L’export della moda donna nel primo semestre 2016

Secondo i dati Istat ad oggi disponibili, relativi al periodo gennaio-giugno 2016, l’interscambio con l’estero di moda donna conferma il trend favorevole sul fronte export, mentre registra una battuta d’arresto nel caso dell’import. In particolare, le vendite estere di womenswear hanno evidenziato un aumento pari al +2,8%: pur decelerando sensibilmente rispetto alla ben più rotonda crescita del primo semestre 2015 (pari al +7% circa), l’export settoriale sale, quindi, a 3,9 miliardi di euro.

Al contempo, l’import frena al -0,1%, assestandosi sui 2,3 miliardi di euro così come nel gennaio-giugno 2015. Il settore, pertanto, mantiene un ampio surplus commerciale con l’estero per un totale di oltre 1,6 miliardi di euro nel periodo in esame.

Analizzando le performance per macro-aree geografiche, nel caso delle esportazioni la Ue si rivela ancora una volta più dinamica e mette a segno un incremento del +4,9%, assorbendo così il 52,5% dell’export totale dall’Italia; le aree extra-Ue, invece, non vanno oltre un +0,6%. Contestualmente, l’import fa registrare una dinamica del +9% dal mercato comunitario, a fronte, invece, di una flessione del 6,9% sperimentata dall’extra-Ue, pur cresciuta di quasi il +20% nel medesimo periodo dello scorso anno.

Tra i mercati Ue, Francia e Germania, rispettivamente primo e secondo mercato di sbocco della moda donna made in Italy, segnano rispettivamente una crescita del 6% e dell’8%. Le vendite dirette nel Regno Unito, pur su valori più contenuti rispetto alle prime due destinazioni, registrano un incremento del 6,6%, mentre quelle in Spagna del 6,3%. Questi quatto Paesi concorrono complessivamente al 34,5% dell’export settoriale totale.

Mentre Belgio e Paesi Bassi sono interessati da variazioni negative (-1,2% e -6,5% rispettivamente), cresce anche l’export diretto in Austria (+6%) e Polonia (+26,6%).

Relativamente ai mercati extra-europei, gli Usa, terza destinazione e prima non-Ue della moda donna italiana, fanno registrare un lieve calo pari al -1,4%, rispetto ad un controvalore del primo semestre 2015 molto significativo, raggiunto grazie ad un incremento del 30,3%.

Hong Kong e Cina risultano caratterizzate da dinamiche ancora positive, rispettivamente pari al +3,3% e al +2,9%, assorbendo così il 10,6% della moda donna italiana al pari della Germania.

La Russia, che nei primi sei mesi dello scorso anno aveva ceduto oltre il 30%, recupera terreno, contenendo il calo al -4,6%. Proprio il mese di giugno 2016 assiste ad un’inversione di tendenza dell’export, che, rispetto al dato del giugno 2015, segna un incremento pari al +3,2%

I discreti risultati ottenuti dalla moda donna made in Italy sono previsti proseguire anche nella seconda parte dell’anno, nonostante il permanere di un quadro economico e politico estremamente complesso in ambito internazionale.

Moda femminile ancora in crescita nel 2015

Mantenendosi su ritmi analoghi a quelli sperimentati nel 2014, la moda femminile italiana anche nel 2015 mostra una dinamica di crescita, +2,5%. In un anno, il settore guadagna poco più di 300 milioni di euro, sfiorando così i 12,8 miliardi.

Tale performance risulta, dunque, lievemente inferiore alle stime rilasciate lo scorso febbraio, quando, in sede di bilancio pre-consuntivo, si era previsto di archiviare l’anno in aumento del 2,8%. Come previsto sempre in tale occasione, la moda femminile si rivela più tonica rispetto alla moda maschile, il cui incremento si è arrestato al +1,4%, conseguenza di un minor dinamismo incontrato oltreconfine.

Nell’ambito della filiera Tessile-Moda nazionale, il womenswear continua a rivestire un ruolo di primo piano, assicurando il 24,4% del fatturato complessivamente generato lo scorso anno.

