Nuove scadenze fiscali, precisazioni dell’Agenzia delle Entrate

Con il decreto adempimenti sono previste nuove scadenze fiscali e l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 8/E dell’11 aprile 2024 ha fornito le istruzioni operative e lo scadenzario che i contribuenti dovranno seguire per i prossimi anni.

Nuove scadenze fiscali per il modello Redditi persone fisiche 2024

Con il decreto Adempimenti cambiano le scadenze per la presentazione del modello Redditi e Irap, resta ferma la scadenza per la presentazione del modello 730 che resta ferma al 30 settembre di ogni anno.

Per quanto riguarda il modello Redditi Persone Fisiche, con le nuove norme è prevista la 30 settembre cioè stesso termine previsto per il modello 730. Per il solo anno di imposta 2023, dichiarazione da presentare quindi nel 2024, il termine è stato posticipato al 15 ottobre 2024.

Sono infatti slittati i termini per aderire al concordato preventivo biennale a causa della necessità di predisporre software e piattaforme. Ci sarà temo fino al 15 ottobre e di conseguenza per facilitare le operazioni ai contribuenti, viene sostato al 15 ottobre 2024 anche il termine per la presentazione del modello Redditi Persone fisiche, ma si precisa che tale modifica è solo per quest’anno, dall’anno di imposta 2024, dichiarazione da presentare nel 2025 entra in vigore il termine ordinario in scadenza al 30 settembre.

Occorre però prestare attenzione infatti se il modello Reddito Persone Fisiche è presentato, da persone fisiche, tramite un ufficio di Poste italiane Spa, la consegna dovrà essere fatta tra il 1° maggio e il 1° luglio 2024.

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Nuove scadenze fiscali Irap, Ires, modello 770 sostituti di imposta

Per i soggetti Ires, se il periodo d’imposta coincide con l’anno solare, la dichiarazione dovrà essere trasmessa entro il 15 ottobre 2024, ovvero entro il giorno 15 del decimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta, per i soggetti con esercizio “a cavallo”, cioè con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare.

Per l’Irap, imposta redditi attività produttive, si applicano gli stessi termini di scadenza previsti per il modello Redditi persone fisiche.

Resta ferma la data di scadenza del 31 ottobre 2024, per la trasmissione, da parte dei sostituti d’imposta, del modello 770.

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Versamenti Iva e altre imposte slittano al 20 luglio 2023

Con il comunicato n° 98 il Ministero dell’economia e delle Finanze ha provveduto a rendere noto che a breve sarà adottata una disposizione normativa per la proroga della scadenza Iva al 20 luglio 2023. ecco i dettagli.

Perché c’è la proroga dei versamenti Iva?

Il Consiglio nazionale dei commercialisti nelle settimane scorse aveva reso noto che era stata intrapresa una interlocuzione con l’Agenzia delle entrate e il Mef al fine di prorogare il termine per la presentazione della dichiarazione Iva e il versamento dell’imposta in scadenza al 30 giugno.

Alla base di tale richiesta vi era il ritardo nella pubblicazione del decreto con i questionari Isa.

Con il comunicato n°98 del Mef è stato reso noto che saranno effettivamente prorogate al 20 luglio 2023 i termini per la presentazione della dichiarazione Iva, Irap e redditi per i soggetti Isa e per coloro che hanno aderito al forfettario e al regime dei minimi.

Le nuove scadenze sono:

  • 20 luglio 2023 senza maggiorazione;
  • 31 luglio 2023 con la maggiorazione dello 0,40%.

Sono fuori dalla proroga i contribuenti che svolgono attività agricole e che sono titolari solo di redditi agrari secondo quanto disposto dagli artt. 32 ss. del TUIR .

Proroga pagamento imposte: chi riguarda?

La proroga riguarda le imposte derivanti dalle dichiarazioni viste, di conseguenza:

  • saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP;
  • saldo 2022 ed eventuale primo acconto 2023 per addizionale comunale Irpef;
  • saldo 2022 addizionale regionale Irpef;
  • saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 della “cedolare secca sulle locazioni”
  • altre imposte sostitutive o addizionali
  • saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’IVIE e/o dell’IVAFE;
  • IVA dovuta sui maggiori ricavi o compensi dichiarati per migliorare il proprio profilo di affidabilità in base agli ISA;
  • la proroga al 20 luglio riguarda anche il saldo Iva che doveva essere versato entro il 16 marzo scorso e che poteva essere versato entro il 30 giugno con la maggiorazione allo 0,40%. Naturalmente la proroga al 20 luglio si intende con la maggiorazione.

