Novità per i lavoratori in ferie, da Bruxelles aumentano le tutele

L’argomento di cui trattiamo oggi interessa moltissimi lavoratori soprattutto in questo particolare periodo dell’anno. Con l’arrivo dell’estate infatti si entra nel periodo che in genere viene dedicato alle ferie. Il lavoratore dipendente che va in ferie ha diritto ad ottenere la giusta retribuzione. Le ferie poi sono un diritto inalienabile che quindi non può essere negato ai lavoratori. La novità invece arriva dalla UE che ha stabilito, come si legge su sito “laleggepertutti.it”, che il salario del lavoratore dipendente durante le ferie non può essere mai inferiore a quello normale durante i periodi di lavoro.

Le ferie del lavoratore dipendente come si maturano e come si prendono

Come dicevamo in premessa, le ferie sono un diritto che nessuno può negare al lavoratore. Non può farlo nemmeno il datore di lavoro. E nemmeno per le esigenze più impellenti a livello di produttività o di attività dell’azienda. In buona sostanza, nessuna deroga, perché non esistono motivi che possono limitare le ferie per un lavoratore. Il diritto alla salute è la motivazione che anche a livello costituzionale tutela il lavoratore che deve godere del giusto riposo durante un anno di lavoro. Il lavoratore matura quattro settimane di ferie all’anno, e queste sono quelle spettanti per ogni anno intero di lavoro svolto.

La fruizione delle ferie, le regole

Di queste quattro settimane, due vanno prese nell’anno di maturazione, e devono essere date consecutivamente. Le altre due  settimane invece possono essere anche posticipate e spostate nel tempo. Resta il fatto che le altre due settimane devono essere concesse al lavoratore entro i 18 mesi dal 31 dicembre dell’anno di maturazione delle stesse. Per questo, le ferie maturate nel corso del 2020, e non ancora fruite le lavoratori, andrebbero sfruttate entro il 30 giugno prossimo.

Anche la retribuzione durante le ferie è un diritto del lavoratore

Fatta questa premessa,  parlare della retribuzione spettante ai lavoratori durante questo periodo è strettamente necessario.  In primo luogo la Legge sottolinea che non è possibile sostituire denaro alle ferie. In pratica le ferie non posso essere monetizzate. Questo perché il lavoratore deve sempre fruire delle ferie per una questione di salute.  Solo nel caso in cui l’interruzione di un rapporto di lavoro, a prescindere dalla motivazione, sopraggiunga prima che il lavoratore abbia sfruttato i giorni maturati e spettanti, le ferie possono essere trasformate in denaro

La novità dalla UE e cosa cambia adesso per i lavoratori dipendenti

“Un contratto nazionale non può prevedere il diritto per il datore di lavoro di pagare meno un dipendente che sta in vacanza, contrastando così il dettato europeo”, e ciò che si legge sul sito prima citato ed è ciò che ha stabilito la Comunità Europea a Bruxelles. il nuovo indirizzo europeo quindi sottolinea che i datori di lavoro non possono pagare di meno un lavoratore solo perché è in ferie. E non c’è documento collettivo e quindi non c’è settore lavorativo dove questa precisa regola può essere disattesa, perché non esistono droghe come la Corte di Giustizia Europea ha ben sancito da tempo.

Anche la Cassazione si adegua ai nuovi dettami normativi

Nuovi dettami normativi da parte della UE che anche la Cassazione ha recepito. Infatti gli ermellini della suprema Corte hanno così corretto il tiro. Ed hanno modificato il loro modo di orientarsi che si evidenziava da tempo in base a sentenze precedenti. Da questo momento quindi non esistono ferie che possono essere retribuite in misura inferiore allo stipendio ordinario di un lavoratore. La novità è molto importante perché fino ad oggi i datori lavoro erano soliti eliminare dallo stipendio percepito dal lavoratore durante il periodo del meritato riposo, alcuni emolumenti occasionali del rapporto di lavoro. Tipici esempi sono gli emolumenti accessori che vanno dal lavoro straordinario al lavoro notturno.

Ferie del dipendente e revoca di quelle già concordate, fin dove può spingersi il datore di lavoro

Ormai l’estate è alle porte e con essa le vacanze. Un periodo che il lavoratore aspetta tutto l’anno. Le esigenze del lavoratore si incastrano con quelle aziendali. Per questo, il più delle volte, le ferie vengono concordate preventivamente. A meno che non sia l’intera azienda o struttura a chiudere. In quel caso le ferie sono per tutti i dipendenti e a periodi prefissati.