I singoli comparti della moda donna si sono mossi tutti in area positiva, ad eccezione della pelle, che archivia il 2015 in flessione. Il vestiario e la camiceria, peraltro, hanno chiuso l’anno in accelerazione rispetto al bilancio 2014, mentre la maglieria ha perso velocità. Per il secondo anno consecutivo, inoltre, la camiceria mostra una crescita del fatturato a due cifre.

Con riferimento al valore della produzione effettuata in Italia, il bilancio settoriale mostra un miglioramento del trend, che porta a contabilizzare un -0,5%. A conferma delle più recenti linee evolutive, per la moda femminile italiana il mercato interno è rimasto riflessivo, mentre la domanda estera si è rivelata ancora una volta favorevole: al di là del cedimento accusato nel 2009, a partire dal 2010 l’export settoriale ha sperimentato una crescita ininterrotta.

Lo scorso anno le vendite sui mercati internazionali, grazie ad un aumento su base annua del 5%, sono salite a oltre 7,7 miliardi di euro, concorrendo così al 60,4% del turnover settoriale. Parallelamente, l’import è cresciuto del 7,3%, portandosi a 4,3 miliardi di euro.

A fronte del suddetto andamento degli scambi con l’estero in entrata e in uscita dall’Italia, l’avanzo commerciale del settore ha superato i 3,4 miliardi di euro.

Dopo il calo senza precedenti archiviato nel 2013 (-7,1%), il sell-out in Italia di moda femminile ha iniziato la risalita, vedendo dimezzare il tasso di caduta nell’anno solare 2014 (-3,7%), per decelerare ulteriormente al -2,3% nel corso dei dodici mesi del 2015. Pur negativa, tale dinamica risulta essere la migliore dell’ultimo quinquennio.

Sotto il profilo temporale, il bimestre maggio-giugno, secondo le rilevazioni statistiche effettuate da Sita Ricerca per conto di Sistema Moda Italia, ha assistito a una variazione positiva pari al +0,5%, mentre il bimestre settembre-ottobre ha frenato al -0,1%.

Se si considera il periodo compreso tra la Primavera/Estate 2015 e l’Autunno/Inverno 2015-2016, il sell-out di moda femminile presenta una flessione contenuta al -1,9% in termini di spesa corrente rispetto alle corrispondenti stagioni del 2014-2015. In detto arco temporale, sia la camiceria sia la confezione in pelle hanno evidenziato incrementi del sell-out in Italia: la prima registra un +5,7%, la seconda un +13,3%. Il comparto preponderante, ovvero il vestiario esterno archivia, invece, un -3,0%, non troppo lontano quindi dalla maglieria, che cede il 2,5%.

Un 2016 promettente per la moda italiana in Cina

Nelle scorse settimane avevamo anticipato di come per la moda italiana in Cina, specialmente per quella di una fascia prezzo più accessibile, il 2016 si presenti come un anno molto promettente.

Dopo l’aumento record del 32% nel 2015, la moda italiana donna in Cina potrebbe crescere ancora nel 2016 di circa il 25%, soprattutto nel comparto del middle luxury, grazie ad una forte richiesta di capi di qualità ma a prezzo accessibile.

Una richiesta che arriva dopo un 2015 nel quale le top griffe della moda italiana hanno scontato una flessione sul mercato cinese, anche a causa di prezzi troppo elevati nella distribuzione locale, a volte superiori del 50% rispetto a quelli dei negozi italiani.

Un trend che commenta così Giacomo Gardumi, Ceo di Retaily Shanghai, società attiva nella diffusione della moda italiana sul mercato cinese: “La domanda cinese sta cambiando e analizzando i dati del primo bimestre si prevede una crescita di un ulteriore 25% nell’import cinese di moda italiana donna nel 2016, concentrato soprattutto nei capi italiani di qualità, ma di prezzo accessibile. Gli acquisti di moda italiana ormai interessano un ampio strato di cittadini cinesi, certamente benestanti, ma non miliardari”.