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Irap 2023, devono pagarla i lavoratori autonomi per il 2022?

I dubbi dei contribuenti sono numerosi, tra le richieste pervenute all’Agenzia delle entrate a cui è stata fornita risposta sulla rubrica ufficiale FiscoOggi vi è un dubbio sull’Irap, imposta sulle attività produttive. Il contribuente chiede in particolare se per il 2022 l’Irap è dovuta anche per le ditte individuali. Ecco la risposta dell’Agenzia delle entrate.

Irap per lavoratori autonomi cancellata dalla legge di bilancio 2022

Nella sua risposta al contribuente l’Agenzia delle entrate ricorda che con il decreto legislativo 446 del 1997 si è provveduto a disciplinare questa imposta che con la legge di bilancio 2022, articolo 1, comma 8 si è provveduto a escludere l’applicazione dell’Irap per le persone fisiche, cioè lavoratori autonomi e liberi professionisti.

Specifica l’Agenzia delle entrate nella sua risposta che restano assoggettati all’Irap i soggetti indicati nell’articolo 3 del decreto legislativo 446 del 1997. Si tratta di tutte le tipologie di società a cui si aggiungono gli enti citati dallo stesso articolo.

Nella riforma fiscale l’abolizione dell’Irap

Questo implica che coloro che nel 2022 hanno esercito attività di lavoratori autonomi o professionisti non sono più tenuti a effettuare gli adempimenti precedentemente previsti per l’Irap.

Ricordiamo inoltre che tra gli obiettivi dichiarati, dai precedenti e dall’attuale Governo, vi è il superamento dell’Irap. Il Governo già nella riforma fiscale a cui sta attualmente lavorando ha previsto misure volte a superare l’applicazione di questa imposta particolarmente sgradita. Si aggiunge l’obiettivo di eliminare le micro-imposte tra cui il Superbollo.

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Riforma fiscale e concordato preventivo biennale: a chi si applica e come funziona

Tra le misure che rientrano nella proposta di riforma fiscale, vi è il concordato preventivo biennale, da considerare come uno strumento volto a migliorare i rapporti tra Fisco e contribuente e ridurre l’evasione fiscale. Ecco le principali novità introdotte.

Cos’è il concordato preventivo biennale

Il concordato preventivo è un accordo tra il Fisco e il contribuente che prevede di fissare per due anni la base imponibile, in questo modo il contribuente sa già quante tasse dovrà versare per due anni. Non si applicherà a tutti i contribuenti, ma solo a titolari di reddito di impresa e lavoratori autonomi che abbiano un fatturato non particolarmente importante.

La ratio dell’introduzione del concordato preventivo biennale risiede nel fatto che in Italia vi è un elevato livello di evasione fiscale, favorita dall’impossibilità di eseguire accertamenti fiscali su tutti i contribuenti. Attualmente, come dichiara il vice ministro all’Economia, solo il 2-2,5% delle dichiarazioni sono sottoposte a controlli. Con il concordato preventivo c’è un accordo tra le parti sulla tassazione da applicare che esclude un’ampia fetta di contribuenti dalla necessità di essere sottoposti a controlli.

La nuova riforma prevede che l’Agenzia delle Entrate in base ai dati in suo possesso basati su fatturazione elettronica e altri elementi in suo possesso, determina una base imponibile fissa per due anni, questa corrisponde alle potenzialità delle attività che accedono a questa modalità di calcolo delle imposte. Con tale metodo di calcolo della base imponibile, il contribuente sarà chiamato a versare per due anni successivi le stesse imposte sui redditi e Irap. Restano immutati nei due anni anche i contributi previdenziali da versare. Sfugge a tale modalità di calcolo l’Iva.

Vantaggi e svantaggi del concordato

Naturalmente un professionista, lavoratore autonomo, piccolo imprenditore, nell’arco di due anni può avere delle variazioni di reddito e non è detto che le stesse siano in aumento, elemento che porterebbe con il concordato preventivo biennale a un risparmio di imposta. Può capitare, e spesso capita, che vi siano delle fluttuazioni di entrate verso il basso, questo implica che vi è il rischio che il contribuente paghi più di quanto effettivamente dovuto.

