Calice d’oro per il vino Made in Italy

di Alessia CASIRAGHI

E’ il preferito dai tedeschi, dagli americani e strano ma vero, anche dai cinesi. Il vino italiano è davvero da record: nel 2011 si è registrato il più alto fatturato in assoluto nelle esportazioni del mondo. Un giro d’affari del valore complessivo di 4 miliardi.

E mentre star di Hollywood e magnati dell’economia si contendono ettari di vigneti nel nostro territorio, l’analisi condotta da Coldiretti sul commercio estero del vino italiano nel 2011 evidenzia un aumento del 14% del fatturato rispetto al 2010.

Segnali più che positivi, che segnano un trend ottimale per l’economia italiana e riconfermano il prodotto vinicolo come la voce più importante dell’export agroalimentare nazionale. In Europa l’aumento delle esportazioni di vino italiano è aumento del 13%, e la Germania in testa tra i paesi comunitari che apprezzano il nettare di Bacco Made in Italy.

Un quarto del fatturato derivante dalle esportazioni arriva invece dagli Usa, con un aumento del 17% nel 2011, mentre a raddoppiare le vendite ci ha pensato la Cina, con un +87 %.

“Il risultato sui mercati esteri è di buon auspicio per la vendemmia appena conclusa – sottolinea la Coldiretti. – Una vendemmia di buona qualità ma su livelli produttivi da minimo storico con un calo record della produzione di vino del 14 per cento per una produzione stimata attorno ai 40 milioni di ettolitri”.

Come conseguenza del crollo della vendemmia, l’Italia perde il primato riguardo alla quantità di vino prodotta, a favore invece della Francia, che da sola produrrà nel 2012, 50,2 milioni di ettolitri di vino. Il rischio per l’Italia è anche di essere bypassata dalla Spagna con un totale di 39,9 milioni di ettolitri.

Niente crisi per il vino

di Vera MORETTI

La crisi non passa dal vino: dopo un 2010 brillante, con esportazioni dei vini italiani che avevano portato ad un fatturato di 3,7 miliardi di euro, per un incremento del 9% rispetto all’anno precedente, anche il 2011 ha registrato risultati positivi, con un fatturato che si è assestato a 4 miliardi di euro e un ulteriore +14%.

I dati resi noti da Coldiretti, dunque, confermano che il vino rappresenta un vero e proprio traino per l’economia italiana, nonché un fiore all’occhiello del Made in Italy.

Si beve italiano soprattutto in Europa, meta dell’oltre 50% delle esportazioni, e se consideriamo la spietata concorrenza dei vini francesi, va da sé che si tratta di un risultato più che egregio.
I maggiori estimatori dei sapori italiani, anche quando si tratta di brindare, sono i tedeschi, in realtà dei veri aficionados di tutto ciò che arriva dal Belpaese.

A contribuire a queste annate positive c’è anche la Cina, che quest’anno, con un sorprendente +102%, è stata la vera protagonista del mercato, insieme alla Russia, la quale mantiene le sue richieste in costante crescita.

A “tenere banco” sono soprattutto i vini DOC, che rappresentano il 60% del totale, segno che il marchio di origine controllata viene preteso dalla maggioranza della nostra clientela estera. Per evitare cattiva pubblicità, nonché perdita di credibilità dei prodotti italiani, è sicuramente la condotta più giusta.

Anno nuovo… politica vecchia

di Vera MORETTI

La polemica che riguarda gli stipendi troppo alti dei parlamentari italiani è sempre molto viva e, alla luce di quanto emerso dal sondaggio reso noto dal presidente Istat Enrico Giovannini, verrà alimentata di nuove argomentazioni.

Pubblicati sul sito della Funzione Pubblica, i risultati offrono a noi italiani uno scenario tristemente noto, che segnala un primato che, siamo certi, non avremmo mai voluto avere: i parlamentari italiani godono delle indennità parlamentari più alte d’Europa.