Seguendo questo trend, il gruppo di distribuzione cinese IFF, dopo aver selezionato negli scorsi mesi aziende della moda italiana per un possibile sbarco in Cina, aprirà una seconda fase di selezione durante gli Open Day del 4 e 15 aprile prossimi, in via Cerva 14 a Milano (per informazioni, marketing@retaily.it).

Nel corso della prima fase, oltre 100 aziende italiane hanno stretto accordi commerciali con IFFG, e circa 50 di queste entreranno nel primo concept store del gruppo, che aprirà a settembre 2016 a Shanghai.

Ai marchi italiani vengono proposti accordi commerciali della durata di 5 anni che prevedono l’acquisto di prodotto vincolato al rilascio di un’esclusiva distributiva estesa a tutto il territorio cinese. Gli investimenti sono a costo zero per le aziende italiane e IFFG garantisce prezzi più accessibili sul mercato cinese, vicini a quelli del mercato italiano.

Milano e la moda, un mondo di 13mila imprese

È partito oggi il circo di Milano Moda Uomo e il capoluogo lombardo, insieme all’intera regione, scoprono un’altra volta la loro grande vocazione imprenditoriale per la moda. I conti, in questo senso, li ha fatti la Camera di commercio di Milano.

L’ente camerale, elaborando dati del registro delle imprese al terzo trimestre 2015, ha calcolato che sono 34mila le imprese attive nel settore della moda in Lombardia, di cui oltre una su tre si concentra a Milano (13mila). In regione sono oltre 14mila imprese nella produzione e 20mila nel commercio della moda.

Dopo Milano ci sono Brescia, con 4 mila imprese, Varese e Bergamo con oltre 3mila, Como, Monza e Brianza e Mantova con circa 2mila. 189mila gli addetti del settore, di cui quasi 83mila a Milano. Sono a conduzione maschile due imprese di produzione su tre in Lombardia, pari al 64%, 9mila su 4mila.

E anche sul fronte dell’export, il settore si conferma trainante nella regione. L’export di moda ha infatti sfiorato nei primi nove mesi del 2015 i 9 miliardi di euro, stabile in un anno. La Lombardia esporta soprattutto articoli di abbigliamento, per un valore di 4 miliardi di euro. Seguono i prodotti tessili (quasi 3 miliardi) e gli articoli in pelle (2,1 miliardi).

Milano pesa quasi la metà del totale regionale (4,2 miliardi); seguono Como (1,1 miliardi), Varese e Bergamo con oltre 680 milioni. La regione esporta moda principalmente verso Europa, Asia orientale e America settentrionale. Quasi un miliardo di euro l’export verso la Francia, 650 milioni di euro verso la Germania e tra i Paesi non Ue, primi gli Stati Uniti con 800 milioni di euro e Hong Kong con oltre 700 milioni.

Inoltre, mezzo miliardo di export di moda è andato in Cina, 400 milioni in Giappone, 300 milioni in Corea del Sud. E se in un anno la Russia ha rallentato, tra chi è cresciuto ci sono Arabia Saudita e Qatar. Questa volta l’elaborazione della Camera di commercio di Milano è avvenuta su dati Istat al terzo trimestre 2015 e 2014. Insomma, se Milano è la capitale della moda, non è solo per fashion…

Moda maschile italiana tra luci e ombre

Con l’apertura ufficiale dei battenti di Pitti Uomo 89, avvenuta a Firenze il 12 gennaio, la moda maschile italiana ha cominciato la sua autocelebrazione anche per questo 2016. Un anno che arriva dopo un 2015 caratterizzato da segnali contrastanti per questo comparto importantissimo della moda italiana.

Lo scorso anno, infatti, il fatturato dell’industria italiana della moda maschile ha fatto registrare un incremento mediocre, +1,5% rispetto al 2014, per un giro d’affari totale di poco inferiore ai 9 miliardi (8,9 miliardi, per la precisione). Un incremento pari quasi alla metà rispetto all’anno precedente.

