A Terni, corsi di green economy

La Provincia di Terni, attraverso il Fondo Sociale Europeo, finanzia, nell’ambito del progetto Eco è Logico, sette corsi gratuiti che riguardano la green economy e che sono riservati a coloro che sono residenti e domiciliati in Provincia di Terni.

Obiettivo principale di questi corso è offrire, a coloro che sono interessati, un aggiornamento delle proprie competenze, che possa permettere di migliorare le proprie competenze e cogliere dunque nuove opportunità di lavoro e di business, che il settore della green economy offre.

Ovviamente, i partecipanti devono essere operativi nel comparto o comunque aver avuto esperienze professionali/ formative nell’ambito.
Si tratta di un settore fortemente innovativo che richiede un continuo aggiornamento delle competenze delle figure professionali che vi operano.

Il panorama giuridico in continuo mutamento, l’evoluzione delle tecnologie disponibili sul mercato e le nuove esigenze della domanda di riferimento richiedono agli operatori del settore di essere sempre aggiornati per poter cogliere le nuove opportunità di lavoro e di business che offre il processo di crescita registrato dalla green economy.

Vediamo nel dettaglio i corsi previsti:

  • Impianti e tecnologie per l’energia rinnovabile (40 ore)
  • Impianti e tecnologie per l’efficienza energetica negli edifici e sistemi di automazione KNX (50 ore)
  • Piano di fattibilità economico finanziaria impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (40 ore)
  • Piano dei costi di esercizio e manutenzione di impianti per l’efficienza energetica negli edifici (40 ore)
  • La qualità dei servizi di Operation & Maintainace di impianti per l’energia da fonti rinnovabili e di efficienza energetica (50 ore)
  • Monitoraggio di impianti per l’energia da fonti rinnovabili (40 ore)
  • Gestione tecnico amministrativa degli impianti per l’energia da fonti rinnovabili (50 ore)

Vera MORETTI

Sempre più lavoro dalla green economy

Le buone notizie, per le imprese italiane, arrivano dall’ultimo rapporto Greenitaly, realizzato da Unioncamere e Symbola.

Il fatturato estero dell’industria italiana tra ottobre 2008 e giugno 2012, infatti, è cresciuto più di quello francese e tedesco.
Cosa significa ciò? Che sempre più stranieri scelgono il Made in Italy, anche al di fuori dei settori ormai noti come l’enogastronomia e il lusso.

Per fare un esempio concreto, il tessile tecnico italiano è quello maggiormente scelto in Cina. Le imprese locali, infatti, per centrare gli obiettivi imposti dal piano quinquennale del governo cinese sul risparmio energetico, acquistano macchinari progettati e assemblati nel Belpaese.

Secondo i dati del rapporto Greenitaly, le medie e grandi industrie italiane sono le più brave ad adattarsi velocemente alle esigenze dei clienti, e anche le più attente ai consumi.
Il mondo della green economy rappresenta, ad oggi, uno dei motori principali da cui ripartire per avviare una concreta ripresa.

Dal 2008 a oggi, sono 327mila, pari al 22% del totale, le aziende italiane che hanno scelto di investire nelle tecnologie green per ridurre il loro impatto ambientale e risparmiare energia.
Ciò porta a fare affari con l’estero, come accade alle imprese manifatturiere: il 42% delle imprese manifatturiere che hanno investito in eco-sostenibilità esportano, contro il 25 per cento di quelle che non lo fanno.

Ad essere maggiormente penalizzate sono le piccole realtà, perché la diffusione delle pratiche green è direttamente proporzionale alla capacità di investimento e alla facilità di accedere al sistema creditizio. Per questo motivo, si passa dal 18% delle micro-imprese con meno di dieci dipendenti, al 66% di quelle con più di cinquecento addetti.