Molti si chiedono fin dove può incidere il datore di lavoro nel fare prendere le ferie ad un dipendente. Cioè fin dove può costringere ad un determinato periodo il lavoratore subordinato. Ci si chiede anche se il datore di lavoro può revocare le ferie anche se precedentemente concordate ad un lavoratore dipendente.

Ferie lavoratore dipendente, le regole

Concordare in azienda le ferie, trovare il periodo giusto in base alle reciproche esigenze e infine, partire con le prenotazioni. Una prassi che si ripete ogni anno in prossimità dell’arrivo della stagione estiva. E se alla fine il datore di lavoro decide di cambiare il periodo in cui fare prendere le ferie? Sicuramente le difficoltà sarebbero piuttosto pesanti. Senza considerare che le vacanze ed i soggiorni nelle strutture, oltre ai viaggi e i mezzi di trasporto, costano di più se prenotati all’ultimo minuto. Un problema serio quindi. Ma oggi affrontiamo il lato normativo di tutto questo. Cioè approfondiremo le possibilità normative che offrono le leggi, al datore di lavoro in materia di ferie al proprio dipendente.

Cosa può decidere in maniera apicale il datore di lavoro

Una maggiore spesa da sostenere per prenotare nuovamente le ferie. Un evidente fastidio familiare se moglie e figli hanno i medesimi problemi con il loro lavoro. E caparre pagate, anticipi, prenotazioni da disdire e penalità ipotetiche. Sono i problemi che un lavoratore dipendente può incontrare se il datore di lavoro cambia idea e revoca le ferie precedentemente concordate. Quando si parla di rapporto di lavoro dipendente, ci sono due lati da considerare, come due sono le parti in causa. Esigenze e diritti dei lavoratori ed esigenze e diritti dell’azienda.

Tutele per lavoratore e azienda

Se è vero che le ferie sono un diritto sacrosanto, costituzionalmente acquisito dal lavoratore, anche le esigenze aziendali lo sono. Se sopraggiungono necessità improvvise, o urgenze di ciclo produttivo, l’azienda non può certo chiudere. In linea di massima è il datore di lavoro ad avere il coltello dalla parte del manico. Il Codice Civile, all’articolo n° 2109 stabilisce che il datore di lavoro deve fissare il periodo di ferie da fare prendere al proprio lavoratore subordinato.

Ma è altrettanto vero che non può certo fare quello che vuole il datore di lavoro. Non può in maniera unilaterale, decidete quando fare prendere le ferie al lavoratore.

Illegittimo dire di no ad un lavoratore se non ci sono evidenti necessità

Non ci possono essere scusanti se il periodo di ferie prescelto dal lavoratore non presenta problematiche per il l’azienda. In pratica, se le ferie vanno negate, o vanno revocate quelle precedentemente concesse e concordate, occorre motivare la decisione. Se mancano le motivazioni per negare le ferie, il datore di lavoro nonostante ciò che dice la Legge ed il Codice Civile, non può farci nulla. Il lavoratore ha diritto a richiamare mobbing e comportamenti vessatori. Può denunciare l’accaduto.

Naturalmente è anche vero che il lavoratore non può certo decidere da solo di prendere le ferie in un determinato periodo. Deve essere preventivamente autorizzato. E non serve a nulla che il lavoratore abbia maturato e non fruito, di un numero di giorni di ferie elevato. Infatti se il lavoratore si assenta per ferie senza esserne autorizzato, è assoggettabile a seri provvedimenti disciplinari, che possono portare al licenziamento. A meno che il lavoratore non rispetti meccanismo e scadenze. Se il lavoratore ha richiesto per tempo le ferie, può assentarsi senza conseguenze se il datore di lavoro non risponde. Ed anche se risponde con il diniego alle ferie, ma con una motivazione inesistente.

In pratica, la tempestiva richiesta di fruizione delle ferie da parte del lavoratore, lo mette al riparo da eventuali noie disciplinari, ma ciò non vuol dire che le ferie verranno approvate.

Revoca delle ferie, il datore di lavoro può

Ricapitolando, il datore di lavoro può revocare le ferie già concesse e concordate. Ma occorre che riesca a motivare la necessità di revoca. Servono in buona sostanza, delle valide ragioni. Revoca che va data per tempo. E una volta revocate le ferie, l’eventuale assenza del lavoratore al suo posto di lavoro, sarà assenza ingiustificata è suscettibile di sanzioni. Difficile che il lavoratore ottenga un rimborso per le spese sostenute, a meno che il periodo di ferie non era già iniziato per esempio.

In questo fanno scuola numerose sentenze dei tribunali. Che alla fine dei conti stabiliscono che per i periodi successivi alla revoche nulla può essere concesso come rimborso spese al dipendente. Salvo accordi diversi tra datore di lavoro e lavoratore subordinato, o salvo regole specifiche nei CCNL collettivi diversi da settore a settore.

