Contributo di solidarietà: come pagarlo

Come applicare il contributo di solidarietà richiesto ai contribuenti over 300mila euro per aiutare il Paese a superare la situazione economica ciritica? Detta le regole un decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 21 novembre, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di sabato 26 novembre.

Ricordiamo che la misura, inserita nella manovra d’agosto, interessa – per il periodo 1 gennaio 2011-31 dicembre 2013 – chi ha un reddito complessivo annuo lordo superiore appunto a 300mila euro. Il decreto specifica che il contributo va determinato nell’ambito della dichiarazione dei redditi e versato, in unica soluzione, insieme al saldo Irpef.

In caso di redditi da lavoro dipendente o assimilati, tocca al sostituto d’imposta fare i calcoli e trattenere il contributo, in una soluzione unica, in occasione del conguaglio di fine anno, riversandolo poi all’Erario secondo l’iter ordinario. Il contributo di solidarietà è deducibile dal reddito imponibile e, se riconosciuto dal sostituto d’imposta, deve essere segnalato nel Cud dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.

Il decreto del 21 novembre prende in esame anche la posizione degli impiegati pubblici e dei pensionati che hanno un reddito complessivo annuo superiore a 90mila euro. Secondo il decreto legge 78/2010, gli stipendi superiori ai 90mila euro lordi annui dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, nel periodo 1 gennaio 2011-31 dicembre 2013, sono ridotti del 5% per la parte compresa tra i 90mila e i 150mila euro, e del 10% per la parte eccedente i 150mila euro.

Anche per i pensionati over 90mila euro l’assegno cala con le stesse percentuali: del 5% fino a 150mila euro, del 10% oltre. La decorrenza è però 1 agosto 2011-31 dicembre 2014.

Impiegati pubblici e pensionati dovranno pagare il contributo di solidarietà soltanto per i redditi annui superiori a 300mila euro, diversi da quelli già ridotti perché superiori a 90mila euro.

d.S.

Pmi, le regioni contro i tagli al Fondo di garanzia

Forte preoccupazione da parte delle Regioni per il taglio delle risorse del Fondo di garanzia per le Pmi previsto nella manovra finanziaria 2012. La legge prevedeva inizialmente uno stanziamento complessivo per l’anno di 545 milioni di euro, passato ora a 239 milioni. I governatori, in una lettera inviata al ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, manifestano la loro “forte preoccupazione” a fronte del “drastico” taglio del Governo e ricordano come la riduzione in manovra possa “mettere a serio rischio l’operatività del Fondo”.

Le Regioni sottolineano la delicatezza di questa scelta in una fase economica come l’attuale, in cui “i problemi di accesso al credito rimangono tra i più rilevanti per il sistema produttivo”; insomma, quando le imprese hanno più bisogno di poter accedere ai fondi regionali e nazionali, questi vengono tagliati. “In questo modo – continuano i governatori – si depotenzia uno strumento che riveste un rilievo primario per le nostre imprese”.

Imprese Confapi: bene art. 8, ma aiuta chi è grande

Secondo un sondaggio effettuato tra 800 Pmi aderenti alla Confapi, l’articolo 8 della manovra finanziaria viene promosso, soprattutto per sostenere incrementi di competitività e salario e per aiutare la gestione delle crisi aziendali. Il 70% delle aziende intervistate pensa che “gli interventi sono prevalentemente a vantaggio della grande impresa”.

Gli altri ambiti per i quali l’articolo 8 interessa alle imprese Confapi sono “interventi per la qualità dei contratti di lavoro (72%), interventi per sostenere l’occupazione (71%), per sostenere l’avvio di nuove attivià’ (70%), per l’emersione del nero (68%) e per l’adozione di una forma di partecipazione dei lavoratori (66%).

Circa la metà degli associati Confapi (48,4%) ritiene che le attuali leggi sul lavoro non siano adeguate alle esigenze delle Pmi e l’82% pensa che “la manovra incida poco o niente sulla possibilità di modifica dello Statuto dei Lavoratori“.

