Riforma fiscale e concordato preventivo biennale: a chi si applica e come funziona

Tra le misure che rientrano nella proposta di riforma fiscale, vi è il concordato preventivo biennale, da considerare come uno strumento volto a migliorare i rapporti tra Fisco e contribuente e ridurre l’evasione fiscale. Ecco le principali novità introdotte.

Cos’è il concordato preventivo biennale

Il concordato preventivo è un accordo tra il Fisco e il contribuente che prevede di fissare per due anni la base imponibile, in questo modo il contribuente sa già quante tasse dovrà versare per due anni. Non si applicherà a tutti i contribuenti, ma solo a titolari di reddito di impresa e lavoratori autonomi che abbiano un fatturato non particolarmente importante.

La ratio dell’introduzione del concordato preventivo biennale risiede nel fatto che in Italia vi è un elevato livello di evasione fiscale, favorita dall’impossibilità di eseguire accertamenti fiscali su tutti i contribuenti. Attualmente, come dichiara il vice ministro all’Economia, solo il 2-2,5% delle dichiarazioni sono sottoposte a controlli. Con il concordato preventivo c’è un accordo tra le parti sulla tassazione da applicare che esclude un’ampia fetta di contribuenti dalla necessità di essere sottoposti a controlli.

La nuova riforma prevede che l’Agenzia delle Entrate in base ai dati in suo possesso basati su fatturazione elettronica e altri elementi in suo possesso, determina una base imponibile fissa per due anni, questa corrisponde alle potenzialità delle attività che accedono a questa modalità di calcolo delle imposte. Con tale metodo di calcolo della base imponibile, il contribuente sarà chiamato a versare per due anni successivi le stesse imposte sui redditi e Irap. Restano immutati nei due anni anche i contributi previdenziali da versare. Sfugge a tale modalità di calcolo l’Iva.

Vantaggi e svantaggi del concordato

Naturalmente un professionista, lavoratore autonomo, piccolo imprenditore, nell’arco di due anni può avere delle variazioni di reddito e non è detto che le stesse siano in aumento, elemento che porterebbe con il concordato preventivo biennale a un risparmio di imposta. Può capitare, e spesso capita, che vi siano delle fluttuazioni di entrate verso il basso, questo implica che vi è il rischio che il contribuente paghi più di quanto effettivamente dovuto.

Il testo della bozza sottolinea inoltre “fermi restando gli obblighi contabili e dichiarativi. Ciò implica che non vi è il risparmio dovuto al non adempimento di tutti quegli oneri burocratici che fanno perdere tempo e che alla fine implicano un esborso di denaro dovuto alla necessità di rivolgersi a professionisti.

Deve però essere sottolineato che il contribuente è libero di aderire o meno al concordato preventivo. Tenderà a farlo nel momento in cui ritiene che nell’arco di due anni possa esservi una buona crescita e quindi si possa generare un vantaggio fiscale. Purtroppo non sempre è semplice fare tali previsioni in modo adeguato.

La bozza della riforma fiscale prevede anche ipotesi di decadenza dal concordato preventivo biennale. Ciò si verifica nel caso in cui dai controlli emerga che negli anni antecedenti rispetto a quello in cui il contribuente ha aderito al concordato, non sono stati adeguatamente documentati ricavi e compensi. Sono però previste delle soglie, quindi se la discordanza è minima non si decade.

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Dichiarazione dei redditi partite Iva: tutte le date

Ecco quali sono le date da rispettare per le partite Iva nella dichiarazione dei redditi 2022. In questa guida illustreremo quando e come si pagano le tasse e le varie scadenze fiscale dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti. In particolare è necessario prestare attenzione:

  • al versamento del saldo 2021 e del primo acconto;
  • alle modalità da seguire per il calcolo;
  • al secondo acconto;
  • alla dichiarazione dei redditi.

