Contributi Pmi Lombardia fotovoltaico e cambio pannelli: bando a commercianti, artigiani e impianti sportivi

Per le piccole e medie imprese della Regione Lombardia arriva il pacchetto da 64 milioni di euro per l’efficientamento energetico e per il cambio delle macchine e dei pannelli solari. I contributi a fondo perduto sono del 50% per il fotovoltaico e fino al limite dell’80% per il cambio delle macchine e dei pannelli solari. A beneficiarne possono essere i commercianti, gli artigiani e gli impianti sportivi. Il pacchetto energia si articola in tre differenti misure a sostegno dell’efficientamento energetico. La quota più corposa degli aiuti andrà alle imprese e agli enti che gestiscono impianti natatori e del ghiaccio.

Contributi a fondo perduto per le Pmi della Regione Lombardia, gli obiettivi di sostegno per il caro energia

Gli avvisi per i contributi a fondo perduto della Regione Lombardia arrivano a seguito della seduta del 26 aprile scorso della Giunta regionale. L’obiettivo è quello di supportare le piccole e medie imprese in interventi strutturali in modo che gli aumentati costi dell’energia non influiscano sul loro equilibrio economico. Il bando prevede nella quasi totalità contributi a fondo perduto con aliquote di aiuti fino all’80%.

Contributi a fondo perduto imprese artigiane della Regione Lombardia, cosa sono?

Per le imprese artigiane della Regione Lombardia, il bando prevede lo stanziamento di oltre 22,3 milioni di euro. Gli aiuti consistono nella concessione di contributi a fondo perduto che possono raggiungere il 50% delle spese ammissibili. Il limite delle spese è fissato in 50 mila euro. L’importo minimo dei progetti deve essere di 15 mila euro. Risultano ammissibili agli incentivi gli investimenti fatti per favorire l’efficientamento energetico della sede legale o produttiva. Per la presentazione delle domande è necessario utilizzare la sezione del sito della Regione Lombardia “Bandi online”.

Quali spese sono ammissibili dal bando della Regione Lombardia per gli artigiani?

A titolo di esempio, sono ammissibili le spese delle imprese artigiane del bando della Regione Lombardia per l’efficientamento energetico:

  • quelle per acquistare e installare i collettori solari e gli impianti di microgenerazione della potenza massima di 200 kWel;
  • l’acquisto e l’istallazione di caldaie ad alta efficienza a condensazione, a pompe di calore o a biomassa, in sostituzione delle caldaie già esistenti nei siti produttivi;
  • gli impianti fotovoltaici;
  • l’acquisto e l’installazione dei macchinari e delle attrezzature in sostituzione di quelli già esistenti in azienda;
  • i sistemi di domotica, di monitoraggio dei consumi energetici, le apparecchiature a led per la sostituzione degli impianti di illuminazione tradizionale;
  • le opere murarie e di impianti nel limite del 20% del totale delle spese ammissibili purché funzionali all’attività artigianale.

Piccole e medie imprese del commercio della Lombardia, quali contributi a fondo perduto per l’efficientamento energetico?

Per le piccole e medie imprese della Regione Lombardia operanti nel settore del commercio sono a disposizione 9,6 milioni di euro di risorse per i contributi a fondo perduto a favore dell’efficientamento energetico. Gli aiuti, dunque, consistono in contributi fino al 50% delle spese ammissibili, nei limiti di progetti per un minimo di 4 mila euro e un massimo di 30 mila euro. Il bando per la presentazione delle domande sarà aperto a giugno.

Quali spese sono ammissibili dal bando Lombardia per l’efficientamento energetico delle imprese del commercio?

Tra le spese ammissibili dei contributi a fondo perduto della Regione Lombardia per le imprese del commercio, rientrano:

  • gli impianti fotovoltaici per autoprodurre l’energia da fonti rinnovabili;
  • l’acquisto e l’installazione di attrezzature e di macchinari in sostituzione di quelli già in possesso;
  • acquisto e installazione di impianti per raffrescare o raffreddare;
  • l’acquisto di sistemi di domotica al fine di risparmiare energia e tenere sotto controllo i consumi.

Contributi a fondo perduto per gli impianti natatori e del ghiaccio della Lombardia: cosa sono?

