Banca delle Terre Agricole: ISMEA mette a disposizione terreni in Puglia

Ismea con la Banca delle Terre Agricole mette a disposizione 1.557 ettari di terreni in Puglia. Ecco come ottenerli e avviare la propria azienda.

Aziende agricole in Puglia: disponibili numerosi lotti di terreno a condizioni agevolate

ISMEA, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, mette in vendita con agevolazioni 71 lotti di terreni in Puglia. Le agevolazioni sono rivolte prevalentemente a giovani agricoltori. Le disponibilità sono:

  • 8 terreni da 65 ettari in provincia di Bari
  • 15 lotti a Brindisi di 246 ettari
  • 25 terreni in provincia di Foggia per un totale di oltre 476 ettari
  • 13 terreni da 407 ettari a Taranto;
  • 6 terreni in provincia di Barletta- Andria- Trani di estensione di oltre 339 ettari;
  • 4 lotti in provincia di Lecce di circa 23 ettari.

La Banca delle Terre Agricole è stata istituita dall’art. 16 della legge 28 luglio 2016, n. 154 ed è un inventario completo dei terreni disponibili per essere coltivati. I terreni sono divisi per Regioni.

Si tratta di fondi abbandonati a causa di prepensionamenti e abbandono dell’attività produttiva. L’obiettivo di questo inventario è far in modo che i terreni possano arrivare nella disponibilità di soggetti interessati alla coltivazione ma che non hanno risorse fondiarie. Si tratta soprattutto di giovani agricoltori, che non possono contare su un patrimonio fondiario agricolo familiare, ma che vogliono iniziare una carriera in questo settore portando innovazione, progettualità, idee green.

Per sapere cos’è e come funziona la Banca delle Terre Agricole, leggi l’articolo: Banche delle terre agricole: uno strumento per trovare terreni incolti.

La Banca delle Terre Agricole predilige i giovani agricoltori

Negli ultimi anni l’interesse per l’agricoltura è cresciuto e questo grazie alla nuove opportunità che offre anche con l’uso delle innovazioni tecnologiche che sempre più si fanno largo nel mondo dell’agricoltura. Dai dati raccolti emerge che le aziende agricole condotte dai giovani under 35 hanno anche una migliore produttività e riescono a creare occupazione più delle tradizionali aziende agricole condotte con vecchie tecniche.

Viene così meno la tradizionale remora degli italiani a lavorare in questo settore che nei prossimi anni sarà strategico per il PIL italiano. Accedere ai terreni attraverso la Banca dei Terreni Agricoli, come sottolinea Coldiretti Puglia, offre notevoli vantaggi, infatti in questa Regione i costi ordinari dei terreni sono piuttosto elevati.

  • 14/16mila euro per il seminativo irriguo;
  • 20/25mila euro ad ettaro per i suoli olivetati
  • 33/37mila euro ad ettaro per i terreni ad uva da tavola
  • 15/18mila euro ad ettaro per il frutteto.

Tali valori sono più alti anche rispetto a quelli generalmente praticati in Germania questo perché tutti riconoscono la particolare fertilità di questi terreni che, insieme al clima della Puglia, fanno in modo che i prodotti agricoli di questa regione siano molto ricercati, anche per l’export.

Come ottenere i terreni della Banca delle Terre Agricole in Puglia

Per poter accedere a questa opportunità è necessario visitare il sito: https://www.ismea.it/banca-delle-terre

Dal sito è possibile visualizzare i terreni presenti nelle varie Regioni d’Italia, tra cui anche quelli che si trovano in Puglia. Una volta cercato il terreno di proprio interesse sulla mappa, occorre presentare una manifestazione di interesse. La procedura è molto semplice, maè necessario prima registrarsi con e-mail e password.Fatto questo primo passo si potrà accedere ai servizi.

Deve essere sottolineato che la disponibilità è maggiore nelle regioni del Sud Italia. Molto probabilmente perché proprio qui l’agricoltura ha generato redditi più bassi che hanno portato molti a emigrare al nord o all’estero lasciando terreni incolti.  Sono presenti numerose opportunità in Sicilia, Basilicata, Puglia, poche le disponibilità in Campania, in Lombardia ci sono poco più di 10 ettari in provincia di Pavia.

Ricorda che in Agricoltura sono inoltre presenti ulteriori incentivi a cui puoi accedere e di conseguenza avviare la tua azienda agricola con un supporto economico importante.

Per conoscere le agevolazioni leggi gli articoli:

Agricoltura: aiuti dell’Unione Europea ai settori vitivinicolo e ortofrutticolo

Agricoltura: scopri il Piano Nazionale di sostegno al settore vitivinicolo

Agricoltura: tutte le novità della legge di bilancio 2022

Strategia farm to Fork: come cambieranno agricoltura e consumi

Agricoltura: vuoi far crescere la tua attività? con ISMEA Investe puoi

Nuove opportunità per le società che operano nel settore agro-industriale e agro alimentare. Si tratta del Bando Ismea Investe che finanzia progetti di investimento mirati.

