015 nell’assemblea pubblica di Federalimentare da Luigi Scordamaglia, presidente della federazione dell’industria alimentare italiana, il quale ha affermato che per le imprese italiane del settore agroalimentare “il mercato russo è strategico e insostituibile e va recuperato a qualsiasi costo“.

Grazie all’Italia – ha proseguito il presidente di Federalimentare -, l’agroalimentare può essere un ponte di rilancio. L’auspicio è che l’incontro di oggi tra il presidente Putin ed il presidente del Consiglio Renzi, in un contesto così universale come Expo, possa riavviare il dialogo favorendo il ritorno delle eccellenze del food and beverage italiano sul mercato russo“.

Ma quali sono, secondo Federalimentare, le cifre che all’Italia costano le sanzioni contro la Russia? Nel 2013, ossia nell’ultimo anno prima che fosse imposto l’embargo, secondo Federalimentare la Russia era undicesima tra gli sbocchi dell’agroalimentare italiano, con una quota export di 562,4 milioni di euro (+24,4% sul 2012), pari al 2,2% dell’export alimentare italiano. Nel 2014 il calo dell’export agroalimentare in Russia è stato del 6% mentre, sottolinea allarmata Federalimentare, nel primo bimestre del 2015 le esportazioni sono crollate del 46,3%, con il settore lattiero-caseario di fatto scomparso: -97%.

Conclude il presidente di Federalimentare: “In meno di un anno, i limiti imposti a questo mercato sono costati alle nostre aziende alimentari circa 165 milioni di euro. Ma la perdita in valore assoluto di mancata esportazione è un dato trascurabile rispetto all’interruzione di un processo di scoperta e fidelizzazione che sta avvantaggiando la concorrenza e la contraffazione. In altre parole, non potendo accedere direttamente ai nostri prodotti, i russi stanno acquistando delle imitazioni. Per la prima volta, in Russia si sta affermando l’italian sounding. Se non si interviene al più presto, sarà difficile recuperare“.

Federalimentare a Expo2015

Expo2015 si avvicina a grandi passi e il suo focus su alimentazione e nutrizione non può che sposare in pieno una delle eccellenze italiane, l’agroalimentare. La vetrina dell’Esposizione Universale sarà l’occasione per Federalimentare di farlo conoscere a tutto il mondo grazie al padiglione CibusèItalia, presentato nei giorni scorsi a Milano dal presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia.

Il padiglione realizzato per Expo2015 racconta il cibo italiano attraverso la tradizione, l’innovazione e le strategie di 500 aziende della filiera alimentare tricolore. Il padiglione è disposto secondo le logiche delle filiere merceologiche e attrezzato con una terrazza che conta già un centinaio di eventi e convegni lungo tutto il periodo di apertura dell’esposizione.

Federalimentare è in prima linea, anche grazie al padiglione CibusèItalia di Expo2015, nella tutela e promozione della nostra filiera alimentare e nel contrasto al cosiddetto “Italian sounding”, ovvero prodotti spacciati per italiani solo per assonanza del nome ma in realtà dei biechi tarocchi.

L’industria alimentare italiana – ha infatti ricordato Scordamagliaè la più grande creatrice al mondo di valore aggiunto nella trasformazione dei prodotti alimentari. Le enormi potenzialità per l’export stanno tutte in questo semplice principio, sta a noi saperle cogliere. Non possiamo accontentarci del +3,5% dell’export registrato nel 2014 e neanche del +5/6% previsto per l’anno in corso“. L’obiettivo è infatti quello di portare, entro il 2020, il valore delle esportazioni italiane a quota 50 miliardi, così come previsto dal piano strategico del governo e condiviso da Federalimentare. Expo2015 è la prima, grande occasione per inseguire questo primato.

Confindustria si prepara ad Expo 2015

Anche Confindustria parteciperà ad Expo 2015.
Dopo la conferma dell’adesione del comparto agricolo e di quello artigiano, dunque, anche l’industria sarà presente all’evento su cui l’Italia sta puntando per rilanciarsi, dopo una forte e lunga crisi.

Alla firma erano presenti Giorgio Squinzi e Diana Bracco, a suggello della partecipazione all’interno del Padiglione Italia, in qualità di partner.

Ma come farà, l’industria italiana, a “far venire l’appetito al mondo“, come ha sostenuto il presidente di Confindustria?

I concetti chiave sono due: ricerca e innovazione, promosse attraverso una serie di iniziative legate alla promozione di produzioni industriali e tecnologie, ma anche attraverso la collaborazione a un progetto educativo-culturale sull’alimentazione sostenibile e l’allestimento di una mostra permanente, intitolata Il cibo dei desideri.

Lo spazio espositivo sarà di 900 mq, su due piani, realizzato dalla confederazione in collaborazione col Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, nel tentativo di ricreare la complessità dell’intera filiera alimentare, mettendone in luce gli aspetti legati alla tecnologia.

Ciò avverrà grazie al supporto delle associazioni partner: da Federalimentare (che avrà anche due padiglioni riservati) a Federchimica, passando per Assolombarda, Acimit (per il tessile), Anie (per l’elettronica), Anima (meccanica), Assica (carni e salumi), Assocomaplast (materie plastiche) e Ucimu (automazione).

Confindustria sarà attiva anche nell’organizzazione di incontri, meeting e riunioni, intercettando tutti i decisori pubblici e privati che passeranno per i saluti di rito alla nazione ospitante.

Il comunicato ufficiale ha diffuso che “Confindustria e le sue Associazioni contribuiranno alle iniziative di Padiglione Italia dedicate alle start up e all’innovazione e collaboreranno all’organizzazione di incontri bilaterali internazionali per promuovere affari con le delegazioni straniere che saranno ospitate”.