Secondo il presidente nazionale della Confapi, Paolo Galassi, “si parla sempre dello Statuto dei Lavoratori, ma dobbiamo parlare invece di Statuto del Lavoro per tutelare il posto di lavoro“.

Superbollo: da pagare entro il 10 novembre

E’ entrato in vigore pochi giorni fa il decreto ministeriale sull’addizionale erariale introdotta, per i veicoli di grossa cilindrata, dalla manovra finanziaria dello scorso luglio. Entro il 10 Novembre, a 30 giorni cioè dalla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, i possessori di un veicolo per il trasporto promiscuo di persone o cose con più di 225 chilowatt di potenza, dovranno pagare l’addizionale per un importo pari a 10 euro per ogni chilowatt eccedente i 225.

La tassa automobilistica dovrà essere corrisposta utilizzando il modello “F24 elementi identificati”, senza possibilità di compensazione con eventuali crediti vantati. Per gli anni successivi, successivi, l’addizionale verrà corrisposta alle stesse scadenze previste per il bollo auto.

L’addizionale alla tassa automobilistica ha destinazione diversa rispetto al bollo ordinario, che è assegnato alle Regioni. Per procedere, dal 2012, al pagamento contestuale del bollo e dell’addizionale, con riversamento diretto di quest’ultima al bilancio dello Stato, il ministero dell’Economia e delle Finanze, d’intesa con l‘Agenzia delle Entrate, emetterà un decreto per individuare le tempistiche e i criteri di adeguamento ai sistemi utilizzati dai singoli Enti per il pagamento della tassa automobilistica. In caso di ritardo nell’emanazione del provvedimento, il versamento avverrà come per l’anno in corso, con il modello “F24 elementi identificativi”.

Tenuti al pagamento dell’addizionale sono coloro che risultano “proprietari, usufruttuari, acquirenti con patto di riservato dominio, ovvero utilizzatori a titolo di locazione finanziaria” al pubblico registro automobilistico. Per il 2011, si fa riferimento al giorno in cui è entrata in vigore la norma, lo scorso 6 luglio; a partire dal 2012, l’obbligo ricade su chi è proprietario alla scadenza del termine utile per il pagamento della tassa automobilistica.

In caso di prima immatricolazione, differentemente da quanto previsto per il bollo l’addizionale va pagata in misura integrale.

A.C.

Riforma Fiscale bocciata anche dalla Corte dei Conti

Pollice verso da parte della Corte dei Conti nei confronti della Riforma Fiscale, a causa delle troppe tasse da lavoro e per le imprese, troppo alto il rischio di tagli lineari alle agevolazioni fiscali e del tutto insufficiente la copertura finanziaria.

Non si è risparmiato con le critiche Luigi Giampaolino, presidente della Corte dei Conti, durante l’audizione alla commissione Finanze alla Camera.

Occorre domandarsi se le incertezze che gravano sulla copertura della delega fiscale e assistenziale non rendano necessario esplorare fonti di gettito nuove, in direzione di basi imponibili personali o reali che non insistano sul lavoro e sulle imprese”.

Viene vista come il fumo negli occhi anche la clausola di salvaguardia, che scatterebbe nel caso in cui il governo non riuscisse ad esercitare la delega entro il 30 settembre 2012. La clausola, infatti, prevede il taglio di tutte le 600 agevolazioni attuali. Una misura recessiva, anche perché i tagli vedrebbero coinvolti coloro che, l’imposta, la pagano già, e soprattutto i contribuenti che appartengono alle fasce di reddito meno elevate.

Giampaolino si scaglia anche contro i tagli alla spesa sociale e, ovviamente l’aumento dell’IVA al 21% frutto della manovra finanziaria bis, che ha cambiato le carte in tavola: l’aumento delle imposte indirette sarebbe dovuto essere proprio una delle principali fonti di copertura previste dal Ddl per la riduzione IRPEF.

Dubbi anche sull’eliminazione IRAP, difficile da realizzare perché in contrasto con il federalismo fiscale, in base a cui il potere di ridurre l’IRAP è delle Regioni.