ISMEA Investe

ISMEA è l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo e Alimentare, di seguito sarà indicato anche come “Istituto” e propone una serie di aiuti per le attività agricole, questi aiuti hanno l’obiettivo di sostenere il settore e sono diretti di volta in volta ad aziende che operano nell’agricoltura a diversi livelli, ad esempio in passato è stato finanziato il progetto “Donne in campo”.

Il bando in oggetto intende andare incontro alle esigenze delle attività agricole organizzate in forma di società di capitali che soffrono di una situazione di sottocapitalizzazione che non favorisce l’accesso al credito. Tale fattore che va ad incidere sulla capacità di introdurre innovazioni all’interno della filiera agricola e di conseguenza penalizza questo settore che è trainante per l’economia dell’Italia.

Nella presentazione del bando il presidente di Ismea Angelo Frascarelli ha sottolineato come anche per il settore dell’agricoltura le parole d’ordine nei prossimi anni saranno innovazione, transizione ecologica e internalizzazione in modo da rafforzare la competitività del made in Italy anche all’estero e il bando Ismea Investe intende andare proprio in tale direzione.

Chi può partecipare

Il bando ISMEA è diretto a: società di capitali, anche in forma cooperativa che siano però finanziariamente sane cioè non sottoposte a procedure fallimentari. Le società devono inoltre essere impegnate in attività di produzione agricola primaria, nella trasformazione di prodotti agricoli e nella commercializzazione di prodotti agricoli. Le società inoltre per poter beneficiare del bando ISMEA Investe devono essere partecipate almeno al 51% da imprenditori agricoli, cooperative agricole a mutualità prevalente e loro consorzi o da organizzazioni di produttori.

La disponibilità totale di ISMEA per questo progetto è di 60 milioni di euro.

Come funziona il finanziamento ISMEA Investe

Il bando ISMEA Investe prevede la partecipazione di ISMEA in progetti che abbiano un valore minimo di 4 milioni di euro, l’aiuto dell’Istituto dei Servizi per il Mercato Agricolo per la singola ha un valore minimo di 2 milioni di euro e massimo di 20 milioni di euro, si tratta quindi di importi di una certa rilevanza. Sono naturalmente previste delle condizioni. Le aziende devono presentare dei progetti di sviluppo che devono essere eco-sostenibili e devono tendere a migliorare i processi produttivi, processi di consolidamento nella produzione, trasformazione, logistica, commercializzazione dei prodotti stessi.

Il valore dell’intervento di ISMEA Investe non potrà essere superiore al valore dell’intervento dei privati, ad esempio se il progetto ha un costo di 5 milioni di euro, il valore dell’investimento ISMEA non potrà superare 2,5 milioni di euro, l’Istituto però andrà ad operare come socio di minoranza, tale partecipazione andrà nel tempo in dismissione, quindi l’Istituto non resterà “socio” per sempre.

I versamenti dell’Istituto approvati dovranno essere successivi o concomitanti rispetto a quelli dei privati, l’apporto di questi ultimi potrà essere anche in forma di conferimento dei beni, ma questi dovranno essere funzionali rispetto al progetto presentato, inoltre saranno sottoposti a una perizia per determinarne il reale valore in modo da mantenere la posizione di socio di minoranza di ISMEA.

L’uscita dell’istituto dal progetto avviene nell’arco di 5-8 anni, ma il piano di uscita deve essere chiaro fin dall’inizio e molto dettagliato. L’Intervento ISMEA avrà comunque una remunerazione compresa tra un tetto minimo e massimo da individuare in base alla tipologia di finanziamento. Nell’accordo saranno determinate anche le modalità di uscita.

Condizioni dell’accordo

Se hai intenzione di partecipare, fin da subito devi sapere che l’articolo 12 del bando prevede che al termine della procedura di valutazione, ISMEA stipula un accordo con le società, si tratta di un vero e proprio contratto che riconosce all’Istituto un potere di vigilanza e controllo sulle attività svolte.

Tra le condizioni per poter ottenere l’aiuto previsto vi è il diritto di ISMEA di nominare almeno un rappresentante dell’organo amministrativo e un rappresentante dell’organo di controllo. Inoltre ISMEA provvederà ad acquisire budget annuali e resoconti semestrali, dovrà visionare il bilancio della società corredato dalla certificazione di una società di revisione iscritta all’albo. Infine, ISMEA monitorerà il perseguimento degli obiettivi per i quali  la società ha ottenuto l’aiuto previsto dal bando. Appare quindi evidente che ISMEA non si limita a finanziare, ma per un periodo diventa un vero e proprio partner controllore e minoranza, della società stessa.

Tipologia di finanziamento di ISMEA Investe

ISMEA Investe può finanziare il progetto in vari modi, ad esempio attraverso un intervento di equity, cioè una capitalizzazione della società che ottiene il finanziamento, prestiti obbligazionari o altri strumenti partecipativi.