Il testo della bozza sottolinea inoltre “fermi restando gli obblighi contabili e dichiarativi. Ciò implica che non vi è il risparmio dovuto al non adempimento di tutti quegli oneri burocratici che fanno perdere tempo e che alla fine implicano un esborso di denaro dovuto alla necessità di rivolgersi a professionisti.

Deve però essere sottolineato che il contribuente è libero di aderire o meno al concordato preventivo. Tenderà a farlo nel momento in cui ritiene che nell’arco di due anni possa esservi una buona crescita e quindi si possa generare un vantaggio fiscale. Purtroppo non sempre è semplice fare tali previsioni in modo adeguato.

La bozza della riforma fiscale prevede anche ipotesi di decadenza dal concordato preventivo biennale. Ciò si verifica nel caso in cui dai controlli emerga che negli anni antecedenti rispetto a quello in cui il contribuente ha aderito al concordato, non sono stati adeguatamente documentati ricavi e compensi. Sono però previste delle soglie, quindi se la discordanza è minima non si decade.

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Riforma fiscale, presentata la bozza: Irpef, flat tax, Ires e agevolazioni

È pronta la bozza della tanto attesa riforma fiscale, si compone di 4 parti per un totale di 21 articoli che andranno a riguardare tutti i contribuenti. Ecco cosa cambia.

Riforma fiscale, riduzione delle imposte con revisione delle agevolazioni

L’obiettivo è ridurre la tassazione dei contribuenti e quindi diminuire la pressione fiscale, ma non solo, c’è anche lo scopo di semplificare il sistema. Ecco le principali misure della riforma fiscale.

La riduzione della pressione fiscale dovrebbe essere “finanziata” attraverso una riduzione delle agevolazioni fiscali in favore del contribuente, questo implica che per lo Stato il saldo non dovrebbe variare in modo considerevole, ne deriva che anche i servizi forniti ai cittadini non dovrebbero subire grosse variazioni, ma l’uso del condizionale è sempre d’obbligo.

Novità anche per le società che potranno avvalersi di una nuova Ires a due aliquote fiscali, inoltre per le imprese si va verso il superamento definitivo dell’Irap (imposta sui redditi delle attività produttive). Nella bozza è previsto anche l’addio all’imposta di bollo, ipotecaria e catastale, sia chiaro non scompariranno, ma tali tributi saranno riuniti in un tributo unico che dovrebbe essere più basso.

Per i redditi da fabbricati si procede all’applicazione della cedolare secca anche per gli immobili non a uso abitativo.

Riforma fiscale: arriva la flat tax per i lavoratori dipendenti

Nella bozza di riforma torna anche la flat tax per i dipendenti di cui si è molto parlato in campagna elettorale, la stessa prevede due termini temporali, per i redditi aggiuntivi, cioè flat tax incrementale, si applicherà già dal 2023, quindi aliquota fissa per i redditi aggiuntivi rispetto a quelli prodotti nell’anno precedente.

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Per l’avvio definitivo della flat tax per tutti i redditi da lavoro dipendente invece il termine previsto è fine legislatura. Di conseguenza la riduzione degli scaglioni Irpef a tre dovrebbe essere una misura temporanea e applicata quindi solo per il periodo dall’entrata in vigore della riforma fiscale fino all’entrata in vigore successiva della flat tax.

Attualmente sono in vigore quattro scaglioni:

  • 0-15.000 euro aliquota 23%;
  • 15.001-28.000 euro aliquota 25%;
  • 28.001 – 50.000 euro aliquota 35%;
  • oltre 50.001 euro aliquota 43%.

Con la riforma le due aliquote centrali dovrebbero essere accorpate con un risparmio di imposta per i redditi compresi tra 28.0001 euro e 50.000 euro.

Iva con aliquota Zero

Un’altra novità particolarmente interessante è l’applicazione dell’aliquota Iva zero per i beni di prima necessità. Secondo le stime Codacons questa sola misura dovrebbe portare al risparmio in media di 300 euro l’anno a famiglia, naturalmente molto dipenderà dal paniere di beni che effettivamente vengono inseriti all’interno del testo definitivo.

Tra le ipotesi vi è anche il federalismo fiscale che prevede il trasferimento dei gettiti Irpef e Iva verso la regione in cui effettivamente si è prodotto il reddito/ o di residenza del contribuente e in cui è avvenuto il consumo.

Ricordiamo che questa è solo una bozza e l’iter di approvazione della legge di delega per la riforma fiscale e infine il testo definitivo è piuttosto lungo.

