Giorgetti: flat tax incrementale per le partite Iva in regime ordinario

Il Ministro dell’economia e delle finanze ha anticipato in audizione davanti alle commissioni speciali di Camera e Senato l’ipotesi di applicare la flat tax incrementale alle partite Iva che operano al di fuori del regime forfetario, quindi in regime ordinario.

Giorgetti anticipa: potrebbe arrivare la flat tax incrementale per le partite Iva in regime ordinario

Una novità importante potrebbe arrivare per professionisti e imprese che per limiti di reddito o per scelta operano in regime ordinario e quindi non si avvalgono delle semplificazioni fiscali del regime forfetario. Potrebbero infatti avere un vantaggio fiscale sui redditi prodotti in più rispetto agli anni precedenti. Andiamo con ordine.

Il regime forfetario è un regime fiscale opzionale che attualmente può essere scelto dalle partite Iva che hanno redditi e compensi inferiori a 65.000 euro.

Allo studio del Governo c’è l’ipotesi di estendere il regime forfetario alle partite Iva con reddito fino a 85.000 euro o 90.000 euro. Nel frattempo il Ministro Giorgetti nell’audizione al Senato per l’illustrazione del Nadef ( Nota di aggiornamento al documento economico finanziario) ha anticipato che vi è l’intenzione di applicare la flat tax incrementale per le partita Iva che operano al di fuori del regime forfetario. Questo vorrebbe dire che per i compensi percepiti in più rispetto agli esercizi economici precedenti non si applicherà l’aliquota ordinaria, ma quella più bassa del 15%.

Nella dichiarazione afferma: i contribuenti titolari di redditi da lavoro o di impresa non aderenti al regime forfetario che potranno assoggettare ad aliquota del 15% una quota dell’incremento di reddito registrato nel 2022 rispetto al maggiore tra i medesimi redditi dichiarati e assoggettati all’Irpef nei tre anni d’imposta precedenti.

Di converso non si è parlato di applicazione della flat tax incrementale per le persone fisiche che quindi con molta probabilità continueranno a pagare l’Irpef con scaglioni progressivi.

Leggi anche: Flat tax, flat tax incrementale e fatturazione elettronica: le date

 

Proroga taglio delle accise sui carburanti fino al 30 giugno. Le novità

Buone notizie per gli italiani, si va verso la conferma del taglio delle accise sui carburanti fino al 30 giugno 2022. La proroga taglio delle accise annunciata dovrebbe essere confermata nei prossimi giorni.

Il taglio delle accise sui carburanti verso la proroga

Il costo dei carburanti è una delle voci che sta mettendo gli italiani in maggiore difficoltà, oltre all’aumento dei prezzi di tutti i generi alimentari. Per cercare di aiutare le famiglie a far fronte a tutte le maggiori spese che stanno arrivando soprattutto dalla guerra in Ucraina il governo ha provveduto con il taglio delle accise sui carburanti. Inizialmente lo stesso era in vigore per 30 giorni, con scadenza al 21 aprile 2022.  Per evitare la scadenza del beneficio al ridosso delle festività pasquali, del 25 aprile e del 2 maggio, il Governo ha quindi provveduto a un’estensione fino al 2 maggio 2022. Ora sembra che si stia lavorando all’ipotesi di conferma fino al 30 giugno, quindi ben due mesi di proroga che faranno tirare un sospiro di sollievo agli italiani.

Proroga taglio accise sui carburanti: da dove arrivano i fondi?

La misura dovrebbe essere inserita nel prossimo decreto energia che il Consiglio dei Ministri dovrebbe varare il 28 aprile. Il taglio dovrebbe continuare ad essere nella stessa misura vista finora, quindi 25 centesimi a cui si aggiunge il risparmio sull’IVA di 5,5 centesimi e che porta il taglio finale del costo dei carburanti a 30,5 centesimi. Questa proroga consentirà anche per tutto il mese di maggio e giugno di avere il prezzo dei carburanti sotto la soglia psicologica dei 2 euro al litro.

Palazzo Chigi ha già reso noto che il disavanzo tendenziale della pubblica amministrazione si attesta intorno al 5,1%, mentre l’obiettivo viene confermato per l’anno in corso al 5,6%. Questo consente di avere ancora qualche manovra espansiva che il Governo vuole sfruttare con il taglio alle accise sui carburanti in modo da favorire tutti gli italiani.