Per la partecipazione al bando è necessario produrre domanda utilizzando i moduli reperibili sul sito ISMEA, la domanda può essere presentata dal 15 novembre 2021 al 14 gennaio 2022. Nonostante la domanda debba essere presentata attraverso lo sportello telematico, vi sono degli orari da rispettare, infatti lo stesso è attivo nei giorni feriali (sono quindi esclusi i festivi) dalle ore 9:00 alle ore 18:00. Le domande sono acquisite e verificate secondo l’ordine cronologico di presentazione. Naturalmente devono essere valutate sia da punto di vista della corretta presentazione che dei contenuti della domanda stessa.

Occorre ricordare che tra le cause di esclusione vi sono l’aver beneficiato del bando 2019 “Interventi finanziari a condizioni agevolate dell’ISMEA” o di precedenti bandi di ISMEA rivolti esclusivamente a società di capitali.

Inoltre non possono partecipare le società che hanno ricevuto aiuti che sono bloccati in conti e che devono essere restituiti. Ad esempio nel caso in cui siano stati ricevuti aiuti di Stato e gli stessi debbano essere restituiti.

Non possono partecipare le società in cui siano state accertate infrazioni alla normativa sulla sicurezza sul luogo di lavoro (articolo 7 del bando).

La graduatoria delle società ammesse sarà pubblicata 15 giorni dopo la scadenza dei termini per la presentazione delle domande.

Solo per curiosità si fa presente che tra le società che in passato hanno beneficiato degli aiuti di ISMEA Investe c’è Fileni, nota azienda impegnata nella macellazione, lavorazione e trasformazione delle carni.

Sei interessato a ISMEA Investe? Ecco il bando

Per una panoramica sulla sicurezza sul luogo di lavoro leggi l’articolo: Lavoro e misure di prevenzione e protezione: doveri dell’azienda

 

 

Banche delle terre agricole: uno strumento per trovare terreni incolti

In Italia è stato calcolato che sono disponibili circa 3,5 milioni di ettari di terreno coltivabili e non utilizzati per vari motivi, allo stesso tempo ci sono giovani e meno giovani, imprese già operanti nel settore agricolo, che vorrebbero avere dei terreni da coltivare. Le banche delle terre  agricole hanno l’obiettivo di far incontrare domanda e offerta.

Le banche delle terre agricole

La prima cosa da chiarire è perché parliamo di banche dei terreni agricoli, la risposta è semplice: si parla al plurale perché in Italia sono attive diverse piattaforme che hanno l’obiettivo di far incontrare domanda e offerta di terreni.

Banca delle terre agricole ISMEA: come funziona

La  “banca” più importante è sicuramente quella gestita da ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), la particolare rilevanza è data dal fatto che si tratta di un ente pubblico economico che funziona in stretta correlazione con il Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali. In questa sede ci sarà solo un breve excursus alle iniziative di ISMEA perché di fatto il bando è già in una fase avanzata. Il 9 giugno 2021 sul sito ISMEA sono iniziate le manifestazioni di interesse per i terreni presenti nella banca dati ISMEA. Il bando ha messo a disposizione 16 mila ettari di terreno dislocati in tutto il territorio nazionale, la maggior parte al Sud, in grado di sviluppare potenzialmente 624 aziende agricole.

La Banca Nazionale delle Terre Agricole ISMEA mette a disposizione terreni pronti per essere coltivati, insomma non devono essere ripristinati, riportati a coltura e di conseguenza sono in grado di produrre reddito fin da subito. Gli stessi sono venduti all’asta con una procedura semplice e trasparente. Per i giovani che vogliono iniziare a lavorare in agricoltura ci sono ulteriori agevolazioni, ad esempio piani di pagamenti trentennali. Per il lotto di terreni resi disponibili nell’anno 2021 le manifestazioni di interesse potevano essere presentate dal giorno 9 giugno al 7 settembre, mentre è in svolgimento la seconda fase che prevede l’analisi delle varie proposte. Si aprirà quindi la fase dell’assegnazione dei terreni e della stipula dei contratti.

Il bando della Banca Nazionale delle Terre Agricole è importante perché sicuramente sarà nuovamente presentato per il 2022 e offrirà nuove opportunità.

Terre AbbanDonate

Per chi non vuole attendere, un’altra possibilità di accedere a terreni agricoli è formulato dall’associazione Let Eat Be che ha realizzato il progetto Terre AbbanDonate il cui obiettivo è contrastare il fenomeno delle terre abbandonate, soprattutto quelle appartenenti a proprietari che hanno difficoltà ad occuparsene e a metterle in produzione e di conseguenza restano incolte. In questo caso i proprietari dei terreni lasciati senza colture vengono iscritti in un particolare catasto dei terreni che raccoglie questi appezzamenti, mentre coloro che hanno interesse a coltivare dei terreni sono inseriti nell’anagrafe dei coltivatori. Attraverso la piattaforma Terre AbbanDonate è possibile far incontrare proprietari e potenziali agricoltori che poi possono autonomamente stipulare il contratto.

Uno dei limiti di questa piattaforma è il fatto che sia di tipo locale, cioè il censimento dei terreni abbandonati riguarda solo quelli che sono localizzati nella zona del biellese.

