Imprese reggiane: le caratteristiche necessarie per l’assunzione

Nell’accesso al lavoro è vincente la capacità di saper giocare in squadra, ma non di meno l’autonomia e l’abilità manuale. Oltre al titolo di studio, le imprese reggiane richiedono al candidato all’assunzione proprio queste caratteristiche. Il dato emerge con chiarezza dalla 14a indagine Excelsior sulle previsioni occupazionali formulate dalle aziende svolta dall’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Reggio Emilia per conto di Unioncamere in accordo con il Ministero del Lavoro.

Le competenze che deve possedere chi si affaccia al mondo del lavoro risultano essere un mix fra le conoscenze acquisite attraverso il percorso scolastico e le caratteristiche peculiari dell’individuo, che in genere sono trasversali e quindi spendibili in attività e in settori diversi.

A questo proposito, gli imprenditori reggiani ritengono indispensabile, nel 54,4% dei casi, la capacità di lavorare in gruppo, che si impenna al 74,3% per i laureati; inoltre – a dimostrazione dell’importanza che riveste nella nostra provincia la capacità del “saper fare” – nel 46,6% considerano importante l’abilità manuale, subito seguita, con il 45,4% delle indicazioni, dalla capacità di lavorare in autonomia. Al quarto posto (34,7% dei casi), le imprese reggiane collocano la capacità di saper risolvere problemi.

Fonte: Camcom.gov.it

Il rientro dopo una lunga malattia: questione aperta per le aziende

di Caterina DAMIANO

Tornare a lavorare dopo una malattia lunga o difficoltosa può risultare stressante per il dipendente, ed il rientro del dipendente malato è ancora un problema aperto per le aziende. Questo è quanto emerge da una ricerca della Fondazione Giancarlo Quarta, che ha voluto dare voci ai lavoratori malati gravi e cronici.

Una selezione di questi lavoratori ha ricevuto un questionario sul tema, e per scoprire l’attenzione della imprese a questo problema, lo stesso questionario è stato inviato anche a direttori generali e del personale.

Purtroppo è doveroso precisare che su 2.500 questionari inviati solo 119 sono stati rispediti, cosa che sottolinea come l’attenzione al percorso di questo tipo di dipendenti sia minima e sottovalutata, questo nonostante buona parte delle aziende contattate dalla Fondazione (il 70%) abbiano dichiarato di notare l’espansione del problema e di conoscere dipendenti in queste condizioni. Per quanto riguarda invece i questionari rispediti, il problema risulta di gran rilievo non solo per il malato ma anche per l’azienda.

Il dipendente è spinto a rientrare subito quando gli è possibile per lo più per un motivo: quello di tornare alla normalità dopo un grosso scompenso dovuto alla patologia. Questa aspettativa lo porta però ad essere assalito da paure e angosce d’ogni sorta: da quelle di venire visto come un debole, a quello di essere messo da parte o di percepire pietà negli atteggiamenti di collaboratori e superiori. Nel caso ad ammalarsi sia un dirigente, inoltre, questo viene amplificato: la posizione importante stressa e da maggiori responsabilità, e l’idea che i dipendenti diano più spazio alla pena che alla posizione di guida diviene un grosso ostacolo da superare.

Il punto di vista dell’azienda nei confronti del malato, inoltre, è ancora instabile: divisa tra imbarazzo, problemi di approccio e di inesperienza, crea maggiori insicurezze al soggetto interessato. Nonostante la maggior parte delle aziende (il 42%) sostenga che il malato debba essere trattato con pari dignità e con maggiore attenzione, un numero minore lo vede come un problema organizzativo o un caso umano. Gran parte delle aziende inoltre dimostrano di non sapere in cosa consista un percorso di sostegno per i malati, cosa che sottolinea quanto ci sia ancora da lavorare.

Donna e professioni liberali: a Roma il 15 dicembre

Le donne e l’occupazione in Italia: maternità, contratti, stipendi, agevolazioni. Qual è il ruolo della donna nel lavoro oggi? Il convegno “La donna nelle professioni liberali – Esperienza italiana ed europea”, in programma per il prossimo 15 dicembre a Roma, tenta di rispondere a questo quesito. L’appuntamento è a partire dalle ore 13.00 nella Sala Convegni della Chiesa Valdese di Via Pietro Cossa a Roma. Relatore d’eccezione anche il neoministro al Welfare con delega alle Pari Opportunità Elsa Fornero.

