Anche l’Abi si unisce al coro: 2012 = recessione

Non bastavano Confindustria, i consumatori, le associazioni di categoria. Ora al coro dei catastrofisti si unisce anche l’Abi: secondo l’associazione delle banche italiane, l’Italia sarà in recessione nel 2012 con un Pil in calo dello 0,7%: per il 2013 è prevista invece una modesta crescita dello 0,2%.

Certo, se il consesso dei gufi si fa sempre più folto significa che qualcosa di vero su cui gufare c’è, e non lo neghiamo; ma una sana iniezione di ottimismo, ogni tanto e soprattutto in un momento come questo, non guasterebbe.

Comunque, nel dettaglio, secondo il Rapporto Afo per il 2011-2013 pubblicato dall’Abi, l’Italia dovrebbe chiudere l’anno con una crescita che non supererà lo 0,6% e sarà in recessione nel 2012 e in stagnazione nel 2013. Un trend influenzato ma non determinato dal decreto ‘Salva Italia’, per il quale il Rapporto ha comunque parole di apprezzamento: “Il nostro governo con il decreto Salva Italia ha fatto la prima mossa nella direzione giusta. Ora è necessario che tale sforzo sia accompagnato da risposte a livello comunitario finalmente credibili, risposte da vero Stato Europeo“, vi si legge. Secondo le stime dell’Abi, la manovra di dicembre determina una riduzione della crescita per 4 decimi di punto, ripartiti tra il 2012 e il 2013.

Il tasso di disoccupazione, secondo il Rapporto Abi, rimarrà molto al di sopra dell’8% e sopra il dato del 2010 per tutto il triennio di previsione, a causa di una riduzione degli occupati nel biennio finale della previsione, mentre parziale contrasto fornirà una leggera riduzione delle forze di lavoro.

Alla luce dell’esperienza degli ultimi due mesi – si legge ancora nel Rapporto, disegniamo un profilo di rientro degli spread sovrani decisamente meno rapido di quanto fatto nel nostro precedente Rapporto e, soprattutto, imponiamo a regime uno spread tra i nostri titoli sovrani e quelli medi dell’area più elevato, per 6-7 decimi di punto, rispetto a quello registrato nel 2011“.

Non buone neppure le previsioni sulla redditività delle banche italiane, quest’anno al minimo storico. “Quest’anno il Roe dovrebbe segnare con lo 0,3% un nuovo minimo storico – dice il Rapporto –. Negli anni successivi prevediamo una lieve ripresa che, però, non sarà in grado di modificare in modo significativo il livello della redditività: al 2013 il Roe si collocherà al 3%“. Una redditività che deve fare i conti anche con le pressioni della crisi finanziaria: “nel triennio di previsione il valore degli accantonamenti sarà pari a 54 miliardi di euro – prosegue il Rapportodopo un’ulteriore contrazione attesa per quest’anno, il margine di intermediazione dovrebbe avere un incremento intorno al 4% nel biennio finale di previsione, risultato non sufficiente a recuperare le perdite reddituali: al 2013 il flusso complessivo di ricavi netti nel settore bancario risulterà inferiore di 8 miliardi di euro rispetto ai valori pre-crisi“.

Nei prossimi mesi l’operatività delle nostre banche sarà ulteriormente stressata dall’imposizione di vincoli ancora più stringenti sui requisiti patrimoniali in seguito alle recenti deliberazioni dell’Eba che richiedono, entro il giugno 2012, una crescita al 9% del Ct1 ratio accompagnato dalla costruzione di un ‘buffer’ patrimoniale a fronte di una svalutazione dei titoli sovrani nel portafoglio bancario“.

Chi va con il gufo impara a gufare, ma chi vuole vedere il positivo al di là del negativo può anche lavorare per migliorare le cose. Del resto, lo cantavano anche i Pooh: “Il cielo è blu sopra le nuvole“.

