Partite Iva, dalla riforma fiscale sconto medio di 202 euro e abolizione Irap

Per le partite Iva e i lavoratori autonomi gli sconti Irpef attesi dalla riforma fiscale per il 2022 si attesteranno mediamente in 202,40 euro all’anno. Lo sconto salirà per redditi che arrivano a 50 mila euro a circa 810 euro. E scompare l’Irap che, mediamente, comporta un esborso di 1360 euro all’anno.

Partite Iva e lavoratori autonomi, la riforma fiscale vale uno sconto medio di 202,40 euro

La revisione delle aliquote Irpef, che scenderanno da 5 a 4, porterà sconti fiscali anche alle partite Iva, oltre ai lavoratori dipendenti e ai pensionati. La riforma fiscale, attesa nella giornata del 7 dicembre 2021 per il voto al Senato, segnerà uno sconto fiscale Irpef che varia da 62 euro a 810 euro all’anno, con una media di 202,40 euro. Per le partite Iva che non hanno potuto o voluto passare al regime forfettario, con flat tax al 15% (o al minimo del 5%), lo sconto sarà mediamente inferiore del 16,7% rispetto al vantaggio fiscale attestato ai lavoratori dipendenti. Questi ultimi avranno uno sconto medio di 243 euro.

Irpef, quali sono le nuove aliquote in arrivo con la riforma fiscale del 2022?

Le nuove aliquote della riforma fiscale, sia per i lavoratori dipendenti che per quelli autonomi e i pensionati, saranno quattro:

  • da 0 a 15.000 euro l’aliquota rimarrà del 23%;
  • da 15.001 a 28.000 euro l’aliquota si abbasserà dall’attuale 27% al 25%;
  • da 28.001 a 50.000 euro la riduzione sarà di tre punti, ovvero dal 38% di Irpef al 35%;
  • infine per redditi oltre i 50.000 euro si verserà il 43%;
  • scompare la precedente classe che andava dai 55.001 ai 75.000 euro del 41%, con applicazione del 43% per redditi superiori.

Quanto risparmieranno le partite Iva con  la riforma delle aliquote Irpef?

Dalle stime di calcolo del ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), i risparmi di imposta Irpef per le partite Iva varieranno da un minimo di 62 euro a un massimo di 810 euro. Il risparmio minimo di 62 euro riguarderà le partite Iva che abbiano un volume di ricavi a 15 mila euro. Il massimo del beneficio fiscale si ha in corrispondenza di redditi di 50 mila euro: il risparmio sarà di 810 euro.

Differenza di sconti fiscali tra partite Iva e lavoratori dipendenti con la riforma 2022

Il divario di sconto fiscale tra i lavoratori autonomi e i dipendenti è spiegato da varie ragioni. Innanzitutto, a pesare sono le detrazioni: per i lavoratori dipendenti sono più alte, andando a inglobare, per redditi fino a 40 mila euro, anche l’ex bonus di Renzi di 80 euro (poi passato a 100 euro). Varia anche il punto più alto di beneficio fiscale: se per i lavoratori autonomi il maggior vantaggio si ha in corrispondenza di redditi di 50 mila euro, per i lavoratori dipendenti il picco si ha a 40 mila euro.

Cambia la no tax area: per i lavoratori autonomi sale a 5.500 euro

Varia anche la no tax area dei lavoratori autonomi, che sale dai 4.800 euro attuali a 5.500 euro. Si allarga, dunque, la platea di lavoratori con redditi bassi che non è soggetta a imposizione. Per i lavoratori dipendenti la no tax area sale a 8.500 euro.

Riforma fiscale: quali partite Iva risparmiano di più?

La curva dei vantaggi fiscali delle partite Iva segna uno sconto progressivo all’aumentare dei redditi a partire dai 15.000 euro. Il vantaggio fiscale è massimo in corrispondenza dei redditi di 50.000 euro, scendendo poi progressivamente. L’ultima classe di risparmio, in termini fiscali, è quella dei redditi di almeno 75 mila euro: per tutti, autonomi e dipendenti, lo sconto vale 270 euro annui.

