Lavoro a chiamata, le critiche dei Consulenti del lavoro

I Consulenti del Lavoro sono assai critici sul cambio, dal 13 agosto, dei destinatari delle comunicazioni preventive relative al lavoro a chiamata. In una nota del Consiglio nazionale esprimono infatti tutta la loro amarezza per la vicenda: “Nell’intento di semplificare – si legge nella nota –, non solo si sono complicate le comunicazioni, ma si sono anche rese urgenti una serie di informazioni che ricadono, inevitabilmente, sui consulenti del lavoro. Il ministero, infatti, nell’introdurre nuovi canali per gli invii, come anticipato dalla stessa norma (legge 92/12) e come indicato nelle circolari n.18 e n.20 impone anche un cambio di destinazione per i fax esonerando le Dtl dal ricevimento e prevedendo un numero nazionale (848800131) e un modello creato ad hoc“.

Una prima considerazione però va fatta – spiegano dal Consigliosullo strumento utilizzato dal ministero del Lavoro. Infatti, l’articolo 35, comma 3bis, del decreto legislativo 276/2003 prevede che le ‘modalità applicative’ degli strumenti di comunicazione (sms, fax o posta elettronica) debbano essere individuate con ‘decreto di natura non regolamentare del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con il ministro per la Pubblica amministrazione e la semplificazione’ e non certamente tramite circolare durante il periodo di Ferragosto“.

A disprezzo di ogni valutazione logica – continua la nota – si introducono rilevanti modifiche al sistema di comunicazione della prestazione a chiamata ed è inaccettabile che ciò avvenga nel pieno periodo di ferie con aziende ad organico ridotto e studi professionali chiusi per consentire il rispetto dell’obbligo del periodo di ferie per il personale. In questo modo il ministero del Lavoro-direzione generale per le Politiche dei servizi per il lavoro, crea solo le condizioni per indurre in errore aziende e consulenti del lavoro con la conseguente applicazione delle rilevanti sanzioni amministrative introdotte dalla legge n. 92/2012“.

Basti solo pensare – proseguono i Consulenti del lavoro che nel nuovo modello di fax si prevede un campo destinato all’indicazione della ‘Co’, ma si tratta di un numero reperibile solo sul modello ‘Unilav’ di assunzione in possesso del solo consulente del lavoro quale intermediario abilitato, ma che probabilmente ha lo studio chiuso per ferie. E’ altrettanto evidente che la mancanza di questo dato non invalidi la comunicazione regolarmente inviata nei termini previsti (prima dell’inizio della prestazione) e sia sostituibile con la data di assunzione, così come previsto dai primi modelli predisposti in forma libera dal 18 luglio 2012. Nel’introdurre (dal 17 agosto) la modalità di invio tramite sms (3399942256), inoltre, il ministero pone una serie di paletti (nessuno spazio, campi separati da virgola, con eccezioni per separazione con punti, formato della date e asterischi per separare), che non agevolano di certo la preparazione di un sms. Se nella stessa circolare è prevista una pagina di esempi solo per tale modalità, significa solo che l’invio dell’sms non è proprio una vera semplificazione“.

A complicare il sistema c’è la separazione tra contratti stipulati ante 1 marzo 2008 e quelli stipulati successivamente. La data coincide con quella dell’introduzione dell’obbligo di trasmettere le comunicazioni ai centri per l’impiego esclusivamente con le nuove modalità informatiche. Pertanto per i contratti stipulati prima del 1° marzo 2008 non è in alcun modo reperibile alcun numero identificativo in quanto era ancora possibile effettuare l’invio cartaceo (fax o con consegna a mano)“.

I consulenti del lavoro, che avevano già sollevato la problematica dell’introduzione delle nuove regole – dice il Consiglio nazionaleavvenuta in assenza di un periodo transitorio (nella circolare della Fondazione Studi n. 14/12), ora si trovano con un’altra urgenza da gestire per evitare di veder applicare pesanti di sanzioni ai loro clienti“.