 

 

 

Colf e bandati, cos’è la Certificazione unica di fine anno e come vanno gestite ferie e festività

Per colf e badanti entro la fine dell’anno il datore di lavoro rilascia la Certificazione unica (Cu) con la retribuzione lorda e i contributi versati. La certificazione unica che viene fornita ai lavoratori domestici corrisponde a quella del sostituto di imposta. Entro la fine dell’anno, dunque, la famiglia datrice di lavoro deve assolvere a determinati adempimenti: la tredicesima al lavoratore domestico, la certificazione unica e la gestione delle festività e dei giorni di ferie.

A cosa serve la Certificazione unica per colf, badanti e lavoratori domestici?

Il primo adempimento del datore di lavoro nei riguardi dei lavoratori domestici riguarda la Certificazione unica. Si tratta di mettere a disposizione di colf e badanti una dichiarazione che riporti le somme al lordo che sono state corrisposte durante l’anno. Nella certificazione devono essere riportate anche i contributi eventualmente trattenuti al lavoratore durante l’anno per i vari periodi di pagamento.

Certificazione unica a colf e badanti: vale come quella del sostituto di imposta

È importante chiarire che la Certificazione unica rilasciata al lavoratore domestico vale come quella del sostituto di imposta. Tuttavia, la famiglia datrice di lavoro non riveste la qualifica di sostituto di imposta. Pertanto, la famiglia non deve operare alcuna ritenuta sulla retribuzione. Nel momento in cui il datore di lavoro consegna la Certificazione unica al lavoratore domestico deve mantenere una copia della dichiarazione, debitamente firmata dal colf o dalla badante.

Come devono essere gestite le festività di colf e badanti?

Trattandosi, dicembre, di un mese con varie festività, è importante saper gestire queste giornate. Le festività sono disciplinate dall’articolo 16 del Contratto nazionale di lavoro che regolarizza le festività sia dei domestici conviventi che dei non conviventi. Colf e badanti hanno diritto al riposo e a vedersi pagata la normale retribuzione.

Festività cade in un giorno non lavorativo, bisogna pagarla a colf e badanti?

Può capitare che colf e badanti lavorino solo alcuni giorni della settimana. Ad esempio, il lunedì e il giovedì. Nel caso di festività ricadente in un giorno non lavorativo (quale può essere l’8 dicembre che nel 2021 capita di mercoledì), a colf e badanti va pagato 1/26 della retribuzione totale mensile.

Cosa avviene se il lavoratore domestico lavora nel giorno festivo?

Nel caso in cui colf e badanti lavorino in giornate festive, oltre al normale pagamento della giornata lavorativa, è necessario versare una maggiorazione su tutte le ore lavorate. Quest’ultima si calcola incrementando del 60% la retribuzione globale di fatto.

Festivo coincidente con la domenica, come bisogna pagare colf e badanti?

Nel caso in cui la giornata di festività coincida con la domenica, colf e badanti hanno diritto a recuperare il riposo. Quest’ultimo deve essere fissato in un altro giorno della settimana. In alternativa, al lavoratore può essere proposto il pagamento maggiorato che si calcola aggiungendo 1/26 della retribuzione totale mensile.

Come si calcolano le ferie del lavoratore domestico?

Per quanto concerne la gestione delle ferie, a colf e badanti spettano 26 giorni all’anno. È necessario dunque considerare questo periodo di ferie per lavoratori domestici che abbiano lavorato continuativamente durante l’anno presso la stessa famiglia datrice di lavoro. I 26 giorni di ferie per ogni anno lavorato spettano a prescindere dalla distribuzione delle ore di lavoro e dalla durata.

Quando vanno fruite le ferie di colf e badanti?

In linea generale le ferie dei colf e delle badanti devono essere fissate tra giugno e settembre. Tuttavia, può essere prevista una diversa collocazione, a seconda delle esigenze della famiglia datrice di lavoro e del lavoratore domestico. Le ferie normalmente sono continuative e possono essere frazionate in non oltre due periodi dell’anno. Inoltre, la consumazione delle ferie deve avvenire per non meno di due settimane entro l’anno in cui maturano. Le restanti due settimane di ferie possono essere consumate entro i 18 mesi successivi. Per i lavoratori domestici senza cittadinanza italiana, per favorire il periodo di rimpatrio, è consentito accumulare ferie per chiedere un periodo più lungo nell’arco dei due anni.

Come devono essere pagate le ferie a colf e badanti?