Si va verso l’abolizione dell’Irap, tutte le novità

Si va verso l’abolizione dell’Irap, questa l’importante novità annunciata nel corso di Telefisco, appuntamento organizzato da Il Sole 24Ore.

Annunciata nel corso di Telefisco l’abolizione dell’Irap

L’Irap è l’imposta Regionale sulle Attività Produttive, si tratta di una delle imposte dovute dalle imprese e maggiormente odiata dai contribuenti. Le entrate che derivano da questa imposta sono prevalentemente utilizzate per il sostegno economico del Servizio Sanitario Nazionale e proprio questo è il maggiore ostacolo alla eliminazione dell’Irap.

Già con la Legge di Bilancio 2022 ( Legge 234 del 2021) si è provveduto a una riduzione importante dei soggetti passivi dell’imposta, con l’obiettivo dichiarato di arrivare all’eliminazione dell’imposta.

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Ora sembra essere arrivato il momento giusto, infatti, il Governo sta lavorando alla legge di delega della riforma fiscale, ha già annunciato nei giorni scorsi il desiderio di semplificare il sistema fiscale e ora nell’ambito dell’incontro Telefisco ha ulteriormente precisato l’ambito in cui si intende intervenire. Tra le misure previste vi è proprio l’abolizione dell’Irap a cui segue una revisione dell’Ires. Entrambe sono imposte che riguardano le imprese e che potrebbero dare impulso al settore andando anche a semplificare le incombenze con il relativo risparmio di spesa.

Non solo abolizione Irap: misure fiscali annunciate dal Governo Meloni

Nelle misure annunciate dal ministro dell’Economia e dal sottosegretario Maurizio Leo non vi è solo l’abolizione dell’Irap ma anche vi sono anche altre novità. Tra queste:

  • l’eliminazione delle scadenze di versamento previste per il mese di agosto con slittamento a settembre;
  • la previsione di scadenze trimestrali per i contribuenti minori;
  • l’eliminazione di tributi minori.

Tassazione delle criptovalute: quali norme si applicano?

Le criptovalute, tra cui la più conosciuta è il bitcoin, sono entrate nel mondo degli investimenti nel 2009 e dal quel momento i sistemi fiscali dei vari Paesi del mondo cercano di capire come tassare i proventi di questa tipologia di investimenti. Ora vedremo le direttive dell’Agenzia delle Entrate inerente la tassazione delle criptovalute in Italia.

Tassazione delle criptovalute: inquadramento degli intermediari

Nonostante siano passati molti anni dall’introduzione delle criptovalute, in Italia non esiste una normativa peculiare per la tassazione delle criptovalute, le varie commissioni tributarie e l’Agenzia delle Entrate nel tempo hanno dato dei punti di riferimento. Il primo atto da tenere presente è la Risoluzione 72/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate.

Cosa sono le criptovalute

Nella Risoluzione la prima cosa importante è la definizione delle criptovalute che sono definite “monete alternative” a quelle tradizionali aventi corso legale ed emesse da un’autorità monetaria. L’Agenzia delle Entrate delinea anche brevemente le caratteristiche di questa tipologia di moneta, o meglio i meccanismi di funzionamento, si tratta infatti di una moneta non avente corso legale che può essere utilizzata per lo scambio di beni e servizi, ma sono le parti a determinarne il valore di scambio delle monete perché appunto non è un “autorità” ufficiale a determinare il valore di scambio. Trattasi infine di una moneta digitale, non ha un struttura fisica e viene detenuta in portafogli digitali definiti wallet.

Tassazione attività di intermediazione

La prima cosa sottolineato dall’Agenzia delle Entrate che l’attività di intermediazione inerente le criptovalute deve essere considerata come prestazione di servizi a titolo oneroso, quindi tali operazioni svolte in modo professionale costituiscono attività rilevante ai fini Iva. L’attività degli intermediari consiste nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa.

Le commissioni degli intermediari trattenute in queste operazioni rappresentano la differenza tra l’importo corrisposto dal cliente che intende acquistare o vendere Bitcoin e la migliore quotazione reperita dalla società stessa sul mercato e di conseguenza a questo importo deve essere applicato l’articolo 10, comma 1, n.3 del DPR 633 del 1972 che delinea le esenzioni dall’applicazione Iva per le operazioni relative a “valute estere aventi corso legale e a crediti in valute estere, eccettuati i biglietti e le monete da collezione e comprese le operazioni di copertura dei rischi di cambio“. Inoltre l’attività è rilevante ai fini Ires e Irap.

