Milano capitale delle aziende sostenibili

Nell’ambito del Best Performance Award, premio dedicato alle migliori aziende sostenibili, in grado di raggiungere contemporaneamente risultati rilevanti dal punto di vista economico, sociale e ambientale, è emerso che ben il 13% delle aziende eccellenti italiane si trova a Milano, e si trova dunque in vetta a tutte le province italiane.
All’ombra della Madonnina, dunque, il Made in Italy delle imprese più virtuose e sostenibili, ma anche in grado di essere competitive sui mercati nazionali ed internazionali, sembra abbia trovato il suo habitat naturale, senza alcun altra città italiana in grado, almeno finora, di reggere il passo, se si considera che Vicenza, seconda in classifica, raggiunge una percentuale equivalente alla metà.

In generale, le aziende virtuose si trovano nel 78% dei casi al nord, dove spiccano anche per dimensioni e fatturato, che infatti sfiora 80 milioni di euro, contro i 63 milioni del centro e i 58 del sud.
Ma le dimensioni non sembrano comunque influenzare le performance, come ha spiegato Matteo Vizzaccaro, assistant professor della Sda Bocconi, organizzatrice del premio: “Le realtà di dimensioni maggiori sono ad uno stadio evolutivo più maturo mentre è tra le aziende più piccole che si trovano trend di sviluppo interessanti”.

La Lombardia è la regione che rappresenta il 34% del campione complessivo, trainata sicuramente da Milano che la fa da padrone, seguita da Veneto (17%) e Emilia Romagna (12%).

Per quanto riguarda le città, dopo Milano ci sono altre due città lombarde, che sono Brescia e Bergamo, ed entrambe arrivano a doppiare abbondantemente la quota di pertinenza rispetto al totale italiano, e l’unica area del sud è quella rappresentata da Napoli, che si trova in nona posizione.

Vera MORETTI

Panettone, re della tavola e dell’economia

Il panettone si è confermato anche per il 2015 il re dei dolci delle Feste, a Milano e non. Secondo la Camera di Commercio del capoluogo lombardo, per queste Feste i milanesi hanno speso 32 milioni per il loro dolce tipico, con una crescita della spesa di circa 130mila euro rispetto all’anno scorso.

Per il 45% delle persone, il panettone delle Feste deve essere artigianale, il 20% ne ha vari tipi, artigianali e di marca. Scelgono il classico con uvetta e canditi (53%) e senza uvetta (14%). Il peso del panettone che i milanesi mettono in tavola per le Feste è di circa un chilo per quasi la metà, più grande per il 38%. Oltre la metà lo ha ricevuto sul lavoro: confermato il panettone per il regalo in azienda per il 52%.

Il panettone tradizionale, iniziativa della Camera di commercio di Milano, ha coinvolto circa 200 pasticceri e panettieri che realizzano panettone fresco, senza conservanti e artigianale.

Ma che cosa distingue il panettone artigianale milanese dagli altri? Viene realizzato secondo un regolamento tecnico con determinati ingredienti, nelle proporzioni stabilite e seguendo le tecniche della lavorazione artigianale.

Ma il panettone è solo la punta dell’iceberg, il prodotto principe che ha dietro di sé oltre 5mila imprese attive nel settore dolciario in Lombardia, che danno lavoro a 23mila addetti su 151mila in Italia per un giro d’affari di oltre due miliardi di euro (su dieci in Italia). Dati che emergono da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro imprese 2015 e 2014.

Entrando nel dettaglio, in Italia sono 40.786 le imprese coinvolte nella produzione e nel commercio di prodotti di pasticceria e panetteria, di cui 5.125 in Lombardia. Milano, al secondo posto con 1.796 imprese, dopo Napoli (2.328) e prima di Roma (1.789), seguita nella classifica regionale da Brescia (710) e Bergamo (568).

In Lombardia sono circa 23mila gli addetti coinvolti nel settore e 151mila in Italia. Milano è prima in Italia con 8.234 addetti, seguita da Roma (6.158) e Torino (5.358). In Lombardia è seguita da Brescia (2.891), Bergamo (2.414) e Varese (2.135).

Regione Lombardia promuove il franchising

La Regione Lombardia, che ospiterà presso la Fiera Milano di Rho/Pero dal 23 al 26 ottobre il Salone internazionale del Franchising, presenterà in quell’occasione un progetto per promuovere le aperture di negozi in franchising nei centri delle città lombarde.

Questo importante progetto prevede un finanziamento di 500.000 euro a fondo perduto per tutti gli interessati ad avviare un’attività in franchising in Lombardia, e possono chiedere di accedere al finanziamento i franchisor appartenenti a qualsiasi regione italiana.

