“Riforma degli ordini? C’è una scarsa volontà politica”

di Davide PASSONI

Riccardo Alemanno è presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi dal 1997. Cinquantatrè anni, di origine genovese, vive e lavora ad Acqui Terme ed è nel settore delle associazioni fin dal 1985, in quanto ex segretario nazionale dell’associazione unica dei tributaristi. Una persona con le idee chiare, senza peli sulla lingua, che mette la difesa della propria associazione come priorità, con una grande coerenza e lucidità di pensiero. Infoiva lo ha incontrato, per fare il punto con lui sulla riforma degli ordini professionali, sulla Finanziaria e sui tanti nodi che intrappolano oggi il sistema delle professioni in Italia.

Qual è il suo punto di vista sulla questione della riforma degli ordini professionali?
Tanta confusione e scarsa volontà politica. Sin dalla prima indicazione, in uno dei tanti testi della manovra in cui si parlava di abolire l’esame di stato per alcune professioni ma non per altre, la cosa era talmente eclatante rispetto alla tradizione ordinistica italiana che nessuno vedeva l’applicabilità di una norma scritta in tal modo, anche in cuor mio speravo in un cambio di visione del sistema professionale italiano. Poi si è scritto di una supercommissione, poi naufragata, la quale elaborasse un testo che desse alcune indicazioni e valutazioni su ciascun ordine, dando contemporaneamente indicazioni di trasparenza agli utenti. Poi il nuovo (ultimo?) testo con tanti contenuti ma poca concretezza  se non l’obbligo della polizza di r.c. professionale da parte dei professionisti a tutela dei loro assistiti. E nel settore tributario, dove si lavora sempre sotto pressione per via delle scadenze ravvicinate, l’errore è sempre dietro l’angolo per ciò le associazioni come l’INT da sempre obbligano i propri iscritti alla sottoscrizione di un polizza assicurativa. Comunque nel settore delle professioni, mio avviso, si è persa un’occasione soprattutto a vantaggio dei giovani che nel settore professionale entrano troppo tardi nel mondo operativo.
 
Per non parlare dell’aspetto delle tariffe…
Appunto. C’è stato ancora una volta il balletto sulle tariffe, con Catricalà che ha mandato osservazioni al parlamento e al governo, in cui diceva di abrogare i minimi tariffari, gli ordini che difendono la validità: è il ripetersi di uno scenario già visto alcuni anni fa, con spunti che sono tornati di una attualità agghiacciante.
 
E quindi, dov’è il vero nodo?
Il punto vero è che anche gli ordini professionali hanno un problema, collegato in gran parte alle casse previdenziali: liberalizzare certe attività creerebbe una minore iscrizione alle casse, salvo far rientrare nella loro gestione alcuni di coloro che attualmente afferiscono alla gestione separata. Peraltro è curioso che in tutto questo sistema di cose dette e scritte ma non applicate, l’Ue nelle raccomandazioni fatte a giugno per i Paesi dell’area euro indicasse tra gli interventi da fare anche quello della liberalizzazione nel settore delle professioni. Ho quindi pensato che certe cose scritte in manovra fossero state inserite dietro questo input, ma evidentemente, visti gli ultimi sviluppi, non è stato così. Abbiamo perso solo tempo ed energia da mesi a questa parte: si redige un testo, qualcuno protesta e il testo si cambia; protesta qualcun altro e si cambia ancora: non so se questo sistema paga in credibilità, penso di no.
 
Che cosa chiedete dunque alle istituzioni?
Da tempo si chiede un riconoscimento da parte del governo nazionale delle associazioni quali soggetti che rilascino un attestato di competenza riconosciuto a livello europeo, secondo direttive europee di storica memoria (dir. Ue 92/51) o quanto meno l’applicazione  della cosiddetta “direttiva qualifiche”, recepita con decreto ma mai resa operativa, anzi, per le associazioni sembrano una chimera i tavoli di confronto europei: paradossale. Abbiamo alcune associazioni già inserite nell’elenco della direttiva qualifiche con le stesse caratteristiche della nostra, mentre la posizione della nostra è ancora in stand by. Chiederemo al nuovo ministro della Giustizia come mai il decreto che ci riguarda non venga emanato, nonostante abbia avuto tutti gli ok del caso.
 