Costo e vantaggi della proroga taglio accise sui carburanti

Il ministro della Transizione Ecologica ha reso noto che il taglio delle accise ha avuto un costo di circa 588 milioni di euro e con l’estensione fino alla fine di giugno si dovrebbe arrivare a un costo di 1,1 miliardi di euro.

Il Ministro dello Sviluppo Economico Giorgetti ha invece dichiarato che per gli italiani il taglio delle accise ha portato a una riduzione del prezzo dei carburanti di circa il 19,2%. Il Ministro ha anche assicurato che è in corso un’azione di monitoraggio sull’andamento dei prezzi dei carburanti e che essa proseguirà anche nel futuro. Deve infatti sottolinearsi che, nonostante il taglio delle accise sui carburanti, continuano a registrarsi leggere flessioni del prezzo dei carburanti verso l’alto.

Emergenza Gas: arriva il piano del governo. Sacrifici per tutti

Il Ministro per la Transizione Ecologica Cingolani, intervenendo al programma Agorà Extra, ha dichiarato che saranno necessari 24-30 mesi per poter ottenere l’indipendenza energetica dalla Russia.

Ministro Cingolani: l’Italia deve diversificare le fonti per uscire dall’emergenza gas

L’Italia importa dalla Russia ogni anno 29 miliardi di metri cubi di gas, sono circa il 40% del totale fabbisogno e per sostituire una così imponente fornitura è comunque necessario del tempo. Il Ministro Cingolani ha sottolineato che dipendere da un solo Paese per il fabbisogno energetico è un errore e l’Italia più di altri Paesi paga in quanto non ha autonomia avendo poche fonti energetiche e non avendo sviluppato un buon piano di uso delle risorse rinnovabili.

Il ministro Cingolani ha dichiarato che già entro i prossimi due mesi si provvederà a circa 15-16 miliardi di metri cubi di gas con altre forniture. Sarà dimezzata l’importazione di gas dalla Russia. Nel frattempo si provvede anche ad accelerare sulle rinnovabili a breve termine eliminando anche visti, asseverazioni, autorizzazioni per gli impianti fotovoltaici. Inoltre l’Italia ha 3 rigassificatori che stanno lavorando al 60% e che saranno potenziati. Nel corso del 2022 è prevista anche l’installazione di un ulteriore rigassificatore galleggiante.

Potenziare le centrali a carbone attive

Si è parlato più volte nelle scorse settimane di ritorno al carbone e Cingolani ha sottolineato che l’obiettivo è potenziare il funzionamento delle centrali che funzionano a carbone e che sono già attive, come quelle presenti a Civitavecchia e Brindisi, mentre non saranno riaperte quelle che sono inattive. Questo infatti comporterebbe comunque eccessivi oneri. Solo in caso di emergenza maggiormente grave rispetto a quella di oggi, si provvederà a riaprire le centrali a carbone inattive, ma è una opzione che appare improbabile allo stato attuale.

Cingolani ha risposto anche alla domanda che molti si stanno ponendo, cioè cosa succederà nel caso in cui Putin dovesse decidere, in risposta alle sanzioni, di chiudere la fornitura di gas? Il ministro Cingolani ha sottolineato che l’Italia ha abbastanza riserve per arrivare alla bella stagione, quando il fabbisogno di gas sarà comunque ridotto. Il ministro ha però sottolineato che appare improbabile tale chiusura perché la Russia ha bisogno di fondi e la fornitura di gas all’Italia frutta quasi un miliardo di euro al giorno.

Il Piano emergenza gas che il governo sta varando

Nel frattempo il Governo sta però varando il piano di emergenza gas. Al centro delle attività c’è il NISP (Nucleo Interministeriale Situazione e Pianificazione), formato da ministri, tecnici e vertici dell’Intelligence. Uno dei problemi immediati da risolvere, come comunicato dal ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, è l’approvvigionamento di materie prime, concimi, mangimi e sementi con il rischio di bloccare la filiera produttiva in numerosi settori dell’economia italiana. Proprio per questo nel piano di emergenza, non ancora attuato, ma che si sta preparando, c’è il blocco dell’export.

Per quanto riguarda invece il fronte energia, già nelle prossime ore è prevista una riduzione dei consumi attraverso sospensione di ore e quantità di luce a monumenti e palazzi. Saranno normalmente illuminate le strade e i luoghi in cui generalmente è necessario avere un elevato grado di sicurezza. Ci avviamo inoltre verso una riduzione delle ore di accensione del riscaldamento e ad abbassare di un grado la temperatura degli impianti. Tale modifica dovrebbe entrare in vigore prima al Sud che proprio nelle ultime settimane è stato travolto da un’ondata di gelo anomalo.

