Serve la partita Iva per creare contenuti online?

Quando serve la partita Iva nel caso in cui si faccia un lavoro che consiste nel creare contenuti on line? E come gestire dal punto di vista fiscale tutta l’attività? Si tratta di professioni che prevedono la creazione dei contenuti sul web, di youtuber con pubblicazione di video, di storie sui social network o anche di post. A volte possono rappresentare dei passatempi, ma spesso le professioni indicate possono far guadagnare anche cifre importanti, magari anche con gli incassi pubblicitari. Ecco allora una guida su come comportarsi dal punto di vista fiscale.

Partita Iva per attività abituale o occasionale: ecco il primo parametro da valutare per l’apertura

Il primo parametro da valutare per scegliere se aprire o meno la partita Iva è quello dell’abitualità oppure dell’occasionalità. Ovvero se le professioni on line procurino un vero e proprio reddito da lavoro autonomo o di impresa, nel caso in cui è necessaria la partita Iva. Diversamente, se l’attività è puramente svolta in maniera occasionale, non qualificandosi come professionale e nemmeno viene svolta con sistematicità e regolarità, i proventi non necessitano dell’apertura della partita Iva. In tal caso, i redditi prodotti si identificano come redditi diversi secondo quanto prevede la lettera i ed l, del comma 1, dell’articolo 67 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).

Quali adempimenti fiscali occorrono se non si apre la partita Iva?

Nel caso dunque di non apertura della partita Iva, i redditi diversi devono essere presentati unicamente nella dichiarazione annuale dei redditi. Se, invece, il lavoratore autonomo ha deciso di aprire la partita Iva perché il lavoro di creazione di contenuti per il web risulta professionale e svolto in maniera continuativa, allora occorre adempiere a tutte le richieste fiscali conseguenti. Ciò indipendentemente dal reddito prodotto.

Secondo parametro per l’apertura della partita Iva: quali sono le fondi di guadagno?

Tuttavia, per procedere nella scelta di aprire o meno la partita Iva nel caso in cui si creino contenuti on line, è necessario anche verificare quali sono e quante sono le fonti di guadagno. Infatti, spesso, può capitare che nella creazione dei contenuti on line si abbiano più committenti, o più clienti, e più attività esercitate. Se si fanno attività commerciali, come la vendita di prodotti, è importante avere una partita Iva già dall’inizio del lavoro. Si tratta, in questo caso, di una vera e propria attività di impresa. Contrariamente, se i contenuti non consistono in vendite, almeno inizialmente si può rimandare la scelta. Almeno per vedere come procede l’attività, ad esempio. In un primo momento, dunque, i compensi possono essere dichiarati come redditi diversi.

Con cosa si guadagna con le attività on line?

A esclusione della vendita di prodotti o di servizi, sono molteplici le attività on line che possono generare dei guadagni. Ad esempio, caricare dei video su Youtube può portare a guadagnare sul numero dei follower posseduti. E, dunque, sul numero delle visualizzazioni di un video. Si possono, altresì, creare dei contenuti web per la vendita dei prodotti brandizzati oppure a favore di piattaforme di commercio elettronico o anche fisico. Anche in questo caso, i guadagni derivano dal numero dei follower e delle visualizzazioni prodotte tramite la creazione dei contenuti on line. Si possono dare anche delle informazioni oppure creare delle presentazioni di prodotti di brand e invitare i follower all’acquisto. In questo caso si possono ottenere dei compensi fissi, in base al numero delle storie pubblicate ad esempio. O dei video realizzati.

Youtuber e content creator, quando svolgere l’attività con partita Iva e quando no

In tutti i casi che abbiamo visto precedentemente, dunque, si può essere qualificati come youtuber oppure come content creator. E la conseguente produzione di guadagni può essere qualificata come rientrate in un’attività occasionale oppure d’impresa o professionale. Nel primo caso, come abbiamo visto in precedenza, si creeranno dei guadagni che finiranno nei redditi diversi della dichiarazione dei redditi. Aprendo, invece, la partita Iva per un’attività professionale o che generi un’attività di impresa, occorre tener presente di tutte le regole fiscali e contabili conseguenti.

Lavoratore autonomo che produce contenuti per il reddito: conta dove si svolge il lavoro?