I dati, però, sono “del tutto provvisori e di qualità insufficiente per una utilizzazione ai fini indicati dalla legge” perché occorre fare una media tra le indennità lorde, attestate a 11.283 Euro, e una diaria da 3.500 Euro non sembra così immediato.

L’unica, ma magra, consolazione è che le spese dei nostri deputati, per quanto riguarda collaboratori e portaborse, sono “solo” di 3.690 Euro al mese, contro i 9.100 euro al mese della Francia e i 14.700 euro della Germania, dove i collaboratori sono pagati dal Parlamento e non rientrano nelle spese di segreteria e rappresentanza come da noi.

Ma questo non serve a placare gli animi perché, dati alla mano, i parlamentari nostrani arrivano ad avere uno stipendio che supera i 16.000 Euro, record europeo, con i francesi che,al secondo posto, ricevono 13.500 Euro al mese.
La differenza la fanno le indennità, perché, se in Italia siamo a 11.283 Euro, nei Paesi Bassi si scende a 8.550, in Germania a 7.668, in Francia a 7.100, fino ad arrivare in Spagna con “solo” 2.813 Euro mensili.

Ma se si tratta di un calcolo forfettario, e se neppure la Commissione è riuscita a fare un calcolo più preciso, come sarà possibile abbassare drasticamente queste cifre? Insomma, la situazione in cui stiamo fa bene sono ai politici. Ancora una volta.

Veicoli commerciali: la crescita continua, ma ancora per poco

di Vera MORETTI

L’ACEA, Associazione europea dei costruttori di autoveicoli ha diramato i dati riguardanti le vendite di mezzi commerciali, industriali e autobus nel mese di novembre nel mercato continentale (area UE27).

Il bilancio può essere definito positivo, dal momento che sono state immatricolate 161.670 unità con un aumento dell’8,4%. Questo risultato lo si deve soprattutto a Germania, che ha registrato un personale +18.9%, Regno Unito, +18% e Francia, +5,9%.

Il totale delle unità vendute tra gennaio e novembre è di 1.769.994 unità, pari ad una crescita del 10,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. ACEA sottolinea che nell’Unione dei 27, dalla quale sono esclusi Malta e Cipro, i cui dati non sono disponibili, a contribuire a questa crescita sono stati soprattutto Paesi come la Francia, +9,9%, e la Gran Bretagna (+19,4%).

Nonostante ciò, comunque, bisogna ricordare che tali dati non risentono ancora dell’ondata di crisi che ha colpito anche questa fetta di mercato, ma già qualcosa si presagisce, considerando che, se la crescita nel mese di novembre era del 9%, quest’anno, nello stesso periodo, è del 10,8%, con un +1,8% che fa intendere quale potrebbe essere la tendenza per i prossimi mesi.

Più evidente è la crescita in altre zone d’Europa, con Lettonia e Lituania in testa, che registrano rispettivamente +169,6% e +105,2%. A seguire Estonia, +82,8%.
Sono andate male, invece, Grecia, – 44,8%, Portogallo, – 25,3%, Bulgaria, -8,2%, Spagna, -5,9% e Italia, -0,7%.

Considerando nel dettaglio i vari comparti, i modelli commerciali fino a 3,5 tonnellate è calato, in Italia, del 2,1%, in controtendenza con le stime europee, che parlano di un +8%.
Anche il mercato dei mezzi per merci con portata superiore a 3,5 tonnellate in Europa è ancora positivo, ma sta comunque rallentando. Nel mese scorso la crescita è stata infatti del 10,5%, mentre da gennaio a novembre l’incremento è stato del 29,7%. Per l’Italia invece novembre è in calo dello 0,4% e il consuntivo a fine novembre mostra ancora un incremento del 6,2%.
Diversa è la situazione per quanto riguarda gli autobus, che ha registrato una crescita del 29,5%, con un calo a livello europeo dello 0,9%.