Per ciò che riguarda il trattamento di paga dei periodi in cui colf e badanti usufruiscano delle ferie, è necessario calcolare 1/26 della retribuzione mensile. Questo calcolo deve essere fatto e il trattamento deve essere corrisposto per ogni giornata di ferie. Nella retribuzione delle ferie deve essere inclusa anche l’eventuale indennità sostitutiva dell’alloggio e del vitto.

Cosa vuol dire in busta paga ferie AP e AC?

La busta paga mensile è il documento che indica la retribuzione conseguita, le tasse che il datore di lavoro ha versato per conto del dipendente, altre voci riguardanti lo stipendio, ma anche le ferie accumulate.

Cosa indicano le Ferie AP e AC

Quando ci si trova davanti alla voce Ferie AP, vuol dire che si indicano le ferie accumulate nell’anno precedente. La voce Ferie AC, invece, indica le ferie accumulate nell’anno in corso. Solitamente, accanto alle due suddette voci si trova anche quella relativa al Saldo con un numero a fianco.

Ad esempio, la voce saldo 152,7 vuol dire che sono rimaste 152,2 ore di ferie da consumare. Il calcolo di tale saldo si ottiene dalle ferie spettanti tra l’anno precedente e l’anno in corso, quindi, ancora da fruire. A volte, la dicitura riportata in busta paga è “Ferie Res. AP (o AC) cosa che non cambia il significato sopra indicato.

Calcolo da ore a giorni

Nel caso precedente, abbiamo visto l’indicazione alla voce saldo ferie di 152,7 ore, questo accade perché in molte buste paga non vengono riportati i giorni ma solo le ore accumulate ancora da sfruttare. Il calcolo è molto semplice e basato sulla pura aritmetica. Nel caso sopra indicato (152,7 ore), si deve tenere conto di quanto dura una giornata lavorativa.

Se essa è pari a 7,1 ore, significa che le ferie accumulate sono uguali a 152,7 / 7,1 = 21,507. Quindi, i giorni accumulati di ferie sono 21 e mezzo circa. I giorni si intendono lavorativi, dunque, il calcolo va effettuato sui giorni della settimana lavorativi. Se sono cinque, significa che ci sono poco oltre quattro settimane di calendario.

Saldo ferie negativo

A volte, è possibile anche trovare un saldo negativo delle ferie. Ovviamente, questo vuol dire che il dipendente ha preso più giorni di ferie di quante ne abbia accumulato. Se ciò accade è solo perché l’azienda lo concede.

Molti datori di lavoro consentono che i propri dipendenti possano prendere più ferie di quante ne abbiano accumulate, in quanto alla cessazione del rapporto di lavoro che potrà avvenire per licenziamento, dimissione o raggiungimento dell’età pensionabile, l’azienda non avrà ore di ferie da pagare, ma perché?

Perché le ferie accumulate da un dipendente e non sfruttate, devono essere pagata dall’azienda. Ciò non succede immediatamente, perché le ferie non vanno perse. Quindi, alla vigilia della cessazione del rapporto di lavoro, l’azienda o gliele fa consumare prima dell’ultimo giorno di lavoro o deve retribuirgliele.

Per un datore di lavoro può essere vantaggioso avere un dipendente che sia in negativo con le ferie, piuttosto che uno che ne ha accumulate molte e che, dunque, si trova in credito con l’azienda. Infatti, in caso il dipendente sia in debito con le ferie verso l’azienda, quest’ultima le scalerà dal Trattamento di Fine Rapporto dovuto in fase di cessazione del rapporto di lavoro.

Teniamo presente che può capitare che un dipendente trovi un’altra occupazione e opti per dare le dimissioni. Qualora risultasse nel cedolino di essere in saldo negativo con le ferie, il datore di lavoro scalerà la corrispettiva retribuzione pari al numero delle giornate lavorative indicate.

E’ importante evidenziare che tutto ciò accade solo in caso di cessazione del rapporto di lavoro, motivo per cui, nel frattempo si può passare da un saldo ferie negativo in positivo e viceversa.

Quante ferie si maturano in un mese?

Ogni dipendente matura un certo numero di giorni di ferie al mese, solitamente si tratta di due/tre giorni, ma tutto dipende da quanto previsto dal contratto di lavoro.

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Quante ferie spettano a un lavoratore dipendente?

Tutti i lavoratori dipendenti hanno diritto a un periodo di ferie concesso dal datore di lavoro in modo integrale o frazionato. Può capitare che rimangano dei giorni o delle ore di ferie non godute, ma possono essere pagate in busta paga? Cerchiamo di dare una risposta abbastanza esaustiva a queste e ad altre domande.