Confindustria: la recessione è già iniziata

Il Centro Studi di Confindustria lancia l’allarme: in Europa è arrivato “l’inverno della recessione” che “in Italia è iniziata prima e risulterà più marcata“. Le cifre? Una su tutte, la flessione del Pil: -2% punti percentuali tra l’estate 2011 e la primavera 2012.

Il Centro Studi evidenzia “quanto la crisi abbia falcidiato i posti di lavoro tra i giovani (-24,4% per i 15-24enni, -13% per i 25-34enni da metà 2008 a metà 2011; + 6,6% per gli over 45enni)“. Penalizzati “i maschi (-3,4%; zero tra le donne) e chi ha una minore istruzione (-10,6% per quanti hanno solo la licenza media, +3,1% per i diplomati, +3,9% i laureati)“.

Secondo Confindustria è “molto probabile che si attenui il reintegro delle persone in Cig, aumentino i licenziamenti, il tasso di disoccupazione salga più velocemente e raggiunga il 9% a fine 2012“. Ma il dato globale non lascia spazio alla fantasia: con un ulteriore calo di 219mila occupati, il biennio 2012-2013 si chiuderà con un –800mila lavoratori dall’inizio del 2008.

Dice ancora il Centro Studi che “la pressione fiscale raggiungerà livelli record: 45,5% del Pil tra due anni, inclusi i tagli alle agevolazioni fiscali che dovranno scattare a partire dall’ultima parte del 2012“. “La pressione effettiva, che esclude il sommerso dal denominatore, supera abbondantemente il 54%“.

E la manovra varata dal governo Monti? Secondo Viale dell’Astronomia è “un primo passo nella direzione della crescita“, ma ne servono altre su “mercato del lavoro,ammortizzatori sociali, infrastrutture, costi della politica, semplificazioni amministrative, giustizia civile, istruzione e formazione, ricerca e innovazione, lotta a evasione accompagnata da abbattimento delle aliquote“.

Ma Confindustria non vede solo nero: “L’esito più probabile” della crisi è una ripresa “dalla tarda primavera 2012“. Il Centro Studi avverte che l’Italia sarà a un bivio “senza mezze misure” con dissolvimento dell’euro, fallimento di imprese e banche, milioni di posti lavoro persi, crisi del debito anche nei Paesi virtuosi.

Manovra, i consumatori: italiani spremuti

Mario Monti non fa sconti agli italiani, e nemmeno i consumatori. Avvezzi a fare i conti in tasca agli italiani e le pulci a chi ci fa le leggi o a chi cerca di fregarci ogni giorno, Adusbef e Federconsumatori non si sono fatti sfuggire l’occasione di calcolare quanto costerà la manovra salva-Italia ai comuni mortali, leggi no parlamentari né super-ricchi: 1.129 euro all’anno a famiglia al 2014, che, sommando anche le misure 2011 del governo Berlusconi, salgono a 3.160 euro. Un impatto sulla capacità di consumo pari al 7,6% annuo

Secondo i conti delle due associazioni, a regime le ricadute della manovra in via di approvazione saranno pari a 197 euro di tagli e 932 euro di imposte. I tagli: mancato adeguamento dell’indicizzazione delle pensioni oltre i 1.000 euro (34 euro l’anno), tagli agli enti locali (163 euro l’anno). Le imposte: evidenzia 270 euro da aumenti dell’Iva, 405 euro per l’Imu prima casa, 120 euro per le accise sulla benzina, 47 euro per il bollo sui depositi, 90 euro per l’addizionale regionale allo 0,3%. Il totale arriva a 1.129 euro l’anno, che salgono a 3.160 euro se si sommano le misure varate nel 2011 dal governo Berlusconi.

Pesante anche l’impatto sui consumi: nel 2014, una famiglia di tre persone con una retribuzione netta nel 2011 di circa 32mila euro registrerà una caduta nella capacità di consumo di circa il 7,6% annuo. Secondo le due associazioni, “una delle conseguenze di mancati interventi a sostegno del potere di acquisto delle famiglie con redditi medio-bassi (attraverso politiche fiscali e sostegni sociali) sarà quello di accentuare la recessione economica e le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza“.