Quanto risparmiano le partite Iva di tasse e imposte con la riforma fiscale?

Le stime di risparmio, in termini fiscali, delle partite Iva con la revisione delle aliquote Irpef si attesta rispettivamente:

  • per i redditi fino a 15.000 euro all’anno, il risparmio è del 2,48%;
  • su redditi di 30.000 euro annui, lo sconto è del 3,24%;
  • per i redditi di 50.000 euro lo sconto è del 5,63%;
  • redditi di 75.000 euro hanno un beneficio dell’1,07%.

Partite Iva, in arrivo l’azzeramento dell’Irap

L’altra faccia della moneta per i lavoratori autonomi e le partite Iva è rappresentata dall’azzeramento dell’Irap. In questo caso, a beneficiare della mancata imposta sono circa un milione di microimprese, persone fisiche e ditte individuali che non dovranno più pagare l’imposta regionale. L’investimento per il governo dell’azzeramento dell’Irap ha un costo complessivo di oltre 1,3 miliardi di euro.

 

Partita Iva, cosa fare per passare al regime forfettario nel nuovo anno da quello ordinario?

Cosa devono fare e verificare le partite Iva per passare al più conveniente regime forfettario nel prossimo anno se provengono da quello ordinario? È necessario procedere a delle verifiche e controlli per poter capire se si può rientrare nel meccanismo agevolato che consente di beneficiare dell’Irpef al 5% o al 15% dal 2022. Ciò in considerazione del fatto che per le partite Iva non dovrebbero esserci grandi sconvolgimenti nella relativa normativa. Proprio in virtù dei vantaggi previsti dai commi 54-89 dell’articolo 1 della legge numero 190 del 2014, molti professionisti potrebbero prendere in considerazione il transito verso il regime forfettario.

Partite Iva, passare al regime forfettario: viene meno l’obbligo di rimanere per tre anni nel regime ordinario

A favorire il passaggio dal regime ordinario della partita Iva a quello forfettario è innanzitutto il cadere dell’obbligo di permanenza nell’ordinario per tre anni. Ciò anche in deroga a quanto prevede il comma 70 dell’articolo 1 della legge numero 190 del 2014. Infatti, la norma prevede che le partite Iva del regime ordinario rimangano vincolate per almeno tre anni al regime fiscale. Questa norma ha l’eccezione in quanto stabilito dalla Direzione dell’Agenzia delle entrare Emilia Romagna con la risposta all’interpello numero 909 1960 del 27 settembre 2021. I professionisti che abbiano un regime ordinario possono, infatti, optare per il cambio al più vantaggioso regime forfettario anche prima del decorrere dei tre anni di vincolo.

Scelta della partita Iva a regime forfettario: il vincolo dei ricavi

Nel passaggio dal regime ordinario di partita Iva al forfettario è indispensabile verificare i ricavi. Il limite fissato dal regime forfettario è di 65 mila euro annui, superati i quali non è possibile l’accesso. Il limite di ricavi deve essere calcolato dai professionisti applicando solo il meccanismo di cassa: ciò quindi, a prescindere dalle fatture emesse, comporta che nel calcolo debbano essere considerati gli incassi effettivi nel 2021 per verificare la possibilità di accesso, nel 2022, al regime forfettario.

Passaggio dal regime forfettario di partita Iva al regime ordinario e viceversa

Peraltro, la possibilità che si entri ed esca dal regime forfettario di partita Iva a seconda degli incassi percepiti nell’anno può ripetersi nel corso del tempo. Ad esempio, una partita Iva aperta a regime forfettario, che sia stata obbligata dal superamento dei 65 mila euro di ricavi ad accedere al regime ordinario, può tornare al regime forfettario nell’anno successivo a quello nel quale non abbia superato il limite dei ricavi. Pertanto, le partite Iva che nel 2021 siano state obbligate al passaggio al regime ordinario per ricavi superiori ai 65 mila euro nel 2020, nel 2022 potranno tornare nel forfettario se nel 2021 non hanno superato la soglia di ricavi. Fa eccezione il regime minimo del 5%: una volta usciti, non si può più rientrare.