Cosa sono le ferie

Le ferie rappresentano dei periodi di assenza giustificata dal lavoro finalizzate al recupero delle energie psico fisiche e all’esigenza di dedicarsi alla famiglia o alla vita sociale. La legge prevede il diritto alle ferie lavorative, stabilendone anche una durata minima che spetta a tutti i lavoratori dipendenti. Eventuali altri giorni concessi, rientrano nei contratti collettivi nazionali di lavoro.

Il datore di lavoro è obbligato a concedere le ferie maturate dal dipendente entro le scadenze stabilite dalla legge, pena l’applicazione di sanzioni amministrative per l’azienda, oltre al pagamento dei contributi previdenziali calcolati sulle ore residue e il rischio di azione risarcitoria per danni da parte del lavoratore.

A chi spetta la decisione di andare in ferie

Ogni lavoratore dipendente può fare richiesta di ferie al proprio datore di lavoro, tuttavia, la decisione del periodo da concedere o meno spetta all’azienda. Quest’ultima, terrà conto della compatibilità dell’assenza giustificata del dipendente con le proprie esigenze organizzative e produttive, ma tenendo conto anche dei bisogni del lavoratore.

Ferie collettive e individuali

Le ferie sono collettive quando riguardano un intero ufficio o reparto, di solito cadono nei periodi delle festività pasquali, estive e natalizie. L’azienda deve comunicare ai propri lavoratori la durata delle ferie e da quando partono, ciò avviene spesso con l’ausilio di un piano ferie. Una volta stabilito il numero di giorni a disposizione, i dipendenti devono indicare i periodi di assenza e attendere l’eventuale conferma da parte del datore di lavoro o del responsabile dell’ufficio.

Le ferie sono individuali quando c’è la specifica richiesta da parte di un dipendente. In tal caso, il datore di lavoro tiene conto delle esigenze aziendali e di quelle del lavoratore, per arrivare alla concessione o meno delle ferie.

Quante ferie spettano a un dipendente?

Secondo la legge, ciascun lavoratore subordinato ha diritto a un minimo di quattro settimane di ferie nell’arco di un anno di servizio. E’ previsto anche un periodo aggiuntivo, se riconosciuto dal CCNL applicato.

La somma delle ferie lavorative spettanti devono essere riproporzionate in caso di assunzione o cessazione in corso d’anno, riducendo il totale annuo in virtù dei mesi di rapporto. Nel conteggio vengono inseriti solo i periodi lavorati di almeno 15 giorni, salvo diversa indicazione del contratto collettivo applicato.

Maturazione ferie mensili

Il calcolo è apparentemente molto semplice, le ferie spettanti al dipendente in un anno vanno divise per dodici. Le ferie possono essere inferiori nel caso di assunzione o cessazione del rapporto di lavoro, come antecedentemente precisato, ma anche per assenze che non maturano le ferie. In tal caso, si applica lo stesso criterio sopra citato dei 15 giorni minimo di lavoro.

Tuttavia, esistono anche delle assenze che ai fini delle ferie vengono conteggiate come ore lavorate. E’ il caso delle assenze per malattia, per infortunio sul lavoro, per maternità e permessi per donazione di sangue, ferie e permessi, permessi Legge 104/1992. In ogni caso, per tutti quei casi che prevedono un’assenza giustificata e retribuita.

Per lo stesso principio, non contribuiscono alla maturazione delle ferie: la sospensione del lavoro, le assenze ingiustificate o non retribuite, l’aspettativa non retribuita e i permessi non retribuiti.

Le scadenze delle ferie

Le ferie lavorative devono essere fruite dal dipendente per almeno due settimane entro il 31 dicembre dell’anno di maturazione. Le restanti due settimane devono essere fruite entro i 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.

Funzionano diversamente le ferie aggiuntive previste da alcuni CCNL, ognuno definisce le scadenze per la fruizione del dipendente.

Ferie non godute

Ma cosa succede per le ore di ferie non godute per avvenuta scadenza dei termini previsti dalla legge e/o dai contratti collettivi? Esse non decadono ma restano a disposizione dell’interessato. Tuttavia, possono anche essere retribuite in busta paga annullando la possibilità al lavoratore di andare in ferie.

E’ da sottolineare, che non è possibile monetizzare le ferie non godute in caso di cessazione del rapporto di lavoro, dove la liquidazione dell’importo corrispondente avverrà nel cedolino dell’ultimo mese di contratto.

Ferie integrali o frazionate

Abbiamo già accennato alla possibilità di godere di ferie frazionate. A tal proposito, si è espresso il Ministero del Lavoro:

  • Il periodo di ferie pari ad almeno due settimane, da fruire nell’anno di maturazione, potrà essere goduto in maniera consecutiva dal dipendente, previa sua richiesta e soggetta all’eventuale approvazione del datore di lavoro;
  • Le altre due settimane potranno essere godute per intero o in modo frazionato;
  • Eventuali ferie eccedenti a quelle minime previste dalla legge potranno essere frazionate.