Le risorse più cospicue sono stanziate dalla Regione Lombardia per gli operatori economici che gestiscono gli impianti natatori e del ghiaccio. La Regione ha stanziato 32 milioni di euro per questo pacchetto di aiuti. Si tratta di un sostegno a favore degli operatori che rischiano il fallimento o l’interruzione delle attività a causa del caro prezzi dell’energia. Il sostegno economico si concretizza in un contributo a fondo perduto che può raggiungere l’80% delle spese ritenute ammissibili. Il limite massimo della spesa è pari a 350 mila euro.

Chi può richiedere i contributi a fondo perduto Lombardia per impianti natatori e del ghiaccio?

Ammessi a presentare domanda per i contributi a fondo perduto della Regione Lombardia per gli impianti natatori e del ghiaccio sono:

  • i soggetti privati titolari o concessionari della gestione degli impianti;
  • gli enti pubblici se proprietari o gestori diretti degli impianti.

Quali sono le spese ammissibili per i contributi a fondo perduto per gli impianti natatori e del ghiaccio?

Le spese ammissibili per i contributi fino all’80% degli impianti natatori e del ghiaccio riguardano l’acquisto e l’installazione di:

  • collettori solari termici;
  • impianti fotovoltaici per autoprodurre energia elettrica da fonti rinnovabili;
  • teli isotermici per coprire piscine nelle ore di non utilizzo;
  • caldaie ad alta efficienza in sostituzione degli impianti già esistenti.

Regione Lombardia, come presentare domanda per i contributi a fondo perduto per l’efficientamento energetico?

Il bando attuativo del progetto è previsto in uscita a 60 giorni dalla delibera della Giunta regionale. Tramite l’avviso saranno riportate le modalità attraverso le quali si procederà per l’apertura dello sportello e la presentazione delle istanze. I progetti verranno valutati in base agli obiettivi di efficientamento energetico e verrà stilata una graduatoria finale delle imprese ammesse ai contributi.

Imprese artigiane ancora in negativo ma in ripresa

Considerando la situazione delle imprese artigiane, al 31 dicembre erano 1.327.180 quelle regolarmente registrate, con 80.836 iscritte, che corrispondono ad un tasso di iscrizione del 6%, e 92.265 cessate, pari ad un tasso di cessazione del 6,9%.
Saldo negativo, dunque, di 11.429 unità tra natalità e mortalità, che quindi corrisponde ad una percentuale negativa dello 0,9%, ma sempre in miglioramento rispetto all’1,2% dell’anno precedente.

Questi dati significano che nel 2017 sono nate 311 imprese artigiane al giorno,
Lo 0,9% in calo è determinato soprattutto dalla dinamica negativa delle imprese delle Costruzioni (-1,3%) e di quella del Manifatturiero (-1,2%), mentre nei Servizi, il primo comparto dell’artigianato per numero di occupati (37,5%), si osserva una sostanziale tenuta (-0,2%).

Tra le imprese artigiane costituite nel 2017, la forma giuridica delle srl è in crescita del 4,2%, mentre scendono le società di persone (-2,6%) e le ditte individuali (-0,8%).
Generalmente, tra le imprese attive, la dimensione media delle srl del settore è di 6,8 addetti, quindi superiore a 3,9 addetti/impresa delle società di persone e a 1,7 addetti/imprese delle ditte individuali.

A livello territoriale, la diffusione del settore si sta espandendo su tutta Italia, ad eccezione del Trentino Alto Adige, dove si registra una stabilizzazione delle imprese. Percentuali di diminuzione più contenuta arrivano da Valle d’Aosta (-0,1%), Lombardia (-0,4%), Calabria (-0,5%) e Friuli-Venezia Giulia (-0,5%).

A livello provinciale si nota un miglioramento del tasso di variazione in 73 province italiane sulle 105 considerate, quindi significa che la crescita coinvolge due province su tre, con una percentuale del 69,5% di gran lunga migliore del 56,2% del 2016.
Sette sono le province che rimangono stabili, mentre nelle 25 rimanenti c’è un peggioramento della situazione.
Entrando maggiormente nel dettaglio, nel 2017 l’artigianato è cresciuto a Reggio Calabria (+0,9%), Bolzano (+0,7%), Milano (+0,6%), Taranto (+0,2%) e Trieste (+0,1%), mentre dimostrano di resistere, seppur con crescita zero, le imprese artigiane a Monza e Brianza e Napoli.