Se, da un lato, la moda maschile italiana ha confermato anche per lo scorso anno la propria vocazione all’export incrementando dello 0,3% rispetto al 2014 il totale delle esportazioni sul fatturato (63,4%), dall’altro è calato del 3,2% il valore della produzione in Italia: un calo che, in termini assoluti, si traduce in 4,7 miliardi in meno. Conforta che il 63,4% di cui sopra è figlio di un +9% della quota export registrato negli ultimi 5 anni. Export che, nonostante tutto, è cresciuto lo scorso anno di circa la metà, in termini percentuali, rispetto a quanto fatto nel 2014: +2,4% a quasi 5,7 miliardi, contro il +5,1% pari a 5,5 miliardi di un anno prima.

A fare il punto su questi numeri della moda maschile italiana ci ha pensato Sistema moda Italia che ha elaborato dati Istat. Elaborazioni dalle quali emerge che le importazioni sono cresciute del 7,6% a 4 miliardi, dato che ha portato a un calo del surplus della bilancia commerciale per la moda maschile italiana a 1,6 miliardi.

Il mercato interno della moda maschile italiana, infine, nel 2015 ha seguito quello generale, confermando il calo dei consumi anche se in misura meno drammatica di quanto avvenuto negli anni più bui della crisi: -2,1% a 7,3 miliardi.

Un calo più contenuto, che se non sa ancora di luce in fondo al tunnel, manda comunque un segnale incoraggiante all’intera filiera della moda per continuare a credere nella ripresa.

La miniera d’oro del meccanotessile

L’eccellenza della filiera moda in Italia si nutre anche dell’eccellenza del nostro Paese nel settore del meccanotessile, ovvero l’industria che produce macchinari e tecnologie per il settore tessile.

Quello del meccanotessile è un ambito nel quale l’Italia è leader mondiale indiscussa da tempo, insieme a colossi come il Giappone, e che, alla nostra industria, porta numeri e fatturati di tutto rispetto, anche in un periodo economicamente non facile come quello che tutto il sistema Paese, non solo la filiera moda, sta attraversando.

In Italia il meccanotessile dà lavoro a circa 12mila persone, sparse tra le oltre 300 piccole e medie aziende che compongono questo settore produttivo. Le imprese sono localizzate prevalentemente nelle regioni del Centro e Nord Italia (con il 44% delle aziende concentrate in Lombardia) e sono parte integrante e determinante dei distretti del tessile più rilevanti d’Italia: da Prato a Biella, da Como, all’ Alto Milanese.

Una realtà che ha portato all’economia italiana, nel 2014, un giro d’affari di 2,3 miliardi di euro (2,5 quelli previsti a fine 2015) e un export di 1,9 miliardi.

Non a caso, infatti, il meccanotessile è un settore con una fortissima vocazione all’export, tanto che, sempre nel 2014, l’84% del fatturato del settore è stato totalizzato grazie a vendite all’estero, prevalentemente in Asia e prevalentemente in Cina.

A testimonianza della forza del legame che lega il nostro Paese al mondo del meccanotessile, lo scorso mese di novembre, dopo la bellezza di 20 anni, è tornato in Italia l’Itma, l’evento fieristico più importante al mondo dedicato ai macchinari e alle tecnologie per il settore tessile, che si è tenuto alla Fiera di Rho Pero, a Milano.

Nell’occasione erano presenti 1.700 espositori provenienti da 46 Paesi e 454 di questi espositori del meccanotessile erano italiani, con un +41% di presente rispetto alla precedente edizione che si era tenuta Barcellona.

Con queste parole Raffaella Carabelli, presidente di Acimit, l’associazione italiana dei costruttori di macchine tessili, presentava l’Itma e le potenzialità del meccanotessile italiano: “È motivo di orgoglio aver riportato in Italia la principale rassegna mondiale di macchinario tessile. I numeri con cui ci presentiamo a Itma non solo pongono l’Italia al primo posto tra i Paesi espositori della manifestazione, ma soprattutto testimoniano la vitalità del nostro settore e la convinzione di tutti noi che la filiera tessile italiana goda di buona salute“.