Ferie retribuite

Le ferie sono retribuite dal datore di lavoro nelle seguenti modalità:

  • I lavoratori subordinati con retribuzione fissa mensile non subiscono alcuna riduzione di retribuzione per i periodi di assenza per ferie;
  • I lavoratori retribuiti ad ore ricevono un compenso per i periodi di ferie, ottenuto moltiplicando la paga oraria per le ore di ferie fruite.

Le ore di assenza per ferie sono considerate utili ai fini della maturazione di ferie e permessi, mensilità aggiuntive, Trattamento di Fine Rapporto.

 

Diritti del lavoratore in nero: denuncia e risarcimento

Abbiamo visto in precedenza quando si verifica il lavoro in nero e le sanzioni che sono applicate al datore di lavoro e in alcuni casi al lavoratore che attuano tale pratica, è possibile leggere l’approfondimento QUI, ora vedremo come si può denunciare il lavoro in nero e quali sono i diritti del lavoratore in nero.

Il lavoro nero

Il lavoro nero è un illecito  ed è considerato di particolare gravità perché toglie diritti e tutele al lavoratore, infatti non vengono versati contributi e oneri previdenziali, il lavoratore non ha diritto a percepire la tredicesima mensilità e le ferie retribuite, inoltre spesso il salario è molto più basso rispetto a quelli che sono i salari correnti. La legge riconosce al lavoratore in nero la qualità di dipendente e quindi a lui devono applicarsi tutte le normative previste per un lavoratore regolare. Questo implica che non può essere licenziato oralmente, che il licenziamento può avvenire solo per giusta causa o giustificato motivo e che, nel caso in cui sussistano i presupposti, ha diritto anche al reintegro sul posto di lavoro. C’è però una differenza sui tempi di prescrizione, che vedremo a breve, infatti nel caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, l’impugnazione deve essere fatta entro 60 giorni.

La procedura per la denuncia del lavoro nero

Per denunciare il lavoro in nero sono previste diverse  procedure. La denuncia può essere presentata all’Ispettorato del Lavoro oppure alla Guardia di Finanza, in alternativa è possibile rivolgersi ad un’associazione sindacalista che può aiutare a compiere i vari passi in modo adeguato.

Per presentare la denuncia all’Ispettorato del lavoro è necessario fornire dati e prove del lavoro stesso. Il lavoratore deve indicare i dati relativi alla ditta/datore di lavoro, quindi la ragione sociale, l’indirizzo, le mansioni svolte, gli orari di lavoro, inoltre deve fornire delle prove documentali che possano far ritenere all’Ispettorato che effettivamente si è di fronte a lavoro nero. Quando i rapporti con l’azienda sono durati molti anni è facile dimostrare il proprio lavoro alle dipendenze della stessa, soprattutto se si tratta di lavori in cui si è molto a contatto con terze persone, ad esempio i clienti, nei rapporti di breve durata ci possono essere delle difficoltà.

A questo punto sono attivati i servizi di controllo presso le autorità sanitarie, l’INAIL e l’INPS e quindi inizia una fase di accertamento. La denuncia  presso l’Ispettorato del lavoro ha come obiettivo la conciliazione bonaria tra le parti (datore di lavoro/lavoratore) che solitamente arrivano ad un accordo ( in materia di lavoro il tentativo di conciliazione è obbligatorio). Nel caso in cui non dovesse esservi accordo tra le parti sarà il Giudice del Lavoro a dover dirimere la controversia. Spesso questa procedura non è molto apprezzata dai lavoratori, in tal caso l’alternativa è la denuncia alla Guardia di Finanza, questa può essere anche resa in forma anonima.

I diritti del lavoratore in nero

Ciò che molti non sanno è che chi ha prestato lavoro in nero ha dei diritti. Una volta accertati i fatti e la loro entità può essere calcolato l’ammontare del risarcimento che comprende:

  • il diritto alla retribuzione mensile calcolata applicando il CCNL per il settore e le mansioni svolte ( in questo caso è corretto parlare di differenze di retribuzione, quindi viene calcolato quanto avrebbe dovuto effettivamente versare il datore di lavoro e viene sottratto ciò che è stato pagato, ciò che residua costituisce il risarcimento);
  • il pagamento delle ore di straordinario eventualmente svolte e non retribuite ( non è molto facile provarle);
  • pagamento del Trattamento di Fine Rapporto (TFR);
  • ferie non godute;
  • tredicesima mensilità per tutti gli anni in cui effettivamente il lavoratore ha prestato la propria opera;
  • quattordicesima se prevista dal contratto applicabile in base a settore e mansioni effettivamente svolte.