Italiani: ricchi senza saperlo?

di Vera MORETTI

Le famiglie italiane sono più “ricche” rispetto alla media internazionale. E’ questo che emerge dal bollettino statistico della Banca d’Italia, che descrive la situazione dei nuclei famigliari alla fine del 2010. Sono dati che, comunque, non tengono conto dell’ultimo anno, quando la crisi si è fatta pesantemente sentire a livello locale ed internazionale.

Nel 2009 le ricchezze delle famiglie del Belpaese erano pari a 8,3 volte il reddito disponibile, contro l’8 del Regno Unito, il 7,5 della Francia, il 7 del Giappone, il 5,5 del Canada e il 4,9 degli Stati Uniti.
L’ammontare dei debiti era invece pari all’82 per cento del reddito disponibile quando in Francia e in Germania risultava di circa il 100 per cento, negli Stati Uniti e in Giappone del 130 per cento e nel Regno Unito del 170 per cento.

Alla fine del 2010 la ricchezza lorda delle famiglie italiane era cresciuta, fino ad arrivare ad una cifra di circa 9.525 miliardi di euro corrispondenti a poco meno di 400 mila euro in media per famiglia, con una consistente fetta, pari a 4.950 miliardi, che riguarda le abitazioni di proprietà.
Le attività reali rappresentavano il 62,2 per cento della ricchezza lorda, le attività finanziarie il 37,8 per cento. Le passività finanziarie, pari a 887 miliardi di euro, rappresentavano il 9,3 per cento delle attività complessive. L’aumento delle attività reali (1,1 per cento) è stato compensato da una diminuzione delle attività finanziarie (0,8 per cento) e da un aumento delle passività (4,2 per cento).

A fine 2010 circa il 35 per cento dell’ammontare dei titoli depositati presso le banche italiane da famiglie residenti era riferito a conti titoli di valore complessivamente inferiore a 50 mila euro; i finanziamenti erogati alle famiglie di importo compreso tra 30 mila e 75 mila euro rappresentavano il 20 per cento circa del totale; quelli compresi fra 75 mila e 250 mila euro erano il 56 per cento mentre il restante 23 per cento era ascrivibile a finanziamenti di importo superiore a 250 mila euro.

Ora attendiamo i dati del 2011, perché, o la crisi si è fatta sentire soprattutto in questo ultimo anno, o non ci accorgiamo di essere “ricchi”, o il termine “ricchezza” ha perso il suo valore.

Anno positivo per automazione e robotica

di Vera MORETTI

Le buone nuove ricevute dal settore dell’industria specializzata nella costruzione di macchine utensili, robot e automazione, che parlavano di un resoconto positivo per il bimestre 2010-2011, potrebbero non essere più tanto brillanti in vista delle previsioni per l’anno prossimo, quanto la crisi dovrebbe farsi sentire.

E’ quanto emerge dai dati elaborati dal Centro Studi & Cultura di Impresa di UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE, che, dopo aver fatto sapere che, nell’anno in corso, la produzione italiana di settore è cresciuta a 5.019 milioni di euro, segnando un incremento del 19,6% rispetto all’anno precedente, non prevede lo stesso trend positivo anche per il 2012. E questo nonostante l’ottima performance delle esportazioni che, cresciute del 29,3%, hanno raggiunto quota 3.367 milioni di euro.

Ha dato buoni frutti l’export italiano di macchine utensili verso Cina, Germania, Stati Uniti, Brasile, Francia, India, Russia, Turchia, Polonia, Spagna.
Le vendite sono cresciute notevolmente in Germania, con un +62,9% che ha fruttato 228 milioni, ma anche negli Stati Uniti gli affari sono andati bene, con un +99,4 e 170 milioni di euro davvero sorprendenti. Considerando i segnali più che soddisfacenti provenienti anche da paesi come Brasile (+84,1%) a 115 milioni, Francia (+23,2%) a 105 milioni, India (+19,7%), Russia (+15%), Turchia (+85,1%); Polonia (+55,3%), Spagna (+14%), l‘anno si conclude con un bilancio molto positivo, ma, ahimè, non ottimistico rispetto al futuro. E questo non a causa dell‘indice negativo, -0,4%, della Cina, anche perché, benché in controtendenza rispetto ad altri mercati, ha fruttato all‘Italia 240 milioni di euro.