La filiera moda ha la sua testa pensante

Con la prima decade di gennaio, come da tradizione si rimette in modo il grande circo della moda italiana, prima con l’appuntamento fiorentino di Pitti Uomo (12-15 gennaio) e poi con Milano Moda Uomo (15-19 gennaio). Due momenti nei quali la filiera moda italiana mette in mostra tutte le proprie potenzialità e il proprio saper fare.

Fortunatamente, anche a livello governativo si sta cominciando a valorizzare in maniera concreta la filiera moda, soprattutto grazie all’avvio di importanti finanziamenti destinati alle fiere della moda e al varo di un’iniziativa che prova a rimediare a una delle carenze tipiche del fare impresa in Italia: l’incapacità, o la difficoltà, di fare sistema.

Lo scorso 23 dicembre è stato infatti costituito il Comitato della moda e dell’Accessorio italiano, presieduto dal viceministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda. Un’entità che prova a mettere insieme i protagonisti e le eccellenze della filiera moda italiana per cercare di mettere a fattor comune competenze e conoscenze che consentano di posizionare la moda italiana in maniera sempre più efficace sui mercati mondiali.

Il Comitato della Moda e dell’Accessorio italiano definirà le linee guida per lo sviluppo del comparto, concorderà insieme al Governo il sostegno istituzionale necessario a portare avanti le diverse iniziative e garantirà l’implementazione dei progetti chiave, fondamentali per riaffermare la leadership del sistema della moda, attraverso il coordinamento e potenziamento degli eventi, il rafforzamento del sistema fieristico, la formazione, la sostenibilità e il supporto alla crescita dei marchi e delle aziende della filiera moda”. Questo il passaggio chiave del comunicato che lancia il Comitato.

Il primo passo concreto del Comitato è previsto per settembre di quest’anno, quando tutta la filiera moda sarà portata nel polo fieristico di Rho-Pero in un unico appuntamento in contemporanea con la Settimana della Moda di Milano, che riunisca le miriadi di fiere di settore attualmente sparse su tutto l’anno.

Entreranno nel Comitato della Moda e dell’Accessorio italiano le eccellenze della filiera moda, della filiera tessile e dell’accessorio. In rigoroso ordine alfabetico: Altagamma, Altaroma, Camera Nazionale della Moda Italiana, Centro di Firenze per la Moda Italiana, Federazione Italiana Accessorio Moda e Persona, Mido, Mifur, Milano Unica, Mipel, Origin, Pitti, Sistema Moda Italia, TheMicam, Vicenza Oro/Oro Arezzo.

I numeri dei saldi

Mentre in alcune regioni i saldi invernali sono partiti sabato 2 gennaio, nella maggior parte delle città la corsa all’affare inizia oggi. Tra queste città ci sono anche le regine dello shopping come Roma e, soprattutto, Milano, che in occasione dei saldi invernali 2016 torna a vestire l’abito di capitale della moda.

Un ruolo che sui saldi invernali avrà un impatto forte e positivo, almeno stando alle stime di FedermodaMilano (Confcommercio Milano), che prevede per il capoluogo meneghino un valore complessivo delle vendite di 454 milioni di euro, con una previsione di acquisto medio a persona di 176 euro e un incremento nel valore dei saldi invernali milanesi di oltre il 4% rispetto ai saldi 2015.

A Milano e in Lombardia i saldi partono martedì 5 gennaio come coerentemente stabilito nell’ambito della decisione della Conferenza delle Regioni di una data unica nazionale – afferma Renato Borghi, presidente di FedermodaMilano e Federazione Moda Italia -. I saldi restano un’occasione importante: un ‘rito’ collettivo capace di attrarre l’interesse di milanesi e di turisti e visitatori invogliati dalla qualità del made in Italy. I consumatori trovano anche quest’anno un ampio assortimento a prezzi competitivi. Per gli operatori commerciali si tratta soprattutto di dare continuità (incrementando i ricavi più che i guadagni) ai segnali di ripresa avvertiti nelle vendite di Natale tenendo però anche conto che, su alcuni prodotti, la stagione invernale, di fatto, non è ancora iniziata. Non sono, quindi, certamente dissipate le preoccupazioni del dettaglio moda multimarca indipendente di qualità, ma un risveglio dei consumi si è registrato anche grazie ad Expo dopo anni di segni negativi e le nostre stime sulle vendite in saldo ne tengono conto”.