Diritti del lavoratore in nero: note finali

Deve essere ricordato che se il datore di lavoro ha pagato il lavoratore in nero in contanti, cosa del tutto normale, avrà anche un’ulteriore sanzione in quanto ha utilizzato strumenti non tracciabili.

Un’altra cosa da ricordare è che il lavoro in nero non si può denunciare sempre, infatti, sono previsti termini di prescrizione, di conseguenza il lavoratore può denunciare il lavoro in nero entro 5 anni dall’ultimo giorno lavorato. Si ritiene che durante il rapporto di lavoro, il lavoratore possa essere in una condizione subalterna tale da avere paura di denunciare l’accaduto infatti il potere contrattuale del datore di lavoro è sicuramente maggiore e il lavoratore si trova in una situazione di soggezione, spesso dovuta anche a condizioni economiche precarie e alla difficoltà di collocarsi nel mondo del lavoro.

Vacanze, il business non è chiuso

Per molti italiani le vacanze continuano, o meglio iniziano, nonostante l’estate sia finita, anche se non del tutto dal punto di vista meteorologico. Sono infatti tanti coloro i quali hanno deciso di prenotare un viaggio o le proprie vacanze tra settembre e ottobre, approfittando dei prezzi più bassi e della minore presenza di turisti nelle strutture alberghiere e nelle città.

La tendenza è stata messa in luce da eDreams, agenzia di viaggi online, che ha analizzato i propri dati di prenotazioni voli, per delineare le tendenze di viaggio e vacanze dei propri utenti per i mesi di settembre-ottobre 2015, comparandole con quelle dello stesso periodo del 2014.

Il primo dato che emerge dalla comparazione effettuata da eDreams è un incremento del 12% rispetto al 2014, nel periodo, del numero dei viaggiatori che nel 2015 hanno scelto vacanze tardive, mentre la spesa media di un biglietto aereo si mantiene costante intorno ai 227 euro.

Come nel 2014, anche quest’anno gli italiani scelgono per le loro vacanze fuori stagione le capitali europee, confermando Londra e Parigi come destinazioni preferite di settembre e ottobre.

Incremento boom (+50%) delle prenotazioni per Milano, derivante dal potere attrattivo di Expo 2015, giunta ormai ai due mesi finali prima della chiusura. Altro trend rilevante è l’aumento del 35% di prenotazioni di voli per New York, che scalza Ibiza in questa speciale classifica delle destinazioni preferite dagli italiani per le loro vacanze nel periodo settembre – ottobre 2015.

Gli irriducibili delle vacanze al mare, invece, continuano a scegliere isole greche, Baleari e Canarie, tutte mete che godono ancora di un clima mite e sono perfette per un soggiorno rilassante grazie a spiagge e strutture ricettive non affollate come nell’alta stagione. Secondo i dati rilevati da eDreams, in queste isole la permanenza per le vacanze settembrine è di circa 7 giorni e il costo medio del pacchetto intorno ai 510 euro.

A Ferragosto città piene

Quante persone rimangono in città durante i giorni di Ferragosto? I conti li ha fatti l’Istituto Europa Asia in collaborazione con Assoedilizia e Cescat, Centro Studi Casa Ambiente Territorio. Ecco i numeri delle presenze nel weekend di Ferragosto.

Milano: 680.000
Torino: 510.000
Genova*: 365.000
Conurbazione VR-VI-PD: 300.000
Bologna: 200.000
Firenze: 210.000
Roma*: 1.700.000
Napoli*: 830.000
Bari*: 200.000
Palermo*: 570.000

Nelle città segnate con asterisco, marittime o vicine al mare, si registra un forte pendolarismo giornaliero: per cui, ad esempio, ad una Roma deserta durante i giorni di Ferragosto si contrappone una città più popolata alla sera. Il fenomeno si registra anche nelle altre città, ma in misura minore. Al numero dei residenti si aggiunge quello dei turisti di Ferragosto, soprattutto stranieri, in costante aumento.

Un cenno particolare merita Milano, che sta ospitando Expo 2015 e che vede gli alberghi occupati per il 90%, un livello record che però non soddisfa gli esercenti, i quali lamentano una scarsa ricaduta, eccezion fatta per le vie dello shopping e le zone attorno ai grandi monumenti, dei visitatori dell’Esposizione universale.