Per partecipare, occorre inviare la propria dichiarazione di interesse entro il 24 luglio all’indirizzo email: commercio@pec.regione.lombardia, indicando nell’oggetto “manifestazione di interesse per progetto pilota fare impresa in franchising in Lombardia”.
E’ inoltre possibile richiedere maggiori informazioni scrivendo a: segreteria@salonefranchisingmilano.com.

Antonio Fossati, Presidente di RDS & Company, che organizza il Salone del Franchising di Milano in collaborazione con Fiera Milano, ha dichiarato: “Il progetto della Regione Lombardia è assai innovativo perché punta da un lato a sostenere il franchising, dall’altro a combattere la desertificazione dei negozi nei centri storici delle città. Ci auguriamo che altre Regioni italiane vogliano seguire l’esempio virtuoso di Regione Lombardia”.

Il progetto di Regione Lombardia, che è stato sviluppato con il supporto del Salone del Franchising di Milano e delle associazioni di settore, prevede un percorso formativo a supporto dei candidati imprenditori e si giova di un coinvolgimento forte dei Comuni lombardi per l’individuazione e l’ottenimento di condizioni agevolate sulle location commerciali.

Vera MORETTI

Incontro B2B tra viticoltori in Franciacorta

Un evento unico ed importante ha caratterizzato Villa Fenaroli Palace Hotel di Rezzato, in provincia di Brescia.
Il 24 e 25 giugno, infatti, si è svolto il B2B Wine Lombardia 2015, progetto organizzato da UniCredit e Confagricoltura Lombardia, che, in due giornate molto fitte ed intense, ha proposto incontri Business to Business in Franciacorta, una delle aree maggiormente votate alla viticoltura in Lombardia.

Hanno collaborato all’evento anche la Camera di Commercio Italo USA e DHL Express, leader mondiale nel settore delle spedizioni aeree espresse internazionali.

A partecipare sono stati trenta viticoltori lombardi provenienti non solo da Franciacorta, ma anche dal pavese, dal mantovano, dal milanese e dal bergamasco, che hanno avuto la ghiotta possibilità di incontrare 10 buyer, sia importatori/distributori, sia rivenditori, provenienti dagli Stati Uniti.

Sono stati oltre 200 gli incontri individuali, durante i quali le imprese hanno potuto intrattenere rapporti commerciali e conoscere le caratteristiche del mercato per poter penetrare più efficacemente nel Paese, grazie all’assistenza commerciale di UniCredit, presente in 17 Paesi e con una rete internazionale diffusa in 50 mercati, ma anche di Confagricoltura Lombardia per gli aspetti tecnici e commerciali e DHL per la logistica.

Enzo Torino, Deputy Regional Manager Lombardia Unicredit, ha dichiarato: “UniCredit vuole supportare le imprese vitivinicole lombarde che, per continuare a crescere , hanno bisogno di allargare il loro business all’estero. Il mercato statunitense, il primo mercato di sbocco per valore e terzo per quantità, dopo Germania e Regno Unito, dell’export lombardo relativo a vini d’origine e spumanti, offre ampi spazi per le nostre imprese, dinamica oggi ulteriormente alimentata dal favorevole cambio euro-dollaro. La geografia italiana della produzione di vino vede la produzione Lombarda crescere del 2% nel 2014, rispetto all’anno precedente, con un valore delle esportazioni pari a 268 milioni di euro e un peso globale sulla produzione di vino italiana che si attesta al 2% del totale. Primo partner tra i Paesi extra-Ue, gli Stati Uniti si consolidano anche nel corso del primo trimestre del 2015 con una crescita registrata per l’export regionale lombardo del 21,1% rispetto all’anno precedente. E’ quindi sull’internazionalizzazione delle pmi che la nostra Banca punta, lavorando fianco a fianco degli imprenditori, con un team di specialisti, per aiutarli a ricercare nuove opportunità di business. Eventi come questi sono importanti perché consentono l’incontro concreto tra domanda e offerta, permettendo agli imprenditori di instaurare contatti commerciali che possono sfociare fin da subito in nuovi ordinativi”.

Ha poi aggiunto Matteo Lasagna, presidente di Confagricoltura Lombardia: “Il settore vitivinicolo è interessato, negli ultimi anni, da una profonda evoluzione con una crescita costante dell’export a fronte di un calo strutturale dei consumi nell’ambito nazionale. Le nostre aziende guardano sempre più ai mercati internazionali ed è nostro compito, come Organizzazione, supportarle in questa attività. Caratteristica peculiare della viticoltura lombarda è l’elevata incidenza dei vini a Denominazione di Origine e ad Indicazione Geografica rispetto alla produzione totale: possiamo contare su 5 DOCG, 22 DOC e 15 IGT, produzioni di qualità che riscuotono grande interesse sui mercati esteri e che possono crescere ancora, se opportunamente sostenute”.