Tassazione criptovalute: quali imposte pagano gli investitori?

Per quanto invece riguarda la tassazione dei proventi da parte degli investitori, la normativa arriva soprattutto dalla giurisprudenza, ma di fatto è ormai consolidata. Le criptovalute secondo l’interpretazione giurisprudenziale prevalente rientrano nell’articolo 67, c ter del Tuir, quindi come cessione a titolo oneroso di valute estere. La disciplina applicabile in questo caso è l’articolo 68 del Tuir che si occupa della tassazione delle plusvalenze nella misura della differenza tra il costo di acquisto della valuta ed il valore della vendita ottenuto nell’anno. Affinché sia operata la tassazione occorre che il valore investito superi euro di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta. In questo caso la tassazione è al 26% sui proventi dell’attività.

Per l’attività di staking, che prevede la ricompensa per la semplice detenzione di monete virtuali (quindi senza scambio) l’Agenzia delle Entrate ha previsto con la risposta a Interpello n. 433 del 24 agosto 2022 che debba trovare applicazione l’articolo 44 del Tuir comma 1 lettera h. Anche in questo caso si è di fronte a redditi da capitale e di conseguenza viene applicata la tassazione al 26%. Ricordiamo che in caso di perdite è possibile utilizzare lo zainetto fiscale.

Modalità operative per la dichiarazione dei proventi da investimenti in criptovalute

Per quanto riguarda invece le modalità operative, occorre ricordare che se l’investitore opera attraverso un intermediario avente sede in Italia, è questi ad occuparsi di effettuare le ritenute e versarle come imposte in qualità di sostituto. Quindi i proventi dell’attività saranno percepiti al netto, le imposte versate dal sostituto dovranno essere dichiarate e potrebbero esservi eventuali rimborsi. L’intermediario annualmente provvederà ad inviare all’investitore il prospetto delle imposte versate (proprio come il datore di lavoro consegna il CU).

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Nel caso in cui l’intermediario attraverso cui si opera non abbia sede fiscale in Italia, non saranno applicate ritenute all’investitore italiano che però dovrà dichiarare gli investimenti nel quadro RW della dichiarazione.

Irap, è l’ultima volta per ditte individuali e professionisti

Ultimo anno, il 2020, per l’Irap dei liberi professionisti, delle ditte individuali, dei lavoratori autonomi e degli imprenditori singoli. Tuttavia, l’esonero previsto per quest’anno obbliga le categorie a versare il saldo entro la fine di giugno. Gli interessati, infatti, dovranno trasmettere il modello dell’Irap 2022 alla scadenza del 30 novembre 2022. E sarà l’ultima volta che trasmetteranno il modello.

Chi sono i lavoratori autonomi e le partite Iva escluse dall’Irap nel 2022?

Gli interessati all’esonero dell’Irap sono dunque tutti i lavoratori autonomi che hanno partita Iva e gli imprenditori individuali. Per questi ultimi si tratta dell’ultima Irap anche se esercitano la propria attività come impresa familiare. L’esonero dell’Irap è disciplinato dal comma 8 dell’articolo 1, della legge numero 234 del 2021 (legge di Bilancio 2022). Per le partite Iva forfettarie, invece, l’esclusione dall’Irap era già stata esclusa dal legislatore.

Quali sono gli obblighi di saldo dei professionisti e delle imprese individuali al 30 giugno 2022?

L’ultimo giro di Irap per il 2022 comporta, per le partite Iva dei liberi professioni e per le imprese individuali comporta il versamento:

  • entro il 30 giugno 2022 del saldo dell’Irap. Il termine può farsi slittare al 22 agosto prossimo pagando gli interessi dello 0,4%;
  • non si devono più corrispondere gli acconti;
  • l’eventuale credito non si può compensare verticalmente. Si potrà compensare per altri contributi o per altre imposte. La compensazione può avvenire liberamente se l’importo a credito non eccede i 4 mila euro, altrimenti alla trasmissione della dichiarazione e mediante visto di conformità.

A chi va il gettito Irap?

L’imposta si versa alla regione nella quale il professionista o la partita Iva realizza la propria produzione. Se l’imprenditore esercita la propria attività in più regioni, la determinazione dell’Irap a ciascuna dipende dal totale delle retribuzioni del personale per ogni regione. Se non vi è personale, l’Irap si versa a favore della regione dove l’imprenditore ha la sede societaria.