Vera MORETTI

Calano gli infortuni nelle imprese artigiane

Infortuni in calo, durante i primi nove mesi del 2017, dell’1,8%, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Si tratta di 719 infortuni in meno nelle imprese artigiane, che però sono in controtendenza rispetto a quelle non artigiane, dove sono invece aumentati dell’1,2%.
Gli infortuni denunciati dal totale delle imprese private non agricole sono aumentati dello 0,8%, e sono 3.113 in più rispetto al 2016, mentre nel primi nove mesi dell’anno in corso solo un decimo (10,6%) degli infortuni relativi alle imprese non agricole private si riferisce all’artigianato.

A calare sono soprattutto gli infortuni sul luogo di lavoro, che sono l’88,7% del totale e che sono diminuiti del 2%, mentre sono aumentati, anche se solo dello 0,3%, quelli in itinere, che generalmente incidono dell’11.3%.

Sempre nelle imprese artigiane l’85,7% degli infortuni avviene senza mezzo di trasporto ed il restante 14,3% con mezzo di trasporto. Rispetto a un anno prima sono in calo dello 0,7% gli infortuni avvenuti con il concorso di un mezzo di trasporto, calo meno accentuato del -2,0% osservato per gli infortuni senza il coinvolgimento degli stessi.

Considerando la situazione a livello territoriale, si registrano per l’artigianato diminuzioni in quindici regioni e calano di oltre il 5% gli infortuni in: Molise (-18,5% vs -15,6% totale imprese), Umbria (-10,2% vs -7,5% totale imprese), Sicilia (-9,1% vs -2,5% totale imprese), Lazio (-7,0% vs 1,3% totale imprese) e Abruzzo (-6,4% vs -2,5% totale imprese).
A livello provinciale si registrano per l’artigianato cali di infortuni superiori al 15% per: Ogliastra (-32,6%), Crotone (-30,6%), Isernia (-24,6%), Brindisi (-24,2%), Enna (-23,6%), Ragusa (-22,8%), Taranto (-21,5%), Oristano (-17,4%), Verbano-Cusio-Ossola (-17,0%), Biella (-16,5%), Gorizia (-16,0%), Latina (-15,8%), Trapani (-15,8%), Campobasso (-15,3%), Frosinone (-15,2%), Imperia (-15,2%), Rieti (-15,2%) e Sassari (-15,1%).

Per quanto riguarda i settori, gli infortuni sono calati in: Chimica, carta e cuoio (artigianato -7,5% e non artigianato +2,4%), Tessile (artigianato -6,1% e non artigianato +3,6%), Legno (artigianato -5,0% e non artigianato +3,4%), Metalli e macchinari (artigianato -3,9% e non artigianato +0,3%) e Costruzioni e impianti (artigianato -2,5% e non artigianato +1,2%).

Vera MORETTI

Imprese artigiane in ripresa nel primo trimestre 2017

Per quanto riguarda il settore manifatturiero, il primo trimestre del 2017 ha significato un aumento dello 0,4% del Pil in ottica congiunturale e dell’1,2% in un anno, risultando superiore del 3,0% rispetto al minimo toccato nel primo trimestre 2013.

Considerando il primo trimestre dell’anno, la dinamica delle imprese artigiane ha registrato un tasso di variazione di -0,8%, ma si tratta del calo meno accentuato degli ultimi sei anni.

Per questo motivo, si respira un certo ottimismo, tanto che proprio in aprile la fiducia delle imprese ha toccato il suo picco massimo dal settembre 2008. A maggio si registra un leggero calo dello 0,6% rispetto al mese precedente, ma su base annua rimane il segno positivo dell’1,5% ed una crescita dei primi cinte mesi del 3,1%.

A marzo 2017 l’indice del fatturato delle imprese del Manifatturiero esteso cresce dello 0,5% in ottica congiunturale e segna una ottima performance in ottica tendenziale con una crescita che si attesta sul 7,2. Nel complesso del I trimestre 2017 il fatturato del comparto cresce del 4,6% su base annua, trainato dal +5,3% del mercato interno a fronte del +3,2% del mercato estero.

Gli ordini delle imprese del Manifatturiero esteso a marzo 2017 registrano un calo congiunturale del 4,2% mentre l’indice grezzo segna su base tendenziale un aumento del 9,2% trainato in questo caso dagli ordinativi esteri in salita del 15,0%, tre volte il 5,2% rilevato per gli ordinativi domestici.
Nel complesso del primo trimestre dell’anno gli ordini salgono dell’8,5% su base annua, trainati nuovamente dalla domanda estera (+14,2%) che cresce con un ritmo triplo rispetto a quella domestica (+4,5%).

