Finanziamenti alle imprese dal Banco di Brescia

In tema di accesso al credito da parte delle imprese, il Banco di Brescia propone una vasta gamma di finanziamenti a tassi agevolati, a seconda delle esigenze di chi li richiede.

Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta:

400% SOSTEGNO E SVILUPPO è un finanziamento che sostiene le imprese a realizzare i propri progetti grazie ad investimenti fissi e altre risorse sia da parte del titolare o dei soci dell’impresa.
E’ un finanziamento adatto a coloro che fanno parte delle imprese artigiane e tutti coloro che appartengono al settore merceologico.

Le caratteristiche di questo finanziamento sono:

  • 4 volte il capitale conferito dal titolare e dai soci fino ad un importo pari a 500.000 € massimo;
  • durata 60/84 mesi con un preammortamento di tipo facoltativo, le rate saranno mensili o trimestrali però costanti;
  • tasso variabile o fisso.

200% RAFFORZAMENTO DELLA STRUTTURA PATRIMONIALE è adatto alle imprese che vogliono essere competitive tramite il rafforzamento della struttura patrimoniale.
Questo finanziamento vale per le società di capitali o di persone e imprese individuali che appartengono a tutti i settori.

Le caratteristiche sono:

  • importo da finanziare e circa di 300.000 € per le società di persone e imprese individuali, mentre è di 1.000.000 di € per le società di capitali;
  • durata da 36 a 84 mesi, rimborso mensile o trimestrale rate posticipate e costanti;
  • tasso variabile.

200% RICAPITALIZZAZZIONE IMMEDIATA serve a sostenere il rafforzamento patrimoniale dell’azienda mediante la distribuzione degli importi pari a due volte l’aumento del capitale versato dai soci.

Le caratteristiche sono:

  • importo pari ad un massimo di 4.000.000 €;
  • durata  36/60 mesi compreso il preammortamento che vale 12 mesi;
  • tasso variabile o fisso;
  • garanzie a discrezione della banca stessa.

Vera MORETTI

Ad Ancona, le imprese parlano straniero

In provincia di Ancona c’è fermento: nel solo mese di dicembre sono nate nella zona ben 34 imprese, metà delle quali condotte da stranieri.

E’ la Cna a dare questa informazione, che ha anche approfondito questi dati andando ad analizzare i settori di appartenenza di queste startup e la loro nazionalità.

Tra le 16 imprese che parlano straniero, sei sono state avviate da imprenditori dell’Est Europa, operanti nei settori edile ed alimentare.
In particolare, sono sempre più diffusi negozi di alimentari che propongono prodotti tipici della Russia, vista la crescente concentrazione di imprenditori provenienti da quella parte d’Europa.

Altre cinque attività, poi, sono state fondate da imprenditori nord africani o del Medio Oriente, i quali si mettono in proprio nel settore alimentare, ma anche nell’edilizia.
Ma ci sono anche molti nordafricani ed arabi che vengono assunti nelle cucine dei ristoranti locali.

Le rimanenti cinque imprese parlano cinese, e si concentrano in particolare a Senigallia, attive nel settore tessile, ma anche edile.

Alla luce delle dinamiche in atto in questo scenario imprenditoriale sempre più multietnico e cosmopolita, la Cna richiama le autorità istituzionali e amministrative, gli enti e gli uffici che interloquiscono e interagiscono con le imprese sul piano delle normative fiscali, previdenziali, nel credito e nella sicurezza, a tenere conto della tendenza in atto, destando particolare riguardo nel favorire una sana, imparziale ed equilibrata inclusione sociale.

A questo propositi, Massimiliano Santini, direttore provinciale Cna, ha dichiarato: “No ai pregiudizi ma sì al rispetto delle regole, che debbono valere per tutti”.

Vera MORETTI

Artigianato, il rilancio passa dai giovani

Quale sia la strada per valorizzare le manifatture artigiane in Italia lo ha mostrato all’inizio di novembre CNA Giovani Imprenditori della due giorni di dibattito “Manifatture, IV Festival dell’Intelligenza Collettiva”, che si è tenuta nella capitale italiana del bello e della creatività, Firenze.