La Camera dice sì alla manovra

di Vera MORETTI

Le Commissioni Bilancio e Finanze della Camera approvano la manovra con un testo che oggi arriverà in aula.

Tra le novità più importanti che hanno dato il via libera a quanto deciso dal Governo Monti, c’è sicuramente l’Ici, che dovrà essere pagata ma con una detrazione fino a 400 euro a seconda del numero di figli a carico.
Buone notizie anche sul fronte delle pensioni minime, lasciate intatte se sotto i 1.400 euro, mentre chi percepisce una pensione di oltre 200.000 euro subirà un “prelievo” del 15% dell’importo.

E’ stata cancellata, inoltre, la norma che spostava le liberalizzazioni al 2013. I pagamenti della pubblica amministrazione, pensioni comprese, saranno in contanti fino a 1.000 euro, ma non verrà pagata la tassa di 34 euro sui conti correnti sui conti correnti per depositi sotto 5.000 euro.

Monti ha risposto così a chi si aspettava la patrimoniale: “Non avevamo un tabù su questo, e per questo abbiamo chiesto ai nostri tecnici se era possibile tassare la ricchezza familiare a patire dai grandi patrimoni. Ci e’ stato risposto che avremmo potuto farlo solo dopo due anni di intenso lavoro per individuare le ricchezze, provocando nel frattempo una fuga di capitali“.

Anche se, considerando i provvedimenti che riguardano i beni di lusso, come le auto di grossa cilindrata, le imbarcazioni e gli aerei, se non è una patrimoniale, poco ci manca. E infatti il premier asserisce: “Abbiamo realizzato la patrimoniale possibile per l’Italia in questa fase“.

Fiducioso Monti per quanto riguarda le reazioni a questa manovra, giudicata da molti eccessivamente dura, anche se, secondo il presidente del Consiglio, non c’erano alternative.

In particolar modo, Mario Monti si è dimostrato volitivo e determinato a combattere l’evasione fiscale, uno dei mali dell’Italia, e il suo è un tentativo di cambiare la visione che gli italiani hanno del fisco e farlo diventare “non repressivo ma amico”.

Insomma, a chi condannava la manovra perché priva di equità, i Ministri hanno cercato di dare una risposta concreta, venendo incontro a chi, come i pensionati minimi e le famiglie numerose, avrebbero avuto difficoltà a fronteggiare ulteriori spese e tagli.

Basterà tutto ciò a placare gli animi di chi, nei giorni scorsi, ha manifestato e scioperato?

Alemanno: necessari interventi sulla Spesa Pubblica

di Alessia CASIRAGHI

I tributaristi d’Italia dicono sì alla nuova manovra economica, ma sollecitano l’intervento più che mai necessario sulla spesa pubblica. Riccardo Alemanno, Presidente dell’ Istituto Nazionale Tributaristi ha riaffermato la necessità di seguire la strada indicata da Monti, data la situazione di emergenza in cui versa l’Italia, ma ha ricordato anche che per il futuro sono più che obbligatori interventi mirati sulla spesa pubblica e sulle singole problematiche. “Condividere la manovra economica è quasi obbligatorio date le ragioni di urgenza ed inderogabilità di interventi forti e di immediata efficacia – afferma Alemanno – ma ciò porterebbe a non raggiungere gli obiettivi come è avvenuto per le tante (troppe) manovre dell’estate e dell’autunno”.

Per l’INT sono necessari interventi mirati nel settore fiscale, come l’ immediata revisione delle norme relative alla comunicazione delle operazioni IVA , il cosiddetto spesometro. I tributaristi auspicano la completa revisione della normativa alla luce dell’ulteriore abbassamento dell’uso di contante per i pagamenti (da 2.500 a 1.000 euro). Come? Reintroducendo al posto delle comunicazioni, gli elenchi clienti e fornitori contenenti le operazioni anche nei confronti dei privati

Il divieto di uso del contante oltre la soglia dei 1.000 euro rende inutile la comunicazione di operazioni non fatturate superiori a 3.600 euro. Allo stesso modo la tracciabilità di tutti i pagamenti superiori, anche per le operazioni fatturate, dovrebbe rendere inutile la comunicazione delle singole operazioni fatturate superiori ai 3.000 euro.