Sul fronte dei Servizi, il fatturato delle imprese di manutenzione e riparazione di autoveicoli è in calo dello 0,9% su base congiunturale, ma, valutato senza correzioni, sale del 3,2% in un anno. A febbraio del 2017 il traffico sulla rete autostradale dei veicoli pesanti diminuisce lievemente (-0,3%) su base tendenziale, ma considerando il I bimestre del 2017 si registra una crescita del 2,8%.

Per quanto riguarda le vendite del commercio al dettaglio, risultano stabili rispetto a marzo e segnano anzi un aumento dello 0,3% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, anche se confrontato con i dati dei primi quattro mesi si nota una flessione dello 0,9%.

Positiva la domanda estera, con una crescita delle esportazioni nel primo trimestre del 2017 del 10,0% su base annua, combinazione di un +12,4% dei Paesi extra Ue e del +8,2% dei Paesi Ue.

Vera MORETTI

Imprese artigiane: bilancio 2016 quasi positivo

Ora che il 2016 è stato archiviato, ed è possibile fare un bilancio della salute di cui godono le imprese artigiane, si può dire che, ahimè, non si può ancora parlare di ripresa vera e propria.
Al 31 dicembre 2016, infatti, le imprese artigiane registrate sono 1.342.389 con una dinamica demografica nell’anno data da 82.995 iscritte, pari ad un tasso di iscrizione del 6,1% e 98.806 cessate non d’ufficio, pari ad un tasso di cessazione del 7,3%.
La nati-mortalità di impresa determina un saldo negativo di 15.811 unità, equivalente ad un tasso di variazione del -1,2%, in leggero miglioramento rispetto al -1,4% del 2015 e che rappresenta la dinamica migliore degli ultimi cinque anni.

Si spera che quest’anno in corso vada ancora meglio, ma intanto non si può negare che le nuove imprese del settore hanno portato nuova linfa e contribuito alla crescita dell’occupazione. Se, infatti, si tiene conto dei 260 giorni dell’anno in cui è possibile registrare un’impresa, nel 2016 sono nate 319 imprese al giorno.

Per quanto riguarda la sopravvivenza di quelle già nate, il 50% delle imprese fondate nel 2010 sono ancora attive, con un notevole contributo alla crescita dell’occupazione, poiché se nel 2010 contavano 193.541 addetti, dopo quattro anni ne contano 341.375, con un incremento di 147.834 unità, pari al 76,4%, con una accentuazione (+100,6%) proprio nel settore manifatturiero, maggiormente esposto alla concorrenza internazionale.

La percentuale negativa deriva in particolare dai settori delle Costruzioni (-1,8%) e quello Manifatturiero (-1,5%), mentre i Servizi sono riusciti a contenere al minimo le perdite (-0,3%).

Nel dettaglio regionale, tutti i territori presentano una dinamica negativa, ma in dieci regioni si registra un miglioramento rispetto al calo osservato nel 2015. Flessioni meno intense ed inferiori al punto percentuale si rilevano per Trentino-Alto Adige con un tasso di variazione del -0,2%, Lombardia con il -0,7%, Calabria con il -0,8% e Liguria con il -0,8%. All’opposto tassi di variazione superiori alla media si osservano per Abruzzo (-2,1%), Marche (-2,0%), Molise (-1,9%) e Umbria (-1,8%).
Anche a livello provinciale è diffusa la selezione dell’artigianato, ma nel 56,2% delle province (59) si osserva una attenuazione della flessione registrata nel 2015 (era 52,4% un anno prima).

In controtendenza, con un tasso di variazione positivo, Milano che registra una crescita dell’artigianato del +0,4% e Bolzano con il +0,2% mentre a Imperia l’artigianato è stabile.
Le diminuzioni meno accentuate a Grosseto con il -0,1%, Trieste con il -0,2%, Matera, Reggio Calabria e Vibo Valentia tutte con il -0,3%, Caltanissetta e Prato entrambe con il -0,5%.
Di contro le diminuzioni più ampie si osservano a Chieti con il -2,9%, Ascoli Piceno con il -2,8%, Rieti, Isernia e Caserta tutte con il -2,6% e Rovigo con il -2,5%.

