Imprese italiane: meno prestiti e più debiti

Cornute, tassate e mazziate. Sono le imprese italiane fotografate dalla Cgia di Mestre quando prova a fare il punto sulla loro situazione patrimoniale in questo disastrato 2012. E il risultato di questa fotografia sta tutto nelle parole di Giuseppe Bortolussi, segretario dell’associazione mestrina: “Ricevono sempre meno prestiti e nel contempo fanno sempre più fatica a restituire quelli ricevuti. Tra l’agosto del 2011 e lo stesso mese di quest’anno, la contrazione degli impieghi erogati dalle banche alle imprese italiane è stata di circa 27 miliardi di euro, mentre le sofferenze in capo al sistema imprenditoriale sono aumentate di 12,3 miliardi di euro. Ormai l’ammontare complessivo delle insolvenze sfiora gli 88 miliardi di euro: un vero e proprio record mai raggiunto dopo l’avvento dell’euro“.

Parole che esplodono dopo che la Cgia ha analizzato l’evoluzione dei prestiti e delle sofferenze registrate dal sistema imprenditoriale italiano negli ultimi 12 mesi dell’anno (agosto 2011-agosto 2012). A livello territoriale, è il Centro ad aver subito la più significativa variazione di crescita delle sofferenze: tra il luglio 2011 e lo stesso mese di quest’anno (ultimo dato disponibile) l’incremento è stato dell’17,3%, contro il +16,9% registrato nel Nord Est, il +15,1% del Nord Ovest e il +14,6% del Sud.

Lato prestiti, invece, è il Nord Ovest l’area che ha subito la flessione più evidente: sempre tra luglio 2011 e luglio 2012, la contrazione è stata del 2,67%, rispetto al -1,67% fatto segnare dal Nord Est, al -1,58% registrato nel Sud e al -1,50% maturato nel Centro. Ancor più significativa la situazione che si è verificata dall’inizio di novembre del 2011, mese in cui lo spread italiano ha raggiunto il livello record di 558 punti base: in questi ultimi 10 mesi (novembre 2011 – agosto 2012) i prestiti hanno subito un forte rallentamento. Rispetto al periodo agosto 2011-agosto 2012, la contrazione è quasi raddoppiata, mentre la crescita delle sofferenze ha subito una decisa frenata.

Dopo quattro anni di crisi – dice ancora Bortolussisoprattutto le piccole imprese stanno soffrendo per la mancanza di liquidità. Per soddisfare gli ordini e la domanda, le piccole imprese devono pagare le forniture, acquistare le materie prime e i servizi, pagare le utenze, onorare gli impegni economici assunti con i propri dipendenti, versare le tasse e i contributi ed è chiaro che senza liquidità molte esperienze imprenditoriali rischiano di cessare l’attività. Ricordo che dall’inizio della crisi ad oggi sono quasi 50mila le imprese italiane che hanno fallito e circa un terzo di queste hanno chiuso i battenti per mancati pagamenti“.

Con le due operazioni effettuate dalla Bce nel dicembre 2011 e nel febbraio di quest’anno gli istituti di credito italiani hanno ricevuto 132 miliardi di liquidità netta, ad un tasso d’interesse dell’1%. E’ vero che gran parte di questi soldi sono stati impiegati per l’acquisto di titoli di Stato al fine di evitare il crac finanziario del nostro Paese, ma adesso bisogna evitare che a collassare sia l’economia reale, ovvero le imprese e i propri dipendenti. Per questo è auspicabile che le banche ritornino a fare il loro mestiere, vale a dire rischiare assieme alle imprese“, è l’amara conclusione di Bortolussi.

Mercato dell’Ict in calo, la parola d’ordine è innovazione

 

Il mercato italiano dell’Ict ha segnato un calo nelle vendite significativo nel 2011: per quanto riguarda le sue componenti tradizionali (hardware, software e servizi) la contrazione è stata del 3,6% rispetto al 2010, mentre sul versate It si è passati dal – 1,4% di fine 2010 al -4,1% (Tlc da – 3,0% a -3,4%) del 2011. Nel dettaglio sono stati venduti 4.559 milioni di euro di hardware (- 9%), su cui ha pesato il calo nelle vendite di PC (6.370.000, -16,2%), non compensato dal boom dei tablet (858.000 pezzi, +100,2%), mentre il software ha dato prova di maggior tenuta (4.226 milioni di euro, 1%).