Infine, in relazione all’ipotesi di condono, si ritiene una “scelta molto politica, specie per l’aspetto che riguarda le conseguenze sul comportamento dei contribuenti”: bisogna guardare ai risultati dei condoni precedenti e inoltre, a differenza che in passato, ora siamo “in presenza di nuove misure anti-evasione delle quali bisogna tenere conto”.

Vera Moretti

Nuove regole per il regime dei minimi nel 2012

Dal 2012 cambiano le regole relative al regime dei minimi, in virtù della Finanziaria da poco approvata. Intanto, per i professionisti e gli imprenditori soggetti alla ritenuta d’acconto che continueranno a essere contribuenti minimi anche nel 2012, l’imposta sostitutiva scende dal 20% al 5%, portando chi rientrerà nel nuovo regime dei minimi ad accumulare credito nei confronti del Fisco: avrà infatti ritenute d’acconto di importo superiore rispetto a quanto dovuto a saldo dell’imposta sostitutiva sul loro reddito, ridotta al 5%. Inoltre, l’aliquota ordinaria della ritenuta d’acconto corrisponde al 20% dell’imponibile, ma sono previste deroghe per alcune operazioni e per determinate categorie professionali.
 
Il credito accumulato nel quadro CM potrà essere utilizzato con il modello F24 dai contribuenti che aderiscono al regime dei minimi in compensazione di eventuali altre imposte o contributi dovuti all’Erario in caso di possesso di altri redditi o beni (IRPEF, addizionali, ICI, etc.), oppure i contributi previdenziali da versare alla Cassa di appartenenza.

Se il contribuente che aderisce al nuovo regime dei minimi non ha la possibilità di utilizzare in questo modo il credito, questo è destinato ad accumularsi per essere eventualmente richiesto a rimborso. Una situazione che vedrà coinvolti tutti i contribuenti che esercitano un’attività in  , nella quali i compensi sono assoggettati alla ritenuta, come avvocati, commercialisti, agenti di commercio, mediatori.

Appuntamento a Bari per un convegno sulla manovra finanziaria

Si terrà a Bari il 4 ottobre un importante convegno dal titolo: La manovra finanziaria: misure di politica tributaria e di contrasto all’evasione. L’incontro, organizzato dal Cndcec, dall’Odcec di Bari e dall’Agenzia delle Entrate, si aprirà alle 14.30 presso il Palazzo del Mezzogiorno della Fiera del Levante.

Si prevedono argomenti e tematiche di grande interesse, poiché si farà il punto sulle nuove misure adottate dalla manovra finanziaria: dai provvedimenti per contrastare l’evasione alle novità in materia di incentivi fiscali, dalle limitazioni all’utilizzo del contante al delicato ruolo del professionista, dalle tecniche di riscossione con la nascita di Equitalia sud alle novità in materia di reddito d’impresa.

Ad inaugurare l’evento saranno Claudio Siciliotti e Giorgio Treglia, rispetticamente presidenti di Cndcec e Odcec di Bari, Aldo Polito, direttore dell’Agenzia delle Entrate della regione Puglia e Fabrizia Lapecorella, direttore generale delle Finanze, alla quale è stata affidata l’introduzione del convegno.

Tra i relatori invitati, Paolo Moretti, consigliere del Cndcec codelegato all’area fiscale, interverrà sulle limitazioni all’utilizzo del contante e sul ruolo del professionista.

Prevista la presenza anche di Luigi Magistro, direttore centrale Accertamento dell’Agenzia delle entrate; Paolo Puglisi, direttore della Direzione legislazione tributaria del ministero dell’Economia e delle finanze; Alessandro Migliaccio, direttore regionale Puglia di Equitalia sud; Maurizio Leo, presidente della commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria.

La partecipazione al convegno è gratuita e darà diritto a otto crediti agli iscritti agli Ordini dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ai fini della formazione professionale continua.

Vera Moretti

Affitti: sparisce il libretto al portatore per depositi cauzionali

La manovra finanziaria del 13 agosto modifica le abitudini degli italiani anche in materia di affitti. Le regole antiriciclaggio introdotte dalla nuova finanziaria prevedono infatti che il deposito cauzionale non potrà più essere fatto con libretto al portatore. Il motivo?  Dal 1 ottobre la soglia massima scenderà dagli attuali 5mila euro a 2.499 euro.