Ai fini della lotta all’evasione, secondo l’INT sarebbe molto più utile e quindi necessario conoscere la totalità delle spese sostenute anche dai privati. Per le imprese dovrebbe essere istituito un primo controllo incrociato automatizzato, che si avvalga della trasmissione telematica dei dati e degli importi fatturati.

Alemanno invierà nei prossimi giorni una nota al Ministero dell’Economia e delle Finanze che affronti il problema delle comunicazioni delle singole operazioni: “la comunicazione di singole operazioni, già difficoltosa per gli importi superiori ai 25.000 euro previsti per il 2010, sarebbe molto più complessa per gli importi ridotti a 3.000 per il 2011 soprattutto per le aziende non strutturate” ribadisce il Presidente. Che conclude “Sarebbe auspicabile che tutti commercialisti, tributaristi, consulenti del lavoro, e revisori facessero sentire la loro voce in un solo senso senza strumentalizzazioni per una efficace semplificazione senza volere impedire l’utilizzo di strumenti utili per la giusta lotta all’evasione“.

Benzina e diesel, prezzi alle stelle

Ecco i primi effetti della manovra “salva-Italia” varata dal governo Monti. Tutti sulle tasche dei cittadini, o meglio, sui serbatoi delle loro auto. Dopo il super aumento delle accise, i prezzi di benzina e gasolio salgono entrambi sopra gli 1,7 euro al litro, secondo quanto riporta Staffetta Quotidiana. Su base nazionale la verde sale a 1,708 euro (+9,9 cent) e il gasolio a 1,702 euro (+13,5 cent).

I prezzi di tutte le compagnie sono aumentati in media di 9,9 cent a botta sulla benzina, di 13,6 sul gasolio e di 2,6 centesimi sul Gpl. Sulla benzina Eni, Tamoil e TotalErg hanno aumentato i prezzi di 10 cent, sul gasolio, Eni, Shell e Tamoil hanno rialzato di 13,6 cent. I prezzi medi nazionali della benzina vanno ora da 1,709 euro (Tamoil) a 1,716 euro (TotalErg), quelli del gasolio da 1,7 euro (IP, Q8 e Tamoil) a 1,715 euro (Shell).

Al Sud si arriva a sfiorare gli 1,8 euro al litro per la verde. Secondo Quotidiano Energia, che conferma il balzo in avanti dei carburanti, solo la benzina sale sopra gli 1,7 euro al litro, con un massimo per Tamoil a 1,709 euro e un minimo per Esso a 1,697 euro, mentre il diesel rimane ancora sotto tale livello di qualche centesimo, con il massimo di TotalErg a 1,691 euro ed il minimo di IP a 1,677 euro. Il Gpl, infine, è venduto tra lo 0,735 euro di Eni e lo 0,750 di Shell.

Ok alla manovra economica

Ok dal Consiglio dei Ministri alla manovra economica. Sarà un provvedimento da 30 miliardi. Il presidente del Consiglio Mario Monti è stato chiaro: “Siamo di fronte a una alternativa tra la situazione attuale, con i sacrifici richiesti e una situazione di uno Stato insolvente, di un euro distrutto magari per infamia dell’Italia“. E ha anche annunciato di rinunciare al proprio compenso di ministro e premier. Il ministro del Welfare Elsa Fornero parla di sacrifici e si commuove.

Queste le misure principali.

CASA. Arriva nel 2012 l’imposta municipale e riguarda anche “l’abitazione principale e le pertinenze della stessa”. l’aliquota ordinaria è dello 0,76%, per l’abitazione principale è ridotta allo 0,4%.

TRACCIABILITA’ DEI PAGAMENTI. La soglia è fissata a 1.000 euro.