I dati sono il frutto del 43mo Rapporto Assinform relativo alle performance del settore Ict nel 2011: “a fronte di un aumento medio mondiale della domanda di Ict di + 4,4%, questi risultati mettono in luce in modo drammatico le difficoltà di ripresa della nostra economia, che fa ancora troppa, estrema, fatica ad agganciarsi all’innovazione digitale come motore della crescita” ha sottolineato Paolo Angelucci, presidente di Assinform.

I trend mondiali parlano chiaro: nel resto del mondo l’informatica è salita del 2,4% e le Tlc del 5,7% nel 2011; il mercato trainante resta quello degli Usa con l’It a +3,1% (+ 5,1 nel 2010) e la Germania con + 2,3% (+ 2,6% nel 2010). Fanalino di coda in Europa la Spagna con – 5,3%. E’ importante sottolineare però che, a differenza dell’Italia, il rapporto Spesa It/Pil nel 2011 nei Paesi sopracitati è stato molto più elevato (Usa 4,2%, Francia 3,4%, Germania e Uk 3,3%), mentre l’Italia, come la Spagna, si è fermato all’1,8%. La forbice tra innovazione e Italia si va allargando, diventando sempre più ampia.

Veniamo al 2012: nel primo trimestre il mercato delle telecomunicazioni ha totalizzato 9.960 milioni di euro, con un calo del 3,1% rispetto al 2011, mentre quello dell’IT è arrivato a quota 4.085 milioni di euro, segnando una contrazione del 3,4%, per un mercato complessivo dell’ICT pari a 14.045 milioni, in calo del 3,2%. Le previsioni per il 2012 parlano di un business complessivo pari a 56.599 milioni (-2,5%) con la componente telecomunicazioni a 39.530 milioni (-2,1%) e la componente IT a 17.119 milioni (-3, 1%).

Se il calo sembra contrarsi, a ciò si aggiunge una buona notizia, almeno secondo Paolo Angelucci, presidente di Assinform: “al calo della domanda Ict tradizionale, si sta contrapponendo l’emersione di un nuovo perimetro del mercato digitale, che tende ad ampliarsi in virtù della crescita delle componenti più innovative, legate alla penetrazione del web, allo sviluppo del cloud, all’Internet delle cose, all’uso di tablet, e-reader e smartphone”. Si tratta di un settore che è il frutto della convergenza fra tecnologie informatiche e di telecomunicazione, e che nel solo 2011 è stato di 69.313 milioni di euro, con un trend negativo più attenuato, dell’ordine di – 2,2 % rispetto al 2010.

Un nuovo trend in grado di compensare le perdite subite dal mercato tradizionale dell’Ict? Sembra proprio di si: “se il 2012 vedrà, secondo le nostre previsioni, un trend delle componenti tradizionali dell’Ict ancora in discesa, anche se con velocità attenuata, dell’ordine di – 2,5% , con le Tlc a -3,1% e l’It a -2,1%, prevediamo una crescita delle componenti innovative di +6,7% continua Angelucci.

Puntare su ricerca, sviluppo e innovazione sembra l’unica soluzione per salvare il mercato: rifocalizzarsi sugli asset innovativi e rimodellarsi in maniera efficiente su quelli tradizionali; crescere dimensionalmente sfruttando tutti gli strumenti a disposizione, innanzitutto capitale di rischio e reti d’imprese, investire massicciamente in Ricerca e Sviluppo. E a proposito di Agenda Digitale e Riforme dello Stato Angelucci sottolinea come sia necessario agire su latri 5 fronti:

  • risolvere il credit crunch: per le imprese It è fondamentale, perché essendo labour intensive sono particolarmente esposte alle problematiche finanziarie
  • riforma del lavoro: non deve essere piu “tossica” dell’attuale dell’art.18 bloccando la capacità di affrontare le sfide che pone il Global Digital Market
  • appalti: è indispensabile rivisitare la materia per l’It, eliminando le gare al massimo ribasso e rispettando i tempi di pagamento
  • riformare l’in-house per eliminare distorsioni di mercato e rivitalizzare la concorrenza nell’informatica pubblica
  • introduzione del Chapter 11 italiano per permettere la ristrutturazione delle imprese

L’Italia vive ancora in una dimensione di arretratezza dal punto di vista dell’utilizzo delle tecnologie informatiche, e questo colpisce anche le piccole e medie aziende che molto spesso puntano troppo poco a innovazione e imprese digitali. Per fare qualche esempio, nel nostro Paese le imprese italiane che acquistano on-line sono meno del 20%, contro la media europea del 30%, e ancora, è bassissimo il numero delle aziende che vendono on-line, raggiungendo valori del 2%, contro il 12-13% europeo. Colpa degli acquirenti? La popolazione italiana che usa spesso Internet non supera il 54%, mentre in Europa va oltre 71%), e fra questi, la popolazione che acquista on-line è meno del 15% (Europa 40%), senza dimenticare che le famiglie italiane con accesso alla banda larga sono poco più del 53%.