Qual è oggi il limite del sistema ordinistico italiano?
Negli ultimi 25-30 anni il fatto che esistano delle associazioni che raggruppano, coordinano, aggiornano e danno regole ha creato una sorta di “categoria nella categoria” e questo può dare più fastidio perché non si compete solo singolarmente ma anche come organizzazioni di rappresentanza. Vedo una incapacità di fare sistema. Al di là del fatto che le associazioni sono diventate interlocutori delle istituzioni e le battaglie intraprese non sono per la difesa di interessi di parte a danno di altri ma per difendere il lavoro dei propri iscritti. Chiediamo solo di poter lavorare in modo sereno, con i riconoscimenti avuti, i contratti che abbiamo firmato e negli ambiti che quotidianamente presidiamo. I professionisti delle associazioni, tra cui i tributaristi, sono quelli nelle cui strutture c’è il contradditorio più aperto. Difendiamo i singoli interessi se questo significa difendere il nostro lavoro, ma siamo sempre disponibili a dare una mano al miglioramento del Paese in quanto coinvolti in diversi tavoli istituzionali.
 
E la politica che cosa risponde?
Vedo situazioni lobbistiche molto forti. Sono rimasto amareggiato da alcuni parlamentari che vengono da attività professionali, i quali hanno minacciato di non votare la manovra senza lo stralcio della norma sulle professioni: arrivare a dire “non voto la manovra” perché un’ala minoritaria del Paese non ne condivide una parte non mi sembra un buon segnale. 
 
Capitolo Finanziaria…
Guardi, stiamo organizzando per ottobre il consiglio nazionale a Roma e ai vari consiglieri dico: cominciamo a leggere quanto riportato nella manovra solo quando sarà definitivamente approvata, perché sennò perdiamo solo tempo. Abbiamo assistito a un teatrino che non fa bene a nessuno: quando si chiedono dei sacrifici, non saranno mai bene accetti del tutto, ma lo saranno di più se ho fiducia in chi me li impone; mi pare che il sistema globale della politica faccia di tutto per perdere la fiducia dei cittadini. Ho visto tante finanziarie, ma una come quest’anno non mi era mai capitata. 
 
Non è l’unico a dirlo…
Tempo fa chiedemmo al legislatore, con una iniziativa: no alla retroattività delle norme tributarie, sì alla semplificazione. Oggi lo slogan deve essere: serietà e buon senso. Si devono lasciare da parte gli indugi e intervenire in modo serio e preciso sulla spesa pubblica, non solo sui costi della politica. Pensi che almeno il 50% delle società partecipate dal pubblico è in perdita o producono utili risibili e non si fa nulla: vorrei sapere quanto sono costate ad oggi, per esempio, tutte le società collegate al progetto del ponte sullo Stretto. Si parla, giustamente, di lotta all’evasione e si torna a fare grosso modo quello che fece il ministro Visco, i cui provvedimenti erano stati abrogati dall’attuale maggioranza.  Vogliamo parlare poi della tracciabilità dei pagamenti? Bene, si dovrebbe contestualmente incentivare l’utilizzo della moneta elettronica per favorirla: allora facciamo in modo che il suo costo di gestione sia meno pesante di quanto sia oggi, altrimenti pochi la useranno soprattutto nelle spese della quotidianità. Si tratta solo di un esempio per dire che non fare retromarcia aiuta a migliorare in credibilità; del tira e molla siamo tutti scontenti.
 