Un incontro con protagonisti di vari settori, non solo di quello economico, per fare il punto sul Made in Italy e gli asset per il rilancio del sistema Paese: manifattura di qualità, cultura, bellezza, export. Due giorni di dibattito con al centro una domanda e, per fortuna, un sacco di risposte: come valorizzare il potenziale manifatturiero italiano per trasformarlo in opportunità di sviluppo ed esportazione?

Magari cominciando a investire sui giovani. In Italia ci sono 1.438,601 imprese artigiane (il 23,6% del totale delle imprese del Paese) che generano un fatturato di 150 miliardi di euro, il 12% del valore aggiunto italiano. Sul totale delle imprese italiane, quelle giovanili sono 675.053, ma solo il 3.2% (195.842) sono artigianali e solo il 7,6% delle nuove imprese create appartiene al settore manifatturiero. Perché non investire in questo settore dove si intravedono ampi spazi di crescita ed occupazione per i giovani?

Se nel mondo, come emerso dal dibattito fiorentino, stiamo assistendo a una nuova rivoluzione industriale che passa dal taylorismo al tailor made e molti Paesi stanno già attuando importanti politiche di investimento a sostegno della nascita di nuove piccole imprese manifatturiere, in Italia il tessuto di Pmi è già florido e rappresenta il 99% del tessuto produttivo. I nostri simboli del made in Italy: moda, design e alimentare, continuano a crescere, ad esportare e generare fatturato, un motivo in più per tutelare, sostenere e promuovere il Made in Italy va tutelato, sostenuto e promosso.

Secondo Andrea Di Benedetto, Presidente dei Giovani Imprenditori CNA, “il nostro potenziale sta proprio nella capacità manifatturiera che accomuna oltre 100mila Pmi italiane. Imprenditori che devono avere come obiettivo la penetrazione dei mercati esteri trovando linfa nell’innovazione. L’attuale incertezza economica deve diventare quindi lo stimolo per affermarci quali produttori di qualità, riempiendo sapientemente le nicchie del mondo”.

Secondo Di Benedetto, “qualità del prodotto e digitale sono le leve per consentire alle nostre imprese di internazionalizzarsi ed essere competitive nei mercati globali. Il tempo delle lauree come strumento di emancipazione sociale è finito. Oggi è emancipato chi è realizzato. E’ tornato il tempo del fare, del produrre, del creare con le mani e vendere in tutto il mondo grazie ad una comunicazione efficace e all’utilizzo del web per promuoversi e costruire, raccontandola, una nuova epica dell’artigianato”.

Parole sante. Ora aspettiamo i fatti, dalle imprese e da chi, a livello politico e fiscale, avrebbe il compito di sostenerle, non quello di affossarle.

L’Italia è una repubblica fondata sugli artigiani. Aiutiamoli

di Davide PASSONI

L’Italia è un Paese che ama i luoghi comuni, in qualsiasi ambito della vita quotidiana: dallo sport alla religione, dalla cultura all’economia. Purtroppo. Specialmente in ambito economico, infatti, i luoghi comuni andrebbero lasciati da parte, perché non fanno bene a nessuno. Uno dei più celebri è quello che vuole l’Italia patria dell’artigianato, tanto di quello di qualità quanto di quello, diciamo così, di largo consumo.

Come in tutti i luoghi comuni, un fondo di verità c’è, è inutile negarlo. La capacità e la maestria che abbiamo noi italiani in ogni tipo di produzione artigianale sono riconosciute e incontestabili, ma non è tutto oro quello che luccica. Le imprese artigiane soffrono tanto se non di più rispetto alle altre, in qualsiasi campo o regione esse operino. Basta dare un’occhiata alle statistiche di questi ultimi mesi per rendersene conto: in Sicilia, Sardegna Abruzzo, persino in regioni che con artigianato fanno rima – come Toscana e Marche – i trend di fatturato sono negativi, quelli relativi alle chiusure delle aziende positivi. Se poi ci mettiamo anche la sfiga di eventi catastrofici come quelli accaduti in Sardegna negli ultimi giorni, allora il quadro è completo.