Partite Iva e lavoratori autonomi: a giugno il pagamento del saldo e del primo acconto

A giugno, le partite Iva e i lavoratori autonomi dovranno versare il saldo e il primo acconto. Per le partite Iva aperte nel corso del 2021 si tratterà del debutto nel versamento delle imposte. Infatti, la legislazione nazionale prevede che la tassazione sul reddito imponibile venga calcolata e poi versata a partire dal mese di giugno dell’anno susseguente, in concomitanza con la dichiarazione dei redditi. La scadenza è dunque fissata al 30 giugno 2022.

Partite Iva e liberi professionisti: entro il 30 giugno 2022 versamento del saldo e della prima rata

Le partite Iva e i liberi professionisti attivi già da anni, a giugno devono fare il calcolo di quanto versare sulla base di quanto già pagato nell’anno precedente. Infatti, nel 2021 sono state già versate o le ritenute a titolo di acconto o di acconti di imposta. E, pertanto, entro il 30 giugno 2022 dovrà essere pagato il saldo e la prima rata dell’acconto dell’Irpef, dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) o dell’imposta sostitutiva per le partite Iva a regime forfettario.

Versamento imposte partite Iva al 30 giugno 2022, si può pagare dopo?

Il primo pagamento di giugno relativo al saldo e alla prima rata delle partite Iva e dei lavoratori autonomi può essere differito di 30 giorni. Non è necessario che ci sia una motivazione da dimostrare, ma la scadenza può essere posticipata al 30 luglio prossimo. Considerando che nel 2022 il 30 luglio capita di sabato, si può procedere con il versamento entro il 2 agosto. Infine, data la pausa estiva, l’ultima data utile disponibile per il pagamento del saldo e della prima rata è quella del 22 agosto 2022. Tuttavia, pagare in ritardo rispetto al 30 giugno il saldo e la prima rata comporta l’addebito degli interessi al tasso dello 0,4%.

Imposte delle partite Iva, come si può rateizzare quanto dovuto?

Le partite Iva possono anche rateizzare gli importi dovuti al 30 giugno a titolo di imposte. Sia che scelgano la scadenza del 30 giugno prossimo che quella del 22 agosto, l’importo da versare può essere rateizzato con scadenza dell’ultima rata al 30 novembre 2022. A questa data corrisponde anche il versamento del secondo acconto. Il pagamento di quanto dovuto può essere effettuato solo on line, utilizzando il modello F24.

Partite Iva, come si calcola il saldo e il primo acconto?

Per il calcolo del saldo di imposta, le partite Iva dovranno considerare:

  • il reddito imponibile e la dichiarazione dei redditi;
  • le detrazioni e le deduzioni;
  • quanto già versato nel corso del 2021 come acconto.

Nel momento in cui si determina il saldo dell’imposta del precedente anno, si definisce anche quale acconto dovrà essere pagato. Tale acconto andrà a saldo nel 2023.

A quanto ammonta l’acconto delle partite Iva?

L’imposto dell’acconto delle partite Iva corrisponde al totale dell’imposta dichiarata nell’anno 2022. Il contribuente, tuttavia, nel caso in cui preveda delle riduzioni della propria attività autonoma, può versare a titolo di acconto un importo inferiore. Nel momento in cui viene definito il totale dell’acconto, dovrà essere pagato subito, entro il 30 giugno 2022, il 40% dell’acconto stesso. Le partite Iva forfettarie rientranti negli Indici sintetici di affidabilità (Isa), versano a titolo di acconto il 50%.

Partite Iva e liberi professionisti: entro quando va pagato il secondo acconto?

Il versamento del secondo acconto delle partite Iva e dei liberi professionisti ha scadenza al 30 novembre 2022. Entro questa scadenza, i lavoratori autonomi dovranno pagare la restante parte, ovvero il 60% (o il 50% dei soggetti Isa). Si tratta dell’acconto per il prossimo anno, da versare in via obbligatoria. Nel caso in cui l’acconto dovesse non eccedere l’importo di 257,52 euro, è possibile versarlo in un’unica soluzione con scadenza al 30 novembre 2022. In questo caso, non dovrà essere pagato nulla a giugno.