L’evento è organizzato dagli avvocati Matteo Santini, Fabrizio Bruni e Isabella Maria Stoppani, in collaborazione con l‘Associazione degli Avvocati Romani. Per scaricare i moduli di partecipazione al convegno e per ulteriori informazioni è possibile visitare i siti web www.associazionedegliavvocatiromani.it o www.dirittodellafamiglia.com.

Istat: retribuzioni +1,4%

Nel terzo trimestre 2011 l’indice destagionalizzato delle retribuzioni lorde per unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (Ula), al netto della cassa integrazione guadagni (cig), registra, nel complesso dell’industria e dei servizi, un incremento dello 0,3% rispetto al trimestre precedente.

La variazione rispetto al terzo trimestre del 2010, misurata sull’indice grezzo, è pari a +1,4%. E’ quanto rileva l’Istat.

Fonte: adnkronos.com

Lavoro, 400mila assunti in più con l’applicazione delle riforme

I Consulenti del Lavoro fanno le pulci al mercato dell’occupazione. Secondo un’indagine della Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, ci sarebbero quasi 400mila occupati in più tra giovani e donne se venissero attuate due disposizioni cruciali per il mercato del lavoro: l’azzeramento dell’aliquota previdenziale a carico del datore di lavoro per l’assunzione di apprendisti e di quella per l’assunzione di donne a tempo indeterminato o tramite telelavoro.

Nello specifico, con l’azzeramento dell’aliquota previdenziale a carico del datore di lavoro nel biennio 2012-2013 si stima un aumento dell’occupazione degli apprendisti di 175mila unità. Con l’azzeramento dell’aliquota previdenziale a carico del datore di lavoro per l’assunzione di donne a tempo indeterminato o tramite telelavoro, sempre nel biennio 2012-2013 l’occupazione femminile crescerebbe di 223mila unità.

Commenta la presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, Marina Calderone: “L’azzeramento dell’aliquota previdenziale per i nuovi apprendisti, come peraltro era già in passato, e per l’assunzione di donne a tempo indeterminato o mediante telelavoro possono dare grande vigore a due istituti di grande importanza strategica per il lavoro giovanile e femminile. E su questo tema potrebbe essere vincente concedere agevolazioni per chi avvia rapporti a tempo indeterminato. Sono due idee di semplice applicazione che possono portare sviluppo e occupazione in termini ampi e concreti“.

Laura LESEVRE

Valorizzare i talenti “nascosti” nel call center

Non è facile la vita in un call center, chi l’ha provata lo sa. Per questo il corso che Telecom offre alle sue dipendenti presso l’istituto tecnico Giorgi in viale Liguria a Milano è stato accolto con entusiasmo.

Sono 24, tutte donne, le dipendenti Telecom che ogni giorno, a partire dalle 15, siedono ai banchi della scuola serale e studiano per diventare periti elettronici e potersi quindi riqualificare all’interno dell’azienda.

Dal computer con auricolare e microfono al lavoro sugli impianti e sulla rete. Un salto di qualità, reso possibile solo da diploma di perito, non dalla maturità classica, né dalla laurea in fisica o in filosofia.

Hanno tra i 25 e i 50 anni le donne che hanno scelto questa strada a Milano. E frequentano 20 ore di lezione alla settimana usufruendo di uno sconto sull’orario di lavoro. Studiano matematica, fisica, informatica, elettronica. Le materie letterarie sono state date per acquisite grazie ai precedenti diplomi.

A Roma e a Torino sono state avviate due sperimentazioni gemelle, il tutto grazie a una convenzione tra Telecom – nata da un accordo sindacale – e la direzione delle scuole dove si tengono i corsi.

Speriamo che queste tre sperimentazioni non restino casi isolati, e che altre aziende seguano la strada tracciata da Telecom.

Livia Buseghin

Giovani tecnici, è ora di uscire sul mercato

Siamo alle solite. In Italia si fatica a trovare lavoro, ma le imprese non riescono a reperire il 17,2% della manodopera di cui hanno bisogno. A questo è servita “Scopritalenti“, giornata organizzata da Randstad, società di selezione del personale attiva in numerosi Paesi, e dalla Fondazione Sodalitas.