I requisiti per passare dal regime ordinario a quello forfettario della partita Iva

Gli altri requisiti per i passaggio della partita Iva dal regime ordinario a quello forfettario sono disciplinati dal comma 9 della legge numero 145 del 2019. Detti requisiti sono validi per tutte le posizioni delle partite Iva a regime forfettario. In particolare, la norma prevede come condizione di accesso, i limiti di spesa affrontati per il personale dipendente pari a 20 mila euro al lordo. Nello stesso limite devono rientrare anche le spese per il lavoro accessorio.

Un ulteriore requisito per il passaggio dal regime ordinario a quello forfettario della partita Iva è quello relativo ai rapporti con i datori di lavoro. In questo caso, il divieto riguarda le partite Iva a regime ordinario che si avvalevano o si avvalgono di rapporti con il datore di lavoro nello svolgimento della propria attività. Il limite temporale di detto divieto riguarda gli ultimi due periodi di imposta precedenti. Il divieto non è assoluto, ma relativo. Infatti, è necessario verificare che quanto incassato nei rapporti con il datore di lavoro non superi il 51% del totale dei compensi della partita Iva.

Superbonus 110%, per le partite Iva forfettarie si può solo con cessione del credito e sconto in fattura

Le partite Iva a regime forfettario (e presumibilmente anche dei minimi) possono usufruire del superbonus 110% per i lavori della casa solo trasferendolo a terzi. Ovvero possono utilizzarlo solo con la cessione del credito e lo sconto in fattura. Dunque, le partite Iva forfettarie non accedono direttamente al superbonus perché non possono detrarlo dalla dichiarazione dei redditi.

Partite Iva a regime forfettario, cosa dispone l’Agenzia delle entrate per il superbonus 110%

Come specifica la circolare dell’Agenzia delle entrate numero 24/E del 2020, il superbonus 110% non può essere usato “dai soggetti che possiedano esclusivamente redditi assoggettati a tassazione separata o ad imposta sostitutiva”. Dunque i forfettari risultano esclusi dall’utilizzo del superbonus 100% perché si tratta di una detrazione che va applicata all’imposta lorda. Tuttavia, la stessa circolare dell’Agenzia delle entrate specifica che le partite Iva a regime forfettario (e si ritiene anche le partite Iva con regime minimo) possono scegliere, anziché usare direttamente la detrazione, lo sconto in fattura oppure la cessione del credito a terzi. Sul punto, la stessa Agenzia delle entrate ha anche fornito risposte agli interpelli numero 514 e 543 del 2020.

Partite Iva e superbonus 110% come fornitori o cessionari nello sconto in fattura

Una ulteriore possibilità che hanno le partite Iva a regime forfettario per utilizzare il superbonus 110% è quello di ricevere il credito come fornitori o cessionari nello sconto in fattura. In questo caso, le partite Iva forfettarie possono usare il credito di imposta per versare l’imposta sostitutiva dovuta in sede di dichiarazione dei redditi. La partita Iva forfettaria può utilizzare il credito di imposta in compensazione attraverso il modello F24.

Partite Iva e vantaggi superbonus 110% come fornitori relativamente alla ritenuta dell’8%

Le partite Iva a regime forfettario, peraltro, risultano essere anche avvantaggiati in merito alla ritenuta dell’8% applicata dalla banca quando sono fornitori. Ciò avviene perché la base imponibile deve essere al netto del 22%. Per avvantaggiarsi dei bonus edilizi, che hanno l’obbligo di regolarizzazione con bonifico parlante, i committenti non devono pagare le fatture delle imprese (o dei professionisti) al netto della eventuale ritenuta d’acconto (del 4% o del 20%). La normativa, in questo caso, specifica che la ritenuta dell’8% è quella prevalente.