La situazione che ora si presenta per i consulenti del lavoro che assistono i datori di lavoro è la seguente: oggi (in pieno periodo feriale) è indispensabile riavvisare tutti coloro che occupano lavoratori intermittenti affinché cambino il numero del fax al quale destinare la comunicazione. Un lavoro aggiuntivo e da svolgere in emergenza che non va certo nella direzione della semplificazione e si colloca in una situazione già difficile di gestione del lavoro a chiamata, dovuta al contemporaneo svolgimento delle normali attività aziendali con quello dell’invio della comunicazione anticipata per chiamare il lavoratore al lavoro“.

Stesso dicasi – conclude la nota per l’invio (dal 17 agosto) via mail (intermittenti@lavoro.gov.it), un cambio di indirizzo del destinatario, rispetto a quelli ufficiali delle Dtl utilizzabili solo fino a domenica 12 agosto, richiede una capillare opera di sensibilizzazione presso i propri clienti“.

I punti critici della riforma del lavoro

di Vera MORETTI

Sarà una settimana intensa per il Governo, ma soprattutto delicata, poiché a tenere banco sarà la tanto criticata riforma del lavoro.

A questo proposito, i Consulenti del Lavoro hanno formulato le proposte di modifica ritenute necessarie per rendere quanto più efficace e produttivo il disegno di legge che mira a modificare sostanzialmente le regole poste a base del mondo del lavoro.

Marina Calderone, presidente del Consiglio Nazionale, durante un’audizione alla Commissione del Lavoro di qualche giorno fa, ha elencato gli elementi critici di tale riforma, che perciò dovrebbero essere cambiati.

Inutile dire che l’argomento delle partite Iva è quello più spinoso e per questo la richiesta è che vengano scoperti gli illeciti, ma senza penalizzare gli altri, che rappresentano la maggioranza.
Insomma, via alle partite Iva false, ma solo se sono veramente tali.
A fare la differenza sono anche le categorie di lavoratori, poiché esistono alcuni settori per i quali lavorare con partita Iva è usuale e necessario, e anche l’obbligo di passare a contratto a tempo determinato dopo sei mesi sarebbe tutt’altro che vantaggioso.

Anche la penalizzazione dei contratti a termine potrebbe portare ad un aumento considerevole dei disoccupati. La penalizzazione per chi utilizza questi contratti è talmente forte che farebbe desistere la maggioranza degli imprenditori, con una conseguenza catastrofica in termini di occupazione.
Non è detto, infatti, che i contratti a termine sarebbero destinati a diventare tutti contratti a tempo indeterminato. Occorre, dunque, maggiore flessibilità e meno rigidità. Insomma, fare di tutta l’erba un fascio non porterebbe a nulla di buono.

Per quanto riguarda il lavoro a chiamata, la proposta al Senato è considerata incoerente per due motivazioni: perché contraddice la centralità delle comunicazioni che riguardano il rapporto di lavoro e perché introduce una misura sanzionatoria del tutto sproporzionata per l’omessa comunicazione.
A questo proposito, vengono richiesti interventi di modifica che mirino ad ampliare la platea dei soggetti del lavoro a chiamata, nonché a semplificare le procedure di notifica della chiamata, con eliminazione degli adempimenti inutili.

Risulta inoltre discutibile la scelta di escludere dalle prestazioni di lavoro accessorio gli imprenditori commerciali e i professionisti. L’inclusione di queste categorie tra i soggetti autorizzati darebbe invece un grande impulso al lavoro accessorio con conseguente spinta occupazionale.

Criticate, infine, le modifiche riguardanti l’apprendistato e l’assunzione di apprendisti nelle aziende: le nuove disposizioni introdurrebbero un ingiustificato limite di accesso al contratto di apprendistato che si pone in contraddizione con la finalità della riforma che lo individua come il principale contratto di ingresso nel modo del lavoro.
Il limite numerico ancora più rigido, infatti, penalizzerebbe ulteriormente l’ingresso nel mondo del lavoro da parte dei giovani.

In aumento i contratti di lavoro a chiamata. Ecco quando può essere stipulato.