In Italia il 2015 registra il record di presenza in città dagli Anni ’60, inizio delle vacanze di massa, che però si concentravano in agosto per la chiusura contemporanea delle grandi fabbriche. Si conferma così un trend in corso da tempo, che vede le grandi città, soprattutto del Nord, allinearsi rapidamente alle consuetudini agostane delle metropoli europee. Il turista italiano ha imparato a suddividere le vacanze in più periodi, riducendo progressivamente la partenza in agosto, mese che resta comunque “delle vacanze” per eccellenza, come confermano gli ingorghi sulle autostrade e gli assalti a stazioni ferroviarie e aeroporti, non solo intorno a Ferragosto.

 

La notevole presenza nelle città ha indotto le amministrazioni comunali ad organizzare una serie di intrattenimenti che, assieme a numerosi esercizi pubblici aperti anche nelle periferie, rende quasi normale vivere in città anche nel weekend di Ferragosto.

Ferragosto, risparmio mio non ti conosco

Mancano 5 giorni al weekend di Ferragosto, l’appuntamento top per le vacanze degli italiani. Un periodo talmente caldo che l’Osservatorio trivago ha fatto un po’ di conti per capire quanto può costare agli italiani regalarsi un Ferragosto fuori porta.

La ricerca ha messo in luce che, a Ferragosto, non saranno pochi i casi di viaggiatori che dovranno al rialzo il proprio budget. in particolare se puntano a una delle 24 destinazioni italiane più quotate, e salate, i cui listini superano la soglia dei 450 euro a notte.

Forte dei Marmi guida la classifica dei rincari rispetto alla media mensile. La località toscana si rivela quest’anno la metà più costosa, con un prezzo medio di 468 euro a notte in camera doppia standard per soggiorni nel weekend di Ferragosto tra venerdì 14 e domenica 16. Seguono Capri, 441 euro, Positano (383), Alassio (316) e Villasimius (309).

Più accessibile la costa Adriatica che, pur toccando il picco con Lido di Jesolo (260 euro), Riccione (246) e Milano Marittima (244), in genere non supera i 200 euro. Abituata a dominare le classifiche delle mete più ricercate per le vacanze estive, Rimini spicca in questo caso per tariffe abbordabili che la escludono dalla top 24: nel weekend di Ferragosto il prezzo medio a notte si ferma sui 164 euro in camera doppia standard. Rimini batte anche Maratea, la #ReginaDellEstate 2015 eletta dagli utenti di Twitter: soggiornare in un hotel della cittadina lucana tra il 14 e il 16 agosto costa in media 217 euro.

Secondo trivago, anche se i prezzi sono i crescita, i turisti low-budget possono ancora trovare le soluzioni migliori per godersi il Ferragosto al mare. Tra le destinazioni al di sotto dei 150 euro a notte per camera doppia standard ci sono la ligure Varazze (149), Alba Adriatica (147) in Abruzzo e Agropoli in Campania (121).

Italiani stakanovisti anche in ferie

E per fortuna non resiste più lo stereotipo dell’italiano pigro e indolente. Tutte le cifre dicono che siamo uno dei popoli che lavora di più, non solo in Europa. E ora scopriamo che lavoriamo tanto anche in ferie.

Lo ha rilevato il Randstad Workmonitor relativo al secondo trimestre 2015. Secondo la ricerca, durante le proprie ferie un italiano su due sarà disponibile al telefono e attraverso la posta elettronica (55%, contro una media globale del 47%) e lo farà in maniera serena, mentre il 48% sostiene di sentirsi costretto a rispondere a email e telefonate (contro una media mondiale del 38%).

L’indagine di Randstad che ha messo in luce queste abitudini lavorative in ferie è stata realizzata in 34 Paesi e ha un titolo molto significativo: “Orario di lavoro e tempo libero: i confini si dissolvono”. Il campione degli intervistati ha un’età compresa tra 18 e 67 anni, lavora per almeno 24 ore alla settimana in maniera retribuita.

Se dalla stessa indagine, tre anni fa, emergeva che solo quattro lavoratori su dieci avevano un datore di lavoro che richiedeva la sua disponibilità fuori dall’orario di lavoro e senza distinzioni, ora la percentuale è salita al 67%. Un dato che ci pone, nel mondo, al settimo posto (con una media globale del 57%) in una classifica che vede in testa la Cina (89%).

La maggioranza degli intervistati (60%) sostiene di non essere dispiaciuta di occuparsi di lavoro nel tempo libero e durante le ferie, +4% rispetto al 2012. Il 69% dei lavoratori italiani risponde immediatamente a chiamate e email di lavoro, mentre la media globale si ferma al 56%.

D’altro canto, il 64% dei lavoratori mondiali sbriga faccende personali in ufficio, mentre tra gli italiani ci si ferma al 57%, +24% rispetto al 2013. Un buon compromesso di scambio tra ferie e incombenze lavorative…