Solo nei settori dove esistono norme o interessi particolarmente rilevanti per investire nel green, come quello chimico-petrolifero o della gomma plastica, si arriva al 30% anche tra le micro.
Piuttosto attive anche le piccole imprese di trasporti, logistica e comunicazione.
Tra i grandi, i valori di adesione superano il 90% nel settore cartario, chimico e metallurgico, anche se i settori più dinamici rimangono legno-arredo, tessile, ceramica, automotive, meccanica e chimica.

Ad oggi, coloro che svolgono un lavoro “green” sono più di 3 milioni, e anche quest’anno sono previsti ulteriori incrementi: su un totale di 563.400 assunzioni programmate nell’industria e nei servizi, circa 216.500 saranno nel settore green.
Nel 2013 le assunzioni “verdi“ sono state circa 52mila, più del 9 per cento del totale. Di queste circa 47mila non hanno carattere stagionale, mentre l’incidenza delle assunzioni a tempo indeterminato è del 52%.

Secondo il rapporto Greenitaly, nonostante la crisi abbia colpito tutti i profili professionali, le imprese cercano di salvare i posti di lavoro legati alla green economy, perché sono quelli “capaci di dare slancio all’attività, stare al passo con i tempi e permettere all’impresa di arricchire la propria immagine e la qualità dei servizi offerti“.

Tra i profili più richiesti, secondo i dati raccolti dal sistema informativo Excelsior, spiccano analisti e progettisti di software, che hanno il compito di predisporre i sistemi informatici necessari per gestire i sistemi ambientali ed ecologici.
Seguono gli operai specializzati in tecniche eco-sostenibili, come elettricisti delle costruzioni civili, meccanici, montatori di macchinari industriali e idraulici.

Altri profili invece sono più difficili da trovare: mancano all’appello specialisti in scienze economiche e ingegneri civili e meccanici.

Si iniziano anche a delineare le professioni più richieste del futuro, come l’ingegnere energetico e l’esperto di acquisti verdi, specializzato nell’individuazione di servizi a basso impatto ambientale, carpentieri del legno, bioarchitetti e chimici ambientali.

Vera MORETTI

Progetto green economy per le imprese torinesi

La green economy è al centro di un progetto pilota avviato da Confcommercio Torino, in collaborazione con iiSbe Italia, co-finanziato dalla Camera di Commercio di Torino e con il patrocionio di Regione, Provincia e Comune, che intende incentivare l’innovazione tecnologica in chiave sostenibile e aumentare la competitività delle imprese, aggiornandone le competenze.

Questa iniziativa coinvolge un campione rappresentativo di aziende che operano su territorio provinciale per valutare l’efficacia delle azioni proposte, che poi verranno estese, se valide, a livello nazionale.

A fine progetto, tutte le imprese partecipanti sosterranno un esame di valutazione sulle conoscenze acquisite, che permetterà loro di entrare nell’elenco nazionale Imprese Esperte Protocollo Itaca di iiSbe Italia.

Dino De Santis, presidente di Confartigianato Torino, ha presentato così l’iniziativa: “L’integrazione del sistema edificio-impianto in un’ottica di efficienza energetica, sostenibilità ambientale e sicurezza rappresenta un’evoluzione tecnologica in grado di apportare benefici sia al comparto della bioedilizia, sia alla clientela. Spesso, infatti, e’ nel risparmio offerto dalle nuove opportunità tecnologiche che si palesa un beneficio anche di carattere economico“.

Vera MORETTI

L’Ecolaio, il franchising del mondo green

Sicuramente gli impieghi legati al mondo green e alla salvaguardia ambientale sono in questo periodo in evoluzione e in continua crescita.
Anche nel franchising si stanno aprendo diverse possibilità come quella proposta da L’Ecolaio, una realtà giovane e dinamica che si basa su una vera e propria green mission

Affiliarsi alla realtà L’Ecolaio significa usufruire di notevoli vantaggi come:

  • Esclusività territoriale;
  • Possibilità di personalizzare il proprio punto vendita con le categorie merceologiche più consone al bacino d’utenza;
  • Assistenza e formazione in fase di start-up e formazione continuativa;
  • Studio grafico, progettazione d’immagine, l’arredamento e la comunicazione;
  • Assenza di quantitativi minimi;
  • Pagina web personalizzabile che permette di dare visibilità al punto vendita attraverso una comunicazione diretta con la clientela e di usufruire della piattaforma L’Ecolaio per avere prodotti e catalogo sempre aggiornati;
  • Licenza del software gestionale.