Parole d’ordine: investire e innovare. Magari dandosi appuntamento al Salone Smau 2012, in programma dal 17 al 19 ottobre a FieraMilanoCity, per fare il punto all’information e communication technology.

VIENI A SMAU 2012: INFOIVA TI REGALA L’INGRESSO

Alessia CASIRAGHI

Obiettivo Unioncamere: l’internazionalizzazione

Il nuovo obiettivo di Unioncamere? Portare, nei prossimi tre anni, circa 40mila imprese ad accettare la sfida dell’internazionalizzazione. Ad affermarlo è il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, che ha ricordato che “il brand del Made in Italy resta pur sempre il terzo conosciuto al mondo dopo CocaCola e Visa, ma in questo momento il sistema camerale italiano ha oltre sei milioni di imprese impegnate su un asfittico mercato interno e solo duecentomila stanno affrontando un processo di internazionalizzazione. Abbiamo la consapevolezza che il mercato interno ben difficilmente potrà riprendere velocemente. Esistono invece migliaia di microimprese che lavorano per la mondializzazione magari anche senza saperlo e sono protagoniste indirette”.

Italia-Brasile: le pmi si giocano la partita più importante

 

Santa Caterina pensaci tu.

No, non è un ex voto verso qualche martire italiana, ma uno dei 27 Stati Confederati del Brasile con cui Regione Liguria, Liguria International e il Ministero dello Sviluppo Economico Italiano hanno firmato un importante accordo, un impegno che rappresenta un decisivo passo in avanti per le imprese italiane impegnate nel settore nautico.

“Il settore ha dei dazi doganali molto forti ma anche una grande volontà di collaborazione. Grazie all’intesa a Santa Caterina sarà possibile anche per le piccole e medie imprese italiane accedere ad agevolazioni e partnership con quelle locali, mentre a livello nazionale brasiliano si creeranno dei tavoli di lavoro che dovrebbero sfociare in nuovi accordi futuri” – ha commentato Emanuele Spadaro, export manager di Ucina (la Confindustria del settore) subito dopo la sigla.

L’intesa è stata promossa da Regione Liguria, che guida la delegazione italiana per il settore nautico, e Liguria International: “Tramite la Liguria si promuove tutta la capacità nazionale, attraverso decine di imprese che abbiamo portato qui a caccia di affari e questo tipo di avvenimenti può dare risultati concreti rilevanti” – è stato il parere di Franco Aprile, presidente di Liguria International.

Con questo passo, infatti, Italia e Brasile hanno intrapreso la costituzione di un polo nella regione di Santa Caterina (uno dei 27 stati federati brasiliani collocato nella porzione meridionale del Paese) e di un tavolo di lavoro permanente per lo sviluppo che agevolerà i cantieri e i mercati nautici della Penisola del Belpaese in uno dei mercati emergenti più interessanti del momento.

Vento in poppa!

 

Paola PERFETTI

ICE-Agenzia promuove l’International Book Forum

Anche quest’anno l’ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane rinnova il suo contributo al successo dell’International Book Forum (IBF), l’area business del Salone Internazionale del Libro di Torino in programma da oggi fino al 12 maggio 2012. L’Agenzia ICE ha infatti finanziato e organizzato, in collaborazione con la Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura e la Regione Piemonte, la visita a Torino di 80 tra editori, agenti, produttori, story editor e scout letterari provenienti da 17 Paesi. Da oltre dieci anni, l’IBF favorisce l’incontro tra editori italiani e professionisti internazionali al fine di promuovere lo scambio di diritti editoriali per la traduzione e l’adattamento cinematografico e televisivo, nonché lo sviluppo di nuovi progetti audiovisivi che possano diventare libro, prodotto per abbinamento editoriale, contenuti per smart phone e tablet e per video on demand. Gli 80 editori stranieri partecipanti avranno in programma una fitta agenda di incontri b2b con gli editori italiani, a testimonianza della validità di un appuntamento a buon diritto considerato strategico per l’editoria italiana. La collaborazione dell’Agenzia ICE con l’International Book Forum nasce nel 2002 ed è anche grazie a questo supporto costante che l’IBF ha raggiunto le attuali dimensioni e l’importanza riconosciuta oggi a livello internazionale. L’intervento dell’Agenzia ICE ha l’obiettivo di creare opportunità internazionali di business per le centinaia di piccole e medie case editrici italiane presenti ogni anno al Salone, per molte delle quali l’IBF rappresenta il primo passo verso i mercati esteri. La Spagna, Paese Ospite d’Onore di questa XXV edizione del Salone, sarà rappresentata da 15 editori. Gli altri editori stranieri provengono da Cina (1), Danimarca (1), Egitto (1), Finlandia (1), Francia (10), Germania (7), Paesi Bassi (5), Portogallo (2), Regno Unito (15), Romania (3), Russia (3), Serbia (3), Svezia (2), Turchia (3), Ungheria (2), Stati Uniti (6). L’edizione 2011 dell’International Book Forum ha registrato ottimi risultati: 6.900 gli incontri nei tre giorni, oltre 700 gli operatori professionali presenti, di cui 90 invitati da ICE in collaborazione con la Regione Piemonte. Così l’Ice in una nota.