Come si calcola l’Irap?

L’Irap si determina in maniera differente a seconda del contribuente. Se si tratta di società di capitali, il calcolo da fare per la determinazione della base imponibile è la differenza tra il valore della produzione e i costi di produzione. Le imprese individuali e le società di persone, invece, calcolano la base imponibile dalla differenza tra i ricavi e i costi.

 

Fattura elettronica per tutti e due anni di scivolo flat tax: le misure in arrivo con la delega fiscale

Obbligo di fattura elettronica per tutti, anche per le partite Iva a regime forfettario, e scivolo di due anni per chi supera i 65 mila euro di tetto di reddito della flat tax: sono due tra le principali novità contenute negli emendamenti alla legge fiscale. Il provvedimento contiene anche lo stop all’Irap per gli studi associati e la diminuzione dell’Irpef tagliando gli sconti fiscali e detrazioni trasformate in accrediti diretti sui conti correnti dei contribuenti (cashback fiscale). Inoltre, troverà attuazione la “mensilizzazione” progressiva dei saldi e degli acconti dei lavoratori autonomi e, principalmente, per i soggetti Isa con l’addio alla ritenuta d’acconto.

Flat tax per le partite Iva a regime forfettario, arriva lo scivolo di due anni: cosa significa?

Nel testo della legge fiscale rielaborato al ministero dell’Economia e delle Finanze entra la novità dello scivolo di due anni della flat tax. Alle partite Iva a regime forfettario che superino il tetto annuale dei compensi e dei ricavi di 65 mila euro si applicherebbe un’altra aliquota piatta, in ogni caso superiore a quella del 15%. L’aliquota non potrà essere superiore a un limite che dovrà essere specificato nel decreto legislativo.

Fattura elettronica per tutti, anche per le partite Iva a regime forfettarie

Con la legge fiscale dovrebbe arrivare anche l’obbligo di fattura elettronica esteso a tutti i soggetti, anche a quelli finora esenti. In particolare, alle partite Iva a regime forfettario che finora erano rimaste fuori dall’emissione delle fattura in modalità digitale. La novità vede le forze politiche d’accordo, compreso il ministero dell’Economia e delle Finanze, per una misura che si preannuncia come necessaria per la lotta all’evasione fiscale. Tra le misure accompagnatorie dell’obbligo della fattura elettronica, anche l’emissione degli scontrini telematici e l’utilizzo delle banche dati per la lotta all’evasione.

Legge fiscale, ecco le altre misure in arrivo

Tra le altre misure in arrivo con la legge delega, anche l’abolizione dell’Irap per gli studi associati. Il superamento dell’Imposta regionale sulle attività produttive avverrà in maniera progressiva e riguarderà anche le società di persone e le società di professionisti. L’abolizione dell’Irap non dovrà generare, in ogni modo, aumenti delle addizionali per i dipendenti e per i pensionati.

Cashback fiscale, il rimborso subito sui conti correnti dei contribuenti

Trova spazio nella legge fiscale anche il cashback fiscale. Si tratta del rimborso sui conti correnti dei contribuenti delle detrazioni di imposta. Condizione essenziale per il rimborso è che le relative spese dovranno essere state effettuate con modalità di pagamento tracciabili. Il rimborso avverrà in tempi celeri anche mediante l’utilizzo di applicazioni che già hanno funzionato per altre finalità, come l’App Io.

Lavoratori autonomi soggetti Isa, versamenti mensili e stop alla ritenuta

La legge fiscale apre ai versamenti mensili dei saldi e degli acconti per i lavoratori autonomi e in particolare dai soggetti Isa. Si tratterà di un sistema di “progressiva mensilizzazione”dei pagamenti con lo stop alla ritenuta d’acconto. Nulla cambia nel sistema attuale dei calcoli dei saldi e degli acconti. Il meccanismo non dovrà produrre dei costi per la finanza pubblica.

Partita Iva, quale scegliere tra ditta individuale e Srl a socio unico?

Quale scelta per le partite Iva tra la ditta individuale e la società a responsabilità limitata unipersonale? Quest’ultima formula piace sempre di più, soprattutto per la possibilità di scegliere la semplificazione dei costi di costituzione. Ma non sempre è la situazione ottimale. Anche se negli ultimi anni si è verificata una crescita delle società a responsabilità limitata a socio unico nel panorama delle imprese italiane. La motivazione principale risiede nel fatto che le micro e piccole imprese hanno necessità di una forma più strutturata di società rispetto alla partita Iva o alle società di persone.