Vera MORETTI

Imprese artigiane ancora in calo nel 2015

Se l’economia italiana nel 2015 ha dato qualche segnale di risveglio, nel nostro Paese è comunque continuato il periodo nero per le imprese artigiane, calate lo scorso anno di 21.780 unità. Solo l’ultimo anello di una catena cominciata con la crisi e che, dal 2009, ha fatto calare di 116mila attività il mondo delle imprese artigiane, scese a meno di 1 milione e 350mila al 31 dicembre 2015.

A pagare il prezzo più alto, ancora una volta le imprese edili (-65.455 unità), seguite dai trasporti (-16.699), dalle imprese artigiane metalmeccaniche (-12.556 per i prodotti in metallo, -4.125 per i macchinari) e da quelle del legno (-8.076, -11.692 considerando anche i produttori di mobili).

Cresciuto, invece, il numero di imprese artigiane di pulizia e di giardinaggio (+ 11.370), gelaterie-rosticcerie-ambulanti del cibo da strada (+ 3.290), parrucchiere ed estetiste (+2.180).

Un calo che non accenna a diminuire e che, secondo il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo, ha diverse spiegazioni: “La caduta dei consumi delle famiglie e la loro lenta ripresa, l’aumento della pressione fiscale e l’esplosione del costo degli affitti hanno spinto fuori mercato molte attività, senza contare che l’avvento delle nuove tecnologie e delle produzioni in serie hanno relegato in posizioni di marginalità molte professioni caratterizzate da un’elevata capacità manuale. Ma oltre al danno economico causato da queste cessazioni, c’è anche un aspetto sociale molto preoccupante da tenere in considerazione. Quando chiude definitivamente la saracinesca una bottega artigiana, la qualità della vita di quel quartiere peggiora notevolmente. C’è meno sicurezza, più degrado e il rischio di un concreto impoverimento del tessuto sociale”.

Imprese artigiane liguri e accesso al credito

Una boccata d’ossigeno per le imprese artigiane liguri. Questo è, a tutti gli effetti il nuovo bando Artigiancassa sui fondi comunitari approvato nei giorni scorsi dalla giunta della Regione Liguria, che dovrebbe migliorare le condizioni di accesso al credito per le imprese dell’artigianato.

La misura più importante dell’intervento è data da una riduzione sensibile del tasso di interesse dei prestiti alle imprese artigiane, unita alla riduzione del costo di parte della garanzia.

In questo modo, Confartigianato Liguria potenzia gli interventi di Artigiancassa, a favore delle imprese artigiane, supportando e migliorando le loro condizioni di accesso al credito. Sono proprio queste ultime che, spesso, determinano la ritrosia delle imprese a chiedere prestiti e finanziamenti, con il risultato che, come riportato nei dati diffusi recentemente da Confartigianato, i prestiti alle imprese artigiane liguri sono calati del 4,2% nell’ultimo anno, scendendo di 48 milioni di euro.

Secondo Luca Costi, segretario regionale di Confartigianato Liguria, quello approvato in giunta è “un bando molto atteso dagli artigiani liguri, che interviene migliorando decisamente un nervo scoperto, qual è l’accesso al credito: dal prossimo anno il credito in Liguria sarà più facile per le imprese e sarà possibile attingere a contribuiti sia per il credito agevolato, sia per quello garantito e la nostra regione sarà così la prima in Italia a prevedere una misura coordinata tramite fondi comunitari. Invitiamo tutte le imprese artigiane a rivolgersi alla nostra sede più vicina per un check-up finanziario gratuito e a utilizzare le nuove opportunità previste dal bando”.

La crisi mette in ginocchio l’artigianato

L’artigianato sta conoscendo un periodo di forte crisi.
I dati, a questo proposito, parlano chiaro: tra il 2009 e i primi nove mesi del 2014, infatti, più di 91mila imprese hanno dovuto alzare bandiera bianca.

Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, il cui Ufficio Studi ha effettuato questa indagine, ha commentato così questa situazione: “Nonostante la crisi economica abbia cancellato a livello nazionale ben 91.000 aziende artigiane, i giovani, soprattutto nel comparto casa, costituiscono la maggioranza degli addetti. E’ un segnale molto importante che squarcia un quadro generale molto critico. A nostro avviso ciò è dovuto a due motivi. Il primo: questi mestieri, legati al mondo dell’edilizia, impongono una forza e una tenuta fisica che difficilmente possono essere richiesti a dei lavoratori di una certa età. Il secondo: il forte aumento del numero dei diplomati avvenuto in questi ultimi anni nel settore edile, elettrico e termoidraulico ha favorito l’ingresso di molti ragazzi nel mercato del lavoro. In generale, malgrado le difficoltà e i problemi che sta vivendo il nostro settore, i giovani stanno ritornando all’artigianato, ma non ai vecchi mestieri. Dai nostri dati, ad esempio, gli artigiani che lavorano il vetro artistico, i calzolai, gli artigiani del cuoio, delle pelli e quelli e i sarti corrono il rischio, fra qualche decennio, di estinguersi”.

Per quanto riguarda l’ubicazione delle imprese che sono state costrette a chiudere, una su due si trovava al Nord, con picchi in Lombardia, dove all’appello mancano 12.496 aziende, seguita dall’Emilia Romagna (-11.719), il Veneto (- 10.944) e il Piemonte (-8.962).

Tra i settori che maggiormente hanno sofferto la contrazione numerica, ci sono sicuramente quello delle costruzioni/installazione impianti (-42.444), ma anche le attività manifatturiere (- 31.256), i carrozzieri e le autofficine (- 15.973).

Al contrario, in espansione ci sono i servizi alla persona (parrucchieri, estetiste, massaggiatori, etc.), con un saldo pari a + 1.405 attività, le gelaterie e le pasticcerie, con +5.579 imprese, e le attività di pulizia/giardinaggio, con + 10.497 aziende artigiane.

Ma quali sono le cause che hanno portato a questa crisi?
In primo luogo i costi, che hanno cominciato a lievitare tanto da registrare un picco del 21% dal 2008 al 2013 nell’energia, e del 23,5% per il gasolio.
Anche la Pubblica Amministrazione è colpevole di aver causato disagi alle imprese artigiane, poiché, nello stesso lasso di tempo, ha aumentato di 35 giorni i pagamenti ai suoi fornitori.

Le banche, ovviamente, ci hanno messo del loro, se consideriamo che in questi sei anni gli affidamenti bancari alle imprese con meno di 20 addetti sono diminuiti del 10%, con un taglio complessivo alle micro imprese di ben 17 miliardi di euro.

Infine, le tasse e la burocrazia: dopo la rivalutazione del Pil, nel 2013 la pressione fiscale in Italia si è stabilizzata al 43,3 per cento: picco massimo mai raggiunto in passato, anche se per le micro imprese il carico fiscale supera abbondantemente il 50 per cento.
La burocrazia costa al mondo delle imprese italiane 31 miliardi di euro all’anno. Ciò implica che su ogni impresa grava mediamente un costo annuo pari a 7 mila euro. A differenza di quelle più grandi, le piccolissime imprese non possiedono una struttura amministrativa al proprio interno, che quindi si vedono costrette ad avvalersi dei servizi di professionisti esterni, con una conseguente spesa ben più alta della media.

Vera MORETTI

A Palermo il Congresso della EBC

Si è appena svolto a Palermo il Congresso Annuale della European Builders Confederation, la Confederazione europea delle pmi delle costruzioni che ha visto la partecipazione di artigiani e piccoli imprenditori provenienti da diversi Paesi europei, approdati nella città siciliana per discutere di misure di contrasto alla crisi del settore durante la prossima legislatura europea, opportunità di accesso al credito e di finanziamento di lavori di efficienza energetica.

Era presente all’incontro anche Josè Antonio Calvo Delgado, il quale, ad apertura dei lavori, ha dichiarato: “Il settore edile rappresenta il 10% del PIL europeo e il 7% dei lavoratori europei. Per ogni posto di lavoro creato nel settore delle costruzioni se ne generano altri 2,2 nell’economia in generale. Se ognuna delle 3 milioni di imprese del settore edile avesse la possibilità di impiegare anche solo un dipendente in più, avremmo 6,6 milioni di disoccupati in meno in Europa. Inoltre, il 92% delle imprese edili europee ha meno di 10 dipendenti, producendo quindi posti di lavoro non delocalizzabili e sempre più qualificati, grazie al mercato delle ristrutturazioni energetiche. Le piccole e medie imprese delle costruzioni hanno proposte concrete per uscire da questa crisi, presentate chiaramente nel nostro manifesto, che dal 26 maggio è diventato il nostro programma di lavoro. Oggi chiediamo alla Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea di concentrarsi innanzitutto sulle misure per sviluppare crescita e investimenti, e di superare le politiche di austerità. Il ruolo di passaggio di questa Presidenza potrebbe anche essere utilizzato al meglio per introdurre, nel Consiglio e nel Parlamento europeo, meccanismi più efficaci che verifichino l’adeguatezza della legislazione europea alle esigenze delle PMI. Il settore delle costruzioni è fondamentale. Quando le costruzioni vanno male tutta l’economia va male e questa crisi lo dimostra“.