Il punto vendita deve trovarsi a piano terra, con una vetrina oltre all’ingresso e sostare su una via centrale, residenziale o con presenza di uffici.
Le dimensioni medie dei Punti Vendita – tra 35 ed i 65 mq. – vanno considerate flessibili e devono tener conto anche delle caratteristiche del bacino d’utenza effettivo.

Per ricevere ulteriori informazioni, è possibile collegarsi al sito de L’Ecolaio.

A Treviso si va a lezione di green economy

Al fine di sensibilizzare le imprese, ma anche consulenti e lavoratori, sull’importanza della responsabilità sociale d’impresa e ambientale, Treviso Tecnologia, azienda speciale per l’innovazione della Camera di Commercio di Treviso, organizza due corsi di formazione in e-learning dedicati rispettivamente alla “Responsabilità Sociale d’Impresa” e alle tematiche relative alla “Green Economy e certificazioni ambientali”.

Gli incontri prevedono l’approfondimento di alcune tematiche cruciali rispetto alla salvaguardia dell’ambiente e, considerando che si tratta di un argomento che riguarda tutta la popolazione, e non solo le imprese, sono rivolti anche al semplici cittadini che desiderano sapere cosa fare, in concreto, per conservare al meglio l’ambiente in cui vivono.

Per i due percorsi, sono previste due differenti quote di partecipazione: 18,30 euro per il corso “Responsabilità Sociale di Impresa” e 24,20 euro per il corso “Green Economy e certificazioni ambientali”.

Vera MORETTI

La green economy contro la crisi

Di dubbi, Ermete Realacci di Fondazione Symbola e Ferruccio Dardanello di Unioncamere, ne hanno ben pochi: la green economy e le sue molteplici potenzialità, ci salveranno dalla crisi.

I due hanno dichiarato in coro: “La green economy, è un nuovo paradigma produttivo che esprime, nel nostro Paese, la parte propulsiva dell’economia. Dall’inizio della crisi, nonostante la necessità di stringere i cordoni della borsa, più di un’impresa su cinque ha scommesso sulla green economy. Che è stata, quindi, percepita come una risposta alla crisi stessa, e non ha deluso le aspettative“.

A testimoniarlo, i dati di GreenItaly 2013, il rapporto annuale di Unioncamere e Fondazione Symbola che racconta le eccellenze della green economy nazionale e che è stato presentato a Milano presso la sede di Expo 2015.
Dal 2008, infatti, hanno investito, o lo faranno entro la fine dell’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale ben 328mila aziende italiane appartenenti ai settori dell‘industria e dei servizi, che corrispondono al 22% del totale.

E proprio da queste imprese quest’anno arriverà il 38% delle assunzioni totali, segnale che l’economia green non solo traina il mercato italiano, ma crea anche buone opportunità di lavoro. Se si considerano, poi, le assunzioni destinate a ricerca e sviluppo, la percentuale si alza fino al 61,2%.