Le banche delle terre regionali: Toscana, Liguria e Trentino

Il terzo progetto è invece la Banca della Terra organizzata dapprima dalla regione Toscana e in seguito anche in Trentino Alto Adige, con la speranza che presto possa diventare un progetto di tipo nazionale, naturalmente gestito dalle Regioni. Il primo progetto della banca della terra è della Regione Toscana nel 2012 e ha l’obiettivo di dare nuova vita ai terreni incolti e preferire la gestione da parte di cooperative e giovani agricoltori anche di nuova generazione, cioè persone che arrivano da altre storie e decidono di cambiare vita e quindi occuparsi di agricoltura. La piattaforma è accessibile da questo link https://www.regione.toscana.it/-/la-banca-della-terra

Banche dei terreni agricoli di altre Regioni

Il progetto approda in seguito presso la regione Liguria, in questo caso acquista il nome di Banca Regionale della Terra, BRT e ha l’obiettivo di accrescere la competitività delle aziende agricole attraverso il portare a coltura terreni abbandonati e il riordino fondiario. La normativa della Banca regionale della terra è nell’articolo 6 della legge regionale 4 del 2014, naturalmente della regione Liguria.

Nel 2015 il progetto parte anche in Trentino Alto Adige, la legge di riferimento è la legge 15 del 2015 e ha l’obiettivo di contemperare le esigenze di chi vuole avviare nuove imprese e limitare il fenomeno dell’abbandono delle terre.

In Campania la bancha dei terreni agricoli è stata istituita con la legge Regionale n. 10 del 31 marzo 2017 articolo 1, commi 63,64,65 e 66.  L’obiettivo è censire e assegnare agli agricoltori, in particolare i giovani che vogliono iniziare a lavorare in questo settore, le terre abbandonate. L’inventario dei terreni disponibili è tenuto dalla Direzione Generale delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

Cosa sono i terreni incolti?

In base alla disciplina delle banche delle terre devono essere considerate incolte le aree che non sono state utilizzate per almeno 3 annate agrarie. I terreni possono essere segnalati anche dai consorzi di miglioramento fondiario, da liberi professionisti che si occupano di materia agraria e da organizzazioni professionali agricole. Quando i terreni sono di proprietà di privati è comunque necessario il loro assenso per poter procedere e i contratti possono essere di concessione, affitto e compravendita.

Chi decide di iniziare un’attività nell’agricoltura può ottenere incentivi e aiuti, leggi gli articoli dedicati:

Agricoltura: credito di imposta per chi acquista macchinari 

Credito per il Mezzogiorno per l’agricoltura: come funziona

Tassazione delle aziende agricole: il regime delle imposte sul reddito

 

Finanziamenti Ismea per giovani agricoltori e donne: tutto quello che c’è da sapere

Tra le misure a favore dell’autoimprenditorialità giovanile in agricoltura particolare importanza assumono i finanziamenti Ismea con la specifica misura “Più Impresa”. Alla misura accedono i giovani imprenditori  richiamati dal decreto ministeriale numero 180228 del 20 aprile 2021. Inoltre, grazie alle modifiche introdotte dal decreto “Sostegni bis”, le disposizioni del decreto ministeriale si applicano anche alle imprese amministrate e condotte da donne.

Chi può richiedere il finanziamento Ismea per l’agricoltura?

Il finanziamento Ismea “Più Impresa” riguarda la concessione di mutui agevolati e contributi a fondo perduto per sostenere, su tutto il territorio nazionale, il subentro, ovvero il ricambio generazionale, e l’ampliamento, ovvero lo sviluppo, delle imprese agricole a prevalente o totale partecipazione giovanile. Pertanto, il finanziamento può essere concesso alle micro, alle piccole e alle medie imprese agricole, organizzate sotto forma di ditta individuale o di società, che siano amministrate da giovani tra i 18 e i 41 anni di età o da donne.

Requisiti dei giovani agricoli e donne per presentare domanda finanziamento Ismea

I 41 anni di età non devono essere stati compiuti alla data di presentazione della domanda. I richiedenti domanda devono essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale o di coltivatore diretto. Tale qualifica deve risultare dall’iscrizione alla Gestione previdenziale agricola. Se la domanda viene presentata da una società è necessaria la composizione per oltre la metà numerica dei soci e delle quote di partecipazione di giovani imprenditori tra i 18 e i 41 anni.

Requisiti delle imprese per richiedere il finanziamento Ismea

Oltre all’età dei giovani imprenditori e all’accesso alle donne, per la richiesta del finanziamento Ismea nel caso del subentro le imprese devono possedere i seguenti requisiti:

  • la costituzione da non più di 6 mesi della società subentrante rispetto alla data di presentazione della domanda di finanziamento;
  • l’esercizio esclusivo dell’attività agricola secondo quanto prescrive l’articolo 2135 del Codice civile, sempre alla data di presentazione della domanda;
  • il subentro, anche a titolo accessorio e da non oltre i 6 mesi alla data di invio della domanda, nella conduzione dell’intera impresa agricola. Il subentro può essere anche di 3 mesi se effettuato mediante atto di cessione dell’impresa;
  • la sede operativa che deve trovarsi nel territorio nazionale.