La somma di denaro che il conduttore versa al locatore alla stipula del contratto di affitto, come forma di garanzia da eventuali danni o inadempimenti, è vincolata dall’articolo 4 della legge 841/73. Tale norma prevedeva, oltre alla misura massima del deposito cauzionale in 2 mensilità di canone di affitto, anche l’obbligo di versare la somma su un conto corrente vincolato.

L’introduzione dalla legge dell’equo canone ha esteso a 3 le mensilità massime consentite e ne ha svincolato la destinazione, prevedendo solo l’obbligo da parte del locatore a corrispondere al conduttore, ogni anno, gli interessi legali sulla somma depositata. Niente più conto corrente vincolato quindi. Il locatore può infatti decidere di acquisire la somma a titolo di deposito, utilizzarla liberamente, salvo l’obbligo di restituirla a fine locazione e di corrispondere al conduttore gli interessi maturati annualmente. Il depositario diventa proprietario della somma versata, mentre il conduttore resta titolare di un credito che matura al momento del rilascio, una volta verificato che non siano presenti danni alla proprietà o altri inadempimenti contrattuali.

In Italia è invalsa la consuetudine tra affittuari e contraenti di versare su un libretto bancario al portatore la somma acquisita dal locatore a titolo di deposito cauzionale. L’introduzione di nuove norme antiriciclaggio nell’ultima finanziaria prevede però la chiusura entro il prossimo 30 settembre dei vecchi libretti al portatore qualora la somma ecceda i 2.499 euro. Ma cosa accade ai libretti al portatore in cui il vincolo sia previsto nel contratto d’affitto? Le normative antievasione e antiriciclaggio introdotte dalla nuova finanziaria non prevedono deroghe contrattuali, se successive al contratto, le clausole negoziali diventano illegittime e devono essere modificate ove contrarie alla legge.

Il problema può essere però risolto tramite la sostituzione del libretto al portatore con un libretto nominativo. Il libretto nominativo prevede infatti la disponibilità della somma per il locatore, mentre la restituzione del deposito al conduttore avviene con la chiusura del libretto e la contemporanea restituzione a mezzo assegno circolare del deposito.

Un’ultima precisazione: per i nuovi contratti è bene sottolineare la totale inutilità, sia per il locatore che per il conduttore, di vincolare le somme su un deposito per cui il locatore potrà utilizzare quanto percepito, con il solo obbligo della restituzione e del pagamento degli interessi.

A.C.

La CGIA di Mestre: nel 2014 pressione fiscale al 54%

La CGIA di Mestre è abituata a fare i conti in tasca all’Italia e a denunciare, senza peli sulla lingua, le storture del nostro sistema fiscale ed economico. Ora, il segretario Giuseppe Bortolussi torna sulle manovre estive varate dal governo e lancia un allarme assai pesante: “Per i contribuenti onesti è sicuramente una notizia shock: nel 2014, gli effetti complessivi delle manovre correttive di luglio e di Ferragosto faranno schizzare la pressone fiscale reale oltre il 54%. Un livello che rischia di deprimere l’economia e gettare nello sconforto milioni e milioni di italiani fedeli al fisco“.

La CGIA di Mestre è giunta a questo risultato ricordando che il nostro Pil nazionale (pari, nel 2010, a oltre 1.548 miliardi di euro), include anche la cifra imputabile all’economia sommersa prodotta dalle attività irregolari che, essendo sconosciute al fisco, non pagano tasse né contributi. Una cifra che, secondo l’Istat, si aggirerebbe tra i 255 e i 275 miliardi di euro all’anno. Ricordando che la pressione fiscale ufficiale è data dal rapporto tra le entrate fiscali/contributive e il Pil prodotto in un anno, nel 2010 la pressione fiscale ufficiale ha toccato il 42,6%.