Partite Iva, ditta individuale o società a responsabilità limitata unipersonale? I motivi della scelta

Tuttavia, non sempre la scelta di una società a responsabilità limitata a socio unico risulta premiante nei confronti della ditta individuale per chi voglia avviare un’attività e non abbia soci. Non vi è una regola generale che valga bene in tutti i casi, ma è necessario analizzare i vantaggi e gli svantaggi della scelta. In primo luogo nel conferimento iniziale e nel capitale sociale.

I conferimenti iniziali nel caso di ditta individuale e Srl a socio unico

Il primo parametro da prendere in considerazione per la costituzione di una società a responsabilità limitata unipersonale rispetto a una ditta individuale sono i conferimenti iniziali. In quest’ultima formula non vi sono dei conferimenti richiesti per la formazione del capitale sociale. Cosa che invece avviene nel caso di Srl a socio unico. Il capitale sociale, infatti, rappresenta una garanzia aggiuntiva nei confronti dei terzi con i quali l’impresa andrà a rapportarsi, oltre ad avere una utilità in termini produttivi.

Società a responsabilità limitata unipersonale, le garanzie verso clienti, fornitori e banche

Ciò è tanto verso quanto la possibilità per i clienti, i fornitori e per le banche di avere a disposizione della Srl unipersonale delle informazioni su:

  • il capitale sociale versato dai soci nella Srl come capitale di rischio;
  • i bilancio depositati;
  • lo storico dell’andamento economico dell’impresa.

La garanzia verso i terzi risulta rafforzata, inoltre, dal fatto che già in sede di costituzione della società a responsabilità limitata a socio unico vi sia l’obbligo di conferimento in denaro all’atto della sottoscrizione dell’atto. O in sede di aumento del capitale sociale. Le Srl con più soci, invece, all’atto costitutivo possono versare solo il 25% del conferimento in denaro.

Partita Iva e Srl a socio unico: la responsabilità dell’uno e dell’altro per le insolvenze

Nel caso della partita Iva individuale, il titolare risponde delle insolvenze verso i terzi con tutto il proprio patrimonio personale. La partiva Iva è dunque soggetto al rischio di impresa. Ciò non succede per le società a responsabilità limitata unipersonale. Infatti, la Srl risponde solo limitatamente al capitale investito purché i conferimenti iniziali e quelli successivi del capitale sociale siano stati integralmente versati alla costituzione della società o in sede di aumento del capitale sociale stesso.

Partite Iva, quanto costa aprire una ditta individuale o una Srl a socio unico?

Sui costi di costituzione, il vantaggio è per la ditta individuale rispetto alla società a responsabilità limitata a socio unico. Infatti, nel primo caso non è necessario l’atto notarile iniziale. Si procede con la pratica di apertura, più soft e da inoltrare agli enti interessati. La contabilità della ditta individuale risulta, inoltre, semplificata. Per la Srl a socio unico, invece, è previsto l’obbligo dell’atto pubblico iniziale nonostante non ci sia la pluralità dei soci. Inoltre, vige l’obbligo di conferimento del capitale iniziale. La contabilità è ordinaria e ciò comporta dei costi amministrativi più alti rispetto alla ditta individuale. Si risparmiano dei costi solo nel caso della Srl semplificata unipersonale: l’atto di costituzione notarile non comporta, in questo caso, dei costi.

Ditta individuale e società a responsabilità limitata a socio unico: quale tassazione è prevista?

Nella scelta tra ditta individuale e società a responsabilità limitata unipersonale la differenza fondamentale la fa sicuramente la tassazione. Per la ditta individuale è possibile adottare il regime forfettario di partita Iva, con tassazione fissa al 5% o al 15%. Ma si può scegliere anche il regime ordinario di partita Iva, con tassazione Irpef a scaglioni e aliquote dal 23% al 43% in base al volume di reddito all’anno. In più vanno versati i contributi previdenziali obbligatori. Per la Srl a socio unico è necessario, invece, versare la tassazione Irap e Ires sugli utili prodotti alla fine dell’anno contabile. Inoltre, si deve procedere con i versamenti dei contributi previdenziali obbligatori. Infine, sui dividenti percepiti la tassazione è del 26%.