Servono, ora – prosegue Borghisegnali forti e politiche di sostegno e rilancio dei consumi nei negozi. Nel primo semestre del 2015 hanno chiuso in provincia di Milano 203 negozi di moda (113 nel solo Comune di Milano) a fronte di 106 nuove aperture (58 nel Comune di Milano). E il clima mite ha ridotto fortemente le vendite di capi più pesanti influendo anche sulle vendite di calzature e accessori di stagione”.

Secondo FedermodaMilano gli sconti medi per questi saldi invernali milanesi andranno dal 30 al 40% e, in concomitanza con le vendite a prezzi ribassati, torna la tradizionale iniziativa dei “Saldi chiari” promossa da FedermodaMilano in sintonia con le associazioni dei consumatori. Ecco i capisaldi.

  • Carte di credito. Durante i saldi l’operatore commerciale non può rifiutare il pagamento con carta di credito.
  • Cambi merce. Il dettagliante si impegna a sostituire, se possibile, o a rimborsare i capi acquistati che presentano gravi vizi occulti così come previsto dal Codice Civile ed in particolare dalle norme di recepimento della Direttiva 1999/44/CE. Nel caso di non corrispondenza della taglia, il capo verrà sostituito con prodotti disponibili all’atto della richiesta di sostituzione. Qualora non fosse possibile la sostituzione per mancanza di capi o per mancato gradimento da parte del cliente, l’operatore rilascerà un buono acquisto di pari importo del prezzo pagato relativo ai capi da sostituire. Buono che il cliente dovrà spendere entro i successivi 120 giorni dall’emissione dello scontrino fiscale (che dev’essere presentato).
  • Prova prodotti. Il cliente ha diritto di provare i capi per verificarne la corrispondenza della taglia e il gradimento del prodotto. Sono esclusi dalla facoltà della prova i prodotti che rientrano nella categoria della biancheria intima e quei prodotti che, per consuetudine, non vengono normalmente provati.
  • Uniformità dei prezzi. Le catene di negozi che effettuano saldi si impegnano a porre in vendita gli stessi prodotti agli stessi prezzi. In caso di variazione del prezzo, la variazione viene praticata contemporaneamente in tutti i punti vendita della catena.
  • Riparazioni. Se il costo per l’adattamento o la riparazione dei capi acquistati è a carico del cliente, l’operatore commerciale deve darne preventiva informazione al cliente stesso e deve inoltre esporre, in modo ben visibile, un cartello informativo sul quale si dichiara espressamente che le riparazioni sono a carico del cliente.

Fashion Lab, UniCredit a sostegno della moda italiana

È stato presentato venerdì 18 dicembre a Milano Fashion Lab, un programma di accelerazione e di supporto continuativo, ideato da UniCredit e Camera Nazionale della Moda Italiana a favore di 18 brand emergenti: Alberto Zambelli, Angelos Bratis, Christian Pellizzari, Damiano Marini, Edithmarcel, flavialarocca, Giannico, L72, Leitmotiv, Les Petits Joueurs, L’F Shoes, Marcobologna, San Andrès Milano, Soloviere, Studiopretzel, TF Twins Florence, Vivetta, Voodoo Jewels. Tutti i talenti sono già presenti nei calendari delle Fashion Week di Milano.

L’iniziativa rientra nel più ampio accordo con cui, dallo scorso 18 settembre, UniCredit è diventata Official Sponsor di Camera Nazionale della Moda Italiana per il prossimo quadriennio, con l’obiettivo di sostenere uno dei settori chiave del made in Italy e simbolo di eccellenza del nostro Paese.