Partite Iva a regime forfettario, ritenuta dell’8% sui bonifici parlanti del superbonus 110%

Pertanto, se il professionista o l’impresa edile è una partita Iva a regime forfettario, la ritenuta dell’8% deve essere applicata ai bonifici parlanti. Secondo quanto specificato dall’Agenzia delle entrate, la ritenuta dell’8% deve essere applicata sull’importo del bonifico già sottratto dell’Iva ordinaria del 22%. Ciò deve avvenire indipendentemente dal fatto che nella fattura sia stata calcolata una diversa aliquota o nessuna aliquota, come nel caso delle partite Iva a regime forfettario o dei minimi.

Fatturazione elettronica: novità in arrivo dal 2022 per i forfettari?

La novità era nell’aria già da tempo, ma ora sembra consolidarsi l’ipotesi di obbligo di fatturazione elettronica anche per i forfettari dal 1° gennaio 2022. L’Italia ha infatti ottenuto il primo via libera alla proroga dell’obbligo di fatturazione elettronica fino al 2024 da parte della Commissione Europea.

La fatturazione elettronica in Italia e in Europa

La questione merita una premessa. L’Unione Europea prevede l’obbligatorietà della fatturazione elettronica solo per i rapporti con enti pubblici/pubblica amministrazione. L’Italia però ha chiesto e ottenuto di poter estendere la fatturazione elettronica anche ai rapporti B2B , cioè tra soggetti in rapporti Business (ad esempio rapporti tra commercianti e fornitori) e nei rapporti B2c, cioè quelli tra un soggetto business e un cliente privato. Resta escluso il commercio al dettaglio dove viene emesso il classico scontrino. Nessuna fattura è prevista per la vendita di quotidiani e periodici.

L’obiettivo dell’obbligo di fatturazione elettronica è ridurre l’evasione fiscale. L’Italia ha applicato quindi un regime particolarmente restrittivo, che gli altri Paesi dell’Unione Europea invece non hanno adottato, ma il consenso a questo è in scadenza al 31 dicembre 2021. Forte dei risultati nel contrasto all’evasione fiscale, l’Italia ma ha chiesto un’estensione e la stessa ha ottenuto una prima approvazione da parte della Commissione Europea.

Perché l’Italia chiede la proroga dell’obbligo di fatturazione elettronica e l’estensione ai forfettari?

L’Italia nel chiedere la proroga ha sottolineato che, grazie alla fatturazione elettronica, è possibile avere un maggiore controllo sulle operazioni poste in essere da imprese e professionisti che da sempre rappresentano una fascia ampia di evasione. Questo ha portato ad un recupero IVA di circa 2 miliardi di euro e un recupero di 580 milioni di euro di imposte dirette. Nel 2019 inoltre sono stati recuperati 945 milioni di euro mediante l’identificazione e il blocco di crediti IVA falsi. Infine, sono stati bloccati soggetti passivi che richiedevano i privilegi legati alla qualifica di “esportatore abituale” pur non avendone i requisiti.

Di fatti però attualmente non tutte le imprese e i professionisti hanno l’obbligo di fatturazione elettronica, sono esclusi:

  • coloro che hanno aderito al regime forfettario ex legge 190/2014;
  • i contribuenti che ancora sono nel regime di vantaggio ex decreto legge 98 del 2011;
  • le associazioni sportive con ricavi non superiori a 65 000 euro e che hanno aderito al regime agevolato.

Forfettari: sarà introdotto l’obbligo di fatturazione elettronica dal 2022?