Il mercato interno non può certo vantare le stese cifre, poiché la crescita si è fermata all’11,9% e 2.761 milioni di euro, valore che denota la debolezza della domanda espressa dagli utilizzatori italiani. Il modesto incremento della domanda interna si riflette nella timida ripresa delle consegne dei costruttori sul mercato interno che, cresciute del 3,8%, non sono andate oltre quota 1.652 milioni.

Meglio le importazioni, con un +26,7% dignitoso, ma con un valore assoluto che non va oltre i 1.100 milioni, ma si tratta di dati prevedibili, dal momento che dall’analisi relativa al periodo 2008-2011, emerge che la quota di import su consumo cresce meno di un punto percentuale, passando da 39,9% a 40,2%.
Al contrario, il rapporto export su produzione ha guadagnato dieci punti percentuali, passando dal 57% del 2008 al 67,1% del 2011. Questi dati dimostrano la capacità dei costruttori di mantenere il presidio del mercato interno pur intensificando, in modo deciso, l’attività sull’oltre confine.

Ma veniamo alle previsioni per l’anno prossimo: anche se positiva, la crescita subirà un considerevole rallentamento, in particolar modo la produzione, che si dovrebbe assestare sui 5.190 milioni di euro. L’export crescerà del 4,8%, a 3.530 milioni di euro, mentre il mercato interno frenerà la sua corsa: i consumi saliranno a 2.820 milioni di euro, il 2,1% in più rispetto al 2011. Stazionarie le consegne dei costruttori sul fronte domestico che si fermeranno a 1.660 milioni di euro (+0,5%).

Per affrontare questa situazione, i costruttori stanno già prendendo provvedimenti, intensificando la quota di produzione destinata all’estero, che arriverà a 68%.

Auto: immatricolazione -1,8% nel mese di ottobre

In Europa si comprano sempre meno auto. Nel mese di ottobre 2011, i dati rivelano una flessione del mercato delle immatricolazione dell’1,8% in Europa. La situazione appare ancora meno rosea per l’Italia: a determinare il calo pare sia stato proprio il Bel Paese con un -5,5% delle vendite nel mese appena trascorso.

Secondo i dati Acea nel mese di ottobre 2011 sono state vendute 1.005.976 nuove vetture, in flessione dell’1,8% rispetto allo stesso dato del 2010. Da gennaio ad ottobre le vendite sono state pari a 11.126.436 di unità, in calo dell’1,2% rispetto al 2010.

Volgendo uno sguardo più approfondito alla cartina europea, a determinare il calo delle vendite, secondo Acea, sono stati i pessimi risultati in Italia (-5,5%) e Spagna (-6,7%), mentre i mercati in Francia e Gran Bretagna hanno segnato una crescita del 2,4% e 2,6% rispettivamente. La domanda in Germania è rimasta stabile con una lieve crescita dello 0,6%.

Segnali positivi arrivano invece da Fiat. Nel solo mese di ottobre 2011 Group Automobiles ha immatricolato quasi 69 000 vetture pari ad una quota di mercato del 6,6%. Il trend negli ultimi mesi è di lieve e costante crescita, essendo aumentata rispetto al 5,8 % di agosto 2011 e al 6,5% di settembre. Nei primi dieci mesi dell’anno, cioè da gennaio a ottobre, le vetture vendute da FGA sono state oltre 818 000, per una quota totale del 7,1%.

Ma quali sono i mercati europei più attivi per il gruppo Fiat ? Al primo posto la Germania, con più più di 86 000 vetture immatricolate, il 4,4% in più rispetto allo stesso periodo del 2010, attestandosi si una quota del 3,2%. In Europa il marchio Fiat ha immatricolato oltre 49 000 vetture a ottobre, raggiungendo una quota 4,7%. Nel progressivo annuo le Fiat vendute sono più di 590 000 e la quota è del 5,1%.