Il Presidente del Consiglio ha anche annunciato l’intenzione di aumentare la produzione italiana di gas fino a 5 miliardi di metri cubi, questo sarà diretto a prezzi calmierati alle imprese. Alle PMI sarà destinato un terzo di questa produzione.

Nel medio e lungo periodo non viene inoltre escluso il ricorso al nucleare pulito con l’obiettivo di ridurre la sudditanza dell’Italia ad altri Paesi per il proprio fabbisogno energetico.

Cosa succede ai prezzi? Ci sono diminuzioni in vista?

Gli italiani sono giustamente preoccupati per gli aumenti dei prezzi, sia nel settore energetico che per gli alimentari. Su questo fronte purtroppo per ora non arrivano buone notizie perché di fatto la scarsità dei beni porta comunque il prezzo ad aumentare. Ognuno di noi sarà chiamato quindi a maggiore attenzione, riduzione dei consumi energetici e ulteriori sacrifici.

Nel frattempo arrivano incentivi per ridurre i consumi energetici, per saperne di più leggi: Agricoltura, per il caro energia incentivi a realizzare impianti. In cosa consistono?

PMI: dal MISE arrivano 2,5 miliardi per transizione ecologica e digitale

Partono i finanziamenti in favore delle PMI Innovative e startup, ciò grazie al MISE che ha assegnato CDP Venture Capital Sgr, controllata al 70% dal Gruppo Cassa Depositi e Prestiti (CDP), le risorse stanziate. Ecco come saranno gestiti gli aiuti.

Stanziati i fondi per Piccole e Medie Imprese: dal MISE verso CDP Venture Capital

CDP Venture Capital Sgr avrà a disposizione nei prossimi mesi 2 miliardi di euro stanziati dal Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE) in attuazione del decreto infrastrutture, a questi fondi si aggiungono ulteriori risorse e in particolare 550 milioni di euro previsti dal Piano Nazionale di Resilienza e Resistenza (PNRR) e 600 milioni provenienti da CDP (Cassa Depositi e Prestiti) e investitori terzi.

Le risorse saranno destinate a progetti mirati e in particolare:

  • potenziamento delle attività di investimento diretto e indiretto (creazione di fondi);
  • promozione di iniziative a favore della transizione ecologica ecologica e digitale in particolare per le filiere chiave dell’economia del Paese;
  • creazione di nuovi strumenti di equity e debiti;
  • sostegno alle startup attraverso processi di accelerazione e trasferimento tecnologico.

Aiuti alle PMI: le parole del ministro Giancarlo Giorgetti

Il Ministro per lo Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, nell’annunciare questa importante partnership ha sottolineato che l’obiettivo è favorire la crescita di un ecosistema di innovazione e accompagnare la transizione ecologica e digitale aiutando le imprese in questo importante processo. L’obiettivo di CDP Venture Capital è anche attirare investimenti nazionali e internazionali in modo da veder crescere il tessuto economico italiano.

Il Ministro Giorgetti ha anche sottolineato che il passaggio verso imprese tecnologiche, digitali e innovative è improcrastinabile, ma se questo percorso non è affrontato con lungimiranza e accompagnato dalle giuste misure, può lasciare indietro uno strascico di “morti e feriti”, cioè aziende che non essendo riuscite a stare al passo, sono costrette alla chiusura e di conseguenza si creano disoccupati. L’insieme delle misure che dovrebbero nascere dalla partnership tra MISE e CDP Venture Capital ha proprio l’obiettivo di evitare questo e quindi di preservare il tessuto economico del Paese tutelando le PMI che più delle grandi aziende possono avere difficoltà negli investimenti in nuove tecnologie.

Le PMI per ottenere aiuti e finanziamenti possono accedere anche al Fondo Nazionale Innovazione, per saperne di più leggi l’articolo: Fondo Nazionale Innovazione per supportare start up innovative

Stretta antidelocalizzazioni per evitare i licenziamenti collettivi

Trovato l’accordo sulla stretta antidelocalizzazioni tra il ministro per lo Sviluppo Economico Giorgetti e il ministro del Lavoro Orlando, con la partecipazione ai lavori del ministro dell’Economia Daniele Franco. Il testo è frutto soprattutto del lavoro del vice ministro dello Sviluppo Economico Alessandra Todde.