Daniele Vaccarino, presidente nazionale della Cna, ha aggiunto: “Per far ripartire l’economia bisogna rilanciare le costruzioni, un settore nel quale le piccole e medie imprese sono portanti. Nessuno più di loro è in grado di intercettare, anticipare e valorizzare i segni di risveglio dell’economia. Nessuno ha pagato un prezzo più alto del loro alla Grande Crisi. Vogliamo rialzarci in piedi : possiamo farcela“.

Tra le problematiche più urgenti c’è sicuramente quella relativa ai tempi di pagamento, soprattutto da parte della Pubblica Amministrazione, tanto da convincere Bruxelles ad aprire una procedura d’infrazione.
C’è poi la necessità di rivalutare il patrimonio edilizio nazionale, a cominciare dall’efficientamento energetico e dalla sicurezza antisismica.
Il mancato rispetto della Direttiva europea sta comportando danni rilevantissimi alle imprese.

Ha poi concluso Vaccarino: “E’ necessario un grande e pluriennale piano europeo degli investimenti infrastrutturali su tutte le reti di interesse comune e strategico, dal gas all’elettricità, dalla banda larga alla logistica, includendo strade, autostrade, ferrovie e porti. Non c’è tempo da perdere. Non c’è più spazio per la retorica delle parole e delle promesse”.

Ai lavori hanno partecipato il Vice-Ministro alle infrastrutture e ai trasporti Riccardo Nencini, rappresentanti della Commissione Europea e di Istituti finanziari europei e italiani.
Al termine dei lavori sono stati rinnovati le cariche di Ebc per il prossimo triennio che inizierà a gennaio. Presidente è stato nominato il francese Patrick Liebus, vicepresidente Rinaldo Incerpi, Presidente Nazionale di Cna Costruzioni.

Vera MORETTI

Imprese artigiane falciate dalla crisi

Le notizie di una timida ripresa, considerando la crescita del numero delle imprese nel primo trimestre 2014, non sono del tutto rosee.

L’analisi della situazione maturata negli ultimi 5 anni, infatti, non riporta nulla di buono, soprattutto se si considerano le imprese artigiane, che sono diminuite di ben 75.500 unità.
Di queste, circa 12.000 operavano nel Triveneto, considerato una zona ricca e particolarmente fiorente, ma, a quanto pare, non troppo.

Ciò conferma quanto la Cgia aveva previsto, ovvero che la recessione sarebbe stata particolarmente dura con il settore dell’artigianato. A soffrire particolarmente sono stati i comparti delle costruzioni, dei trasporti e del manifatturiero.

A questo proposito, Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, ha dichiarato: “Drastica riduzione dei consumi delle famiglie, forte aumento sia delle tasse sia del peso della burocrazia e la restrizione del credito sono tra le cause che hanno costretto moltissimi artigiani a gettare la spugna. Non potendo contare su nessun ammortizzatore sociale, dopo la chiusura dell’attività moltissimi artigiani non hanno trovato nessun altro impiego e sono andati ad ingrossare il numero dei senza lavoro, portandosi appresso i debiti accumulati in questi anni e un futuro tutto da inventare”.

Particolarmente dura la situazione in Veneto, dove mancano all’appello 9.800 imprese. Di queste, 2.187 operavano in provincia di Treviso, 1.949 a Verona, 1.848 a Vicenza e 1.836 a Venezia.
Si stima che in questo quinquennio la contrazione occupazionale dell’artigianato veneto sia stata di circa 28.000 unità.

La nati-mortalità delle imprese è stata calcolata come differenza tra le imprese artigiane iscritte in un periodo e le cessazioni non d’ufficio avvenute nello stesso lasso di tempo. Ai fini del calcolo sono state utilizzate le cessazioni non d’ufficio, in modo che il saldo risulti pulito da eventuali operazioni di revisione degli archivi.

Vera MORETTI