IRPEF. L’aliquota sale al 46% sopra i 75mila euro fino al 2014, “in considerazione della eccezionalità della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea”.

PENSIONI. Il blocco della rivalutazione rispetto all’inflazione per le pensioni di importo superiore al minimo di 467 euro varrà per il 2012 e il 2013. Per le pensioni tra i 467 e i 935 euro ci sarà una rivalutazione del 50% rispetto all’inflazione. Le minime avranno la perequazione totale.

IVA. Dall’1 gennaio 2013 le aliquote Iva del 10 e del 21% sono incrementate di 2 punti. Dal gennaio 2014 scatta un ulteriore aumento di 0,5 punti. Una clausola di salvaguardia che sostituisce il taglio lineare del 20% previsto nella precedente manovra per le agevolazioni fiscali.
 
SOPPRESSIONE ENTI. Cancellati Inpdap ed Enpals, le loro funzioni sono attribuite all’Inps, che succede in tutti i rapporti attivi e passivi degli Enti soppressi.

TAGLI ALLE AUTHORITY, DA ANTITRUST A CONSOB. Dalla Consob all’Antitrust è previsto un calo del numero dei componenti.

LIRA. Prescrizione anticipata delle lire in circolazione: Le banconote, i biglietti e le monete ancora in circolazione si prescrivono a favore dell’Erario con decorrenza immediata per essere riassegnate al Fondo ammortamento dei titoli di Stato.

AUTONOMI E AGRICOLTORI. Dal primo gennaio 2012 le aliquote contributive pensionistiche di finanziamento e di computo delle gestioni pensionistiche di artigiani e commercianti iscritti alle gestioni autonome dell’Inps sono incrementate di 0,3 punti percentuali ogni anno fino a raggiungere il livello del 22%. Sempre dall’1 gennaio le aliquote contributive pensionistiche dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni iscritti alla relativa gestione autonoma dell’Inps sono rideterminate.

IRAP. Le imprese potranno dedurre dall’Ires e dall’Irpef la quota di Irap “relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato”.
 
BANCHE. Il ministero dell’Economia “fino al 30 giugno 2012 è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane, con scadenza da tre mesi fino a cinque anni, o a partire dall’1 gennaio 2012 a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite”.
 
PENSIONI AUTONOMI. I lavoratori autonomi andranno in pensione dal 2012 a 66 anni e sei mesi. Le lavoratrici autonome a 63 anni e sei mesi. Per chi esce in pensione anticipata prima dei 63 anni di età dal 2012 avrà una penalizzazione sulla quota liquidata con il retributivo del 3% per ogni anno di anticipo nell’accesso al pensionamento prima dei 63 anni di età.

SUPERBOLLO. Superbollo per le auto di potenza superiore ai 170 chilowatt: l’addizionale erariale sarà “pari a euro 20 per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a 170 chilowatt”.

FARMACI. Liberalizzalizzazione per i farmaci di fascia ‘C’ che saranno venduti anche nelle parafarmacie e nuove regole per l’apertura di nuove farmacie.

Imprese Confapi: bene art. 8, ma aiuta chi è grande

Secondo un sondaggio effettuato tra 800 Pmi aderenti alla Confapi, l’articolo 8 della manovra finanziaria viene promosso, soprattutto per sostenere incrementi di competitività e salario e per aiutare la gestione delle crisi aziendali. Il 70% delle aziende intervistate pensa che “gli interventi sono prevalentemente a vantaggio della grande impresa”.

Gli altri ambiti per i quali l’articolo 8 interessa alle imprese Confapi sono “interventi per la qualità dei contratti di lavoro (72%), interventi per sostenere l’occupazione (71%), per sostenere l’avvio di nuove attivià’ (70%), per l’emersione del nero (68%) e per l’adozione di una forma di partecipazione dei lavoratori (66%).

Circa la metà degli associati Confapi (48,4%) ritiene che le attuali leggi sul lavoro non siano adeguate alle esigenze delle Pmi e l’82% pensa che “la manovra incida poco o niente sulla possibilità di modifica dello Statuto dei Lavoratori“.