Proprio per questi soggetti dal primo gennaio 2022 potrebbero esservi delle novità. Infatti nell’autorizzazione dell’Unione Europea è previsto che l’Italia possa anche ampliare la platea dei soggetti obbligati a utilizzare il sistema di interscambio SdI. Questo vuol dire che dal primo gennaio l’Italia potrebbe decidere di introdurre l’obbligo di fatturazione elettronica anche per coloro che sono in regime forfettario e che in passato avevano solo la facoltà di aderire. Per ora non c’è alcuna certezza sull’introduzione dell’obbligo per i forfettari anche se si auspica una decisione a breve, vista la necessità di adeguare il proprio sistema attraverso software per la predisposizione delle fatture in formato elettronico e lo scambio con SdI.

Per tutti, anche per i forfettari, è invece sempre stato in vigore l’obbligo di fatturazione elettronica nei rapporti con il settore pubblico.

Non ci sono novità invece per gli operatori sanitari, infatti in questo caso il divieto di fatturazione elettronica è determinato dalla necessità di tutelare la privacy delle persone, infatti le fatture in questo caso contengono dati sensibili che è bene tutelare. Infine, resta l’agevolazione prevista per il settore dell’agricoltura e in particolare per i piccoli coltivatori agricoli che sono esonerati dall’emissione di fatture.

Addio esterometro dal 1° gennaio 2022

L’estensione di obbligo alla fatturazione elettronica anche per i contribuenti in regime forfettario e di vantaggio, potrebbe non essere l’unica novità, infatti dal primo gennaio 2022 va in pensione anche l’esterometro, si tratta del documento per la dichiarazione dei dati relativi ad operazioni transfrontaliere. Ciò implica che anche tali operazioni dovranno passare attraverso il sistema di Interscambio, SdI, proprio come accade per le fatture elettroniche.

Deve inoltre essere ricordato che l’ultima parola sulla proroga dell’autorizzazione all’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica al 31 dicembre 2024 e l’estensione a ulteriori soggetti, passa ora al Consiglio dell’Unione Europea anche se sembra una pura formalità.

Fattura elettronica, proroga per altri tre anni: l’obbligo arriverà anche ai forfettari

Si allungano i tempi di utilizzo della fattura elettronica con Sistema di interscambio (Sdi). È quasi certo che l’obbligo potrebbe essere autorizzato anche oltre il 31 dicembre 2021. La modalità elettronica del documento dovrebbe essere estesa per altri tre anni. E tra gli obbligati a emettere la fattura elettronica ci saranno anche le partite Iva ricadenti nel regime forfettario.

La Commissione europea ha accettato la proposta di proroga della fattura elettronica

La proposta di proroga del regime di fattura elettronica è stata accolta dalla Commissione europea il 5 novembre 2021. Infatti, l’Italia ha proposto di estendere la decisione numero 593 del 2018 per altri tre anni. Proposta che è stata autorizzata dalla Commissione europea. Adesso si è in attesa di quella che sarà la decisione del Consiglio Ue. Ma risulta probabile che il Consiglio accetti il provvedimento già nei prossimi giorni rendendolo definitivo.

Fatturazione elettronica e obiettivi di contrasto evasione fiscale e semplificazione

Nella richiesta fatta dall’Italia alla Commissione europea si legge che la fattura elettronica ha “pienamente conseguito” a raggiungere gli obiettivi per i quali era stata introdotta. Ovvero, lo strumento è riuscito a fornire un valido supporto nel contrastare l’evasione fiscale. Tuttavia, a vantaggio della fattura elettronica vanno anche i meriti della semplificare nonché della riduzione dei costi amministrativi per i soggetti obbligati all’adozione dello strumento.

I numeri della fatturazione elettronica nel contrasto all’evasione

In merito proprio agli obiettivi di contrasto all’evasione e di semplificazione, la fattura elettronica ha consentito, dall’inizio del suo utilizzo, di individuare più velocemente le irregolarità. Alla riduzione dei tempi è corrisposta, in ogni modo, anche una diminuzione dei rischi. Inoltre, lo strumento è considerato un deterrente ai comportamenti che portano all’evasione. L’Italia stima che grazie alla fattura elettronica siano stati recuperati circa 2 miliardi di euro, mentre le maggiori imposte dirette riscosse sarebbero di 580 milioni di euro.