Giunta alla sua seconda edizione, l’iniziativa, che si è svolta nei giorni scorsi, ha permesso ad alcuni giovani neodiplomati e neolaureati, selezionati durante i corsi di Giovani & Impresa promossi da Assolombarda e Ufficio Scolastico Regionale della Regione Lombardia, di incontrare 8 aziende italiane – ABB, Air Liquide, Ansaldo Sistemi Industriali, Italcementi, Sandvik, Schindler, UBS – e di realizzare più di 250 colloqui.

Contraddizione nella contraddizione, la scelta della scuola superiore. Per l’anno scolastico 2011-2012, infatti, gli iscritti ai licei italiani sono aumentati del 3% mentre quelli degli istituti professionali sono scesi del 3,4% a fronte di una situazione in cui i profili più difficili da reclutare sono la manodopera specializzata, le figure tecniche, personale nel settore turismo e ristorazione, gli ingegneri. Insomma, le aziende non riescono a trovare nei candidati sia le competenze tecniche, sia le attitudini personali fondamentali per la posizioni ricercate  e i giovani non sembrano andar loro incontro.

Secondo Randstad Italia, i giovani talenti più richiesti nel nostro Paese tra i diplomati sono, a Milano e a Roma, periti meccanici, periti elettronici, e ragionieri; a Firenze i diplomati nel settore moda. Le professioni maggiormente proposte in questi casi sono quelle di addetti macchine cnc, produzione, ufficio tecnico, disegnatori/progettisti, impiegati amministrativi, addetti alle vendite.

Riguardo ai neolaureati, la laurea più richiesta è quella in ingegneria meccanica, seguita da economia, ingegneria gestionale, giurisprudenza, lauree nel settore moda a Firenze e scienze infermieristiche. Le professioni proposte in questo caso sono quelle di impiegati tecnici (progettisti, disegnatori, buyer, programmatori cnc), responsabili produzione e programmazione, addetti al controllo di gestione, impiegati amministrativi, addetti al customer service, infermieri professionali. Tutto sta a far incontrare domanda e offerta

Ecco le professioni più richieste nel mese di luglio

Jobs in Progress, rivista bimestrale dell’agenzia di recruiting online InfoJobs.it, ha reso note le professioni più richieste nel mese di luglio.

Ciò che emerge è che l’offerta di lavoro maggiore ha riguardato i settori del commercio, distribuzione, pubblicità, marketing e PR.

Ciò nonostante, la prima posizione tra i profili più ricercati, anche rispetto a giugno, rimane la categoria operai e produzione, mentre la seconda, nonostante un leggero calo dello 0,66%,  riguarda amministrazione, contabilità e segreteria, con un incremento in percentuale del 9.92%.

Le regioni più attive sul territorio italiano rimangono pressoché le stesse, con la Lombardia al primo posto con il 34,97%, seguita da Emilia Romagna, 13,84% e Veneto con il 12,51%.

Troviamo poi il Piemonte con il 10,28%, il Lazio con il 6,92% e la Toscana con il 5,64%. Fanalini di coda le Marche, la Campania, il Friuli Venezia Giulia e la Puglia anche se, con l’1,64% questo mese fa meglio della Liguria.

Chi offre più posti di lavoro on line è il settore  del commercio al dettaglio, che riporta un notevole incremento, pari al 5,13%, raggiungendo il 17,17% nel mese di luglio 2011. Ma anche internet e servizi informatici (13,59% con +0,42%) e consulenza di sistemi informativi (11,54% e un incremento dello 0,93%), rimangono settori di interesse e sempre in cerca di nuovi collaboratori.

Notevoli incrementi anche per le aziende che cercano profili in pubblicità, marketing e PR. In flessione invece le offerte di lavoro on line di banche, assicurazioni e servizi finanziari.

Chi cerca lavoro online è generalmente giovane, di età compresa tra i 25 e 35 anni, con un’esperienza di oltre 3 anni e in possesso di diploma di maturità.

Vera Moretti

Articolo 8: è scontro in Parlamento

C’è aria di tempesta in Parlamento dopo l’approvazione dell’articolo 8 della manovra finanziaria che prevede la possibilità di derogare con i contratti aziendali e territoriali ai contratti nazionali e alla legge.

