Melfi: sta succedendo di tutto nella fabbrica ex Fiat, operai preoccupati

Non tira buona aria a Melfi nello stabilimento Stellantis in località San Nicola in provincia di Potenza. Ci sono almeno 4 problemi che non sembra si risolvano. E tutti riguardano le precarie condizioni di lavoro nella fabbrica.

Melfi, dal 2021 regna l’incertezza

Da quando Stellantis è nata, cioè da quando ha visto i natali il quarto produttore mondiale di auto, molto è cambiato per gli operai. Da gennaio 2021, a fusione completata tra PSA ed FCA, a Melfi sono cambiate le cose. Una cosa che è rimasta inalterata è il numero di modelli prodotti. Sono sempre i soliti 3 e sono sempre gli stessi modelli. A Melfi vengono prodotte le Jeep Compass, le Jeep Renegade e la Fiat 500 X. Per il resto, nulla è come prima.

L’occupazione in calo, solo chi non vuole vedere non si rende conto

Melfi per Stellantis, è uno degli stabilimenti principali della sua attività in Italia. Addirittura sopra Mirafiori in Piemonte, che resta la fabbrica numero uno anche come storia. A Melfi Stellantis ha continuato a produrre con la stessa forza che utilizzava quando era Fiat o quando era Fiat Chrysler Automobiles (FCA), cioè prima della fusione con in francesi di PSA. A Melfi escono fuori circa la metà delle auto che ogni anno Stellantis produce in Italia. Ma anche Melfi è interessata da una serie di incentivazioni all’esodo. In accordo coi sindacati, l’azienda offre incentivi a chi vuole andare via. Da una parte sfruttando le agevolazioni statali ai prepensionamenti, tra contratti di espansione e isopensione. Ma l’appeal con offerte di decine di migliaia di euro per le dimissioni volontarie, ha riguardato anche i giovani. I critici sostengono che siano progetti di riduzione di organico mascherati da dimissioni volontarie. Fatto sta che la forza lavoro in questo modo diminuisce.

Indotto e servizi, l’altro lato negativo del periodo Stellantis a Melfi

L’indotto èun altro argomento molto caldo nell’universo Stellantis. A differenza di quello francese, dove le fabbriche dell’indotto sono di aziende grandi quasi come la casa madre, in Italia spesso sono piccole realtà imprenditoriali. Realtà che nella gran parte dei casi lavorano sulle commesse di Stellantis. Naturale che il venir meno di ordini, perché Stellantis, vuoi per la crisi economica o per la carenza dei microchip, produce meno, si abbatte sull’indotto. E sono piccole realtà che spesso non hanno i paracadute tipici degli ammortizzatori sociali che una grande azienda riesce ad avviare. E molti lavoratori rischiano il porto, sempre che non siano già rimasti a casa.

I precari invece, sono un altro lato della stessa medaglia. I lavoratori interinali, cioè i lavoratori con contratto di somministrazione, sono quelli che pagano dazio in maniera ancora più evidente. Le chiusure delle attività portano la casa madre a non avere necessità di manodopera aggiuntiva, ed i primi a restare a casa sono quelli somministrati dalle Agenzie di Lavoro Interinale. Infine, il capitolo servizi. Le pulizie e la mensa vivono momenti di crisi sempre per via del momento di crisi della casa centrale. Meno operai in fabbrica significa meno lavoro per la mensa e meno lavoro per i servizi, come quelli di pulizia per esempio. E si ha notizia di molti lavoratori lasciati a casa anche in questo ambito.

Tra mix produttivo, cassa integrazione e turni, cosa sta cambiando per Stellantis a Melfi

Sono molte le segnalazioni di lavoratori di Stellantis a Melfi, che si lamentano di molte cose che stanno accadendo in Località San Nicola in provincia di Potenza. A Melfi la scorsa primavera si materializzò quello che fin da subito apparve chiaro. Parliamo della riduzione delle linee di produzione. Il CEO di Stellantis, il Manager Portoghese Carlos Tavares, fin dalla prima visita in Italia, aveva sottolineato che nel Bel Paese produrre auto era troppo costoso. Occorreva contenere i costi e ridurre gli sprechi.