Contemporaneamente ad Expo, si terrà Ipack-Ima, la più importante mostra internazionale dedicata all’imballaggio, al confezionamento, alla logistica industriale e alle macchine per l’industria alimentare, che per l’occasione sarà affiancata da altre sei manifestazioni specializzate dedicate alle filiere della carne, casearia e ortofrutticola, alla stampa, alla grafica e alla movimentazione industriale.

Vera MORETTI

Internazionalizzazione, il Cibus 2014 ci prova


Internazionalizzazione, sostenibilità e lotta agli sprechi, sono le parole chiave dell’edizione 2014 del Cibus che si concluderà domani a Parma. “La richiesta di cibo made in Italy da ogni angolo del pianeta – sottolinea Fiera di Parma Spa – sta rapidamente crescendo e la nostra produzione sta cercando di divenire prodotto di largo consumo, arrivando sugli scaffali della grande distribuzione estera”. Immagina il tuo nuovo business nel food è il leitmotiv della manifestazione concentrata soprattutto sulla nuova passione degli italiani per i cibi biologici e salutistici.

Anche sull’incoming Cibus ha investito pesantemente (anche guidando vari tour delle Pmi presso le catene internazionali) ritenendolo, giustamente, uno snodo di fondamentale importanza per se stessa e per le aziende italiane del food, “costrette” a conquistare mercati esteri per sfuggire alla sempre più evidente stagnazione domestica. L’anno scorso a fronte di un calo dei consumi alimentari in Italia, l’export tricolore dell’industria del food è cresciuto del 5,8% a 26,2 miliardi su 132 miliardi di fatturato, quest’anno le previsioni sono ancor più positive. “Di dolente ci sono invece i dati sulla produzione industriale del comparto e sui consumi interni in continua discesa. Il 2013, con il suo -4% in termini di fatturato a valori costanti e del -2,1% in quantità, è stato l’anno peggiore per i consumi interni. Sono le discese più marcate degli ultimi anni, che fissano il calo dei consumi interni in quasi 14 punti dal 2007” ha dichiarato Filippo Ferrua Modigliani, presidente di Federalimentare. Un trend negativo che continua, pur se attenuato leggermente, anche nel primo trimestre del 2014 con cali prossimi a 2 punti percentuali in termini di fatturato vendite in valuta costante, e a 1 punto in termini quantitativi. “In 10 anni abbiamo visto chiudere 12 mila microimprese nonostante un andamento decennale assai più dinamico (+8% contro -22%) rispetto al resto dell’industria italiana” conclude Ferrua.

Spazio dunque al commercio al dettaglio, oltre che alla grande distribuzione, al food service e alla ristorazione fuori casa, ai prodotti biologici, gluten free, halal e kosher, alle Pmi regionali, alla ristorazione con il ruolo attivo di Alma, la Scuola di cucina internazionale.

Jacopo MARCHESANO

Federalimentare: “Siamo in lenta, ma inesorabile, ripresa”

E’iniziata ieri, con la partecipazione del vice ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, l’edizione 2014 di Cibus, la fiera internazionale dell’alimentare italiano che resterà aperta a Parma fino all’8 maggio. A riguardo, abbiamo incontrato oggi il responsabile Ufficio Studi e Mercato di Federalimentare, Luigi Pelliccia, per una breve chiacchierata sull’evento che vedrà coinvolte circa 2700 aziende alimentari italiane e circa 10 mila operatori commerciali.

Dott. Pelliccia, quant’è ancora importante per la Federazione Italiana dell’Industria Alimentare l’appuntamento annuale con il Cibus, di cui la vostra associazione confindustriale detiene il 50% del marchio?
Molto importante. Nonostante le esportazioni continuino a crescere, sono comunque sottodimensionate rispetto alle potenzialità del settore e poter dar vita ad una vetrina così importante dei nostri prodotti è ancora di fondamentale importanza, considerando che è stato proprio l’export a far sì che l’industria alimentare abbia indubbiamente sofferto meno rispetto agli altri comparti manifatturieri in questi anni di violenta crisi economica.

Nei prossimi anni il settore è quello che crescerà di più in valore, +8,2% a fine 2017 con 800 milioni di nuovi consumatori di prodotti italiani. Eppure gran parte del giro d’affari è in mano a un piccolo numero di grandi aziende. Come dovrà muoversi il Governo per favorire i processi di internazionalizzazione delle Pmi?
Intanto nel nostro settore ci sono piccole aziende che riescono ad esportare anche all’estero a differenza di quanto avviene nell’intero comparto manifatturiero, ma il Governo deve lavorare per allargare questi modelli di impresa: incentivi promozionali, potenziamento delle imprese e migliorare il clima attorno alle aziende per accelerare l’innovazione, la competitività e la capacità di penetrazione. Se il nuovo esecutivo saprà muoversi e riformare i diversi campi, dalla tassazione alla logistica, il settore non potrà che beneficiarne.

Come sono cambiate le abitudini alimentari italiane negli anni della crisi economica?
Inevitabilmente la grande crisi economica degli ultimi anni ha modificato non poco le abitudini alimentari italiane. Certi prodotti, ovviamente i più costosi, scarseggiano sempre di più sulla tavola delle famiglie che prediligono alimenti di minor valore ma comunque di qualità. Sono calati gli sprechi e gli acquisti sono mirati su prodotti in promozione, non si è abbandonata del tutto la qualità dei prodotti per fortuna. Il cibo è ancora un elemento cardine della nostra società e parte integrante fondamentale della nostra cultura.

Jacopo MARCHESANO