Il lavoro a chiamata è uno speciale contratto di lavoro subordinato e può essere stipulato con obbligo di risposta alla chiamata e quindi con riconoscimento di un’indennità di disponibilità oppure senza obbligo di disponibilità alla chiamata e quindi senza nessuna indennità. Questo particolare tipo di contratto per lavoro a chiamata può essere stipulato sia a tempo indeterminato, sia a tempo determinato, senza che si applichi, in questo ultimo caso, la disciplina dei contratti a termine di cui al D.Lgs. n. 368/2001. Ciò significa che per l’instaurazione del contratto a chiamata a termine non devono ricorrere le causali oggettive previste da citato decreto, né devono applicarsi le altre regole, come, ad esempio, il rispetto di alcuni limiti nel caso di proroga o di un intervallo temporale minimo nel caso di reiterazione di contratti.

Lo stesso lavoratore può stipulare:

  • più contratti di lavoro a chiamata con più datori di lavoro;
  • un contratto di lavoro a chiamata in contemporanea con altre tipologie contrattuali

Il contratto di lavoro a chiamata non è compatibile:

  • con il part-time;
  • con l’apprendistato e il contratto di inserimento in quanto sono entrambi contratti che prevedono l’obbligo formativo;
  • con il lavoro a domicilio in quanto la retribuzione è proporzionata alle ore effettivamente lavorate e non alle tariffe di cottimo;

Il contratto di lavoro a chiamata può essere stipulato in qualsiasi settore, ma soltanto nel rispetto di determinati requisiti oggettivi e soggettivi:

  1. per lo svolgimento di attività discontinue o intermittenti (requisiti oggettivi):
    • individuate dai C.C.N.L. o, in attesa che i contratti disciplinino le attività per le quali è consentito il ricorso al lavoro a chiamata, dal Ministero del lavoro con rinvio alla tabella delle occupazioni discontinue annessa al R.D. n. 2657/1923;
    • per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese e dell’anno, che il Ministero ha così definito
    – week-end: periodo che va dal venerdì pomeriggio, dopo le 13,00, fino alle ore 6,00 del lunedì mattina;
    – vacanze natalizie: dal 1° dicembre al 10 gennaio;
    – vacanze pasquali: periodo che va dalla domenica delle Palme al martedì successivo al lunedì dell’Angelo;
    – ferie estive: i giorni compresi nel periodo 1° giugno – 30 settembre.
  2. in ogni caso, per prestazioni rese da lavoratori (requisiti soggettivi):
    • con meno di 25 anni di età (24 anni e 364 giorni);
    • con più di 45 anni di età (45 anni e 1 giorno), anche pensionati.

I requisiti soggettivi sono alternativi rispetto ai requisiti oggettivi sopra descritti e in questa ipotesi non devono essere verificate le condizioni oggettive.
Il lavoratore intermittente o a chiamata non deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello e a parità di mansioni svolte.
Il trattamento economico, normativo e previdenziale è proporzionato alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita, come pure tutti gli istituti contrattuali (13.ma e 14,ma mensilità, ferie, permessi, ex festività e Tfr).
Il ricorso al lavoro a chiamata è vietato:

  • per sostituire lavoratori i sciopero;
  • presso unità produttive nelle quali, nei 6 mesi precedenti, si sia proceduto a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a chiamata, ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a chiamata;
  • da parte di imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.

Secondo una recente rilevazione Istat, nel 2009 le posizioni lavorative a chiamata hanno raggiunto le 111 mila unità in media annua facendo registrare un incremento del 75 per cento circa rispetto al 2007. Il dettaglio per attività economica mostra che nel settore degli alberghi e ristoranti si concentra circa il 60 per cento del totale dei lavoratori intermittenti. La restante quota è occupata prevalentemente nei settori dell’istruzione, sanità, servizi sociali e personali (12 per cento circa) e del commercio (circa il 10 per cento). Il job-on-call non risulta affatto utilizzato, invece, nel settore dell’intermediazione monetaria e finanziaria.

Le imprese ricorrono al contratto di lavoro intermittente quasi esclusivamente per coprire posizioni lavorative con qualifica operaia, che rappresentano il 90 per cento circa del totale, rileva ancora l’Istat, con un massimo di oltre il 98 per cento nel settore degli alberghi e ristoranti. I dipendenti a chiamata inquadrati come impiegati costituiscono una quota significativa solo nel settore del commercio (36 per cento circa nel 2007 e 30 per cento nel 2009). La regione in cui viene fatto maggiore uso del lavoro a chiamata è il Veneto.