Aumento delle tasse locali del 138%. Per la Cgia di Mestre è allarme

Il presidente della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi lancia l’allarme: tra il 1995 e il 2010 la tassazione a livello locale è aumentata del 137,9%. In termini assoluti, le entrate fiscali delle Amministrazioni locali (Comuni, Province, Regioni) sono passate da 40,58 miliardi a 96,55 miliardi di euro.

A fronte di un incremento delle entrate del 6,8% occorre fare i conti con un incremento importante della tassazione locale. L’aumento della tassazione locale, commenta Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre è il risultato del forte decentramento fiscale iniziato negli anni ’90. L’introduzione dell’Ici, dell’Irap e delle addizionali comunali e regionali Irpef hanno fatto impennare il gettito della tassazione locale che è servito a coprire le nuove funzioni e le nuove competenze che sono state trasferite alle Autonomie locali.

Bortolussi prosegue: “La situazione dei nostri conti pubblici ha costretto lo Stato centrale a ridurli progressivamente, creando non pochi problemi di bilancio a tante piccole realtà amministrative locali che si sono difese aumentando le tasse locali. I fortissimi tagli imposti dalle manovre correttive di luglio e di Ferragosto rischiano di peggiorare la situazione e di demolire lo strumento che in qualche modo poteva invertire la tendenza, ovvero il federalismo fiscale“.

Cgia di Mestre: 15 miliardi di euro di stangata a regioni ed enti locali

La Cgia di Mestre ha sommato i tagli alle Regioni ed agli Enti locali previsti dalla manovra correttiva del 2010 e da quella appena approvata la settimana scorsa. Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre ha sottolineato: “Non ci sono solo gli effetti della manovra correttiva votata nei giorni scorsi a preoccupare i Governatori, i Presidenti delle Province ed i Sindaci. Ai 6,4 mld di euro di tagli previsti dal Dl 98/2011 , vanno aggiunti gli 8,5 mld introdotti dalla manovra correttiva approvata l’anno scorso. Nel 2014, quando gli effetti delle 2 manovre andranno a regime, la stangata in capo a Regioni ed Enti locali sarà di quasi 15 miliardi di euro“.

Mentre le casse dello Stato beneficeranno di una riduzione di spesa pari a quasi un punto di Pil -prosegue Bortolussi- è molto probabile che per far fronte a questi mancati trasferimenti le Regioni, le Province ed i Comuni aumenteranno le tasse locali per far quadrare i loro magri bilanci. Un’operazione già iniziata in questi ultimi mesi, visto che in molte città sono rincarate le tariffe dell’acqua, dei rifiuti, dei trasporti, le spese per le mense scolastiche o le rette delle case di riposo“.

Bortolussi evidenzia che le voci di spesa che maggiormente risentiranno di questi tagli saranno quelle legate al funzionamento della macchina amministrativa di ciascun ente locale, la scuola, i trasporti, la salvaguardia del territorio e i servizi sociali.

 

 

Riforma economica: ecco cosa servirebbe all’Italia per una buona ripresa

Il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi si scaglia contro i problemi fiscali (e non solo) che affliggono il nostro Paese affermando: ”Con un carico fiscale ed una dotazione infrastrutturale come quelle dei paesi Ue, il nostro sistema economico risparmierebbe 108 mld di euro l’anno”. Il nostro sistema economico sconta, in materia di tasse, infrastrutture, giustizia civile, energia, pagamenti della Pubblica Amministrazione e competitività un carico superiore rispetto alla media degli altri Paesi europei.  Bortolussi prosegue: ”Se allineassimo la pressione tributaria italiana (29,1,% del Pil) a quella media europea (24,6% del Pil) il risparmio, in termini di minori imposte e tasse, si aggirerebbe attorno ai 68 miliardi di euro l’anno”.

Altra attenzione importante andrebbe riposta ad un miglioramento del sistema infrastrutturale (strade, porti, aeroporti) che se adeguato permetterebbe di risparmiare 40 miliardi di Euro. In totale con i soldi risparmiati sarebbe possibile garantire 2 milioni e mezzo di potenziali posti di lavoro in più.

La Cgia ricorda che oltre ”all’eccessivo carico fiscale e allo spaventoso deficit infrastrutturale”, il cattivo funzionamento della giustizia civile pesa sul sistema delle imprese per altri 2,7 mld di euro. Senza contare che il maggiore costo annuo sostenuto dalle aziende italiane per l’approvvigionamento energetico, si aggira, per effetto del gap tariffario, attorno ai 7 mld di euro. Aggiungendo anche questi ultimi 2 importi, la cifra complessiva delle storture che gravano sul nostro sistema economico tocca, potenzialmente, i 118 mld di euro circa”.

Vediamo il decalogo stilato dal team di lavoro della Cgia per un risparmio competitivo del nostro Paese:

Imposte tasse e tributi: con una pressione tributaria simile al resto d’Europa si potrebbero risparmiare 68,3 miliardi; Infrastrutture adeguate farebbero risparmiare 40 miliardi; così la Giustizia civile con un +2,7 miliardi.  Simile il discorso per Energia che con una politica differente potrebbe portare far risparmiare 7 miliardi. Molto si potrebbe fare anche per ridurre il Gettito fiscale sulle imprese più elevato rispetto a quello delle imprese spagnole (14,3%), inglesi (13,5%), tedesche (13,0%) e francesi (9,9%) così come una diminuzione dell’ Aliquota implicita media (31,5%). Anche per Ritardo pagamenti P.A. l’Italia non spicca tra i primi posti (con una media di ritardo di 86 giorni) tanto meno per Competitività, in cui si segna  un scarso 46esimo posto (Per la qualità delle istituzioni, invece, il nostro Paese viene valutato al 92esimo posto).