Ha dichiarato Ferruccio Dardanello: “GreenItaly ci racconta di un’Italia che sa essere più competitiva e più equa, perché fondata su un modello produttivo diverso. In cui tradizione e innovazione, sostenibilità e qualità si incrociano realizzando una nuova competitività. L’Italia non una delle vittime della globalizzazione ma, anzi, un Paese che ne ha approfittato per modificare profondamente la propria specializzazione internazionale, modernizzandola, proprio grazie alla green economy. Creando valore aggiunto in settori in cui ci davano per spacciati e creando nuove specializzazioni in altri settori, in cui siamo oggi leader. L’Expo 2015 è un’occasione unica per presentare al mondo questo modello di sviluppo e l’Italia come suo autorevole paladino. Se vogliamo che questo modello vincente contagi tutto il nostro sistema produttivo, dobbiamo sostenerlo. Anzitutto liberandolo dagli ostacoli che incontra lungo il cammino, primo fra tutti l’eccesso di burocrazia. E poi con politiche industriali e fiscali più green: nelle tecnologie, nella formazione, nella tassazione del lavoro, nel credito, negli investimenti“.

Altri interessanti numeri arrivano dal rapporto, giunto ormai alla sua quarta edizione: il 42% delle imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti esporta i propri prodotti, contro il 25,4% di quelle che non lo fanno.
Il 30,4% delle imprese del manifatturiero che investono in eco-efficienza ha effettuato innovazioni di prodotto o di servizi, contro il 16,8% delle imprese non investitrici.
Il 21,1% delle imprese manifatturiere eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2012, tra le non investitrici è successo solo nel 15,2% dei casi.

Cosa significa ciò? Semplicemente che la green economy aiuta ad aver maggior successo anche all’estero, oltre che ad aumentare produttività e reddito.

Anche i dati relativi all’occupazione giovanile sono incoraggianti, poiché il 42% del totale delle assunzioni under 30 programmate quest’anno dalle imprese dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente, verrà fatto proprio da quel 22% di aziende che fanno investimenti.

Sostengono Unioncamere e Symbola: “Non stiamo parlando, evidentemente, di un settore dell’economia, ma di un tracciante verde che percorre il sistema produttivo italiano e che, a ben guardare, delinea il ritratto più fedele del nuovo made in Italy“.

I settori che maggiormente si sono dimostrati sensibili ed attenti all’economia green, sono
il comparto alimentare (27,7% contro una media del complesso dell’industria e dei servizi del 22%), quello agricolo (49,1%), il legno-mobile (30,6%), il settore della fabbricazione delle macchine ed attrezzature e mezzi di trasporto (30,2%), e poi tessile, abbigliamento, calzature e pelli (23%).

Il Nord del Paese si sta dimostrando più partecipativo in questo senso, con 170mila imprese sul totale delle 327mila, ossia il 52% del totale.
Di queste, 94mila sono al Nord Ovest (28,7%) e circa 75.600 nel Nord-Est (23,1%).
Aziende verdi si trovano anche al Sud, con 93.500 imprese (28,5%), mentre nel Centro si fermano a 64.800 (19,8%).

Per quanto riguarda la distribuzione a livello regionale, spicca la Lombardia, dove le aziende green sono più di 60mila, ovvero il 18% delle imprese green di tutto il Paese.
Segue il Veneto con 30.670 imprese che puntano sull’eco-efficienza (9,4%), terza posizione a pari merito davanti all’Emilia-Romagna e il Lazio, dove sono presenti, in ciascun territorio, poco più di 28mila imprese (8,6%).
Seguono Piemonte, Campania, Toscana e Puglia, rispettivamente con 23.690, 22.540, 21.440 e 20mila imprese attente alle loro performance ambientali. E quindi troviamo la Sicilia, a quota 19.760, e le Marche, che si attestano a 9.830 imprese green.

Ha dichiarato Ermete Realacci: “Non sarà certo la politica economica dell’Adda passà ’a nuttata, per dirla con De Filippo, a tirarci fuori dalla crisi. L’Italia deve affrontare i suoi mali antichi, che vanno ben oltre il debito pubblico e che la crisi ha reso ancora più opprimenti: le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia spesso persecutoria e inefficace. Deve rilanciare il mercato interno, stremato dalla recessione, dall’austerità e dalla paura. E deve saper fare tesoro della crisi per cogliere le sfide, e le opportunità, della nuova economia mondiale. Lo deve fare scommettendo sull’innovazione, la ricerca, la qualità, la green economy, per rinnovare il suo sapere fare, la sua vocazione imprenditoriale e artigiana. L’Italia, insomma, deve fare l’Italia. La prossima Expo di Milano, pensata dopo la crisi, può essere anche la prima esposizione mondiale della green economy“.