Melfi, da Stellantis una linea in meno

A Melfi si è passati da tagli ai già citati servizi, a taglio di una intera linea produttiva. Infatti a Melfi la linea della Jeep Compass è stata cessata. Una linea adesso completamente svuotata di tutto, e sulla quale non è chiaro cosa l’azienda voglia fare adesso. Si parlava di portare all’interno della casa madre alcune attività dislocate all’esterno, inserendole in quella linea. Ma ad oggi tutto fermo.

Però a Melfi si continuano a produrre sempre tre veicoli. La Jeep Compass già citata, la Jeep Renegade e la Fiat 500 X. Tutte prodotte su una unica linea di montaggio, con quel sistema che è stato ribattezzato mix produttivo. Sull’unica linea arrivano tutte e tre le auto ogni turno e senza un ordine o un programma preventivo. Significa che i lavoratori vanno in grandi difficoltà, perché essendo auto diverse, qualcosa cambia di volta in volta.

Le 4 nuove auto elettrificate per Melfi

Il mix produttivo è duramente contestato, perché i lavoratori vanno inevitabilmente sotto forte stress. Soprattutto nei giorni in cui si lavora. Perché le chiusure continuano ad essere un problema. Il ricorso alla cassa integrazione è diventato una costante per Melfi e per il suo stabilimento. Proseguono le chiusure per le solite ragioni relative alla carenza di componentistica. I semiconduttori asiatici, di cui tutte le aziende dell’Automotive e dei prodotti ad alta tecnologia hanno sempre più bisogno, mancano. L’approvvigionamento classico da Taiwan, Cina e Corea per esempio, sta vedendo delle difficoltà. E in Italia le fabbriche chiudono a periodi alterni. Con i lavoratori che iniziano a subire il contraccolpo in termini di reddito annuo prodotto (la Cassa integrazione è sempre inferiore allo stipendio) e in termini di mancata maturazione dei ratei.

Le utilitarie meglio delle auto di grande taglia?

Resta il fatto che a Melfi, quando Tavares presentò il piano industriale lo scorso 1° marzo 2022, fu confermato che si produrranno 4 nuovi veicoli elettrici. Al posto della attuali auto, si passa a 4 veicoli, con ogni probabilità DS ed Opel. Ma saranno auto di fascia alta, che stridono con i numeri di veicoli prodotti oggi e in passato a Melfi. Una cosa è costruire le Punto o come accade a Mirafiori, la Fiat 500. Una cosa un SUV della DS, marchio di nicchia che fa capo a Citroen. A Pomigliano per esempio, la conferma almeno fino al 2026 della Fiat Panda fa stare più tranquilli rispetto alle novità di Melfi con le sue 4 auto elettriche da costruire sull’unica linea e con l’unica piattaforma (STLA Medium, ndr).

La nuova turnazione non piace

Anche i turni stanno diventando una specie di telenovela. Alla pari delle ripetute cassa integrazioni o del fatto che si è esteso fino ad agosto il contratto di solidarietà. Notizie e provvedimenti che prende Stellantis, che spesso appaiono in controtendenza tra loro. L’accordo di giugno, che faceva salire i turni lavorativi da 17 a 20, è stato disatteso. La scorsa estate con la notizia delle 4 auto elettrificate da produrre, si pensò alla necessità di aumentare le giornate di lavoro, con 3 turni in più comprensivi anche del week  end con turnazioni a scalare tra i lavoratori. Nel frattempo però, la prima indicata crisi dei semiconduttori, portò all’esatto opposto. I turni da 17 scesero a 15.

Le questioni inerenti il reddito dei lavoratori non possono essere tralasciate

E per evitare tagli di personale, fu prolungato il contratto di espansione difensiva, tipico della aziende in crisi. L’orario di lavoro veniva ridotto agli operai e spalmato tra più lavoratori. Anche in questo caso con ricadute non certo marginali sui redditi . Da lunedì prossimo invece si passa a 17 turni, o meglio si ritorna ai 17 di prima.