Mirko Zago

Innalzamento del Tasso ufficiale di sconto voluto dalla BCE: una stangata per le imprese

L’annuncio della Banca Centrale Europea di innalzare il Tasso ufficiale di sconto all’1,25% (aumento previsto +0,25%) comporterà una stangata di ben 2,4 miliardi di euro a carico delle imprese, l’allarme è stato lanciato dal segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi. A livello di singola impresa, questo aumento del costo del denaro comporterà una spesa annua aggiuntiva di 455 euro.

Bortolussi commenta così la scelta della BCE: “La decisione della BCE di aumentare i tassi di interesse determinerà un incremento del costo del denaro a livello locale sicuramente superiore allo 0,25%. Pertanto, possiamo dire con certezza che il costo aggiuntivo di 2,4 mld di euro è sottostimato. Infine non è nemmeno da escludere che questa operazione penalizzerà in maniera più pesante le piccole imprese delle grandi. Infatti, per un piccolo imprenditore il potere contrattuale nei confronti del sistema bancario è spesso molto modesto. Cosa diversa è quando al tavolo della trattativa con un istituto bancario si siede una grande impresa: questa può contare su un peso politico molto diverso da quello esercitabile, ad esempio, da un artigiano o da un piccolo commerciante“.

A pagare il conto più salato saranno gli imprenditori della Lombardia e del Nordest. Nrl primo caso ciascuna impresa subirà un aumento dei costi pari a 809 euro l’anno. Per i secondi, gli incrementi di spesa saranno altrettanto importanti. Per le aziende del Trentino l’incremento medio annuo dei costi per impresa sarà di 715 euro; per l’Emilia Romagna l’aumento di spesa sarà di 620 €; le imprese venete infine, pagheranno 570 euro in più all’anno.

La notizia è stata diffusa dalla CGIA di Mestre.

Spesa pubblica: i paesi federali sono più efficienti di quelli centralisti

E’ quanto risulta dalla ricerca condotta dal CGA di Mestre dopo aver messo a confronto l’efficienza delle prestazioni offerte dalle pubbliche amministrazioni con il livello della spesa pubblica di 10 Paesi europei (cinque federali e cinque non federali) e conseguentemente all’esame del recentissimo studio del World Economic Forum (WEF).

Il CGA di Mestre ha appurato che la comparazione di prima analisi non lascia alcun dubbio: i paesi dove è più accentuato il decentramento fiscale hanno un rapporto più basso.

Ma c’è anche una seconda analisi che riguarda i risultati della classifica stilata dal WEF (un organismo che è internazionale), il quale ha analizzato su base mondiale le qualità delle prestazioni offerte dalle istituzioni pubbliche.

La soluzione del compendio non è del tutto incoraggiante per il nostro Paese, che ha assegnato all’Italia la maglia nera per livelli di efficienza e qualità della pubblica amministrazione.

Il nostro Paese è fanalino di coda in Europa per il livello di efficienza offerto dalla Pubblica amministrazione e per la qualità del rapporto tra prestazioni erogate e spesa pubblica sostenuta. Nel mondo siamo addirittura al 97° posto.” –

ha denunciato Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA di Mestre che ha aggiunto:

“Nei paesi federali europei, rispetto a quelli centralisti, il livello della qualità e dell’efficienza sia della spesa pubblica sia dei servizi offerti ai cittadini è decisamente migliore”.

I paesi federali, infatti, presentano un rapporto pari all’8,3; quelli centralisti del 10,5.

In aggiunta, i paesi federali registrano una spesa pubblica più contenuta: 43,9% sul Pil rispetto al 48,3% sul Pil riferito ai paesi centralisti.

Infine, il livello delle prestazioni offerte dalle istituzioni federali è decisamente migliore: 5,3 contro il 4,6 di quelli non federali.

In entrambe le graduatorie, sia in quella delle prestazioni offerte dalle istituzioni pubbliche sia in quella riferita al rapporto tra efficienza e spesa pubblica sostenuta, l’Italia è fanalino di coda mentre in testa, neanche a dirlo, Svizzera, Germania e Paesi Bassi.

Al comando dell’ Indice di competitività globale 2009-2010 – Qualità delle prestazioni delle Istituzioni pubbliche, Singapore è in testa con 6.15 di valore su una scala da 1 a 7, seguita sul podio dalla Svezia (a 6.10 di punteggio) e Danimarca (6.08). L’Italia, al 97mo posto, si trova con 3.44 di punteggio tra Turchia (3.49) e Messico (3.40).

“Il risultato di questa classifica elaborata dal WEF – sottolinea Giuseppe Bortolussi – è stato ottenuto mettendo a confronto una serie di sottoindicatori tra cui il livello di spreco della spesa pubblica, il peso della burocrazia, il grado di trasparenza delle decisioni politico-istituzionali, il livello di indipendenza del potere giudiziario, il grado di fiducia nella classe dirigente, etc. etc. Ebbene, il nostro Paese si piazza al 97° posto. Tra i paesi economicamente più avanzati del mondo solo la Federazione Russa sta peggio di noi.”

E poi, “A fronte di questi risultati – conclude Bortolussi – non ci resta che accelerare sul fronte della riforma federalista. Probabilmente è l’unica strada che ci può consentire di invertire la tendenza in atto”.

Fonte: World Economic Forum (The Global Competitiveness Report, 2009)

Paola Perfetti