Come sempre, dunque, è meglio darsi da fare per cercare delle soluzioni anziché piangersi addosso. Una di queste potrebbe essere, per una volta, riuscire a fare sistema, come imprese artigiane globalmente e come singole specificità produttive: andare in ordine sparso sul mercato interno e, soprattutto, su quello estero è una strategia perdente. Poi, cominciare a riconoscere la specificità di questo tipo di imprese e sostenerne la crescita con misure ordinarie e straordinarie sia sul lato degli incentivi economici sia, soprattutto, sul lato delle agevolazioni fiscali. Poi, sostenere una politica seria di inserimento di giovani in questo complesso tessuto produttivo, fornendo loro supporti e strumenti per proseguire nella realizzazione di prodotti eccellenti e apprezzati in tutto il mondo.

Sono solo alcuni piccoli passi, altri e più utili e intelligenti ci saranno di sicuro. Quello che è certo è che in un momento di crisi come questo e in un periodo dell’anno, quello che precede le festività natalizie, la spesa degli italiani si orienta ancora di più su produzioni artigianali, non tanto per spendere meno, quanto per spendere meglio. Se le imprese artigiane potessero sfruttare questa onda lunga anche per restanti mesi dell’anno, forse qualche segno di vera ripresa potrà cominciare a vedersi davvero. Non solo sulla carta o nella sfera di cristallo di burocrati ed economisti.

Accordo tra Acri e Unioncamere per le imprese artigiane

E’ stato firmato da Acri con Unioncamere e le due associazioni di riferimento per le imprese artigiane, Cna – Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa e Confartigianato Imprese, un accordo che decreta una vera e propria alleanza con il mondo dell’artigianato artistico da parte delle Fondazioni di origine bancaria e che avverrà a livello territoriale.

Questa intesa è stata presentata in occasione della tavola rotonda “L’Artigianato artistico. Tra memoria e innovazione, nuovi orizzonti per l’occupazione giovanile”, alla quale sono intervenuti Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri; Giampiero Maracchi, presidente della Commissione Artigianato Artistico dell’Acri e dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze; Giorgio Aguzzi, vicepresidente nazionale di Cna – Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa; Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato Imprese; Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo economico.

A quest’ultimo è stato dato l’incarico di chiudere i lavori: “L’artigianato è un settore fondamentale per il nostro sistema produttivo, che va adeguatamente supportato e valorizzato, soprattutto in questo momento di forte crisi. La figura dell’artigiano, proprio perché legata alla tradizione, oggi può offrire un prodotto unico, di alta qualità, personalizzato e riconoscibile. Per questo occorre puntare sempre più su un’idea nuova di fare impresa, che passa anche attraverso la valorizzazione del mondo artigiano e artistico. Al contempo, è necessario favorire percorsi formativi che mettano i giovani nella condizione di apprendere professionalità qualificate e di cimentarsi in un settore che può offrire loro significativi sbocchi occupazionali. L’altro punto di forza consiste nel riuscire a fare rete, creare alleanze strategiche tra tecnici, ritrovarsi in piattaforme digitali. In questa direzione va il Protocollo d’intesa siglato oggi che io apprezzo molto”.

L’accordo si è reso indispensabile a causa di una profonda crisi del settore artigianale, che, tra il 31 marzo del 2009 e il 31 marzo di quest’anno, è calato del 7,15%: erano 88.335 quattro anni fa, sono 82.023 nel 2013.
Colpevole di questa debàcle è la crisi economica ma anche la globalizzazione, anche se a mancare è il passaggio di consegne tra generazioni: ultimamente, infatti, sono in forte diminuzione i rapporti di continuità tra maestro ed allievo, con il rischio di “perdere per strada” alcune conoscenze basilari.

Ma non è tutto perduto, perché la capacità italiana di creare il bello rimane immutata ed inimitabile e si spera che la crisi riporti i giovani a lavorare a “bottega”, rivalutando così gli antichi mestieri, oggi un po’ disprezzati in nome del progresso e della tecnologia.