Vera MORETTI

Risultati sondaggio, la green economy non può più aspettare

 

“Sostenibilità in azienda ed energie rinnovabili sono…”questo è il sondaggio che vi abbiamo proposto ad inizio settimana e oggi, come ogni domenica, cerchiamo di interpretarne i risultati. In questa nostra settimana dedicata al mondo della green economy, abbiamo appurato, anche grazie alle dichiarazioni che ci ha rilasciato in esclusiva il dir.Business di Rimini Fiera Simone Castelli, come le tematiche ecosostenibili non sono più trascurabili. Così la pensa anche la maggioranza assoluta dei partecipanti al nostro sondaggio, tanto che l’opzione “Una necessità improcrastinabile”  sfonda la barriera del 50%, fermandosi poco sopra al 52%.  A contendersi la rimanente metà, tre opzioni che non raggiungono il 20% ciascuna: “L’ennesimo spauracchio per farci spendere soldi” si ferma al 19%, “Ne riparleremo quando il petrolio sarà finito” arriva al 15% e l’opzione meno considerata “Un’opportunità di business”.

Pmi green, Bruxelles apre il dibattito

Dopo anni di dibattiti, soprattutto fuori dalle istituzioni nazionali e federali, la Commissione europea apre finalmente una consultazione pubblica in vista di una non più procrastinabile preparazione di un piano d’azione verde, il quanto più possibile immediato, per le piccole e medie imprese del continente.

Si intende così raccogliere dati, opinioni e studi, delle parti interessate sulle misure necessarie in sostegno delle Pmi che inevitabilmente le rendano più efficienti sotto il profilo delle risorse e capaci di vendere prodotti e servizi verdi a livello internazionale e su quali attori siano nella posizione migliore per aiutare le imprese in questo processo. Come scrivevamo ieri, i modelli economici che hanno portato alla seconda rivoluzione industriale non sono più sufficienti per intraprendere il cammino che ci porterà direttamente sulle soglie di una nuova era industriale e i risultati di questa consultazione saranno utilizzati per modellare interventi volti a promuovere l’efficenza delle risorse nelle e per le Pmi, da includere nel prossimo piano d’azione verde per le piccole imprese, atteso per fine 2013

Jacopo MARCHESANO

Sostenibilità, la chiave per lo sviluppo delle Pmi

 

di Davide PASSONI

Il tema della sostenibilità nelle Pmi è molto sentito non solo in Italia, ma anche in ambito europeo. La dimostrazione arriva dal recente report del Network for Business Sustainabilty che ha fatto il punto sulle sfide attuali delle Pmi in tema di sostenibilità.

Il Network for Business Sustainabilty è un’organizzazione canadese che ha come scopo la creazione di una rete di esperti accademici internazionali e dirigenti d’azienda impegnati in maniera attiva nella cosiddetta Csr, Corporate Sociale Responsibility, ossia l’integrazione di preoccupazioni di natura etica all’interno della visione strategica d’impresa, per gestire efficacemente le problematiche d’impatto sociale ed etico all’interno dell’impresa e nelle sue zone di attività.

Il report è annuale e in questo 2013 il Consiglio per le PMI del Network for Business Sustainabilty con il report “SME Sustainability Challenges 2013” ha puntato la propria attenzione sull’importanza delle interazioni con la società, che interessano i rapporti che ciascuna azienda ha con gli elementi della sua catena del valore, i politici, i ricercatori, le ONG e i clienti. L’obiettivo delle piccole e medie imprese è fare in modo che la sostenibilità sia efficace grazie a un alto grado di collaborazione e di qualità di queste interazioni.