Secondo il presidente nazionale della Confapi, Paolo Galassi, “si parla sempre dello Statuto dei Lavoratori, ma dobbiamo parlare invece di Statuto del Lavoro per tutelare il posto di lavoro“.

La CGIA di Mestre: nel 2014 pressione fiscale al 54%

La CGIA di Mestre è abituata a fare i conti in tasca all’Italia e a denunciare, senza peli sulla lingua, le storture del nostro sistema fiscale ed economico. Ora, il segretario Giuseppe Bortolussi torna sulle manovre estive varate dal governo e lancia un allarme assai pesante: “Per i contribuenti onesti è sicuramente una notizia shock: nel 2014, gli effetti complessivi delle manovre correttive di luglio e di Ferragosto faranno schizzare la pressone fiscale reale oltre il 54%. Un livello che rischia di deprimere l’economia e gettare nello sconforto milioni e milioni di italiani fedeli al fisco“.

La CGIA di Mestre è giunta a questo risultato ricordando che il nostro Pil nazionale (pari, nel 2010, a oltre 1.548 miliardi di euro), include anche la cifra imputabile all’economia sommersa prodotta dalle attività irregolari che, essendo sconosciute al fisco, non pagano tasse né contributi. Una cifra che, secondo l’Istat, si aggirerebbe tra i 255 e i 275 miliardi di euro all’anno. Ricordando che la pressione fiscale ufficiale è data dal rapporto tra le entrate fiscali/contributive e il Pil prodotto in un anno, nel 2010 la pressione fiscale ufficiale ha toccato il 42,6%.

Tuttavia, se si “storna” dalla ricchezza prodotta la quota addebitabile al sommerso economico che non produce alcun gettito per l’Erario, il Pil diminuisce (quindi si “contrae” il denominatore) e, pertanto, aumenta il risultato che emerge dal rapporto. Quindi, la pressione fiscale “reale” che grava su coloro che pagano correttamente le tasse è molto superiore a quella ufficiale calcolata dall’Istat che rispetta fedelmente le disposizioni metodologiche previste dall’Eurostat.

Ebbene, se nel 2010 la pressione fiscale “reale” che pesa sui contribuenti italiani ha sfiorato una ipotesi massima del 51,7%, con gli effetti delle manovre correttive di luglio e di Ferragosto il raggiungimento del pareggio di bilancio farà impennare il carico fiscale sui contribuenti onesti sino a una ipotesi massima del 54,2%. Quasi 10 punti percentuali in più rispetto alla previsione di crescita della pressione fiscale ufficiale, che si dovrebbe attestare al 44,7%.

E Bortolussi non si fa sfuggire l’occasione di bacchettare l’Esecutivo: “Peccato che il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013 lo otterremo grazie a un fortissimo aumento delle entrate che farà crescere le il peso fiscale, per coloro che le pagano, a un livello record mai raggiunto in passato. Infatti, oltre il 67% della sommatoria delle manovre di luglio e di Ferragosto sarà costituita da nuove entrate, per un importo complessivo poco superiore ai 98 miliardi di euro, di cui 95,9 di entrate tributarie“.

“Riforma degli ordini? C’è una scarsa volontà politica”

di Davide PASSONI

Riccardo Alemanno è presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi dal 1997. Cinquantatrè anni, di origine genovese, vive e lavora ad Acqui Terme ed è nel settore delle associazioni fin dal 1985, in quanto ex segretario nazionale dell’associazione unica dei tributaristi. Una persona con le idee chiare, senza peli sulla lingua, che mette la difesa della propria associazione come priorità, con una grande coerenza e lucidità di pensiero. Infoiva lo ha incontrato, per fare il punto con lui sulla riforma degli ordini professionali, sulla Finanziaria e sui tanti nodi che intrappolano oggi il sistema delle professioni in Italia.