Dichiarazioni dei redditi delle partite Iva e professionisti: quali sono le date da ricordare?

La dichiarazione della dichiarazione dei redditi delle partite Iva tramite il modello Persone fisiche (Pf) deve essere presentata da tutti i lavoratori autonomi, indipendentemente dall’aver conseguito dei redditi nel periodo di imposta 2021. È quanto prevede l’Agenzia delle entrate con il provvedimento dello scorso 31 gennaio. Pertanto, anche le partite Iva che nello scorso anno non abbiano conseguito guadagni sono tenute a presentare il modello Persone fisiche.

Entro quando deve essere inviato il modello Persone fisiche dai titolari di partita Iva?

Il modello Pf deve essere inviato entro la scadenza del 30 giugno prossimo se si provvede mediante la compilazione del modello cartaceo. In tal caso, il modello va inviato da un ufficio postale. Nel caso in cui si scelga di inviare il modello Pf on line, la scadenza è al 30 novembre prossimo. Lo può inviare direttamente il contribuente o il proprio commercialista.

Ecco tutti i redditi che non sono tassati per i contribuenti italiani

Ormai stiamo per essere catapultati nel periodo clou delle dichiarazioni dei redditi. Dal 23 maggio i contribuenti potranno iniziare ad avere accesso alla loro dichiarazione precompilata. Parliamo del modello 730 del 2022, quello che serve per completare l’anno di imposta del 2021. Anche se molti presentano la dichiarazione dei redditi per ottenere il tanto atteso rimborso fiscale, va detta una cosa. La dichiarazione dei redditi, che si utilizzi il modello 730 piuttosto che il modello Redditi Persone Fisiche, serve ai contribuenti per pagare le tasse. Per questo occorre innanzi tutto capire quali siano i redditi tassabili. Infatti non tutti i redditi in capo ad un contribuente sono tassabili.

I redditi e le tasse, la guida in sintesi

Ogni contribuente deve pagare le tasse sui redditi che ha prodotto l’anno precedente quello in cui si provvede a presentare la dichiarazione. Tutti i redditi prodotti nel 2021 vanno indicati nella dichiarazione 2022. Ci sono redditi che sono stati già tassati lo scorso anno, mentre per altri occorre provvedere al versamento delle tasse con il 730 o il Redditi PF. In pratica, la dichiarazione dei redditi serve da conguaglio, per completare la partita fiscale con l’Agenzia delle Entrate. Ciò che si versa è l’Irpef e le sue addizionali comunali e regionali. Irpef è acronimo di Imposta sul reddito delle persone fisiche e grava su tutti i redditi prodotti, dalle pensioni al lavoro, dalle case ai terreni.

Quali redditi sono assoggettabili ad Irpef

Case, terreni, stipendio, pensione e così via dicendo. Tutto dovrebbe essere assoggettato ad Irpef, tranne che per quegli introiti reddituali che vengono definiti esenti. Si dice comunemente che l’imposta sul reddito delle persone fisiche, l’Irpef, grava su tutte le somme che i contribuenti ricevono a qualsiasi titolo. Come vedremo però, non sempre è così. In alcuni casi manca la natura reddituale.

L’Irpef è una imposta progressiva che grava suoi contribuenti in base agli scaglioni di riferimento. Più alto è il reddito, maggiore sarà l’aliquota applicata sulla parte eccedente il limite massimo dello scaglio precedente. Le voci reddituali tra quelli prodotti ed assoggettati ad Irpef sono:

  • Reddito da lavoro dipendente;
  • Redditi da pensione;
  • Reddito assimilato a quello da lavoro dipendente;
  • Reddito da lavoro autonomo;
  • Reddito fondiario;
  • Redditi da capitale.