Ma è un ritorno al passato che non piace ai lavoratori. Infatti si potrebbe verificare un altro inconveniente non da poco. Per le ripetute fermate, spesso si va a recupero. Le ore di lavoro da recuperare, se i turni tornano a 17 comprensivi del sabato, rischia di far perdere dei soldi ai lavoratori. I soldi del lavoro straordinario se il recupero cadrà di sabato.

Exor sorpassa Eni: è il primo gruppo industriale italiano

Un sorpasso che ha dello storico. Nel 2014 Eni perde lo scettro di primo gruppo industriale italiano, superata da Exor dopo che per undici anni era stata in testa alla classifica. Il dato emerge dall’annuale classifica dell’Area Studi di Mediobanca delle principali società italiane.

Il sorpasso si è completato dopo che Exor-Fca ha chiuso lo scorso esercizio con ricavi pari a 122,2 miliardi (di cui 62,5 in capo a Chrysler), +12,4 miliardi rispetto a Eni, nonostante le vendite domestiche cubino solo il 7,5% del giro d’affari complessivo del gruppo. Il gruppo Exor è primo anche per numero di dipendenti: oltre 318mila unità delle quali poco più del 25% impiegate in Italia.

Eni scende dunque al secondo posto, soprattutto a causa del crollo delle quotazioni del greggio, con un fatturato di 109,8 miliardi. Non cambiano rispetto al 2013 le posizioni dalla terza alla decima: Enel, Gse, Telecom Italia, Finmeccanica, Edison, Esso Italiana, Edizione e Saras. Oltre a Eni, il calo del prezzo del greggio ha fatto altre vittime illustri: escono infatti dalla Top 20 TotalErg e A2A.

A proposito di Top 20, ecco la classifica nel dettaglio dall’11esima alla 20esima posizione: Poste, Kuwait Petroleum Italia, Ferrovie dello Stato, Luxottica, Ge Italia, Supermarkets Italiani (Esselunga), Prysmian, Pirelli, Isab e Parmalat.

Se si guarda a queste aziende sul lato dei profitti, Eni rimane prima per utili con 6.451 milioni nel biennio 2013-2014, seguita da Enel con 3.752 milioni. A Exor il terzo gradino del podio (primo gruppo privato) con 2.408 milioni.

Fiat Chrysler sempre più cinese

La Cina è vicina, almeno per Fiat. Fiat Chrysler ha infatti avviato la produzione di Jeep Cherokee nel Paese asiatico, nello stabilimento di Changsha, capitale della provincia sudorientale dello Hunan. Un impianto che ha una capacità produttiva di 275mila modelli all’anno e può contare su un investimento di 12,3 miliardi di yuan, pari a circa 1,7 miliardi di euro.

La produzione di Jeep Cherokee si accoda a quella degli altri modelli sviluppati da Fiat Chrysler per il mercato cinese, Fiat Ottimo e Fiat Viaggio. Del resto, il mercato cinese dell’auto è il più grande al mondo e conta su circa 23 milioni di veicoli venduti ogni anno.

Per Fiat Chrysler la Cina rappresenta oggi il quinto mercato mondiale in termini di vendite, che si concentrano soprattutto nei due modelli Fiat Ottimo e Viaggio e nel segmento dei Suv Jeep, finora d’importazione. Adesso “autoctono” grazie all’avvio dell’impianto di Changsha.

Anche se il 2015 non è stato facilissimo, con un calo nella parte centrale dell’anno, il settore ha mostrato segnali di ripresa a settembre con un aumento delle vendite del 2,08% anno su anno, pari a 2,02 milioni di auto vendute. Un’occasione da non perdere per Fiat Chrysler, dal momento che il rialzo è stato trainato principalmente dalla richiesta di Suv, segmento al quale appartiene Jeep Cherokee: +58,79% di Suv venduti anno su anno, pari a 566mila veicoli.

Niente di fatto per Exor e PartnerRe

Fumata nera per Exor, che ancora ci sperava di spuntarla nel progetto PartnerRe.
Ma la compagnia di riassicurazione Usa sembra essere più favorevole ad una fusione con Axis Capital, molto poco attratta dalla holding della famiglia Agnelli.