Qual è il suo punto di vista sulla questione della riforma degli ordini professionali?
Tanta confusione e scarsa volontà politica. Sin dalla prima indicazione, in uno dei tanti testi della manovra in cui si parlava di abolire l’esame di stato per alcune professioni ma non per altre, la cosa era talmente eclatante rispetto alla tradizione ordinistica italiana che nessuno vedeva l’applicabilità di una norma scritta in tal modo, anche in cuor mio speravo in un cambio di visione del sistema professionale italiano. Poi si è scritto di una supercommissione, poi naufragata, la quale elaborasse un testo che desse alcune indicazioni e valutazioni su ciascun ordine, dando contemporaneamente indicazioni di trasparenza agli utenti. Poi il nuovo (ultimo?) testo con tanti contenuti ma poca concretezza  se non l’obbligo della polizza di r.c. professionale da parte dei professionisti a tutela dei loro assistiti. E nel settore tributario, dove si lavora sempre sotto pressione per via delle scadenze ravvicinate, l’errore è sempre dietro l’angolo per ciò le associazioni come l’INT da sempre obbligano i propri iscritti alla sottoscrizione di un polizza assicurativa. Comunque nel settore delle professioni, mio avviso, si è persa un’occasione soprattutto a vantaggio dei giovani che nel settore professionale entrano troppo tardi nel mondo operativo.
 
Per non parlare dell’aspetto delle tariffe…
Appunto. C’è stato ancora una volta il balletto sulle tariffe, con Catricalà che ha mandato osservazioni al parlamento e al governo, in cui diceva di abrogare i minimi tariffari, gli ordini che difendono la validità: è il ripetersi di uno scenario già visto alcuni anni fa, con spunti che sono tornati di una attualità agghiacciante.
 
E quindi, dov’è il vero nodo?
Il punto vero è che anche gli ordini professionali hanno un problema, collegato in gran parte alle casse previdenziali: liberalizzare certe attività creerebbe una minore iscrizione alle casse, salvo far rientrare nella loro gestione alcuni di coloro che attualmente afferiscono alla gestione separata. Peraltro è curioso che in tutto questo sistema di cose dette e scritte ma non applicate, l’Ue nelle raccomandazioni fatte a giugno per i Paesi dell’area euro indicasse tra gli interventi da fare anche quello della liberalizzazione nel settore delle professioni. Ho quindi pensato che certe cose scritte in manovra fossero state inserite dietro questo input, ma evidentemente, visti gli ultimi sviluppi, non è stato così. Abbiamo perso solo tempo ed energia da mesi a questa parte: si redige un testo, qualcuno protesta e il testo si cambia; protesta qualcun altro e si cambia ancora: non so se questo sistema paga in credibilità, penso di no.
 
Che cosa chiedete dunque alle istituzioni?
Da tempo si chiede un riconoscimento da parte del governo nazionale delle associazioni quali soggetti che rilascino un attestato di competenza riconosciuto a livello europeo, secondo direttive europee di storica memoria (dir. Ue 92/51) o quanto meno l’applicazione  della cosiddetta “direttiva qualifiche”, recepita con decreto ma mai resa operativa, anzi, per le associazioni sembrano una chimera i tavoli di confronto europei: paradossale. Abbiamo alcune associazioni già inserite nell’elenco della direttiva qualifiche con le stesse caratteristiche della nostra, mentre la posizione della nostra è ancora in stand by. Chiederemo al nuovo ministro della Giustizia come mai il decreto che ci riguarda non venga emanato, nonostante abbia avuto tutti gli ok del caso.
 