Occorre sottolineare che  tutti questi redditi oltre che assoggettati all’Irpef lo sono per le relative addizionali comunali e regionali. Se la somma di tutti questi redditi non superano quella che è la canonica della no tax area, cioè 8.174 euro, nessuna imposta è dovuta.

Tutto ciò che non fa reddito

Se prima abbiamo elencato tutto quello che fa reddito, e che deve finire con l’essere assoggettato ad Irpef, un quadro del genere meritano le voci di reddito esenti. Come è evidente, chi oltre al reddito erogato dal datore di lavoro nel 2021, e di fatto già tassato, ha altri redditi tra quelli prima citati, dovrà versare la differenza di imposta. E lo strumento è proprio la dichiarazione dei redditi. Dentro cui comunque devono essere inserite le detrazioni non ancora sfruttate in busta paga o le detrazioni provenienti dai cosiddetti oneri deducibili e detraibili, cioè le varie spese previste dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir). Tornando alle voci reddituali non assoggettate a tassazione abbiamo:

Ricavi derivanti dai compensi ricevuti per chi svolge o pratica attività sportive dilettantistiche fino al tetto massimo di 10.000 euro anche se con Contratto di Collaborazione Continuativa;

  • Indennità di trasferta fino a 46,48 euro al giorno;
  • Indennità di trasferta fino a 77,47 euro al giorno per trasferta estera;
  • Premi e indennità di welfare aziendale fino a 258,23 euro;
  • Reddito della casa di abitazione e sue pertinenze.

8 per mille, 5 per mille e 2 per mille: caratteristiche, cumulo e beneficiari

E’ in procinto di apertura la stagione della dichiarazione dei redditi e come sempre in questo periodo molti sono i dubbi che attanagliano gli italiani, tra questi vi è la destinazione della quota disponibile dell’Irpef e cioè 8 x 1000, 5 x 1000 e 2 x 1000. Vedremo quindi le caratteristiche e la possibilità di cumulo tra tali destinazioni.

L’8 per mille alle istituzioni religiose

Il legislatore mostra particolare sensibilità alle finalità etico – sociali e di conseguenza offre ai cittadini la possibilità di scegliere a chi devolvere una quota della propria imposta sul reddito delle persone ad enti che hanno finalità di particolare valore etico e sociale. La devoluzione più conosciuta è l’8×1000 che permette di devolvere una quota pari, appunto all’8 per mille del proprio Irpef a confessioni religiose. Le stesse possono accedervi in seguito legge ad hoc dello Stato italiano.

Il contribuente italiano può scegliere tra diverse confessioni, in primo luogo la Chiesa Cattolica, seguono Assemblee di Dio in Italia, Unione Italiana delle Chiese Avventistiche del 7° giorno, Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, Chiesa Evangelica Luterana in Italia, Unione delle Comunità Ebraiche in Italia, Unione Cristiana Evangelica Battista in Italia, Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e Malta ed Esarcato per l’Europa Meridionale, Chiesa Apostolica in Italia, Unione Buddhista Italiana, Unione Induista Italiana, Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai.

Ogni confessione sceglie poi quali finalità perseguire con la propria quota di destinazione, ad esempio l’Unione Buddhista Italiana si occupa di interventi culturali, sociali e umanitari in favore di Paesi terzi, attività assistenziale e di sostegno al culto. Il contribuente che non sceglie a quale ente devolvere il proprio 8 x 1000 è come se lo devolvesse allo Stato che però utilizzerà tale quota per attività socio – culturali, come interventi umanitari, assistenza ai rifugiati, conservazioen dei beni culturali.