Infine, occorre anche considerare dove, ovvero il posto, nel quale vengono prodotti i guadagni. Un lavoratore autonomo tradizionale in genere ha una sede identificata, ciò che spesso non avviene per i creatori di contenuti digitali. Anche se si può avere uno studio, un creatore content creator può svolgere la sua attività ovunque. Pertanto, anche il luogo dove il creatore di contenuti digitale effettua normalmente il proprio lavoro può essere importante per la tassazione dei redditi ottenuti. Se si tratta di un lavoratore autonomo fiscalmente residente nel territorio italiano, allora i redditi sono imponibili in Italia, indipendentemente dal luogo di produzione. Se il lavoratore, invece, non ha residenza fiscale in Italia è occorrente identificare esattamente quali siano le fonti di guadagno per distinguere la tassazione italiana da quella applicabile da uno Stato estero.

Lavori autonomi occasionali: le ultime novità sulla comunicazione preventiva

Emergono novità in merito alla comunicazione preventiva dell’inizio dell’attività dei lavoratori autonomi occasionali dalle Faq pubblicate dall’Ispettorato del lavoro. Per i lavoratori occasionali che svolgano attività intellettuali non è necessaria la notifica. Mentre la comunicazione per gli autonomi occasionali è sempre dovuta quando si tratta di società, comprese quelle a partecipazione pubblica. La comunicazione di inizio attività per i lavoratori autonomi occasionali, da effettuare tramite posta elettronica o sms, è prevista dall’articolo 13 del decreto legge numero 146 del 2021 (decreto “Fisco Lavoro”).

Novità per la comunicazione obbligatoria di inizio attività dei lavoratori autonomi occasionali: le Faq

Il 1° marzo scorso l’Ispettorato del lavoro ha pubblicato ulteriori chiarimenti in merito all’obbligatorietà della comunicazione dell’inizio dell’attività dei lavoratori autonomi occasionali, poi condivise dal ministero del Lavoro. Tra le conferme, rimane obbligatoria la comunicazione per l’esistenza di una prestazione svolta dal lavoratore autonomo occasionale. Ma rimangono fuori dal perimetro di applicazione le prestazioni che consistono nell’assumere obblighi generici di permettere.

Si deve inviare comunicazione nel caso di un atleta che indossi capi di abbigliamento per sponsorizzare un marchio?

Si tratta delle casistiche che trovano riferimento normativo nella lettera I, del comma 1, dell’articolo 67 del Testo unico delle imposte dei redditi (Tuir). Pertanto, se l’attività occasionale di un atleta consiste nel concedere l’uso della propria immagine per indossare un capo di abbigliamento (sponsorizzandone il marchio) in un evento, non è necessaria la comunicazione. La comunicazione non è dovuta nemmeno nel caso in cui dei volontari percepiscano dei rimborsi spese per questo tipo di attività.

Guide turistiche, interpreti, traduttori, insegnanti di lingue e medici: sono obbligati alla comunicazione preventiva?

Sono molteplici, poi, le attività di tipo intellettuale, svolte in maniera autonoma e occasionale, nelle quali non è previsto l’obbligo di comunicazione preventiva. Ad esempio, le guide turistiche, le attività degli interpreti, quelle dei traduttori e degli insegnanti di lingue. Ma anche le attività occasionali dei medici iscritti all’ordine.

Smartworking svolto all’estero, si deve comunicare l’inizio dell’attività occasionale autonoma?

Risultano peraltro non sottoposte all’obbligo delle comunicazione le attività occasionali svolte all’estero dal lavoratore non residente. Il mancato obbligo vige anche se il lavoro viene svolto da remoto. Si tratta, in particolare, di prestazioni di lavoro occasionale svolto nella modalità di smartworking da lavoratori che non sono residenti nel territorio italiano. In tal caso, il mancato obbligo è giustificato dal fatto che i lavoratori sono obbligati secondo le regole del Paese estero di provenienza.

Comunicazione preventiva delle società a partecipazione pubblica: quando si deve?

La comunicazione preventiva è sempre dovuta per le attività di lavoro autonomo occasionale dalle società, anche se si tratta di quelle a partecipazione pubblica. I chiarimenti, infatti, partono dal presupposto che, anche se un ente pubblico detiene azioni, seppure in parte, la circostanza non è sufficiente a qualificare la società stessa come amministrazione pubblica. Queste ultime, invece, continuano a essere esonerate dall’obbligo di comunicazione preventiva.

Lavoratore autonomo occasionale per società per azioni che svolga attività con finalità della Pubblica amministrazione: obbligo di comunicazione o no?