La spiegazione per questo cambio di tendenza è stata data da Axis chiamando in causa direttamente l’impegno che il gruppo italiano ha in Fca, un investimento troppo importante per Exor e quindi in grado di distogliere risorse ed energie dall’eventuale coinvolgimento in PartnerRe.

La compagnia di riassicurazione ha anche preparato un testo, intitolato “Presentazione di documenti che dettagliano i rischi inaccettabili posti dall’offerta inferiore di Exor“, in cui vengono citati tre fattori che spiegano il rifiuto: “La capacità e il desiderio di Exor di chiudere potrebbero risultare notevolmente danneggiati da pressioni finanziarie sulla leva cui avviene la transazione dalla capacità di Exor di far cassa e dai suoi impegni nei confronti di altri investimenti (tra cui Fiat Chrysler). I regolatori e le agenzie di rating probabilmente vorranno esplorare le intenzioni di Exor per PartnerRe, in particolare visti i report frequenti sulla ricerca di soluzioni strutturali per le prossime sfide che riguardano Fiat Chrysler“.

Infine i tempi di esecuzione dell’operazione, che con Exor “non si chiuderà quest’anno” mentre nel caso di fusione con Axis non andrebbero oltre il terzo trimestre.

Vera MORETTI

Brand italiani nani e giganti mondiali

Come sono messi i brand italiani tra loro e in rapporto ai più importanti brand internazionali? Una domanda alla quale ha provato a rispondere la società inglese Brand Finance, che ha pubblicato la Brand Finance Italy 50, ossia la classifica dei principali brand italiani.

Un rapporto annuale, questo curato da Brand Finance, che confronta con metodologia standard ISO 10668 migliaia di brand mondiali per valutarne la forza (indicata come BSI), data dalla somma dei dati relativi agli investimenti, al marketing, al ritorno in percezione

degli stakeholder e al ROI del brand, e il valore (indicato come BV) in dollari, che scaturisce dalla forza del brand, dalle sue prospettive di fatturato e dal valore delle royalty che si dovrebbero pagare per sfruttarne il marchio.

Ebbene, parlando dei brand italiani, nel 2014 il valore dei 50 principali e il relativo valore d’impresa (indicato come EV, Enterprise Value) sono cresciuti molto meno che nel 2013. Una frenata che ha ridotto la presenza dei brand italiani tra i 500 con maggiore valore al mondo, passati da 9 a 8.

Nello specifico, Fiat e Ferrari sono i due brand italiani che hanno aumentato di più il valore del proprio brand, toccando rispettivamente i 6.060 e i 4.747 milioni di dollari. Sempre restando nella galassia Fca, anche i valori dei marchi Maserati (942 milioni di dollari) e Alfa Romeo (533 milioni) fanno parte del gruppo dei 15 brand che hanno incrementato maggiormente il proprio valore.

Ferrari, pur avendo ridotto il proprio punteggio, resta il brand italiano più forte e gli fanno compagnia nella Top 10 della forza Maserati e Alfa Romeo sono nella Top 10 della classifica della forza. Fiat è uno pochi brand italiani che aumentato la propria forza. Nel 2013, Ferrari era il marchio più forte (BSI) del mondo, nonostante fosse solo al 350esimo posto tra i 500 marchi globali di maggior valore.

Uscendo dall’automotive, il re dei brand italiani è Ferrero, che con i marchi Kinder (+59%), Ferrero (+47%) e Nutella (+37%), ha maggiormente aumentato il proprio valore in termini percentuali insieme a Mediaset (+40%). Sia Kinder sia Nutella sono tra i pochi brand italiani ad aver incrementato la forza.

Tra i brand italiani, fanno segnare un’ottima crescita in valore Gucci (6.712 milioni di dollari), Edison (1.074), Eni (8.037 mln) e Armani (2.889).