In materia di licenziamento, eccezion fatta per quello discriminatorio, per gravidanza o matrimonio, le modifiche apportate dalla maggioranza in commissione Bilancio al Senato all’articolo 8 del decreto, prevedono la possibilità di licenziare anche tramite un accordo a livello aziendale o territoriale, raggiunto a maggioranza dai sindacati più rappresentativi.
In contrapposizione con quanto previsto dall‘articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e in particolare la legge 300 del 1970 che impone, per le aziende sopra i 15 dipendenti, il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo.

Dura la replica di parlamentari e sindacati: per la Cgil si tratta di una manovra che viola la Costituzione, e la sua leader, Susanna Camusso passa all’attacco: ”il governo autoritario annulla il contratto collettivo nazionale di lavoro e cancella lo Statuto dei lavoratori, e non solo l’articolo 18, in violazione dell’articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama”.

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, tiene a sottolineare, in risposta alle parole della Camusso, che ‘‘è inequivoco che tali interventi non possono modificare le norme di rango superiore come i fondamentali principi costituzionale o di carattere comunitario e internazionale’ e che quindi ”non ha senso parlare di libertà di licenziare o usare altre semplificazioni che non corrispondono, neppure lontanamente, alla oggettività della norma”.

Il confronto sull’articolo 8 del decreto in discussione in Parlamento non può trasformarsi in uno scontro continuo tra diverse concezioni sul sistema di relazioni sindacali necessario al nostro Paese“, è la nota di intervento del direttore generale di Confcommercio, Francesco Rivolta.

Cisl e Uil evidenziano infine l’importanza di una precisazione, ossia che solo i sindacati comparativamente più rappresentativi possono siglare intese a livello aziendale, come stabilito nell’accordo interconfederale, unitario, del 28 giugno scorso, evitando la costituzione di sindacati di ”comodo”.

Alessia Casiraghi

Via libera del Consiglio dei ministri alla riforma sull’apprendistato

Il consiglio dei ministri del 5 maggio scorso ha approvato lo schema di decreto legislativo sull’apprendistato, che attua la delega conferita al governo dalla legge in materia di previdenza, lavoro e competitività per favorire la crescita (legge 247/2007). Sono previsti due contratti: l’apprendistato per la qualifica professionale, rivolto ai giovanissimi a partire dai 15 anni di età; l’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere, rivolto ai giovani di età compresa fra i 18 e i 29 anni che devono completare il loro iter formativo e professionale; l’apprendistato di alta formazione e ricerca, rivolto a coloro che aspirano a un più alto livello di formazione, nel campo della ricerca, del dottorato e del praticantato in studi professionali.

Cosa prevede la legge: “la forma scritta del contratto e del relativo piano formativo individuale da definire; divieto di retribuzione a cottimo; possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti; presenza di un tutor o referente aziendale; possibilità, anche con il concorso delle Regioni, di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti tramite dei fondi paritetici interprofessionali (nel ambito degli studi professionali opera Fondoprofessioni); registrazione della formazione effettuata e delle competenze acquisite nel libretto formativo; possibilità del riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti, della qualifica professionale ai fini contrattuali e delle competenze acquisite; divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo; possibilità per le parti di recedere dal contratto al termine del periodo di formazione e, se nessuna delle parti esercita la facoltà, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato“.

Con il primo tipo di contratto potranno essere assunti lavoratori in tutti i settori di attività, anche per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, i soggetti che abbiano compiuto 15 anni. Il contratto non potrà superare i tre anni. Con il secondo tipo di contratto possono essere assunti lavoratori in tutti i settori di attività, pubblici o privati, i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, il contratto può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. Il contratto non potrà superare i 6 anni di durata.

Il contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca può essere utilizzato per l’assunzione in tutti i settori di attività, pubblici o privati, per attività di ricerca o per il conseguimento di un titolo di studio di livello secondario superiore, per il conseguimento di titoli di studio universitari e dell’alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, per la specializzazione tecnica superiore, nonché per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche o per esperienze professionali. Il contratto è destinato a soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Sono le Regioni a decidere la sua durata.

In ogni caso si applicano le norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria (assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, contro le malattie, contro l’invalidità e vecchiaia).

M.Z.