Il progresso e l’innovazione, però, non vanno trascurate neppure in un settore che più di altri si fonda sulla tradizione, soprattutto quando si tratta di guardare ai paesi esteri.
La costituzione dell’accordo, infatti, è stata voluta da Acri proprio per promuovere un progetto di internazionalizzazione alla base del futuro delle imprese artigiane.

Per questi motivi, è stata costituita un’apposita Commissione dedicata all’Artigianato artistico, che gestirà il rapporto con Unioncamere e delle due associazioni di categoria, Cna – Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa e Confartigianato Imprese, per favorire progetti di formazione e nuove forme di apprendistato utili all’inserimento nel mondo del lavoro per i giovani che vogliano impegnarsi nell’artigianato artistico.

Ecco le parole dei fautori di questo accordo.
Giuseppe Guzzetti: “Le nostre Fondazioni operano per valorizzare la storia e la cultura locale e per promuovere i territori di competenza, con particolare attenzione al futuro delle nuove generazioni in termini di formazione rivolta alla creazione di opportunità di lavoro. Dal canto loro, le organizzazioni che con noi firmano questo protocollo hanno al riguardo una forte convergenza di obiettivi. Insieme studieranno sistemi opportuni di formazione dei giovani per i singoli settori dell’artigianato artistico, anche attraverso uno specifico protocollo d’intesa con il Miur, che stiamo predisponendo, a cui ciascuna Fondazione potrà ispirarsi secondo le specifiche vocazioni del territorio di riferimento. Promuoveremo rapporti di cooperazione tra i rispettivi associati, e in collaborazione con il Ministero del lavoro, al fine di individuare forme innovative di apprendistato rivolte alla preparazione dei giovani nel comparto dell’artigianato artistico. Attraverso il rapporto con l’UEAPME (l’organizzazione che rappresenta a livello europeo gli interessi dell’Artigianato e delle Pmi dell’Unione Europea) sosterremo, inoltre, progetti di formazione anche mediante lo scambio di giovani fra i territori di competenza delle Fondazioni e gli altri paesi europei con analoghi progetti”.

Giorgio Aguzzi: “La crisi che stiamo attraversando è fondamentalmente una crisi di valori la cui declinazione ha condotto a un’interpretazione materialistica e utilitaristica dei mezzi e dei fattori di produzione, attribuendo in particolare alla finanza l’ordine a cui sottomettere il giudizio sul singolo individuo e sulla società. La crisi, quindi, non può essere risolta che riorientando la scala dei valori e chiedendo all’uomo un mutamento di mentalità e di condotta. È ora di restituire valore al lavoro fatto con le mani e con il cervello, con perizia artigianale, e di guardare al passato per ricostruire il nuovo su basi solide. È ora di ripartire da Efesto, mitologico dio lavoratore, orgoglioso del proprio fare. Ecco quindi come l’artigianato artistico raggruppando una gamma completa di professionalità che hanno in comune la specificità del “saper creare”, del “saper produrre” e del “saper intervenire” sul bene culturale può significare un’opportunità per la ripartenza del nostro sistema economico. Le imprese di questo settore vanno sostenute come modello e vanno messe nelle condizioni di investire sulle persone. Il protocollo siglato con l’Acri rappresenta una interessante modalità per investire sui giovani focalizzando l’attenzione verso un mondo che può offrire occupazione e può rappresentare una straordinaria leva di crescita economica se messo in sinergia con il turismo”.

Giorgio Merletti: “L’artigianato artistico costituisce un grande patrimonio culturale ed economico e rappresenta nel mondo l’emblema del gusto, della creatività, dell’unicità del prodotto made in Italy. Il “fatto ad arte”, per la sua capacità di essere pezzo unico e su misura, è per l’Italia un’enorme risorsa creativa e reattiva contro l’omologazione del gusto indotta dalla globalizzazione e rappresenta la difesa della memoria, dell’identità e della diversità. Ma l’artigianato d’arte è anche tra i settori a maggiore rischio d’estinzione, a causa degli alti costi d’impresa, delle difficoltà burocratiche e degli oneri nella trasmissione dell’attività e nella formazione dei giovani, dei problemi nella commercializzazione e del fenomeno della contraffazione”.