Dando uno sguardo al mondo, nella Brand Finance Global 500 i marchi con maggior valore (BV) sono Apple, Samsung, Google, mentre i più forti (BSI) sono Lego, PricewaterhouseCoopers e RedBull.

Fiat Chrysler Automobiles, cresce l’utile netto

A un anno dalla fusione tra Fiat e Chrysler, che ha dato vita a Fca, Fiat Chrysler Automobiles, si comincia a vedere qualche risultato. Sono infatti arrivati i primi dati finanziari del gruppo, relativi all’anno 2014.

Il dato più rilevante riguarda gli utili netti, che sono saliti a 632 milioni di euro. I vertici Fiat si aspettavano comunque una performance su questi livelli, che sono in linea con quanto era stato previsto dopo i risultati conseguiti nel corso dell’ultimo anno. I ricavi sono saliti a 96,1 miliardi di euro (+11% sul 2013), con un risultato operativo pari a 3,7 miliardi di euro. Il debito netto industriale si è invece attestato nel 2014 a 7,7 miliardi di euro, in calo rispetto al 2013.

Il gruppo ha fatto registrare buone performance di vendita soprattutto nei mercati del Medio Oriente, del Nord America e, finalmente dell’Europa, che dopo tanti anni consecutivi di crisi ha dato finalmente qualche segnale di risveglio soprattutto per Fiat.

Il risultato dell’utile netto ha indotto il Cda di Fiat Chrsysler a raccomandare di non distribuire alcun dividendo per il 2014, per rafforzare ulteriormente i mezzi finanziari del gruppo in previsione del 2015 mettendo a disposizione di Fca maggiori risorse per il raggiungimento degli obiettivi ambiziosi fissati per il quinquennio 2015-2020.

Ambizioni soprattutto in termini di modelli che, come annunciato tempo addietro dall’ad di Fiat Chrysler Marchionne, saranno almeno 20 e trasversali a tutti i marchi del gruppo. Sotto i riflettori soprattutto Alfa Romeo e Maserati, che dovranno essere rilanciati per conquistare nuove quote di mercato nei segmenti che sono nel loro dna, quelli premium.

Una Fiat 500 per James Bond

Passare da una Aston Martin o da una Bmw a una Fiat 500 potrebbe sembrare un balzo all’indietro, ma se lo fa uno come James Bond, tanto di cappello. Si fa infatti sempre più insistente l’indiscrezione che vorrebbe l’agente segreto più famoso del mondo al volante di una piccola di casa Fiat durante le scene del prossimo film a lui dedicato.

Dalla Fiat si schermiscono dicendo che “non c’è nulla di ufficiale”, ma la notizia sembra ormai ben più di una voce: James Bond comparirà alla guida di una Fiat 500 nelle riprese italiane (al via a breve) della prossima pellicola, che ancora non ha un titolo. I media inglesi sono sicuri della presenza della Fiat 500 nel film, tanto da aver dato ampio spazio alla notizia.

Le scene italiane saranno girate a Roma, il set ideale per la Fiat 500 e per l’azienda, che grazie alla diffusione globale della pellicola prevede di dare un ulteriore impulso alla promozione della sua city car, con la quale ultimamente sta cercando di cambiare la percezione del marchio all’estero (Stati Uniti specialmente) utilizzando una campagna marketing focalizzata sullo stile italiano, rappresentato dalla Fiat 500, che a tratti gioca anche sui vizi e sulle virtù degli italiani.

Se ora anche James Bond guidasse italiano con una Fiat 500, sarebbe la ciliegina sulla torta per la Casa torinese.

Ad Exor il 46,6% dei diritti di voto di Fiat

Borsa Italiana ha appena annunciato importanti cambiamenti relativi al capitale sociale di Fiat Chrysler Automobiles.

E’ stato deciso, infatti, che esso sarà composto da oltre 1,2 miliardi di azioni ordinarie e da 408,95 milioni di azioni a voto speciale.

Questi titoli incorporano un diritto di voto addizionale e sono state assegnate a chi ne ha fatto richiesta dopo l’approvazione della fusione di Fiat in Fiat Chrysler.