Subentro e ampliamento di imprese agricole con il finanziamento Ismea

La misura, secondo quanto prevede il decreto Sostegni Bis poi convertito nella legge numero 106 del 23 luglio 2021, prevede inoltre che l’azienda cedente sia attiva da non meno di 2 anni e che sia economicamente e finanziariamente sana. Inoltre, l’azienda cedente, ditta individuale o società, deve svolgere in maniera esclusiva l’attività agricola, essere iscritta alla Camera di Commercio con titolarità di partita Iva. La seconda situazione prevista per il finanziamento Ismea è quella dell’ampliamento. Si intende per ampliamento l’intervento di miglioramento, di ammodernamento o di consolidamento dell’impresa esistente. Anche in questo caso, l’azienda agricola deve essere attiva da almeno 2 anni, con sede nel territorio nazionale ed economicamente sana.

Cosa finanzia l’Ismea e quali spese sono ammissibili?

Il progetto Ismea finanzia i progetti di sviluppo e di consolidamento delle imprese agricole, inerenti alla produzione, alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli. Inoltre è compresa anche la diversificazione del reddito agricolo. Queste tipologie di interventi sono finanziabili nella misura massima del 10% dei costi totali dell’intervento da realizzare.

Quali altre spese sono finanziabili dall’Ismea

Inoltre, le altre spese ammissibili nel finanziamento Ismea riguardano:

  • le spese per i nuovi impianti di trasformazione. In questo caso, la potenzialità non deve essere superiore al 100% della capacità produttiva dell’azienda rientrante nell’intervento;
  • gli oneri per lo studio di fattibilità nella misura del 2% del valore complessivo del progetto da realizzare;
  • i costi per le opere agronomiche sono ammissibili solo per investimenti nella produzione agricola primaria;
  • gli oneri relativi alle opere edilizie per il rilascio della concessione;
  • opere dell’edilizia per la costituzione o per il miglioramento dei beni immobili;
  • l’allacciamento, gli impianti, i macchinari e le attrezzature;
  • i beni pluriennali;
  • l’acquisto dei terreni;
  • le opere agronomiche o di miglioramento del fondo;.

In cosa consiste il finanziamento Ismea?

L’intervento complessivo del finanziamento Ismea può arrivare fino a 1.500.000 euro, Iva esclusa, con una durata che va dai 5 ai 15 anni. Le agevolazioni, sull’intero territorio nazionale, possono essere concesse mediante:

  • un mutuo agevolato per un importo fino al 60% delle spese ammissibile e applicazione del tasso zero;
  • il contributo a fondo perduto per un importo fino al 35% delle spese ammissibili.

Sono altresì finanziabili le attività di agriturismo e le altre attività di diversificazione del reddito agricolo: per questi interventi sono previste agevolazione in regime de minimis per un importo complessivo di spesa fino a 200.000 euro. Infine, le spese effettuate e oggetto di finanziamento devono essere rendicontate per stato di avanzamento dei lavori nel limite massimo di cinque.

Cosa non finanzia l’Ismea

Non sono finanziabili dall’Ismea le spese sostenute per:

  • la costituzione o la ristrutturazione dei fabbricati rurali che non sono connessi strettamente all’attività oggetto del progetto;
  • l’acquisto dei diritti di produzione, o dei diritti all’aiuto e piante annuali, i costi di impianto di piante annuali, i lavori di drenaggio, gli investimenti fatti per la conformità alle norme dell’Unione europea, l’acquisto di animali, gli investimenti inerenti il settore della produzione agricola primaria;
  • i costi del capitale circolante;
  • le spese sostenute per sostituire i beni preesistenti, pertanto i beni di investimenti finanziabili devono essere nuovi di fabbrica;
  • i lavori in economia;
  • i costi dell’Iva;
  • gli investimenti negli impianti per la produzione di biocarburanti;
  • i costi per gli impianti riguardanti la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili;
  • tutti gli interventi o acquisti fatti prima della data di ammissione al finanziamento.

Le garanzie a sostegno del finanziamento Ismea

L’azienda agricola che ottiene i finanziamenti Ismea deve fornire garanzie pari al 100% del valore del mutuo agevolato concesso. La durata della garanzia deve essere pari a quella del mutuo agevolato. Rientrano tra le garanzie ammissibili al finanziamento Ismea:

  • quelle ipotecarie di primo grado inerenti i beni oggetto delle agevolazioni, o su altri beni dell’impresa beneficiaria o ancora di terzi;
  • in alternativa o a supporto dell’ipoteca, è possibile ricorrere alla fideiussione di banche o assicurazioni.

Vino, la Cina è lontana

Nei giorni scorsi si è fatto tanto clamore intorno all’incontro, tenutosi al Vinitaly, tra Jack Ma, fondatore della piattaforma cinese di e-commerce Alibaba, la più grande al mondo, e il premier italiano Matteo Renzi, per coinvolgere il colosso cinese in una grande operazione di promozione e vendita di vino italiano nel Paese del Dragone.