Ferruccio Dardanello: “Il nostro modello di sviluppo è fatto di imprenditorialità diffusa, distretti, filiere, reti, territorio. In questo modello, economia della conoscenza e competenze manuali e artigianali non si escludono, ma si integrano tra loro nel segno della qualità. Perché nella piccola e media impresa, la prima radice della conoscenza viene dal “saper fare”. Nonostante i duri colpi della crisi, questo modello sta dimostrando di essere la base su cui si può far crescere una nuova stagione di sviluppo sostenibile, inclusivo e innovativo. Non dobbiamo tradirlo, andando dietro ai miti della specializzazione produttiva o del gigantismo imprenditoriale a tutti i costi. Al contrario, dobbiamo a tutti costi valorizzare il patrimonio inestimabile delle nostre tradizioni manifatturiere e il modo migliore per farle vivere è investire sui giovani, fin dalla scuola. Il nostro augurio è che questo protocollo segni un passaggio importante su questa strada”.

Giampiero Maracchi: “Il protocollo d’intesa che abbiamo firmato oggi ci impegna in un’azione di grande responsabilità nei confronti delle future generazioni, chiamate a vivere in una società che vede fortemente cambiati i propri parametri, anche eticomorali, e che, pur nella precarietà del momento, deve recuperare l’affezione per il proprio lavoro che oggi viene visto, purtroppo, quasi unicamente come il motivo per garantire il proprio sostentamento. Se penso alle origini delle corporazioni artigiane, nate anche per assicurare una certa sicurezza sociale ai propri componenti (che potevano farne parte solo dopo una certa selezione) oltre che per tramandare i saperi più raffinati, ecco allora che abbiamo una seconda responsabilità. Ed è nei confronti della storia recente che ha visto impattare un faticoso sforzo di crescita e di progresso contro una congiuntura drammatica che rischia di annullare i progressi fatti negli ultimi 50 anni. Una terza responsabilità l’abbiamo, infine, anche nei confronti delle generazioni passate che hanno saputo costruire un Paese ricco di talenti, di genio, di competenze che hanno la loro sintesi più alta proprio nell’artigianato d’arte. Che questo accordo sia davvero il primo passo per un risveglio, forte e rigoglioso, di tante energie e intelligenze che la crisi non ha eliminato, ma solo narcotizzato”.

Vera MORETTI

Bando per le imprese turistiche e artigiane avellinesi

Le aziende avellinesi che si occupano di turismo ed artigianato artistico, potranno usufruire di un bando pubblicato dal Gal Serinese-Solofrana.

L’obiettivo è quello di incentivare la riscoperta e la valorizzazione di antichi mestieri e botteghe storiche, oltre alle produzioni artistiche e legate al territorio.

Gli interventi ammessi al bando riguardano alcune tipologie, quali:

  • Creazione e sviluppo delle microimprese nel campo dell’artigianato artistico, tradizionale e tipico locale;
  • Creazione e sviluppo delle microimprese nell’ambito della ricettività turistica extralberghiera e della piccola ristorazione;
  • Creazione e sviluppo delle microimprese nell’ambito dei servizi al turismo.

Beneficiari del contributo sono le imprese che operano in una delle seguenti categorie:

  • artigianato artistico, tradizionale e tipico locale: microimprese iscritte all’Albo delle Imprese Artigiane e microimprese in corso di costituzione titolari di partita IVA;
  • ricettività turistica extralberghiera e piccola ristorazione: microimprese iscritte al Registro delle Imprese e microimprese in corso di costituzione titolari di partita IVA.

Per quanto riguarda le attività di ricezione turistica extralberghiera, devono occuparsi di servizi al turismo.

I comuni interessati al bando sono: Cesinali, Contrada, Forino, Montoro Inferiore, Montoro Superiore, San Michele di Serino, Santa Lucia di Serino, Santo Stefano del Sole, Serino e Solofra.