Qual è oggi il limite del sistema ordinistico italiano?
Negli ultimi 25-30 anni il fatto che esistano delle associazioni che raggruppano, coordinano, aggiornano e danno regole ha creato una sorta di “categoria nella categoria” e questo può dare più fastidio perché non si compete solo singolarmente ma anche come organizzazioni di rappresentanza. Vedo una incapacità di fare sistema. Al di là del fatto che le associazioni sono diventate interlocutori delle istituzioni e le battaglie intraprese non sono per la difesa di interessi di parte a danno di altri ma per difendere il lavoro dei propri iscritti. Chiediamo solo di poter lavorare in modo sereno, con i riconoscimenti avuti, i contratti che abbiamo firmato e negli ambiti che quotidianamente presidiamo. I professionisti delle associazioni, tra cui i tributaristi, sono quelli nelle cui strutture c’è il contradditorio più aperto. Difendiamo i singoli interessi se questo significa difendere il nostro lavoro, ma siamo sempre disponibili a dare una mano al miglioramento del Paese in quanto coinvolti in diversi tavoli istituzionali.
 
E la politica che cosa risponde?
Vedo situazioni lobbistiche molto forti. Sono rimasto amareggiato da alcuni parlamentari che vengono da attività professionali, i quali hanno minacciato di non votare la manovra senza lo stralcio della norma sulle professioni: arrivare a dire “non voto la manovra” perché un’ala minoritaria del Paese non ne condivide una parte non mi sembra un buon segnale. 
 
Capitolo Finanziaria…
Guardi, stiamo organizzando per ottobre il consiglio nazionale a Roma e ai vari consiglieri dico: cominciamo a leggere quanto riportato nella manovra solo quando sarà definitivamente approvata, perché sennò perdiamo solo tempo. Abbiamo assistito a un teatrino che non fa bene a nessuno: quando si chiedono dei sacrifici, non saranno mai bene accetti del tutto, ma lo saranno di più se ho fiducia in chi me li impone; mi pare che il sistema globale della politica faccia di tutto per perdere la fiducia dei cittadini. Ho visto tante finanziarie, ma una come quest’anno non mi era mai capitata. 
 
Non è l’unico a dirlo…
Tempo fa chiedemmo al legislatore, con una iniziativa: no alla retroattività delle norme tributarie, sì alla semplificazione. Oggi lo slogan deve essere: serietà e buon senso. Si devono lasciare da parte gli indugi e intervenire in modo serio e preciso sulla spesa pubblica, non solo sui costi della politica. Pensi che almeno il 50% delle società partecipate dal pubblico è in perdita o producono utili risibili e non si fa nulla: vorrei sapere quanto sono costate ad oggi, per esempio, tutte le società collegate al progetto del ponte sullo Stretto. Si parla, giustamente, di lotta all’evasione e si torna a fare grosso modo quello che fece il ministro Visco, i cui provvedimenti erano stati abrogati dall’attuale maggioranza.  Vogliamo parlare poi della tracciabilità dei pagamenti? Bene, si dovrebbe contestualmente incentivare l’utilizzo della moneta elettronica per favorirla: allora facciamo in modo che il suo costo di gestione sia meno pesante di quanto sia oggi, altrimenti pochi la useranno soprattutto nelle spese della quotidianità. Si tratta solo di un esempio per dire che non fare retromarcia aiuta a migliorare in credibilità; del tira e molla siamo tutti scontenti.
 
Se dovessimo parlare di tutti gli aspetti della manovra, non ne usciremmo più. Limitiamoci alle pensioni…
Non capisco, ferma restando una differente modalità pensionistica per i lavori usuranti, perché tanta polemica sull’innalzamento a 65/67 anni dell’età pensionabile: si stanno pagando pensioni per un numero superiore rispetto a quello derivante dai calcoli degli Anni ’60 e ’70, non supportate da contributi adeguati perché non si era tenuto conto in modo corretto di parametri come l’innalzamento dell’aspettativa di vita. Il messaggio è: pensiamo in modo meno egoistico e prepariamo per le nuove generazioni un sistema più solidale, perché questo non può reggere. Ci troveremo un giorno a dover alzare in un colpo solo a 70 anni l’età della pensione: sul non toccare i diritti acquisiti sono d’accordo, ma il futuro va programmato in modo diverso. Fortunatamente nell’ultimo testo della manovra si è messa mano all’età pensionabile anche se solo per il mondo femminile, ma si deve fare di più, non solo per l’Europa ma per i nostri giovani.