Strumenti messi a disposizione dei contribuenti con la fattura elettronica

Insieme alla fatturazione elettronica, l’Agenzia delle entrate ha adottato strumenti per la semplificazione amministrativa. Infatti, i contribuenti hanno a disposizione anche gli strumenti dei registri Iva precompilati e la comunicazione delle liquidazioni periodica. Dal 2023 i contribuenti potranno avere a disposizione anche la dichiarazione annuale precompilata.

Fattura elettronica alle partite Iva forfettarie: in arrivo l’obbligo

Con l’obbligo di fattura elettronica esteso fino al 31 dicembre 2024, rimane da sciogliere la questione relativa all’adozione dello strumento da parte delle partite Iva a regime forfettario. Si prevede l’estensione dell’obbligo anche ai forfettari con tre ordini di obiettivi:

  • lotta all’evasione fiscale;
  • fornire al Fisco una visione completa di tutte le operazioni effettuate;
  • verificare che i forfettari rispettino le soglie di volumi di affari per l’accesso e il mantenimento del regime stesso.

Quali partite Iva potrebbero essere soggette all’obbligo di fattura elettronica?

Ad oggi, già il 10% delle partite Iva rientranti nel regime forfettario adotta la fattura elettronica. Obbligati all’emissione delle fatture elettroniche saranno le partite Iva residenti in Italia, mentre per quelle che risiedono all’estero lo strumento rimarrà facoltativo.

 

Bonus ricariche auto elettriche, in arrivo risorse anche per professionisti e partite Iva

In arrivo risorse anche per i liberi professionisti e le partite Iva per il bonus di ricarica delle auto elettriche. In Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il decreto del 25 agosto 2021 del ministero per la Transizione ecologica che riprende il provvedimento di legge numero 126 del 2020. Coinvolte nel decreto le installazioni di infrastrutture utili alla ricarica di autoveicoli elettrici. Le risorse stanziate dal governo sono pari a 90 milioni di euro. Per mandare a regime il provvedimento si attendono i termini per la presentazione della domanda e i modelli necessari per l’istanza stessa.

Chi può presentare domanda per il bonus ricariche auto elettriche?

Saranno ammessi alla presentazione della domanda per il bonus ricariche delle auto elettriche le persone fisiche nell’esercizio di attività di impresa, di arti e di professioni. Ulteriori beneficiari individuati dal decreto sono tutti i soggetti passivi delle imposte sul reddito delle società.

Come sono distribuite le risorse per il bonus infrastrutture di ricariche auto elettriche?

I 90 milioni di euro stanziati dal governo per il bonus sulle infrastrutture di ricarica delle auto elettriche sono ripartiti in tre categorie. L’80% del fondo è a destinazione per l’acquisto e per l’installazione delle infrastrutture di ricarica delle imprese. Il costo dell’infrastruttura può arrivare all’importo massimo di 375 mila euro. Un ulteriore 10% delle risorse sono destinate alle infrastrutture che hanno un costo a partire dai 375 mila euro e a disposizione delle imprese. Infine, il rimanente 10% è riservato all’acquisto e all’installazione delle infrastrutture per i liberi professionisti. Il beneficio ottiene il contributo in regime de minimis.

Cosa devono fare i beneficiari del bonus infrastrutture di ricarica elettrica?

Una volta ottenuto il bonus per le infrastrutture di ricarica elettrica delle auto, i beneficiari devono mantenere per 5 anni l’infrastruttura stessa. Il termine decorre dal giorno in cui il ministero ha erogato il contributivo. Il beneficiario ha la possibilità di inviare una sola e unica domanda. Le spese ammissibili al contributo devono essere state effettuate in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto.