Quali sono i modelli più venduti? Panda e 500 in testa alla classifica del segmento A nel 2011: insieme registrano una quota superiore al 29%. La Punto resta saldamente tra le top ten del segmento B, con una quota nell’anno del 6,5%.

Alessia Casiraghi

In crescita le immatricolazioni dei veicoli pesanti

I veicoli pesanti, si sa, hanno un mercato a sé, e anche i dati che riguardano questa fetta di mercato sono diversi rispetto a quelli relativi ai veicoli “normali”.

L’Acea, l’associazione europea dei costruttori di autoveicoli, ha reso noti i dati relativi al mese di settembre, che è stato caratterizzato da un aumento di vendite in Europa del 4,5%. Ma, nonostante il segno positivo, la situazione non è rosea per tutti i Paesi.

Molto bene è andata in Gran Bretagna, che ha registrato un considerevole +8,7% e seguita da Germania, +7,7%, e da Spagna, +4,7%. In controtendenza la Francia, che ha subito un calo delle immatricolazioni del 3,5%. In questa analisi mancano i dati italiani, poiché non c’è una rilevazione ufficiale, ma la stima di Acea parla di un calo del 6,3%.

In cifre, i veicoli fino a 3,5 tonnellate venduti in settembre sono 143.086, con un incremento del 3,3% su settembre 2010.

Se si considerano i primi nove mesi dell’anno, si tratta di 1.177.250 unità (+7,7%) e i mercati migliori si confermano Germania (+19,1%) e Gran Bretagna (+18,5%), mentre la Francia registra un incremento de solo 1,8% e la Spagna addirittura una flessione del 9%. La stima Acea sull’Italia mostra, sempre nei primi nove mesi, un calo dell’1,5%.

Per quanto riguarda i veicoli oltre le 3,5 tonnellate, le immatricolazioni per il mese di settembre sono state in tutto 25.690, con un incremento, in tutta Europa, del 13% che, facendo una somma dei primi nove mesi dell’anno, salgono a 243.108 unità pari ad un incremento de 34,8%. La Francia in questo caso è in testa alla classifica delle vendite con un +45,9%, seguita da Gran Bretagna (+31%), Germania (+27,8%) e Spagna (+25,5%). Le stime per l’Italia mostrano una crescita del 7,5%.

Per quanto riguarda i veicoli superiori a 16 tonnellate, l’Europa ha registrato a settembre 21.903 immatricolazioni. Stando ai dati relativi ai primi nove mesi, si parla di  175.527 immatricolazioni, con un aumento di ben il 44,3%. Anche questa volta, a segnalare la crescita maggiore sono state Francia (+52,9%), Gran Bretagna (+47,8%), Germania (+32%) e Spagna (+26,6%). Le stime per l’Italia parlano di una crescita del 12,3%. L’unico Paese a mostrare cifre in rosso è la Grecia (-58,5%).

Vera Moretti

In Europa i costi del lavoro sono più elevati

Il tasso di occupazione, e della disoccupazione, di un Paese, non dipende solo dalla discrepanza tra domanda ed offerta, ma anche da una serie di altri fattori e, tra questi, non è da sottovalutare il costo che implica, per un’azienda, assumere un dipendente.

Non si tratta solo di erogare lo stipendio mensile, perché nella busta paga, oltre alla retribuzione netta, appaiono le trattenute fiscali e previdenziali, oltre al Tfr, trattamento di fine rapporto, che il datore di lavoro ha l’obbligo di versare quando la collaborazione si interrompe.

Prima di assumere nuova forza lavoro, quindi, ogni impresa deve prendere in considerazione l’entità dei costi che deve sostenere. E in parecchi casi, soprattutto in Europa, tali costi sono molto elevati.