UniCredit crede nella moda e nell’industria tessile italiana, che costituisce un esempio straordinario della forza del Made in Italy nel mondo – ha affermato Federico Ghizzoni, Amministratore Delegato di UniCredit -. Il settore Moda è tornato a crescere dopo un biennio negativo, grazie in particolare al buon andamento delle vendite sui mercati internazionali. Nel nostro Paese, UniCredit conta oggi oltre 20mila clienti attivi nel settore, con impieghi per 2,2 miliardi di euro e una quota di mercato vicina al 14%”.

Il progetto Fashion Lab ideato con UniCredit, la Banca della moda è un passo importante e concreto che guarda al futuro del nostro settore. Si tratta di un’iniziativa dall‘approccio pragmatico, con un programma sviluppato sulle esigenze dei brand emergenti. Le nuove generazioni rappresentano il futuro del made in Italy, la nuova linfa di un sistema che tutto il mondo ci invidia. Garantire loro il massimo sostegno è uno degli asset fondamentali per la Camera Nazionale della Moda Italiana“, ha commentato Carlo Capasa, Presidente di Camera Moda.

Facendo tesoro di quello che abbiamo costruito e dell’immenso patrimonio che la moda italiana rappresenta, dobbiamo guardare avanti, cogliendo le sfide rappresentate dal futuro: la sostenibilità, la digitalizzazione, e soprattutto la creazione delle condizioni migliori, affinché i giovani creativi possano portare avanti e rafforzare la grande tradizione della moda italiana nel mondo.Tra heritage e innovation”, ha concluso Capasa.

Numerosi saranno gli appuntamenti del programma Fashion Lab in calendario per il 2016:

  • Fashion Academy: training manageriale per approfondire temi quali lo sviluppo, organizzazione e gestione del canale e-commerce, l’orientamento su nuovi mercati di interesse, la costruzione del Business Plan;
  • Innovation Day: appuntamento tra designer e i nuovi brand con le migliori startup innovative, selezionate da UniCredit Start Lab, che hanno sviluppato prodotti e soluzioni hi-tech applicabili nel settore della moda;
  • Incontri B2B organizzati con buyer internazionali selezionati;
  • Investor Day dedicati alla presentazione delle aziende selezionate a un network di investitori di settore interessati.

Maserati e Zegna, accordo Made in Italy

Quando si parla di Made in Italy, oltre alla moda, al cibo e all’arredamento si pensa subito anche alle auto di lusso. Ferrari, Maserati, Lamborghini, sono fiori all’occhiello dell’ingegneria e del lusso italiani riconosciuti nel mondo.

Quando poi uno di questi marchi, Maserati, si accompagna a un’altra delle eccellenze storiche del Made in Italy e della moda maschile come Ermenegildo Zegna, l’eccellenza è assicurata. La Casa del Tridente ha infatti stretto un importante accordo con Ermenegildo Zegna.

La storica maison vestirà infatti gli interni dei modelli Maserati Quattroporte e Ghibli. Si tratta di fatto di una collaborazione che si rinnova tra le due aziende italiane, dal momento che questo incontro al vertice del Made in Italy si era già quando Maserati, qualche anno fa, aveva lanciato la Quattroporte EZ con interni firmati Ermenegildo Zegna.

Il rinnovo di questa collaborazione arriva in un momento delicato per Maserati, dal momento che nello stabilimento di Mirafiori è stato annunciato un blocco della produzione per 6 settimane. Uno stop dovuto al calo delle ordinazioni in un Paese che per la Casa è stato chiave negli ultimi anni, la Cina. La crisi che ha colpito l’economia del Dragone ha infatti spinto molti ricchi cinesi a tagliare i consumi e anche i marchi top del Made in Italy, apprezzatissimi nel Paese, ne stanno risentendo.

In questo modo, Maserati spera di poter potenziare l’appeal del Made in Italy anche su altri mercati, nell’attesa che la Cina ritorni a crescere.