Peraltro, le società sono sempre obbligate a comunicare l’inizio dell’attività del lavoratore autonomo occasionale. Anche quando una società per azioni a partecipazione pubblica, con finalità pubblicistiche quali possono essere la costruzione, la manutenzione, la gestione della rete stradale o la progettazione, è tenuta all’obbligo di comunicazione. Tra le attività intellettuali, invece, non sono tenuti all’obbligo di comunicazione i medici, anche iscritti all’ordine, che svolgano delle consulenze scientifiche.

Comunicazione inizio attività lavorativa autonoma occasionale presso famiglie e privati senza partita Iva: c’è bisogno?

Rimangono escluse, anche le famiglie datrici di lavoro, i soggetti privati privi di partita Iva, gli enti non profit purché non svolgano attività commerciali e i professionisti. La mancata comunicazione, quando prevista e non ottemperata, produce una sanzione da 500 a 2500 euro.

Partita Iva, cosa fare in caso di lavoro extra del dipendente statale

Come deve comportarsi un dipendente del pubblico impiego, assunto con contratto a tempo indeterminato e a tempo pieno, nel caso in cui dovesse svolgere delle attività extra? Le norme impediscono al lavoratore statale di aprire partita Iva. Ma spesso capita di svolgere lavori extra per i quali il lavoratore non deve far richiesta di autorizzazione all’ente pubblico. Rientrano in queste attività, ad esempio, lo svolgimento di lezioni tecniche o quelle di tenere dei corsi via web.

Apertura partita Iva e prestazioni lavorative entro i 5 mila euro annui

Non potendo aprire la partita Iva, il dipendente del pubblico impiego potrebbe ricorrere alla prestazione occasionale. Emerge, in ogni modo, la necessità di conoscere qual è il volume di compensi che il lavoratore percepisce all’anno per l’attività occasionale. Infatti, determinati obblighi fiscali derivano dal superamento del tetto dei 5 mila euro all’anno.

Attività occasionali extra lavorative, quando bisogna iscriversi alla Gestione separata dell’Inps?

Ai fini dell’obbligo di apertura della partita Iva, in questo caso il superamento dei 5 mila euro risulta irrilevante. Infatti, la condizione per l’apertura della partita Iva è il carattere di abitualità di svolgimento di una certa attività. Se il dipendente del pubblico impiego, con le attività extra lavorative, non dovesse superare il tetto dei 5 mila euro annui, allora può essere esonerato rispetto all’obbligo di iscriversi alla Gestione separata dell’Inps.

Cosa avviene se con dei lavori si superano i 5 mila euro di compensi?

L’obbligo di iscrizione alla Gestione separata dell’Inps sussiste, invece, nel caso in cui dall’attività autonoma ne derivi un volume di compensi che superino i 5 mila euro annui. Con l’iscrizione alla gestione separata, infatti, chi svolge attività occasionali dovrà versare i contributi previdenziali.

Come si calcolano i contributi previdenziali nella Gestione separata Inps?

Per l’iscrizione alla Gestione separata Inps l’obbligo di versamento dei contributi previdenziali sussiste per un terzo in capo a chi svolge l’attività. I restanti due terzi competono a chi ha commissionato l’attività stessa. Tuttavia, il versamento sussiste solo sulle somme che eccedono i 5 mila euro. Nel caso in cui l’attività occasionale viene svolta con la cessione dei diritti di autore non vi sono limiti di compensi e sulle somme non sono soggette ai contributi.

Differenza tra lavoro autonomo occasionale e prestazione occasionale

Prima di capire quali siano le differenze tra lavoratore autonomo occasionale e prestazione occasionale, scopriamone di più su queste categorie di lavoratori.

Cos’è il lavoro autonomo occasionale

Il lavoro autonomo occasionale rientra nella categoria del lavoro autonomo e non è da confondere con le collaborazioni occasionali o con il contratto di prestazione occasionale o con il Libretto di Famiglia.

A differenza del vero e proprio lavoro autonomo che viene sempre svolto dai titolari di partita IVA, il lavoro autonomo occasionale è tale in quanto non solo viene svolto da lavoratori privi di partita IVA, anzi, proprio per quello non ha la peculiarità della continuità, bensì, lo svolgimento dell’attività è sporadica e l’organizzazione è assente.

Il lavoratore autonomo occasionale, contrariamente a quanto si pensa, non ha un limite di 30 giorni nella durata del rapporto, tanto meno un limite di reddito di 5.000 euro annui. Infatti, il superamento di tale importo limite, costringe il lavoratore solo all’iscrizione alla Gestione Separata dell’INPS.