Le spese ammesse al finanziamento sono:

  • spese per la creazione e sviluppo delle microimprese nel campo dell’artigianato artistico, tradizionale e tipico locale, e riguardano interventi di ristrutturazione, rifunzionalizzazione ed ampliamento di locali esistenti, muniti di regolare autorizzazione, destinati all’attività produttiva, all’esposizione ed alla degustazione di prodotti artigianali; acquisto di macchinari, impianti ed attrezzature tecniche ed informatiche e di arredi, limitatamente a quanto è strettamente funzionale all’attività esercitata; aggiornamento tecnologico dei macchinari, delle attrezzature tecniche ed informatiche e degli impianti tecnico-produttivi, compresi investimenti per l’introduzione o l’utilizzo di fonti energetiche alternative, rinnovabili e/o per il risparmio energetico ed idrico; azioni di marketing aziendale, compresa la creazione di portali di comunicazione che consentono la promozione dell’attività artigianale attraverso la predisposizione di “vetrine telematiche”, adesione a programmi di reti telematiche, commercio elettronico.
  • spese per la creazione e lo sviluppo delle microimprese nell’ambito della ricettività turistica extralberghiera e della piccola ristorazione che riguardano interventi di ristrutturazione e rifunzionalizzazione di locali esistenti, muniti di regolare autorizzazione. Sono compresi anche gli interventi che prevedono l’introduzione o l’utilizzo di fonti energetiche alternative, rinnovabili e/o per il risparmio energetico ed idrico; acquisto di attrezzature e di arredi, limitatamente a quanto è strettamente funzionale alla tipologia di attività esercitata, preferibilmente ricorrendo a materiali tipici tradizionali; creazione e sistemazione di aree esterne, di pertinenza delle microimprese, da destinare ad attività ricreative e sportive strettamente funzionali all’attività di ricettività turistica e di piccola ristorazione; acquisto di arredi ed attrezzature per l’allestimento delle aree esterne da destinare ad attività ricreative e sportive; acquisto ed aggiornamento delle attrezzature informatiche volte al miglioramento della gestione e del marketing aziendale per la promozione dell’attività, compreso la creazione di portali di comunicazione, adesione a programmi di reti telematiche, commercio elettronico.
  • spese per la creazione e lo sviluppo delle microimprese nell’ambito dei servizi al turismo, che riguardano interventi di ristrutturazione e rifunzionalizzazione di locali esistenti destinati all’attività di servizio al turismo utilizzando prioritariamente tipologie costruttive dell’area territoriale interessata all’intervento e materiali tipici tradizionali, adottando soluzioni tecniche per il risparmio idrico ed energetico; acquisto e/o aggiornamento tecnologico dei macchinari, arredi ed attrezzature tecniche ed informatiche, limitatamente a quanto è strettamente funzionale all’attività esercitata.

Il contributo è pari al 100% per progetti con un spesa che non supera il 50.000 euro, del 75% per progetti con una spesa ammessa da 50.000, 01 Euro a 200.000 Euro e del 50% per progetti con una spesa superiore ai 200.000.
La spesa massima ammissibile per ciascun intervento non deve superare i 400.000 euro.

Le domande possono essere presentate per via telematica collegandosi al portale del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN).
Termine ultimo per la presentazione delle domande sono le 12 del 21 gennaio 2013.

Vera MORETTI

Apprendistato, questo sconosciuto…

di Davide SCHIOPPA

Paradossi di un’Italia che non vuole crescere. Non che non può, non vuole. Abbiamo uno dei mercati del lavoro più rigidi d’Europa, pur con tutta la buona volontà del ministro Fornero e della sua riforma, e quando si mettono sul piatto strumenti utili a togliere un po’ di gesso facciamo di tutto per non applicarli.

Parliamo, per esempio, del contratto di apprendistato, al quale Infoiva ha dedicato un focus nella settimana appena trascorsa. Lo abbiamo fatto proprio perché, da più parti, abbiamo letto del disappunto per la mancata o farraginosa applicazione della normativa che regola l’apprendistato e della conseguente difficoltà, da parte delle aziende, a proporre questa tipologia di contratto ai neolaureati o, comunque, ai giovani.