Clamore, a nostro avviso ben giustificato. Principalmente perché l’Italia, attualmente, non sfrutta quasi per nulla le potenzialità della Cina come mercato per il vino. Basti dire che la quota di mercato del vino italiano nel Paese è del 6%, contro il 55% di quello francese.

I margini di crescita sono quindi incalcolabili, specialmente se, come ha sottolineato in una nota Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor, nei primi due mesi dell’anno il vino in Cina ha fatto segnare un “+59% di import in valore in euro“. Un treno del quale però l’Italia sta sfruttando poco le potenzialità.

La nota di Nomisma sull’import di vino in Cina lo ha messo in luce, anche in rapporto all’incontro tra Renzi e Ma: “Nell’orizzonte della tumultuosa crescita cinese, l’Italia sta giocando un ruolo marginale da Cenerentola, e i margini per crescere sono elevati“. “La Cina – ha proseguito la nota – corre e noi rincorriamo, ecco perché è utile l’incontro con Alibaba Group“.

Nel 2015 la crescita del vino in Cina è stata tumultuosa – ha aggiunto Pantini -: il Dragone lo scorso anno è diventato il quarto mercato mondiale per importazione di vini, surclassando il Canada. La Francia resta padrone incontrastato tra i vini importati in Cina (+44%), e sempre nel 2015, crescono in particolare Australia (+22%) e Sud Africa (+2%)“.

La nota si chiude guardando alle prospettive di crescita dell’import di vino in Cina per il 2016: “Nel primo bimestre, secondo i dati Wine Monitor Nomisma, l’onda lunga della crescita cinese continua imperterrita, segnando un +59% di import in valore in euro. Tra i principali Paesi da dove la Cina continua ad importare di più spicca l’Australia (+108%), mentre l’Italia conferma il ritmo del 2015 (+15%)“.

Nasce l’Osservatorio del Vino. Finalmente…

Il Vinitaly che si chiude oggi a Verona non è solo un momento di presentazione e di degustazione delle novità del vino, ma anche e soprattutto un’occasione di studio, analisi e riflessione. Specialmente se si considera che la mancanza di dati certi del settore, i numeri che variano a seconda delle fonti, ufficiali e non, e dei metodi di rilevazione sono sempre stati per il vino italiano un grande punto di debolezza.

Fino a qualche anno fa, era impossibile conoscere la superficie esatta del vigneto italiano e quindi il potenziale produttivo del nostro paese, così come sono stati molti gli anni in cui i numeri della vendemmia erano così diversi tra i dati previsionali e quelli consuntivi diffusi dall’Istat, da creare difficoltà agli operatori del settore, con scompensi e disorientamento a livello commerciale, e imbarazzo alle istituzioni nazionali nei confronti della Ue.

L’incertezza statistica sul vino italiano era dovuta tanto alle difficoltà del sistema di rilevazione pubblico, quanto alla mancanza di un organismo ufficiale e rappresentativo che monitorasse il mercato sul fronte produttivo, commerciale e distributivo e potesse diffondere in modo organico e competente analisi aggregate delle statistiche ufficiali riguardanti il vino, monitorando le fonti interne e internazionali e raccogliendo in autonomia i dati dalle imprese.

Una lacuna che ha penalizzato il settore del vino italiano – imprenditori ed aziende in primis – considerata l’estrema importanza assunta dalla conoscenza dei numeri di un comparto economico, delle statistiche produttive, delle dinamiche e dei trend del mercato sia per il decisore pubblico, sia per l’imprenditore e l’impresa che devono quotidianamente confrontarsi con un mercato vivo e in costante e continua evoluzione.

Per colmare questa lacuna nasce l’Osservatorio del Vino. Un’iniziativa dell’Unione Italiana Vini, sviluppata in risposta alle esigenze delle imprese vitivinicole italiane, desiderose di colmare questo vuoto e di offrire una risposta attendibile, capace di supportare le strategie di marketing delle aziende. Obiettivo dell’Osservatorio del Vino è dare sia alla politica sia alla pubblica amministrazione un quadro corretto del mercato, necessario per poter operare scelte normative e di regolazione efficaci e adeguate.

L’Osservatorio istituzionalizza e rende organico il rapporto di collaborazione nato tra Unione Italiana Vini e Ismea oltre vent’anni fa, che dalle previsioni vendemmiali si allarga a tutta la sfera produttiva e di mercato del vino italiano nelle sue segmentazioni geografiche, a livello interno e relativa ai diversi mercati internazionali, per tipologia di vino, per canale distributivo.

L’analisi dell’Osservatorio del Vino si allarga all’esplorazione delle strategie di marketing collegate alle evoluzioni del mercato proposte dal WINE management lab della SDA-Bocconi, che ha maturato negli anni una lunga esperienza nello studio e nelle analisi delle strategie di marketing del vino italiano.

Inoltre, la struttura di analisi e monitoraggio dei trend del vino italiano si avvarrà, come partner tecnico, dei ricercatori del Wine Monitor di Nomisma, che interverranno con alcune analisi di dettaglio che completeranno il lavoro svolto da tecnici dell’Ismea.