Ma non è tutto, poiché Exor, azionista di riferimento, pare abbia fatto richiesta per i titoli a disposizione e potrà contare, per quanto riguarda i diritti di voto, su una percentuale del 46,6%, rispetto a una quota del 30% del capitale.

Vera MORETTI

Siglata intesa tra Fiat-Chrysler e Intesa Sanpaolo

E’ stato firmato un importante accordo tra due colossi che hanno la loro sede in Italia, e precisamente a Torino.

Fiat-Chrysler e Intesa Sanpaolo hanno infatti siglato un’intesa commerciale per offrire ai clienti dell’istituto di credito, ovvero 11,5 milioni, condizioni favorevoli per il noleggio a lungo termine di auto, ma anche per l’acquisto di vetture e veicoli commerciali.

Obiettivo di questa firma è, in primo luogo, quello di agevolare privati e piccoli imprenditori nel settore mobilità, i cui costi pesano sul bilancio di famiglie ed aziende.

Le conseguenze concrete di questa partnership saranno tangibili già da questo mese, quando i clienti delle banche del gruppo cominceranno a noleggiare veicoli a lungo termine approfittando di canoni vantaggiosi, visibili anche online.

L’accordo è stato firmato da Alfredo Altavilla, coo della regione Emea di Fiat-Chrysler, e da Stefano Barrese, responsabile della direzione pianificazione e controllo e della direzione marketing di Intesa Sanpaolo.

Secondo Altavilla, la partnership “mette insieme due realtà particolarmente importanti nell’economia del Paese che fanno sistema e mettono a disposizione di chiunque servizi per migliorare la mobilità di tutti i giorni, come abbiamo già realizzato con il car sharing. Il nostro gruppo produce auto sempre più attente all’ambiente, confortevoli e tecnologicamente avanzate, ma è importante che tutto il mondo che gira intorno all’automotive sia adeguato alle aspettative di ogni automobilista. E l’accordo di oggi va in questa direzione”.

Barrese, inoltre, ha aggiunto che l’accordo “consente di rafforzare l’offerta in un settore che incide particolarmente sui budget delle famiglie e delle piccole e medie imprese. Intesa Sanpaolo ha avviato da tempo un articolato cambiamento con l’obiettivo di essere, per 11,5 milioni di clienti, un punto di riferimento non solamente per le attività bancarie e di investimento, ma anche per bisogni altrettanto importanti, come la tutela assicurativa, gli acquisti, i pagamenti”.

Vera MORETTI

Emissione di CO2: Fiat è rimasta indietro

Il nuovo rapporto di T&E, Transport & Environment, dedicato alle performance ambientali raggiunte dall’automotive vede cinque case automobilistiche europee su sette in linea con l’obiettivo di riduzione delle emissioni imposto da Bruxelles per il 2021.

Ad aver registrato ottimi progressi sono state, infatti, Volvo, Toyota, Peugeot-Citroen, Renault, Ford e Daimler e che dunque hanno tutti i requisiti per raggiungere gli obiettivi imposti dalla Commissione Europea addirittura prima del tempo stabilito.

Altri due produttori, VW e Nissan, risultano essere perfettamente in linea con il programma, mentre Fiat, che fino a poco tempo fa era in testa alla classifica per le emissioni ridotte e i progressi registrati, sta perdendo terreno.

Ma c‘è chi sta peggio, come BMW, in ritardo di tre anni sulla tabella di marcia, ma non ancora ultima in classifica dove, invece, ci sono Suzuki (in ritardo di due anni), Hyundai e Mazda (in ritardo di 4 anni) e Honda (in ritardo di sei).

Greg Archer, manager di T&E clean vehicles, ha dichiarato in proposito: “Il rapporto mostra che la maggior parte delle case automobilistiche europee sono ben posizionate per raggiungere i loro obiettivi di CO2, indipendentemente dalle dimensioni e dal tipo di veicolo che vendono. Le proteste dell’industria che affermavano il contrario sono state allarmiste, ma alcune case stanno cominciando a perdere terreno e devono alzare il tiro per centrare gli obiettivi”.

Vera MORETTI