Ratio della stretta antidelocalizzazioni

Le norme antidelocalizzazione hanno l’obiettivo di “punire” le imprese sane che decidono di delocalizzare le loro produzione e non presentano un piano per il reiserimento lavorativo dei lavoratori che a causa di tale delocalizzazione perdono il posto di lavoro. La delocalizzazione purtroppo è una pratica molto odiata dai lavoratori, dai sindacati e anche dai vari governi che si sono succeduti, infatti produce disoccupazione, espone il welfare a dover corrispondere indennità e sussidi a lavoratori che spesso è difficile ricollocare nel mondo del lavoro, la delocalizzazione va ad incidere negativamente sul PIL, riduce le entrate tributarie, di fatto impoverisce il Paese. Allo stesso tempo è una pratica molto usata dalle imprese per tenere sotto controllo il costo del lavoro anche per quanto riguarda l’aspetto contributivo e assicurativo.

Gli incentivi offerti alle aziende d’altronde non hanno fatto molta breccia nel cuore degli imprenditori, infatti non sono serviti molto gli sgravi per le assunzioni degli under 36 e allora si procede alla stretta sulle delocalizzazioni.

Cosa prevede la stretta antidelocalizzazioni

L’accordo raggiunto dai ministri Orlando e Giorgetti si applica alle PMI che hanno oltre 250 dipendenti e che sono sane, di conseguenza si tratta di aziende che non hanno particolari difficoltà e di conseguenza possono restare in Italia.

La stretta antidelocalizzazioni si applica alle imprese viste in precedenza che decidano di chiudere una:

  • sede;
  • filiale;
  • ufficio;
  • stabilimento;
  • reparto autonomo.

La chiusura deve determinare la perdita di lavoro per oltre 50 dipendenti.

Procedura per una corretta delocalizzazione

Al verificarsi di ciò l’azienda è obbligata a compiere determinati passi preventivi, cioè:

  • darne comunicazione per iscritto alle rappresentanze sindacali, aziendali o territoriali;
  • comunicare la decisione sempre per iscritto alle Regioni interessate, al ministero del Lavoro, al ministero dello Sviluppo Economico e all’ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attice del lavoro).

La comunicazione deve essere inviata almeno 90 giorni prima rispetto alla data prevista per il licenziamento/dismissione e deve essere dettagliata. Se non si rispettano questi primi passi, i licenziamenti sono nulli.

Fatta la comunicazione vi sono ulteriori 60 giorni di tempo per l’impresa/datore di lavoro per elaborare un piano volto a limitare le ricadute occupazionali di tale scelta imprenditoriale. Il piano deve essere presentato a sindacati, Regioni e Ministeri prima visti e deve essere discusso e alla fine sottoscritto con i sindacati (naturalmente questi possono ritenerlo non conveniente e non sottoscriverlo).

Stretta sulle delocalizzazioni: cosa succede se non si rispetta la procedura?

Nel caso in cui le procedure viste non siano rispettate, saranno applicate sanzioni. In particolare, viene si applica il raddoppio del contributo del 41%  a carico del datore di lavoro sul sussidio NASPI. Se non si procede alla sottoscrizione dell’accordo sindacale, il contributo per i licenziamenti collettivi aumenta di un ulteriore 50%. Questo quanto emerge dalla bozza dell’accordo sottoscritto.

Giudizi positivi sulla bozza sono stati espressi da Enrico Letta, Segretario del PD, l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Maggiormente critico è invece Fratoianni segretario nazionale di Sinistra Italiana perché in questo modo diventa acquistabile il diritto di licenziare, inoltre la norma andrebbe a ledere le medie imprese, ma non le multinazionali per cui questi “costi” sono irrisori. Non molta soddisfazione è stata espressa anche da Emilio Miceli, segretario confederale della Cgil.

La stretta sulle delocalizzazioni è frutto di recenti fatti di cronaca che hanno visto molti lavoratori perdere il lavoro come i dipendenti di GKN, Embraco, Whirlpool e Saga Coffee.

Occorre ricordare che anche il decreto Dignità prevede sanzioni a carico delle imprese che decidono di delocalizzare la produzione, questo provvedimento stabilisce l’obbligo di restituire eventuali aiuti pubblici ricevuti in misura raddoppiata.

Dal MISE in arrivo 45 milioni di euro per innovazione tecnologica

Il Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE), attraverso il ministro Giorgetti, ha annunciato in investimento di 45 milioni di euro per progetti innovativi in seno al programma Piano di Transizione 4.0.