Abbiamo voluto vederci un po’ più chiaro, per capire quanto di vero ci sia in questo impasse e, in effetti, abbiamo constatato che sì, il problema esiste: uno strumento dalle buone potenzialità viene tarpato dalla troppa burocrazia. Ma che futuro ha un Paese così? Non che l’apprendistato sia la formula magica che risolve il problema della disoccupazione giovanile in Italia ma, chiediamo, perché non siamo capaci di fare bene una cosa dall’inizio alla fine? Perché siamo sempre il Paese delle cose fatte a metà? Ai giovani il compito di giudicarlo, quando si troveranno senza un futuro.

Leggi i risultati dello studio di Bachelor sugli annunci di lavoro per neolaureati

Leggi l’intervista al Professor Maurizio Del Conte dell’Università Bocconi

Leggi l’intervista al presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca

Leggi l’intervista a Enrica Carminati, responsabile di Fareapprendistato.it

Non è un Paese per apprendisti

di Davide PASSONI

Uno strano destino quello dell’apprendistato in Italia. Mentre il ministro Fornero sigla un memorandum con la Germania per favorirne l’applicazione e annuncia il varo di una sezione all’interno del sito www.lavoro.gov.it e di un indirizzo mail (apprendistato@lavoro.gov.it) dove inviare osservazioni, suggerimenti, segnalazioni, le aziende continuano a nutrire diffidenza nei confronti di quella che dovrebbe essere la principale forma di ingresso nel mercato del lavoro.

Lo dicono i dati di fatto, ma lo dicono anche studi e analisi ad hoc. Una delle ultime a scattare una fotografia impietosa dell’impasse in cui si trova l’apprendistato viene dall’Ufficio Studi di Bachelor, network internazionale per la ricerca e selezione di neolaureati, ed è stata effettuata sugli annunci di lavoro destinati ai giovani laureati, relativamente al III trimestre 2012: solo il 4,6% di questi annunci offre, come forma contrattuale, un apprendistato. Raffrontando le percentuali anno su anno, si vede che, rispetto al terzo trimestre 2011 – in concomitanza con la definizione del testo unico sull’apprendistato – l’aumento è stato assai poco significativo (era al 3,7%).

Secondo i dati elaborati da Bachelor, il 66% degli annunci è rivolta a neolaureati (da 0 a 12 mesi dalla laurea), per i quali vengono proposti soprattutto stage: nel il 75,9% dei casi contro il 75,6% del III trimestre 2011. Un abisso, rispetto alle proposte di apprendistato, di cui abbiamo parlato sopra. Se invece ci spostiamo sulla fascia di coloro che stanno tra i 12 e i 24 mesi dalla data di laurea, le cifre dell’apprendistato peggiorano ulteriormente: 3,9% contro un miserrimo 0,8 del III trimestre dello scorso anno. Per la fascia 24-48 mesi, il nulla: 0,2%.

Un trend comprensibile, che si contrae mano a mano che il candidato invecchia (pur senza un’esperienza specifica, questo è il paradosso…) ma che non nasconde le difficoltà che questo tipo di inserimento affronta per diventare a tutti gli effetti uno strumento per accelerare l’ingresso dei più giovani al mercato del lavoro.

Stupisce, in questo contesto, che una delle associazioni in prima fila nella promozione dell’occupazione e dell’ingresso al mercato del lavoro come Assolavoro (l’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro), risponda a Infoiva che “al momento non ritiene di suo interesse approfondire l’argomento“. Scusate, se non ora quando? Mah… Buon lavoro alle agenzie per il lavoro.

Comunque, tornando alla ricerca di Bachelor, è vero che questa prende in esame solo i soggetti laureati, ma l’avvio asfittico dell’apprendistato interessa anche diplomati e non, perché il problema è strutturale non contingente. Quali garanzie può offrire alle aziende, in un momento complesso come l’attuale, una forma di inserimento valida sulla carta ma che sconta una complessità della disciplina e della gestione operativa degli apprendisti, oltre a enormi incertezze regolative?