Le fonti dell’Osservatorio saranno:

  • Dati trasmessi delle aziende;
  • Fonti ufficiali (Istat Agenzia delle Dogane, Commissione Europea, Eurostat, Monopoli di Stato OIV, ecc.);
  • Fonti internazionali relative ai diversi Paesi (Agenzie private di analisi quali Global Trade Atlas, Wine Intelligence, PWSR, ecc,).

Gli ambiti di ricerca saranno:

  • Dati vendemmiali e di produzione del vino italiano;
  • Analisi dell’andamento dei prezzi all’origine (per tipologie, aree prodotto, ecc.);
  • Analisi dell’andamento dei prezzi al consumo (per tipologie, aree geografiche, canali, ecc.);
  • Analisi delle vendite mercato interno per canale, tipologia, area geografica;
  • Analisi dei mercati internazionali (singoli, aggregati, per tipologia, per canale ecc.);
  • Survey sui consumatori di vino italiani e sulle abitudini di acquisto e consumo nel fuori-casa ;
  • On Trade Tracking – Monitoraggio delle vendite di vino nell’on-trade italiano (riservato alle imprese vinicole).

L’Osservatorio avrà anche un output pubblico, con statistiche agli organi di informazione relative a dati aggregati dei principali trend di mercato, e uno riservato alle imprese associate all’Unione Italiana Vini che aderiscono all’Osservatorio, le quali potranno ricevere elaborazioni statistiche mirate a singoli prodotti e segmenti di mercato sulla base dei dati di volta in volta trasmessi dalle imprese stesse.

I numeri del settore agricolo nel 2015

Da più parti e con diverse analisi si sottolinea come il settore agricolo italiano sia tornato a godere di buona salute. Una di queste interessanti analisi è data dal Rapporto AgrOsserva, realizzato da Ismea e Unioncamere, secondo il quale, lo scorso anno, il settore agricolo italiano ha visto crescere la propria redditività.

Alla crescita si accompagnano, la riduzione del calo delle nuove imprese del settore agricolo italiano, la crescita dell’occupazione, dell’export e del valore aggiunto del settore sul Pil nazionale nell’anno appena trascorso.

Entrando nel dettaglio dei numeri, lo scorso anno si è avuto un -6464 imprese rispetto al 2014; un segno meno certo, ma decisamente meno marcato di quello registrato negli anni precedenti: -18mila imprese del settore agricolo nel 2014 sul 2013 e -32mila nel 2013 sul 2012. Anche l’occupazione nel settore agricolo è cresciuta nel 2015: +4,1% di nuovi occupati nel terzo trimestre dello scorso anno.

Numeri robusti, supportati anche dai dati emersi dall’indagine di Unioncamere “Vere nuove imprese”, dai quali emerge la spinta propulsiva del settore agricolo sull’economia. Le imprese agricole sono infatti il 9% del totale delle nuove imprese aperte in Italia nei primi sei mesi dello scorso anno, +6,3% rispetto al 2014.

Come abbiamo sottolineato nei giorni scorsi in occasione della Festa della donna, la componente rosa nelle campagne italiane si fa sempre più pesante, con 4 nuove imprese su 10 aperte da imprenditrici.

Per quanto riguarda i numeri macroeconomici, l’export ha toccato quota 36,8 miliardi di euro nel 2015, +7,3% rispetto a un anno prima e quasi il doppio rispetto all’incremento medio dell’export italiano, +3,7%.

Sul fronte del valore aggiunto del settore agricolo sul Pil nazionale, lo scorso ha chiuso in crescita del 3,8%, con un exploit del +8,4% nel quarto trimestre. Un dato che rivela come il Pil agricolo sia in linea con quello industriale (+0,9%) e leggermente superiore a quello nazionale (+0,8%). Significativa anche la crescita del reddito agricolo per addetto nel 2015: + 8,7% rispetto al 2014.

Formaggi italiani alla conquista del mondo

Quando si parla dell’agroalimentare italiano che va forte all’estero si pensa subito al vino e alla pasta e non ci si ricorda dei formaggi italiani. Quello dell’export caseario è infatti un giro di affari di tutto rispetto che, anche nel 2014, ha fatto segnare numeri da record.

Lo ha certificato Ismea, che dalle proprie elaborazioni effettuate sui dati Istat ha rilevato che nel 2014 i formaggi italiani all’estero hanno generato un valore record di 2,2 miliardi di euro, pari a oltre 331mila tonnellate esportate. In termini percentuali si parla di un +3,3% in quantità e di un +4,8% in valore rispetto al 2013, nonostante l’embargo alla Russia (uno dei mercati più fiorenti per i formaggi italiani) abbia quasi dimezzato le spedizioni nel Paese e nonostante un euro forte (a differenza di quanto sta accadendo nel 2015) che ha comportato un calo del 5,7% in volume degli acquisti negli Stati Uniti.

Detto dei mercati che hanno sofferto, Ismea sottolinea come i formaggi italiani siano andati molto bene in Medio ed Estremo Oriente (Cina +41%, Emirati Arabi +28%, Corea +26%), nonostante quote di mercato ancora ridotte. Buone anche le performance nei mercati storici come Germania, Francia e Regno Unito.