Vera MORETTI

Un’app e un dizionario per il made in Italy in vista di Expo2015

Aiutare i visitatori stranieri di Expo2015 a scoprire e apprezzare il patrimonio di qualità e artigianalità che contraddistingue il made in Italy attraverso una semplice app e una guida tascabile per scoprire tutti i segreti della tradizione italiana. Questo l’obiettivo di “Vendere alle diverse culture nel fashion retail, valorizzando le esperienze di eccellenze” la campagna di sensibilizzazione ideata da Federazione Moda Italia-Confcommercio grazie al contribuito del Comune di Milano e di Regione Lombardia in vista di Expo2015.

“Vendere alle diverse culture nel fashion retail, valorizzando le esperienze di eccellenze” è un progetto che nasce dall’esigenza del Comune di Milano, di Regione Lombardia e di Federazione Moda Italia – Milano di tutelare il consumatore straniero favorendone acquisti trasparenti e in linea con l’autenticità del made in Italy, oltre a preparare il personale di vendita alle differenti abitudini d’acquisto della clientela.

Inoltre, vuole stimolare gli imprenditori, i distributori e gli operatori del comparto moda, sia esso abbigliamento, calzaturiero o accessori, ad una crescente attenzione verso questo tipo di consumatore, migliorando la propria attrattività soprattutto durante i sei mesi di Expo2015.

Il progetto si svolgerà dall’1 marzo al 30 giugno 2015 e si articola in cinque azioni a cominciare dalla realizzazione di partnership commerciali con i principali vettori ferroviari per l’incoming di nuovi visitatori, anche attraverso promozioni e scontistiche a loro dedicate nei negozi che aderiranno all’iniziativa in vista di Expo2015.

Spazio anche al web con l’attivazione di www.ModApp.it, il sito in cui si potrà trovare la mappatura online dei principali fashion store milanesi con l’obiettivo di aiutare il consumatore italiano e straniero a trovare i negozi in cui concentrare i propri acquisti, proponendo recensioni, immagini di prodotti, marchi e orientandolo verso un’esperienza d’acquisto mirata.

Data la natura di Expo2015, il progetto rivolge la propria attenzione non solo al consumatore ma anche agli operatori commerciali, grazie a “Abbiamo stoffa da vendere”, corsi di formazione e workshop per incrementare le conoscenze linguistiche e le tecniche di vendita degli operatori di Milano e della Lombardia nei rapporti con gli stranieri, con l’obiettivo di conoscerne usi, costumi e stili di vita.

Occupazione femminile in Lombardia

Se parlare di quote rosa nel mondo del lavoro nel 2014 sembra un’assurdità, ci sono casi di come la Lombardia nei quali l’ occupazione femminile sembra avere una marcia in più. Secondo i dati al III trimestre 2014 del servizio studi della Camera di commercio di Milano dal sistema informativo Excelsior, promosso da Unioncamere, se per il 66% delle assunzioni previste in Lombardia al terzo trimestre 2014 per l’impresa è indifferente assumere un uomo o una donna, in un caso su otto (12%) il profilo richiesto è esclusivamente femminile. Si tratta di un totale di oltre 2.600 assunzioni in un trimestre.

I settori nei quali l’ occupazione femminile fa faville e le donne sono più ricercate degli uomini sono industrie tessili (31% contro 17%, tra quanti indicano la preferenza), commercio (16% contro 13%), turismo (16% e 9%), servizi di supporto a imprese e persone (25% e 14%), finanza (9% e 1%), servizi alle persone (17% e 4%). Gli uomini, invece, sono preferiti nel 22% dei casi, con picchi nelle costruzioni (96%), nelle industrie del legno e del mobile (63%).

Andando su occupazione femminile e spaccato delle province, quella più rosa è Como, dove c’è parità nella richiesta tra uomini e donne, in entrambi i casi intorno al 20%. Segue Milano, dove la richiesta di uomini è più bassa rispetto al resto della Lombardia (14%) mentre il 10% di richieste è per le donne e il resto è per entrambi. Ma anche Sondrio si difende: 20% i posti per le donne e 26% per gli uomini.