Apprendistato tra luci (poche) e ombre (molte)

di Davide PASSONI

Il lavoro, questo sconosciuto. In un’Italia che fatica più degli altri Paesi avanzati a trovare un filo logico cui attaccarsi per uscire dalla crisi bastarda che attanaglia lei e l’economia globale, quello del lavoro è un tema più che caldo: rovente. Un tema sul quale quelli del Governo si stanno rompendo la testa da un anno a questa parte, da quando sono subentrati all’Esecutivo Berlusconi. E sul quale hanno partorito una riforma, la cosiddetta Riforma Fornero, con più ombre che luci.

Prima c’era stato il testo unico sull’apprendistato, entrato definitivamente a regime 6 mesi fa, con il quale si era pensato di dare maggiore forza e competitività a questa tipologia di contratto di inserimento, per dare più opportunità di ingresso sul mercato del lavoro ai giovani. Ora, a oltre un anno dal varo del Testo Unico, si cominciano a trarre i primi bilanci che, pare, non sono del tutto positivi.

Da più parti si sottolineano le troppe rigidità in uscita (tra le quali i costi per recedere dal contratto e l’impossibilità di far passare di livello l’apprendista), alcune regole che penalizzano la diffusione dell’apprendistato, la durata massima della formazione (3 anni fissati dalla legge, che diventano 5 nel settore dell’artigianato e per determinate qualifiche professionali), le lacune attuative per il cosiddetto “apprendistato qualificante”, destinato ai ragazzi tra i 15 e i 25 anni. Non stupisce dunque se, secondo un’indagine effettuata dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro, solo un’azienda su cinque pensa più facile avviare l’apprendistato di mestiere o professionalizzante per assumere giovani tra i 18 e i 29 anni.

La cosa paradossale, però, è che molte delle associazioni professionali o d’impresa attribuiscono all’apprendistato un valore e un’importanza molto alti; quello di cui si lamentano sono la burocrazia, la farraginosità delle procedure per accedervi, l’incertezza sul ruolo delle regioni e i loro ritardi. Insomma, tutte carinerie che ricadono nell’ambito del legislatore più che in quello delle imprese. Per cui ci risiamo: per quale motivo, chiediamo, quando lo Stato cerca di avere buone idee, all’atto della loro messa in pratica rovina tutto? Cercheremo di scoprirlo ascoltando la voce degli interessati, lungo tutta la settimana.

Dalla Liguria 1,3 milioni di finanziamenti per 449 imprese artigiane

Finanziamenti regionali in vista per le 449 imprese artigiane liguri selezionate, che potranno beneficiare di 1,3 milioni di euro. Lo hanno comunicato l’assessore della Regione Liguria allo Sviluppo Economico, Renzo Guccineli e il direttore di Artigiancassa Roberto Genovese, insieme alle associazioni di categoria, Confartigianato e Cna. I finanziamenti, gestiti da Artigiancassa, serviranno per dare avvio a nuovi investimenti.

Si tratta di agevolazioni al credito che le imprese artigiane hanno potuto ottenere rivolgendosi a tutte le banche, attraverso misure di abbattimento del tasso di interesse che potranno attivare 25 milioni di euro di investimenti. Per la prima volta sarà Artigiancassa a erogare direttamente il contributo alle imprese beneficiarie, mettendo in atto una semplificazione amministrativa rispetto al passato, evitando così il precedente passaggio di intermediazione bancaria e riducendo gli oneri indiretti delle imprese.

I finanziamenti serviranno alle imprese per effettuare investimenti o all’acquisto di scorte, attrezzature o immobili. A questa prima fase che raccoglie le domande delle aziende fino a maggio seguirà una seconda, a partire dal 26 luglio, per mettere a disposizione ulteriori 2 milioni di euro. “Questo intervento – spiega Guccinelli – vuole essere una risposta alle esigenze di sostegno provenienti dalle attività artigiane in una situazione segnata da una difficolta’ nei pagamenti e da problematiche di liquidità delle imprese”.