Fonte: agenparl.it

Firenze: le imprese guardano ai mercati d’Oriente

La Camera di Commercio di Arezzo e METROPOLI – Azienda Speciale della CdC di Firenze, con il contributo di Unioncamere Nazionale organizzano la seconda edizione dell’’incoming Italia @ casa2  rivolto alle aziende italiane del settore illuminazione, tessile per la casa, arredo bagno, complemento d’arredo artistico e oggettivistica di design e mobili.

L’evento che si svolgerà nei giorni 18 e 19 giugno a Firenze ha lo scopo di avvicinare le imprese italiane al mercato cinese e giapponese dell’arredamento e del complemento d’arredo. Saranno coinvolti ed invitati 10 operatori selezionati tra i principali importatori e distribuitori nonché studi di architettura ed interior design.Per ulteriori  informazioni contattare il Dott. Francesco Bigazzi (0575303839,francesco.bigazzi@ar.camcom.it), la Dott.ssa Annamaria Quaranta (0552671631). La scheda di adesione e il company profile devono essere inviati entro il prossimo 2 maggio. In allegato la lettera di presentazione dell’iniziativa.  

Fonte: camcom.gov.it

La stretta creditizia soffoca le imprese italiane

Diminuiscono i prestiti concessi alle aziende, crescono i tassi di interesse e si moltiplicano le imprese insolventi. E’ la Cgia di Mestre a denunciare la stretta creditizia che è in atto sulle aziende delle penisola: negli ultimi 3 mesi del 2011 i prestiti erogati dal sistema bancario italiano alle imprese sono diminuiti dell’1,5%, toccando quota – 2,2% a dicembre. Sul fronte dei tassi di interesse le cose non vanno meglio: l’aumento del tasso è costato alle aziende italiane nel solo 2011 3,7 miliardi di euro.

Il risultato? Aumento delle insolvenze in capo alle aziende che hanno raggiunto quota 80 miliardi di euro, ovvero il +36% rispetto al 2010.

“Ci troviamo di fronte a una vera e propria stretta creditizia – afferma la Cgia di Mestre. – Le banche hanno chiuso i rubinetti del credito ed in una fase recessiva, come quella che stiamo vivendo in questo momento, corriamo il rischio che il nostro sistema produttivo, costituito prevalentemente da piccole e piccolissime imprese, collassi.”

Anche se i dati confermano che nel 2011 l’ammontare complessivo dei prestiti erogati alle imprese è stato di 995 miliardi di euro, con un +3% rispetto al 2010, tale dato va messo in rapporto con la crescita dell’inflazione, che l’anno scorso è stata del +3,3%, ovvero superiore all’aumento dei prestiti erogati alle imprese. A dicembre poi il collasso: aumento vertiginoso dell’inflazione e contrazione dei prestiti pari a – 2,2%.

Nel 2011 le insolvenze in capo alle imprese italiane hanno toccato gli 80,6 miliardi di euro, con un incremento rispetto l’anno precedente pari al + 36%. “Questa situazione ha sicuramente indotto molti istituti di credito a ridurre i prestiti – conclude Bortolussi – soprattutto a quelle realtà produttive che non erano più in grado di dimostrare e garantire una certa affidabilità”.

I dipendenti chiedono più benefit ma le aziende non ascoltano

 

Quali sono le attività di welfare aziendale già attuate o in via di progettazione da parte delle imprese italiane? Quali sono gli obiettivi, le difficoltà, le prospettive per il futuro e le valutazioni? Questi e altri temi sono stati indagati dall’istituto AstraRicerche, che nel mese di luglio ha condotto una ricerca per conto di Edenred.