L’ occupazione femminile nelle province lombarde vede dunque questa classifica per richiesta di donne: Como (22% di assunzioni al femminile e 21% al maschile, il resto indifferente su un totale di 970 posti), Sondrio (20% e 26% su 720), Cremona (18% e 27% su 620). Seguono: Brescia (15% e 26% su 2.320), Mantova (14% e 28% su 870), Monza (13% e 27% su 1.390), Lodi (13% e 35% su 330), Pavia (12% e 24% su 660), Milano (10% e 14% su 9.680), Lecco (10% e 34% su 420), Varese (10% e 35% su 1.570) e Bergamo (9% e 32% su 2300).

Il Made in Italy alla conquista del Qatar

Dal 10 al 12 novembre si svolgerà, a Doha, il Qatar National Convention Center, che rappresenterà, per i brand di alta gamma italiani, una vera e propria vetrina per farsi conoscere ancora di più in Oriente.

Tutti i settori di eccellenza del Made in Italy verranno coinvolti, a cominciare dal food, fino al design, passando per turismo, cultura ed edilizia, tutti di profondo interesse in Qatar, come ha confermato lo sceicco Alì Bin Thamer Al Thani, promotore dell’esposizione con alcuni sponsor italiani.

L’iniziativa è stata presentata in Italia nel giugno scorso e sostenuta dai World Trade Center di Doha e di Milano, ma anche da aziende fortemente interessate ad un mercato improntato verso l’espansione come quello del Qatar, che ha in programma, da qui al 2030, una serie di investimenti multisettoriali.

Parlando di numeri, si tratta di ben 240 aziende italiane coinvolte, appartenenti a 18 diverse regioni, tra le quali quelle maggiormente rappresentate sono Lombardia, Sicilia, Piemonte, Lazio, Umbria e Veneto.

Tra gli espositori, ci sono sia grosse aziende quotate in Borsa, ma anche piccole imprese con prodotti esclusivi di alta qualità, e medie aziende con esperienze già consolidate di export.

Vera MORETTI

La crisi mette in ginocchio l’artigianato

L’artigianato sta conoscendo un periodo di forte crisi.
I dati, a questo proposito, parlano chiaro: tra il 2009 e i primi nove mesi del 2014, infatti, più di 91mila imprese hanno dovuto alzare bandiera bianca.

Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, il cui Ufficio Studi ha effettuato questa indagine, ha commentato così questa situazione: “Nonostante la crisi economica abbia cancellato a livello nazionale ben 91.000 aziende artigiane, i giovani, soprattutto nel comparto casa, costituiscono la maggioranza degli addetti. E’ un segnale molto importante che squarcia un quadro generale molto critico. A nostro avviso ciò è dovuto a due motivi. Il primo: questi mestieri, legati al mondo dell’edilizia, impongono una forza e una tenuta fisica che difficilmente possono essere richiesti a dei lavoratori di una certa età. Il secondo: il forte aumento del numero dei diplomati avvenuto in questi ultimi anni nel settore edile, elettrico e termoidraulico ha favorito l’ingresso di molti ragazzi nel mercato del lavoro. In generale, malgrado le difficoltà e i problemi che sta vivendo il nostro settore, i giovani stanno ritornando all’artigianato, ma non ai vecchi mestieri. Dai nostri dati, ad esempio, gli artigiani che lavorano il vetro artistico, i calzolai, gli artigiani del cuoio, delle pelli e quelli e i sarti corrono il rischio, fra qualche decennio, di estinguersi”.

Per quanto riguarda l’ubicazione delle imprese che sono state costrette a chiudere, una su due si trovava al Nord, con picchi in Lombardia, dove all’appello mancano 12.496 aziende, seguita dall’Emilia Romagna (-11.719), il Veneto (- 10.944) e il Piemonte (-8.962).

Tra i settori che maggiormente hanno sofferto la contrazione numerica, ci sono sicuramente quello delle costruzioni/installazione impianti (-42.444), ma anche le attività manifatturiere (- 31.256), i carrozzieri e le autofficine (- 15.973).

Al contrario, in espansione ci sono i servizi alla persona (parrucchieri, estetiste, massaggiatori, etc.), con un saldo pari a + 1.405 attività, le gelaterie e le pasticcerie, con +5.579 imprese, e le attività di pulizia/giardinaggio, con + 10.497 aziende artigiane.

Ma quali sono le cause che hanno portato a questa crisi?
In primo luogo i costi, che hanno cominciato a lievitare tanto da registrare un picco del 21% dal 2008 al 2013 nell’energia, e del 23,5% per il gasolio.
Anche la Pubblica Amministrazione è colpevole di aver causato disagi alle imprese artigiane, poiché, nello stesso lasso di tempo, ha aumentato di 35 giorni i pagamenti ai suoi fornitori.