Premesso ciò, possiamo affermare che il lavoro autonomo occasionale è caratterizzato dalla sua saltuarietà, non è legato ad alcun vincolo nei confronti del committente in quanto a coordinamento del lavoro, il quale è solo tenuto al pagamento della prestazione ricevuta. L’unico obbligo del lavoratore autonomo occasionale è di compiere un’opera o un servizio con lavoro proprio e dietro il pagamento di un corrispettivo economico.

Differenza tra lavoro autonomo occasionale e prestazione occasionale

La prestazione occasionale, invece, è resa tramite un contratto di prestazione occasionale o tramite Libretto di Famiglia ed è assimilabile al lavoro accessorio (ex voucher o buoni lavoro). Invece, non ha nessuna attinenza con il lavoro autonomo o subordinato e nemmeno con il parasubordinato di cui fanno parte i co.co.co, bensì è un tipo di attività marginale e soprattutto saltuaria, fine a se stessa.

Cos’è la prestazione occasionale

La prestazione occasionale consiste in un rapporto di lavoro che s’instaura saltuariamente tra il prestatore d’opera e il datore di lavoro.

La prestazione occasionale deve avvenire entro certo limiti di compensi e regole. All’interno di un anno civile, le prestazioni attivabili per ogni singolo utilizzatore non possono superare i 5.000 euro netti nei compensi. Lo stesso limite si applica per le prestazione occasionali che il lavoratore può attivare entro l’anno e che scende a 2.500 euro se sono offerte esclusivamente da un solo fornitore o datore di lavoro.

La prestazione occasionale si distingue tra il Libretto di Famiglia e il contratto di prestazione occasionale:

  • Il Libretto famiglia è riservato alle persone fisiche e riguarda prestazioni occasionali al di fuori dell’esercizio dell’attività professionale o d’impresa. Esso è pensato per le prestazioni occasionali domestiche (colf o baby sitter). Sempre nel limite dei 5.000 euro all’anno il Libretto famiglia può essere usato anche dalle società sportive per pagare le prestazioni negli stadi degli steward.
  • Il contratto di prestazione occasionale al contrario esce dal contesto familiare ed è quello che un soggetto può instaurare con un datore di lavoro o utilizzatore come una microimpresa con non più di 5 dipendenti a tempo indeterminato o anche le amministrazioni pubbliche.

A tal proposito, il contratto di prestazione occasionale può essere attivato dalle pubbliche amministrazioni, ma solo nell’ambito di progetti speciali per categorie di soggetti che versano in stato di povertà, detenzione, disabilità, tossicodipendenza, fruizione di ammortizzatori sociali.

Le amministrazioni pubbliche possono utilizzare la prestazione occasionale anche per lavori di emergenza legati ad attività di solidarietà, ad organizzazioni di manifestazioni, a calamità o eventi naturali improvvisi.

A seguito dell’introduzione del decreto Dignità, il contratto di prestazione occasionale è stato esteso anche alle aziende alberghiere, alle strutture ricettive del turismo (fino a otto lavoratori), alle aziende agricole (fino a cinque dipendenti).

L’importo massimo può arrivare fino a 6.666 euro, invece di 5.000 euro, per il lavoro occasionale dei seguenti prestatori:

  • pensionati;
  • studenti fino ai 25 anni;
  • disoccupati;
  • percettori di prestazioni di sostegno al reddito.

Il prestatore occasionale e l’utilizzatore, rispettivamente il lavoratore e il datore di lavoro, per quanto concerne i compensi:

  • sono esenti da imposizione fiscale;
  • non incidono sul suo stato di disoccupato;
  • sono computabili ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

Per approfondire l’argomento, potrebbe interessarti leggere anche:

Detrazioni lavoro autonomo occasionale e dichiarazione dei redditi

Quando si parla di detrazioni fiscali su redditi di lavoro, è lapalissiano che ciò sia correlato alla dichiarazione dei redditi.

Dico questo, perché nel caso di prestazioni effettuate di lavoro autonomo occasionale con corrispettivo economico ricevuto dal committente, non sempre si deve fare la dichiarazione dei redditi.

Prima di addentrarci nel capitolo detrazioni è bene capire cos’è il lavoro autonomo occasionale, sulla cui identificazione, spesso regna un po’ di confusione.