Istituito il Fondo da 45 milioni di euro per innovazione tecnologica

Il Ministero per lo Sviluppo Economico ha istituito il Fondo per lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di intelligenza artificiale, blockchain e internet of things . L’obiettivo è sostenere progetti innovativi attraverso finanziamenti agevolati che saranno destinati a soggetti privati e soggetti pubblici anche in forma congiunta. Il decreto ministeriale è stato firmato lo scorso 9 dicembre 2021, non è però immediatamente operativo, infatti è necessario il decreto attuativo. Per ora quindi possiamo solo indicare le linee generali del provvedimento, mentre si aspettano nei prossimi mesi le indicazioni per presentare le domande e per un’indicazione dettagliata dei soggetti che potranno accedere.

Il fondo, che è parte del Piano di Transizione 4.0, è istituito con una dotazione iniziale di 45 milioni di euro che potranno però essere incrementati attraverso risorse europee e di altri soggetti pubblici o privati che vorranno aderire. La parte più consistente degli aiuti andrà verso le Regioni del Sud, generalmente più svantaggiate. Si tratta di Molise, Campania, Puglia, Sicilia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata e Calabria. Per i primi sei mesi nei quali sarà effettivamente attivo il Fondo e sarà possibile inoltrare le istanze per poter accedere ai finanziamenti agevolati, solo i soggetti privati o pubblici di queste Regioni potranno presentare dei progetti e ottenere i finanziamenti agevolati. Successivamente il bando sarà aperto a tutti.

Al fine di monitorare lo stato di realizzazione dei progetti, il Ministero dello Sviluppo economico si avvarrà del supporto di Infratel.

Se vuoi maggiori informazioni sul Piano di Transizione 4.0, puoi trovarle nell’articolo: Piano di Transizione 4.0 per ricerca e sviluppo: come accedere ai fondi

Quali progetti potranno essere finanziati con il Fondo per lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di intelligenza artificiale, blockchain e internet of things?

Per capire chi potrà effettivamente beneficiare del sostegno attraverso il Fondo, è necessario partire proprio dal nome dello stesso, infatti si intendono agevolare i progetti di sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di:

  • Intelligenza artificiale: quando si parla di intelligenza artificiale si fa riferimento a un settore ampio, infatti per intelligenza artificiale si intende l’abilità di una macchina a replicare capacità umane, come la capacità di ragionamento, pianificazione creatività e apprendimento. Ad esempio potranno ottenere aiuti i progetti volti a sviluppare la robotica. Per saperne di più puoi leggere l’articolo sul programma strategico sull’intelligenza artificiale: linee guida;
  • Blockchain: si tratta di sistemi che si basano su un registro distribuito che può essere modificato da più punti appartenenti a una rete, naturalmente le modifiche possono avvenire solo da parte di soggetti autorizzati e devono essere validati attraverso sistemi di identificazione univoci. Il termine blockchain infatti indica proprio una catena di blocchi. L’obiettivo è rendere procedure complesse sempre più semplici senza però perdere in sicurezza. Le tecnologie Blockchain sono spesso utilizzate nel mercato dei Bitcoin, ma in realtà possono essere usate in molti settori, tra cui anche nel pubblico. Nel mercato dei Bitcoin infatti ogni transazione deve essere legittimata.
  • internet of things, o internet delle cose, conosciuto anche con l’acronimo di IoT, si tratta di oggetti intelligenti, tra cui i più conosciuti sono sicuramente gli smartphone, i computer, i tablet e dispositivi simili, ma non solo, infatti si fa riferimento anche a tutti quegli oggetti che sono nelle nostre case e nei nostri uffici che funzionano tramite una connessione internet e di fatto facilitano le operazioni quotidiane. Si tratta ad esempio di progetti di domotica cablata, auto connesse, lampioni che regolano la luminosità in base alla luce presente.

L’Italia che nasce

In sintesi si potranno ottenere finanziamenti a tassi agevolati per lo sviluppo di progetti che mirano ad aumentare l’uso delle nuove tecnologie. Per le imprese si tratta di un importante novità, ma vi è il rischio di lasciare indietro tutte quelle attività che non riescono a inserirsi in questo nuovo filone che mira a creare aziende sempre più evolute e che quindi hanno bisogno di personale altamente specializzato. Si prospetta quindi una vera rivoluzione nel nostro settore industriale e non solo, ma le aziende e la Pubblica Amministrazione saranno in grado di sostenere il grande passo? Le nostre infrastrutture saranno in grado di sostenere in totale sicurezza (senza perdita e diffusione di dati) l’evoluzione tecnologica?