Le banche, ovviamente, ci hanno messo del loro, se consideriamo che in questi sei anni gli affidamenti bancari alle imprese con meno di 20 addetti sono diminuiti del 10%, con un taglio complessivo alle micro imprese di ben 17 miliardi di euro.

Infine, le tasse e la burocrazia: dopo la rivalutazione del Pil, nel 2013 la pressione fiscale in Italia si è stabilizzata al 43,3 per cento: picco massimo mai raggiunto in passato, anche se per le micro imprese il carico fiscale supera abbondantemente il 50 per cento.
La burocrazia costa al mondo delle imprese italiane 31 miliardi di euro all’anno. Ciò implica che su ogni impresa grava mediamente un costo annuo pari a 7 mila euro. A differenza di quelle più grandi, le piccolissime imprese non possiedono una struttura amministrativa al proprio interno, che quindi si vedono costrette ad avvalersi dei servizi di professionisti esterni, con una conseguente spesa ben più alta della media.

Vera MORETTI

Le imprese giovanili volano in Lombardia

L’imprenditoria giovanile si sta espandendo sempre più, ed in particolare, sta conoscendo un momento particolarmente florido in Lombardia.

Questa regione, infatti, è al primo posto per la nascita di imprese giovanili, che nel primo semestre dell’anno sono arrivate a quota 10mila, che rappresentano il 19.7% del totale in Italia.

Tali dati sono stati resi noti da un report realizzato dalla Camera di Commercio di Milano.
L’incremento delle attività imprenditoriali su territorio lombardo, soprattutto se guidate da giovani under 35, è di ben 55 imprese al giorno, con Milano al primo posto tra tutte le province.

Nel capoluogo meneghino, infatti, si contano 3633 imprese. Al secondo posto c’è Brescia, con 1243, poi Bergamo, con 1087, mentre in quarta posizione troviamo Monza con 827 attività.
Per quanto riguarda Sondrio e Cremona, le imprese giovanili sono rispettivamente il 36,5% e il 33,6% del totale.

Vera MORETTI

In aumento le imprese condotte da immigrati

Coloro che, arrivati in Italia in cerca di fortuna, sono riusciti ad integrarsi e, addirittura, a creare una propria attività, sono in aumento, tanto da contribuire ampiamente alla nostra economia.

Nel secondo trimestre del 2014, infatti, per quanto riguarda esclusivamente le imprese di immigrati, è tornato a salire il saldo tra iscrizioni e cessazioni, superando le 7mila unità, pari al 44% del saldo complessivo delle imprese individuali nel periodo aprile-giugno (+16.103 unità).

Tra i paesi di provenienza degli imprenditori immigrati extra Ue, il Marocco è in assoluta pole position, con 62.676 titolari, pari al 19,3% di tutti gli imprenditori individuali immigrati operanti alla fine di giugno.
Seguono la Cina (46.136, il 14,2% del totale), l’Albania (30.564, il 9,4%) e il Bangladesh (23.004, il 7,1%).

Gli imprenditori marocchini si occupano soprattutto di commercio e trasporti, tanto da rappresentare, in questi due contesti 31,9 e il 15,8% delle imprese con titolare immigrato.
I cinesi, dal canto loro, sono i primi in classifica in attività manifatturiere (57,9%), alloggio e ristorazione (31,3%) e altre attività di servizi (27,1%), mentre gli albanesi dominano nel settore delle costruzioni (31,6%).
I nati in Bangladesh sono gli imprenditori immigrati più presenti nelle attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (il 24,1% delle imprese di immigrati nel settore) e nei servizi di informazione e comunicazione (16,6%).

La leadership dei marocchini è da ricercarsi anche nella loro lunga presenza sul nostro territorio, tanto da essere i più numerosi tra gli imprenditori extra Ue in 11 regioni su 20, tra le quali spiccano la Calabria (dove sono il 55% di tutte le imprese di immigrati con sede nella regione) e la Valle d’Aosta (dove rappresentano il 35,3% dell’imprenditoria individuale extra Ue).

La Sardegna si segnala per la prevalente presenza di imprenditori originari del Senegal (il 32,6%), il Lazio per quelli del Bangladesh (29,6%), la Toscana per i cinesi, (29,1%) la Liguria per gli albanesi (22,9%), il Friuli Venezia-Giulia per i vicini della Serbia-Montenegro (17,8%), la Lombardia per quelli originari dell’Egitto (15,3%).
Unica regione a registrare la prevalenza di cittadini figli dell’emigrazione nostrana è l’Abruzzo, dove il primo paese di provenienza di imprenditori immigrati è la Svizzera (15,7%).

Vera MORETTI