Nel vecchio continente, infatti, i salari lordi, ovvero i costi del lavoro, sono più altri che altrove e, facendo una stima più dettagliata, la Svizzera è in testa a questa particolare classifica, poiché la retribuzione lorda mensile è di 4.650,5 euro, per un Pil procapite annuo pari a 47.182,2 euro. Al secondo posto c’è un Paese membro dell’Unione europea, la Danimarca, dove le buste paga del lavoratori sono, sempre considerando la cifra lorda, di 4.332,8 euro, con un Pil pro capite di 41.141,6 euro. Al terzo posto, il Lussemburgo, con uno stipendio medio di 4.255,9 e un Pil di 78.935,4 euro, molto più elevato rispetto a quello dei primi due Paesi della classifica in virtù del numero di abitanti.

Al quarto e al quinto posto troviamo, rispettivamente, Norvegia, con una cifra lorda di 4090,6 euro e un Pil di 57.142,6, il che lascia intendere una retribuzione netta molto elevata. Dietro la nazione scandinava, ecco l’Irlanda, dove la paga mensile di un lavoratore è in media di 3.938,4 euro e il Pil di 35.659, anche se, in questo caso, considerando che si tratta di rilevazioni risalenti al 2009, la situazione potrebbe essere molto cambiata. Ricordiamo, a questo proposito, che l’isola celtica è stata colpita pesantemente dalla crisi globale, con un conseguente aumento del debito pubblico triplicato in pochi anni.

Questi dati, provenienti dalla Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) e della Commissione statistica dell’Onu (UNSD), dimostrano come, tra i primi posti, non ci sia nessuna potenza economica europea, la prima delle quali, la Francia, si trova in decima posizione, dove i salari lordi sono in media di 2.902,3 euro e il Pil pari a 29.905,3 euro.

I cugini d’Oltralpe sono seguiti dal Regno Unito, che comprende Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord, dove imprese e enti pubblici sborsano in media 2.850,8 euro per la retribuzione dei loro dipendenti al lordo delle trattenute. Rispetto ai “rivali” transalpini, anche il Pil pro capite è più basso e ammonta a 25.562,3.

La maggiore potenza economica europea, la Germania, si trova al dodicesimo posto della graduatoria. In proporzione al reddito pro capite, piuttosto elevato, 29.399 euro annui, il costo del lavoro è relativamente basso: ogni dipendente percepisce in media uno stipendio lordo 2.686,1 euro al mese.

E l’Italia? In base ai dati dell’Onu rilevati nel 2009, il nostro Paese occupa la quindicesima posizione della classifica. I salari lordi sono in media di 2.321,2 euro al mese. I costi del lavoro sono quindi inferiori rispetto agli altri Paesi più industrializzati d’Europa. Ma il dato sul reddito pro capite annuo, pari a 25.598,6 euro, dimostra che anche la retribuzione netta è piuttosto bassa. Ciò significa che i costi che le imprese italiane devono sostenere per pagare i dipendenti sono alquanto elevati.

E da ciò si potrebbe spiegare anche l’alto tasso di disoccupazione e l’esercito dei lavoratori in nero, circa 3 milioni, nel nostro Paese.

Vera Moretti

Nell’ultimo decennio, aumentate le imposte sugli immobili

Assoedilizia rende noto che nel periodo 2000-2009 le imposte sugli immobili sono state in Italia pari in media al 2,2% del Pil, con un aumento del 42% nel 2009 rispetto all’anno precedente e un conseguente rialzo del Pil, 2,7% contro l’1,9% del 2008.

Quest’ultimo dato, il 2,7%, indica che la proprietà immobiliare subisce in Italia un prelievo tributario rispetto al Pil di gran lunga superiore sia alla media dei Paesi Ocse (1,8%) sia alla media dei Paesi Ocse appartenenti all’Unione europea (1,6%).

La Germania, ove vige il civile principio che “il prelievo fiscale ha il proprio limite nella capacità di reddito del patrimonio”, spicca fra i Paesi con il carico tributario più basso (0,8%).

A riprova che la difesa del risparmio, specie in edilizia, crea la crescita mentre, al contrario, la sua penalizzazione fiscale ha invece effetti depressivi esiziali.

Vera Moretti