Il 5 per  mille ad associazioni, enti di ricerca e Comuni

Un’altra scelta possibile è quella del 5 per 1000. In questo caso deve registrarsi una novità, infatti con l’entrata in vigore del RUNTS, Registro Unico Nazionale Terzo Settore, solo le associazioni iscritte in tale registro potranno essere destinatarie del contributo in oggetto. Anche in questo caso il contribuente deve scegliere e indicare in dichiarazione a chi vuole devolvere la propria quota di 5 per mille. Il contribuente può scegliere l’ONLUS a cui devolvere il proprio 5 per 1000 facendo riferimento ad associazioni a cui è particolarmente legato, ad esempio per la ricerca, in istituto ospedaliero, se non ha già scelto può visionare l’elenco degli enti accreditati sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che è possibile trovare al link https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/Terzo-settore-e-responsabilita-sociale-imprese/focus-on/Cinque-per-mille/Documents/ETS-accreditati-5×1000-in-data11042022.pdf

Il 5 x 1000 può essere devoluto anche alle Associazioni Sportive Dilettantistiche, ASD, sempre che siano accreditate. Inoltre può essere devoluto a Università e istituti di ricerca scientifica, al Comune di residenza per lo svolgimento di attività sociali, enti di promozione e tutela del patrimonio artistico culturale.

Il 2 per 1000 ai partiti

Il 2 per mille è invece la quota di imposta sui redditi che può essere destinata ai partiti.

Si possono cumulare 8 x mille, 5 x mille e 2 x mille?

Ora che abbiamo visto a chi si possono devolvere piccole quote della propria imposta Irpef, risolviamo altre criticità. La prima cosa da dire è che tale devoluzione può essere cumulativa, cioè il contribuente può scegliere di devolvere sia l’8 x 1000 sia il 5 x  1000, sia il 2 x 1000. Tale scelta non comporta per il contribuente alcun aggravio dal punto di vista fiscale. Si tratta di scelte opzionali, quindi se non viene effettuata la scelta, non c’è alcuna conseguenza per il contribuente.

Cosa succede se il contribuente non presenta la dichiarazione dei redditi perché esonerato? Anche in questo caso il contribuente può devolvere la propria quota di Irpef, in questo caso deve essere compilata solo la scheda allegata alla Certificazione Unica CU. Tale scheda può essere trasmessa tramite intermediario, ad esempio un professionista o il CAF di fiducia, oppure tramite il portale dell’Agenzia delle Entrate o infine tramite Poste Italiane consegnando in busta chiusa la scheda adeguatamente compilata. Poste Italiane provvederà a trasmetterla all’Agenzia delle Entrate.

Imu da modificare

L’Imu è slittata a settembre per i possessori di prime case mentre i settori dei servizi e della produzione sono chiamati al pagamento della prima rata dell’aliquota, in scadenza la settimana prossima.

Rete Imprese Italia, in occasione dell’audizione presso la Commissione Finanze del Senato in materia di tassazione degli immobili, ha sottolineato che la tassa rappresenta un vero e proprio peso per le piccole e medie imprese, pesantemente colpite dalla crisi e dalla conseguente mancanza di liquidità.
L’accesso al credito sempre più ristretto certamente sta facendo il resto, e il versamento della rata Imu rappresenta un’ennesima tegola ed un ennesimo grattacapo.

Per questo motivo, RTI ha chiesto, a nome delle pmi, una modifica radicale dell’aliquota, che possa dare respiro ad una categoria, quella dei piccoli imprenditori, messa a dura prova dalla pressione fiscale alle stelle e da un mercato, in particolare se si tratta di terziario ed artigianato, che lotta per la sopravvivenza.

Ciò che Rete Imprese Italia ha voluto ribadire è “la necessità di escludere dall’imposizione tutti gli immobili strumentali all’attività d’impresa, in quanto si tratta di beni che non rappresentano una forma di accumulo di patrimonio, o quantomeno di attenuare, nell’immediato, l’impatto dell’Imu su tali immobili dimezzando l’aliquota o prevedendo la deducibilità di tale imposta dal reddito d’impresa determinato ai fini delle imposte sui redditi (Irpef/Ires) e dell’Irap. In quest’ultimo caso, l’Imu dovrebbe essere inquadrata e modulata quale imposta sui servizi locali e non come mera imposta sul patrimonio, rappresentando così un costo inerente all’attività economica svolta. Una soluzione che rientrerebbe, peraltro, in quel processo di semplificazione impositiva ed amministrativa indispensabile per sostenere lo sviluppo delle imprese e dell’economia reale“.