Lavoro autonomo occasionale: la giusta interpretazione

Per prima cosa, non esiste un limite di reddito, superato il quale le prestazioni lavorative debbano essere effettuate con partita IVA. Ciò che conta, è l’esercizio abituale e ripetuto di un’attività che determina l’obbligo di operare con partita IVA. Ossia, quando viene svolta più volte durante l’anno. In tal caso, le prestazioni non rientrano nel lavoro autonomo occasionale.

Inoltre, occorre precisare che il lavoro occasionale riguarda l’attività intellettuale in via prevalente, rispetto al capitale e ai mezzi impiegati per svolgerla, ed è caratterizzata da un’attività professionale esercitata in modo sporadico, per cui non è necessario operare con una partita IVA.

Lavoro autonomo occasionale e dichiarazione dei redditi

I compensi ricevuti in cambio di prestazioni occasionali rientrano nei “Redditi diversi”. Quindi, ricorre l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi?

Premettendo che la dichiarazione dei redditi viene effettuata tramite il modello 730 in caso di presenza di un sostituto d’imposta e qualora si avesse bisogno di chiedere un rimborso, mentre, si utilizza il modello Redditi PF in assenza di sostituto d’imposta e se non si ha da chiedere alcun rimborso, esistono dei casi che prevedono l’obbligatorietà di presentare la dichiarazione dei redditi per prestazione occasionali effettuate.

La dichiarazione dei redditi è obbligatoria se i compensi derivanti da lavoro autonomo occasionale, superano i 4.800 euro lordi annui, ma questo limite viene preso in considerazione solo se non si conseguono altri redditi nel corso dell’anno.

La detrazione d’imposta

L’art. 13 DPR n. 917 del 1986 prevede una particolare detrazione d’imposta per i redditi da lavoro autonomo occasionale che diminuisce all’aumentare del reddito (fino a 4.800 euro). Essa non è cumulabile con altre detrazioni e non deve essere rapportata al periodo di lavoro.

La detrazione d’imposta massima è pari a 1.104 euro fino a 4.800 euro di compensi lordi annui, comprendo l’ammontare dell’IRPEF dovuto per la prestazione occasionale. Per questo motivo, vige l’esonero dalla presentazione della dichiarazione dei redditi, a condizione che non vengano conseguiti altri redditi derivanti da lavoro dipendente, redditi di capitale, altri redditi diversi (es. diritto d’autore) o assegni dal coniuge a seguito di una legale separazione.

Ti potrebbe interessare anche:

Contratto di prestazione occasionale per le piccole imprese e i professionisti

Prestazione lavoro autonomo occasionale 2021, quando e come senza partita Iva

La ritenuta d’acconto

Se la prestazione da lavoro autonomo occasionale viene effettuata per un sostituto d’imposta, si applica la ritenuta d’acconto nella ricevuta di pagamento.

Il Sostituto d’imposta può essere rappresentato da un professionista o da un imprenditore individuale, da società di persone o di capitali, da associazioni ed enti associativi muniti di codice fiscale.

Tali soggetti trattengono una somma dal compenso lordo che viene poi versata per conto del prestatore occasionale all’Erario. Si tratta di un acconto IRPEF che nella maggior parte dei casi è pari al 20% del reddito imponibile.

La ritenuta d’acconto si può recuperare tramite la presentazione della dichiarazione dei redditi, trasformandosi in credito d’imposta. Questi, può essere usato in compensazione con il modello F24 per il pagamento di altre imposte. Oppure, sotto forma di rimborso. Nel primo caso la fruizione è immediata, nel secondo caso l’attesa è di circa un anno.

Nella dichiarazione dei redditi deve essere indicato il reddito conseguito ma anche la ritenuta d’acconto subita che concorre alla determinazione dell’imposta IRPEF che consente l’emersione del credito d’imposta.

Spese detraibili con il lavoro autonomo occasionale

Nella dichiarazione dei redditi effettuata per lavoro autonomo occasionale che, ricordiamo avviene tramite il modello 730 o il modello Redditi PF a seconda della presenza o meno del Sostituto d’imposta, possono essere indicate le spese sostenute per la produzione del reddito. Ad esempio, i costi per il carburante, i ristoranti, i treni.

Se le spese sono tante e relativamente alte, scatta quasi sempre un controllo dall’Agenzia delle Entrate, in quanto, viene il sospetto che si stia esercitando un’attività in modo abituale e non sporadico, quest’ultima, peculiarità della prestazione occasionale.

LEGGI ANCHE: Lavoro autonomo occasionale: quali sono le caratteristiche?