Per quanto riguarda invece la tipologia di formaggi italiani esportati, in volume i grattugiati hanno fatto segnare un +9,7%, il provolone +7,2%, i grana a denominazione +3,4% (+9,1% nel Regno Unito, +3,7% in Germania e +2,1% in Francia), i freschi +3,1% (+8,2% in Germania e +7% in Francia) e il gorgonzola +2,7% (+13,9% nei Paesi Bassi e +7,3% nel Regno Unito.

Insomma, per i formaggi italiani un’annata d’oro all’estero nonostante la congiuntura economica ancora difficile. E la filiera del lattiero-caseario si aspetta numeri in crescita anche per questo 2015.

Catania: workshop “Credito e agricoltura”

Facilitare l’accesso al credito per gli imprenditori agricoli e mettere loro a disposizione strumenti finanziari affidabili per aiutarli a superare la crisi congiunturale.

È questo l’obiettivo dei nuovi strumenti messi a punto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con il supporto tecnico dell’Ismea e la collaborazione di Borsa Merci telematica italiana (Bmti) e dell’Abi, che saranno al centro del workshop “Credito e agricoltura: nuove opportunità per le imprese” che si terrà domani, martedì 28 febbraio a Roma.

In particolare sarà presentato un ampio ventaglio di nuovi strumenti tra cui il Fondo credito, istituito con il decreto legge sulle liberalizzazioni, forme innovative di garanzia in agricoltura e l’estensione delle garanzie Ismea ai finanziamenti di breve termine, anche a fronte di transazioni commerciali. Saranno inoltre presentati una serie di servizi finanziari di assicurazione e di factoring legati alle transazioni effettuate sulla piattaforma della Bmti.

I lavori, che si terranno presso la sede di Unioncamere (Piazza Sallustio 21) a partire dalle 10.30, saranno aperti dal Presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello, mentre le conclusioni (alle ore 12.40) saranno affidate al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Mario Catania. Nel corso del workshop interverranno, tra gli altri, il Presidente di Ismea Arturo Semerari, il Coordinatore degli Assessori regionali Dario Stefano e il presidente di Bmti S.c.p.a. Francesco Bettoni. Al termine dei lavori, alle 13, è prevista una conferenza stampa del Ministro Catania.

Fonte: agenparl.it

Formaggio italiano: cresce la domanda

Il consumo di formaggio si conferma in crescita: sono in aumento sia la domanda mondiale che quella interna. Ad annunciarlo sono stati il responsabile di Clal.it (società di consulenza che analizza il mercato lattiero caseario) Angelo Rossi e il rappresentante di Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) Claudio Federici nel corso del convegno svolto questo pomeriggio a CremonaFiere.

Nel periodo gennaio-luglio di quest’anno il mercato mondiale ha fatto registrare un +3,34% rispetto al medesimo periodo del 2010: “L’Europa si conferma il principale esportatore – ha sottolineato Rossi -, anche se rispetto all’anno passato il ritmo di crescita è notevolmente rallentato”.

I principali acquirenti a livello globale sono i Paesi del Sud-Est asiatico, del Centro-Sud America e del Medio Oriente. I formaggi italiani confermano il trend continentale con un incremento del +3,93% rispetto ai dodici mesi precedenti: “è un momento piuttosto favorevole – ha commentato di nuovo Rossi -; l’unica nota dolente è rappresentata dal costante aumento delle importazioni di formaggi duri non DOP nel nostro Paese”.

L’analisi si sofferma anche sui rispettivi prezzi: Parmigiano Reggiano e, a ruota, Grana Padano occupano le prime due posizioni, davanti a simil-grana, edamer e cheddar.

Anche sul piano del mercato interno la domanda di formaggi è in progressivo aumento (+1% costante nell’arco dell’ultimo decennio), ma “a discapito della diminuzione dei consumi di latte e di burro” ha evidenziato Federici.

Tanto che negli ultimi mesi il comparto lattiero-caseario nella sua totalità ha perduto un punto percentuale. L’esperto, inoltre, ha ribadito come “oggi gli acquisti avvengono soprattutto all’interno della grande distribuzione, prima di tutto nei discount”.

Nel complesso dei formaggi consumati in Italia il 35% dei prodotti è DOP; inoltre gli italiani sembrano sempre più preferire i freschi (34% del totale) ai duri (28%). Federici si è concentrato in particolare sul modello di famiglia “alto acquirente” (ovvero quella che produce un elevato volume di consumi), ribattezzata “famiglia DOP”, che sviluppa il 27% dell’acquisto di formaggi pari a 30 kg all’anno (il triplo rispetto alla media dei consumatori); ha un paniere d’acquisto più articolato e spende 776 euro all’anno in formaggi. In coda, un’annotazione non proprio positiva: nell’ultimo anno le vendite nazionali di Parmigiano Reggiano sono calate del 3,5%, quelle del Grana Padano dello 0,5%. In crescita, specularmente, i numeri relativi ai formaggi molli e industriali.