Bonus infrastrutture ricarica auto elettriche, quali sono i requisiti dei liberi professionisti

Il requisito principale che devono possedere i liberi professionisti nell’erogazione del bonus per le infrastrutture di ricarica delle auto elettriche risiede nel volume d’affari. In particolare, il volume risultante dall’ultima dichiarazione Iva che è stata inoltrata all’Agenzia delle entrate, deve essere almeno di pari importo del valore del contributo richiesto. Il valore da prendere sulla dichiarazione è quello corrispondente al rigo VE 50. È necessario che il professionista che inoltri la domanda alleghi anche la dichiarazione Iva.

Partite Iva regime forfettario, possono chiedere il bonus ricarica auto elettriche?

Anche le partite Iva a regime forfettario possono presentare domanda per il contributo ai fini delle infrastrutture di ricarica elettrica. Tuttavia, trattandosi di un regime agevolato, il provvedimento riconosce il valore del contributo nell’importo massimo di 20 mila euro. Inoltre, le partite Iva del forfettario devono essere in regola con tutti gli adempimenti, da quelli fiscali a quelli assistenziali e previdenziali.

Quali sono le spese ammissibili al bonus infrastruttura ricarica auto elettriche?

Le spese ammissibili al bonus di ricarica auto elettriche riguardano:

  • acquisto e messa in opera delle infrastrutture di ricarica;
  • installazione degli impianti elettrici, delle colonnine, comprese le opere edili che sono necessarie all’installazione stessa e i dispositivi necessari al monitoraggio.

Il contributo da riconoscere è pari al 40% delle spesse ammissibili. L’erogazione del bonus avviene in conto capitale.

Come si presenta la domanda per il contributo ricariche auto elettriche

La presentazione delle domande deve essere fatta a Invitalia, ente deputato alla gestione dell’iniziativa. Tuttavia è necessario attendere che il ministero stesso emetta i provvedimenti relativi alla domanda e le modalità di erogazione del bonus. In particolare sono necessari la scadenza dell’istanza e i modelli. Il richiedente deve allegare alla domanda anche la descrizione dell’intervento che intende realizzare. Devono essere descritti, altresì, i risultati che il richiedente prevede di raggiungere con l’intervento.

Invio della domanda per il bonus auto elettriche e risposta del ministero Transizione ecologica

Imprese, professionisti e partite Iva interessati al bonus auto elettriche potrebbero avere un lasso di tempo breve per la presentazione della domanda. Infatti, i contributi verranno erogati in base all’ordine cronologico di arrivo delle domande. Il termine per l’erogazione del contributo è pari a 120 giorni dall’invio della domanda. In caso di bocciatura della domanda, Invitalia comunicherà ai richiedenti i motivi del rifiuto. Il contributo si può cumulare con altri bonus previsti per la stessa spesa.

Vantaggi e svantaggi della fatturazione elettronica per i forfettari

Il regime forfettario è una particolare disciplina fiscale a cui possono aderire le imprese di piccole dimensioni. Per loro tra le tante differenze vi è anche l’esonero dall’obbligo della fatturazione elettronica per i forfettari, ma quali sono i vantaggi e gli svantaggi di tale scelta?

Slitta l’obbligo di fatturazione elettronica per i forfettari

Il regime forfettario è una misura volta ad agevolare i piccoli imprenditori. Possono richiedere di essere assoggettate a regime forfettario (art. 1, commi 54-89, della legge n. 190/2014 ) gli esercenti un’attività d’impresa, arte o professione che abbiano:

  • ricavi o compensi inferiori a 65.000 euro nell’arco dell’anno;
  • e che abbiano sostenuto spese per lavoro dipendente non superiori a 20.000 euro nell’anno solare.