Ecco dunque le otto domande che il Network ha individuato per definire efficacemente le sfide di sostenibliltà delle Pmi:

  1. Come possono gli investimenti delle PMI in materia di sostenibilità portare concreti risultati finanziari?
  2. Come promuovere la creazione di regole di sostenibilità coerenti ed efficaci?
  3. Come innovare per mantenere la competitività e contribuire alla sostenibilità?
  4. Come sensibilizzare l’opinione pubblica sui tre pilastri della sostenibilità?
  5. Come incorporare le azioni di sostenibilità nella loro cultura organizzativa?
  6. Come preparare la successione d’impresa e garantire continuità?
  7. Come possono le PMI manifatturiere coinvolgere i rivenditori nella promozione dei loro prodotti sostenibili?
  8. Come aumentare la competitività contro i chi pratica greenwashing?

Con queste domande la relazione del Network punta a individuare le otto principali sfide di sostenibilità delle piccole e medie imprese, che hanno l’obiettivo di migliorare le performance organizzative e l’integrazione nella società. Per raggiungere l’obiettivo, le aziende devono trovare un equilibrio tra i capisaldi dello sviluppo sostenibile, l’innovazione, e la business continuity. Fondamentale è anche la realizzazione di collegamenti tra le Pmi e i governi in modo da coordinare gli sforzi di sostenibilità, migliorare la comunicazione e coinvolgere il pubblico.

A testimonianza del fatto che non si tratta di discorsi né di obiettivi fumosi, le sfide del report sono state definite da un consiglio al cui interno trovano posto amministratori di piccole e medie imprese, oltre a rappresentanti di organizzazioni pubbliche e governative. Ogni partecipante rappresenta un settore diverso ed è riconosciuto per il suo impegno nella sostenibilità, in modo da coprire l’intero arco di influenza delle Pmi.

Pmi e cultura green oggi, non c’è tempo da perdere

 

di Davide PASSONI

Ci stiamo lasciando alle spalle un altro anno difficile, nel quale qualche piccolo segnale di ottimismo ha cominciato a mostrarsi. Quello che comincerà tra un paio di mesi, prenderà comunque il via sotto il segno dell’incertezza, specialmente in ambito economico.

Insomma, un altro anno tutto da decifrare per le piccole imprese italiane, ma con qualche piccola certezza. Una di queste riguarda alcuni settori che, nella crisi, si sono difesi e si stanno difendendo meglio di altri. Il settore del green, per esempio. Un ambito che, come evidenziato dall’ultimo rapporto GreenItaly relativo al 2012, ha un alto tasso di imprese che assumono, si sviluppano, crescono a due cifre ma, soprattutto, producono innovazione e creano ricchezza in modo quasi uniforme sul territorio italiano, dal Nord al tanto bistrattato Sud, dove pare così difficile fare impresa.

Bisogna però fare attenzione a non interpretare il green in azienda solo come una moda o come un’esclusiva chiave di business. Essere green, oggi, per una piccola azienda o un laboratorio artigiano non significa solo realizzare prodotti e manufatti ecocompatibili o creati con materiali di recupero; certo, dal punto di vista del profitto questo è  ciò che porta fatturato, ma che senso ha realizzare prodotti altamente ecologici quando in azienda, magari, non si effettua la raccolta differenziata, non si spengono i computer in pausa pranzo, non si utilizza carta riciclata per copie e documenti?

Durante questa settimana cercheremo di fare il punto su come  messa la Pmi green in Italia, quali sono gli ambiti maggiormente promettenti per creare un business verde di successo e, soprattutto, quali gli errori da non fare per evitare che il sogno di lavorare nel campo delle tecnologie verdi diventi un incubo con la prospettiva del fallimento. Perché, lo ripetiamo, riempirsi la bocca con il green non ha senso se non si  in possesso di una chiara idea di business.