Dalla ricerca emerge che le aziende e i lavoratori sono assolutamente d’accordo in particolare su un aspetto: i piani di welfare aziendali sono di grande interesse ma attualmente non sono sufficientemente ampi (il 45% degli imprenditori/dirigenti non è ancora soddisfatto del proprio welfare aziendale) e secondo il 70% dei manager intervistati andranno sviluppati nei prossimi 2/3 anni.

Dopo aver intervistato più di 800 lavoratori sui bisogni legati al welfare aziendale, l’indagine si è concentrata su manager e imprenditori di circa 400 aziende, sia italiane che multinazionali, chiamati a rispondere sulla propria offerta di welfare aziendale, le potenzialità e gli ostacoli.

Tra i motivi per cui molte aziende non offrono piani di welfare ci sono i costi (effettivi e presunti: 55%) e le difficoltà connesse alla crisi economica che penalizza molti settori e porta inevitabilmente a sfoltire i budget destinati alla formazione e alla cura del personale.

Tuttavia, se viene confrontata l’offerta effettiva con i desideri dei lavoratori, è evidente che esiste un divario rilevante, in particolar modo per tutti i servizi non strettamente legati all’alimentazione.

Analizzando il panorama dei servizi attualmente offerti dalle aziende emerge che l’alimentazione la fa da padrona (il 79% del campione offre buoni pasto oppure una mensa interna); seguono i benefit legati alla flessibilità del lavoro come il telelavoro o l’orario ridotto (58%) e i servizi legati all’assistenza medica o burocratica (36%).

Intanto le imprese italiane hanno ben chiari gli obiettivi che sono allineati alla percezione dei dipendenti: migliorare il clima aziendale (86%) e accrescere la soddisfazione delle risorse umane (55%), segue il desiderio di dare una spinta alla produttività (51%), raccogliere vantaggi di immagine (50%) e di apprezzamento interno ed esterno sul terreno della corporate social responsibility (CSR).

I dipendenti intanto rimproverano alle proprie aziende l’incapacità d’individuare e soddisfare le reali esigenze e preferenze (lamentata dal 38% dei dipendenti e da un 22% degli dirigenti).

Marco Poggi

L’allarme Libia colpisce anche le Pmi italiane

La difficoltosa situazione libica non sta colpendo solo le grandi aziende italiane e internazionali che operano nel territorio nord africano ma anche una decina di piccole e medie imprese nazionali. Paolo Romani, ministro per lo Sviluppo ha affermato che il governo sta valutando di elaborare un emendamento a favore delle imprese che hanno subito danni.

Secondo la Camera di commercio italo-libica le aziende italiane che hanno regolari rapporti con Tripoli sarebbero circa 600, ma di queste risulta a Reuters che solo una cinquantina ha recentemente lamentato alle autorità competenti rischi o problemi.

In testa alla lista ci sono: Architects, Bio Agri Trade, Brunengo, Edilbono, Gem Elettronica, Gemmo, Luilor, Metalprint, Nico, Tai Milano, Technarredi, Sicon Oil & Gas, Sarplast, Siad. Tra i problemi più lamentati ci sono la mancata riscossione di crediti ma non solo. Vi sono anche problemi bancari (diversità di comportamento da parte di istituti italiani sull’accettazione di pagamenti da parte libica; oppure la richiesta da parte delle banche di restituzione di prestiti erogati per investimenti in Libia) e problemi previdenziali (l’impossibilità di accedere alla cassa integrazione per i lavoratori rientrati dalla Libia in questi mesi di guerra).

 

Nuove assunzioni in vista ma serve manodopera specializzata

Le imprese italiane hanno programmato di effettuare tra luglio e settembre 2011 162.600 assunzioni quasi 23mila in più dello stesso periodo del 2010. Questo stando ai dati rilevati dal Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro che da poco tempo presenta trimestralmente il fabbisogno di manodopera a livello provinciale.

Delle 162mila entrate previste, 107mila saranno a carattere non stagionale e, tra queste, 46mila comporteranno un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Le richieste maggiori riguardano gli operai specializzati e conduttori di impianti nelle industrie tessili, abbigliamento e calzature (1.740 le entrate previste), parrucchieri ed estetisti (760), e gli operai nelle industrie del legno e della carta (540).

Le industrie del legno rivelano difficoltà a reperire operai. Mancherebbero infatti il 29,7% di addetti, a seguire le figure per la cura della persona (25%) ed infine gli operai delle industrie tessili irreperibili per un 19,3%.