Vera MORETTI

Paesi Ocse, l’Italia ha la disuguaglianza dei redditi maggiore

La disuguaglianza dei redditi in Italia è superiore alla media dei Paesi Ocse, più elevata che in Spagna ma inferiore rispetto al Portogallo e al Regno Unito. Nel 2008 il reddito medio del 10% più ricco degli italiani era di 49.300 euro, dieci volte superiore al reddito medio del 10% più povero (4.877 euro) con un aumento della disuguaglianza rispetto al rapporto di 8 a 1 di metà degli anni Ottanta. E’ quanto emerge dal rapporto Ocse ‘Divided we stand: why inequality keeps rising’ (Sempre più divisi: perché le diseguaglianze continuano a crescere), presentato nella sede dell’Istat, alla presenza del ministro del Lavoro, Elsa Fornero.

Le imposte sui redditi e i sussidi sociali hanno un ruolo importante, secondo il rapporto, nella redistribuzione del reddito in Italia, riducendo la disuguaglianza di circa il 30%, a fronte della media Ocse di un quarto.

Sempre in tema di redditi, la proporzione di quelli più elevati è aumentata di più di un terzo: l’1% più ricco degli italiani ha visto la proporzione del proprio reddito aumentare dal 7% del reddito totale nel 1980 fino a quasi il 10% del 2008. L’aumento dei redditi da lavoro autonomo ha contribuito in maniera importante, secondo il rapporto, all’aumento della disuguaglianza dei redditi da lavoro: la loro quota sul totale dei redditi è aumentata del 10% dalla metà degli anni ’80 e i redditi da lavoro autonomo sembrano ancora predominare tra le persone con i redditi più alti, al contrario di quanto avviene in molti altri Paesi Ocse.

Anche in Italia, come nella maggior parte dei Paesi dell’area, la differenza tra le ore di lavoro dei lavoratori medio e peggio retribuiti è aumentata. Dalla metà degli anni ’80 il numero annuale di ore di lavoro dei lavoratori dipendenti meno pagati è diminuito, passando da 1.580 a 1.440 ore; anche quello dei lavoratori meglio pagati è diminuito ma in minor misura, passando da 2.170 a 2.080 ore. Figura poi diminuita la redistribuzione del reddito attraverso i servizi pubblici.

In Italia sanità, istruzione e servizi pubblici destinati alla salute contribuiscono a ridurre di circa un quinto la disuguaglianza. Gli stessi tuttavia contribuivano a una riduzione di circa un quarto nel 2000. La spesa sociale in Italia, rileva il rapporto Ocse, è basata prevalentemente su trasferimenti pubblici, come per esempio i sussidi di disoccupazione piuttosto che sui servizi.

Secondo l’Ocse, la via maestra per ridurre le disparità è l’occupazione: anche in una tale ottica è comunque essenziale investire nelle risorse umane, “un processo che -si legge nel rapporto- deve iniziare dalla prima infanzia ed essere sostenuto per tutto il ciclo di istruzione obbligatoria”. Lo strumento più diretto per accrescere gli effetti redistributivi è comunque indicato nella riforma delle politiche fiscali e previdenziali: perdite ampie di reddito per i gruppi a basso reddito evidenziano “l’importanza del ruolo degli ammortizzatori sociali, dei trasferimenti pubblici e delle politiche di sostegno”, meccanismi che l’Ocse auspica siano “ben congegnati al fine di ottenere i risultati sperati”.

Fonte: adnkronos.com