Tuttavia, se si “storna” dalla ricchezza prodotta la quota addebitabile al sommerso economico che non produce alcun gettito per l’Erario, il Pil diminuisce (quindi si “contrae” il denominatore) e, pertanto, aumenta il risultato che emerge dal rapporto. Quindi, la pressione fiscale “reale” che grava su coloro che pagano correttamente le tasse è molto superiore a quella ufficiale calcolata dall’Istat che rispetta fedelmente le disposizioni metodologiche previste dall’Eurostat.

Ebbene, se nel 2010 la pressione fiscale “reale” che pesa sui contribuenti italiani ha sfiorato una ipotesi massima del 51,7%, con gli effetti delle manovre correttive di luglio e di Ferragosto il raggiungimento del pareggio di bilancio farà impennare il carico fiscale sui contribuenti onesti sino a una ipotesi massima del 54,2%. Quasi 10 punti percentuali in più rispetto alla previsione di crescita della pressione fiscale ufficiale, che si dovrebbe attestare al 44,7%.

E Bortolussi non si fa sfuggire l’occasione di bacchettare l’Esecutivo: “Peccato che il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013 lo otterremo grazie a un fortissimo aumento delle entrate che farà crescere le il peso fiscale, per coloro che le pagano, a un livello record mai raggiunto in passato. Infatti, oltre il 67% della sommatoria delle manovre di luglio e di Ferragosto sarà costituita da nuove entrate, per un importo complessivo poco superiore ai 98 miliardi di euro, di cui 95,9 di entrate tributarie“.

E’ il canone Rai la tassa più odiata dagli italiani

Gli italiani e le tasse. A poche ore dall’approvazione della manovra finanziaria da parte della Camera, incentrata su nuove entrate fiscali, prima fra tutte l’aumento dell’Iva al 21%, un sondaggio dell’Ifel, il centro studi dell’Anci, ha stilato la classifica delle tasse più odiate dagli italiani.

Al primo posto troviamo il canone Rai, tassa osteggiata dal 45,5% degli intervistati, seguita dal Bollo Auto che si aggiudicata il 14,2% di insofferenze da parte degli italiani. Al terzo posto si classifica la tanto discussa imposta sul valore aggiunto, l’Iva, con un 9,1%.

Le tasse non sono uguali per tutti, è il caso di dire. Un dato però accomuna tutti i contribuenti italiani: il 70% considera l’evasione fiscale un cancro che divora il nostro Paese, anche se l’80,3% lo ritiene frutto del nostro sistema fiscale squilibrato. Da Nord a Sud l’evasione fiscale è considerata la vera mela marcia del nostro sistema, anche se è nel nord est produttivo e insofferente alla burocrazia, si registrano le percentuali più elevate: il 68,8% contro il 29,3% di Siciliani e Sardi, che vedono le tasse come un’imposizione vessatoria.

Assolta invece l’Ici, l’imposta comunale sugli immobili. Nel 2006, alla vigilia delle elezioni politiche, fu proprio Berlusconi a lanciare la sfida a Prodi con la proposta di abolizione dell‘Ici sulla prima casa. Col senno di poi, i dati raccolti dall’Ifel evidenziano invece che l’insofferenza degli italiani verso l’imposta comunale sugli immobili è solo del 6,5%.

Un altro dato sorprendente riguarda la fiducia che il 26,8% degli intervistati ripone nel Comune, considerato l’ente con la miglior efficienza di spesa dei soldi pubblici, quasi il doppio rispetto alla Regione, che raccogli solo il 14,6% dell’approvazione da parte degli italiani, e al terzo posto l’ Unione Europea , con il 6,7%.

Largo al Federalismo Municipale quindi? I dati non lo confermano così nettamente: il federalismo fiscale si colloca infatti solo al quinto posto con il 14,5% nella classifica delle riforme strutturali necessarie secondo il cittadino italiano. Più urgenti appaiono infatti per gli intervistati la riforma del mercato del lavoro, con il 43,9%, quella del sistema fiscale, con il 42,7% e la ridistribuzione dei costi della politica 35,7%. Peccato però, che la finanziaria appena approvata dal parlamento non abbia nemmeno sfiorato le tre questioni.

A.C.