L’anno successivo rispetto alla perdita di tali caratteristiche, si esce automaticamente dal forfettario. Per i forfettari vi sono diverse agevolazioni dal punto di vista fiscale, tra cui un’imposizione inferiore e minori adempimenti burocratici, tra gli adempimenti non previsti per loro c’è la fatturazione elettronica con Sistema di Interscambio (SdI) dell’Agenzia delle Entrate, questo regime di favore dovrebbe terminare il 31 dicembre 2021, ma da quello che si è appreso dalle ultime indiscrezioni, dovrebbe essere prorogato e addirittura potrebbe non essere mai applicato tale obbligo.

Se vuoi conoscere i dettagli di tale indiscrezione che prende sempre più corpo, puoi leggere l’articolo: Fatturazione elettronica e regime forfettario: nessun obbligo dal 2022

Vantaggi e svantaggi della fatturazione elettronica per i forfettari

Ciò che ora possiamo però chiederci è quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’adesione alla fatturazione elettronica per forfettari.

La prima cosa da sottolineare è che coloro che vogliono applicare la fatturazione elettronica anche in regime forfettario sono liberi di farlo, anzi questa scelta è auspicata e incentivata e proprio per tale motivo sono previsti dei vantaggi per chi decide di aderire volontariamente.

Sicuramente chi sceglie di non aderire alla fatturazione elettronica per forfettari ha dei vantaggi, in particolare per poter procedere è necessario avere un software che consenta di sviluppare e inviare tramite il Sistema di Interscambio la fattura elettronica in formato XML. Il software ha un costo, ma naturalmente si deve avere anche una certa abilità con le nuove tecnologie. In assenza di tali capacità, si potrebbe optare per una delega al commercialista e questo rappresenterebbe un ulteriore costo. Sicuramente molti imprenditori e professionisti, magari vicini alla pensione, potrebbero trovare tali incombenze eccessive e di conseguenza per loro restare alla fatturazione cartacea potrebbe rappresentare un vantaggio notevole. In sintesi: lo svantaggio è determinato dal fatto che i costi da sostenere per i piccoli imprenditori potrebbero essere eccessivi rispetto al volume dei loro affari.

Vantaggi per chi sceglie la fatturazione elettronica

Vediamo però quali possono essere i vantaggi dell’adesione alla fatturazione elettronica per i forfettari. La prima cosa da sottolineare è che se imprese e professionisti che aderiscono al sistema forfettario vogliono avere rapporti/contratti con la Pubblica Amministrazione, devono comunque emettere fattura elettronica, sebbene solo per questi servizi (circolare n. 9/E/2019) . Di conseguenza, chi ha tali rapporti, ad esempio per la fornitura di risme di carta o altri servizi, deve sostenere le spese per il software di gestione della fatturazione elettronica e a tal punto gli conviene utilizzarla per tutte le fatture perché, come vedremo a breve, ci sono ulteriori vantaggi.

In primo luogo è previsto che l’amministrazione finanziaria abbia un termine di decadenza ridotto di un anno rispetto all’ordinario per eseguire accertamenti, quindi eventuali accertamenti devono essere effettuati entro 4 anni e non entro 5 anni.

Naturalmente chi decide di aderire alla fatturazione elettronica non ha obbligo di stampa e conservazione delle fatture emesse, infatti il Sistema di Interscambio provvede in modo automatico, immediato e gratuito, alla conservazione nel cassetto elettronico delle fatture stesse. Non è previsto l’obbligo di conservazione sostitutiva. Questo vuol dire che vi sono minori costi correlati ad acquisto e manutenzione della stampante, inchiostro e carta. A ciò deve essere aggiunto che il processo di contabilizzazione risulta più efficiente con la fatturazione elettronica perché i dati sono acquisiti automaticamente. Ciò riduce anche la possibilità di commettere errori, o meglio l’azzera, rispetto a una contabilizzazione manuale.

Ora che abbiamo esaminato i pro e i contro della fatturazione elettronica per i forfettari, ogni impresa può scegliere la soluzione migliore per la propria azienda.