Se dovessimo parlare di tutti gli aspetti della manovra, non ne usciremmo più. Limitiamoci alle pensioni…
Non capisco, ferma restando una differente modalità pensionistica per i lavori usuranti, perché tanta polemica sull’innalzamento a 65/67 anni dell’età pensionabile: si stanno pagando pensioni per un numero superiore rispetto a quello derivante dai calcoli degli Anni ’60 e ’70, non supportate da contributi adeguati perché non si era tenuto conto in modo corretto di parametri come l’innalzamento dell’aspettativa di vita. Il messaggio è: pensiamo in modo meno egoistico e prepariamo per le nuove generazioni un sistema più solidale, perché questo non può reggere. Ci troveremo un giorno a dover alzare in un colpo solo a 70 anni l’età della pensione: sul non toccare i diritti acquisiti sono d’accordo, ma il futuro va programmato in modo diverso. Fortunatamente nell’ultimo testo della manovra si è messa mano all’età pensionabile anche se solo per il mondo femminile, ma si deve fare di più, non solo per l’Europa ma per i nostri giovani.

Avvocati, l’Organismo unitario dell’Avvocatura boccia la Manovra

Un altro attacco dalle professioni alla manovra economica. Questa volta tocca presidente dell’Organismo unitario dell’Avvocatura, Maurizio de Tilla, che boccia l’ultima versione della Finanziaria: “Grave e vergognoso – afferma – che nella manovra economica sia stata inserita una norma che prevede il pagamento raddoppiato del contributo unificato per i cittadini che non intendono avvalersi nell’ambito della loro libertà della media-conciliazione nella giustizia civile“.

De Tilla conferma infine “le critiche relative all’attacco contro le libere professioni con l’inserimento della riforma professionale nell’articolo 3, nonché la contestazione degli altri provvedimenti relativi alla giustizia: eliminazione dei tribunali minori, aumento del contributo unificato, nonché la previsione di sanzioni disciplinari per avvocati e magistrati impossibilitati a rispettare il calendario dei processi”.

L’Iva al 21% preoccupa il mondo dell’auto


Non si spengono le polemiche e le perplessità suscitate dalla nuova manovra finanziaria. Questa volta a levare la propria voce di protesta è il settore dell’auto, preoccupato per i possibili contraccolpi che la decisione delle ultime ore di alzare l’aliquota ordinaria Iva al 21%.

Questa mattina il presidente di Federauto, l’associazione che raggruppa i concessionari ufficiali di tutti i marchi automobilistici commercializzati in Italia, Filippo Pavan Bernacchi auspicava “che non si percorressero le strade più facili come aumentare l’IVA, perché si metterebbe mano nelle tasche dei cittadini e si comprimerebbero i consumi, specialmente su beni costosi come immobili e autoveicoli. L’invito al Governo del presidente era a chiudersi in conclave, insieme alle parti sociali più significative, all’opposizione e ai maggiori attori coinvolti e di uscire con una manovra il più possibile condivisa ma, soprattutto: definita e definitiva. Se ci troviamo in queste condizioni di mancata crescita del PIL, mancata ripresa, debacle occupazionale, mancati introiti fiscali – precisava la nota di Federauto – è anche perché nessuno ha ancora voluto affrontare il rilancio del comparto della mobilità che in Italia fattura il 12% del PIL e interessa, nella sua globalità allargata, 1.600.000 lavoratori. Con impatti trasversali su circolazione, sicurezza e ambiente“.

Pavan ha inoltre avanzato alcune proposte per ripartire lo sforzo che in questo momento si rende necessario per la ripresa economica: l’eliminazione del doppio costo della Motorizzazione e del PRA e la cancellazione dell’aumento dell‘Imposta Provinciale di Trascrizione (IPT), che si ripercuote sempre sui cittadini per alimentare enti a suo parere inutili, ma è anche il parere di molti italiani, quali le Province.

Conclude la nota diramata stamani: “Si invita il Governo ad adottare quanto condiviso con gli attori dell’auto nell’apposito tavolo, perché aumentare questa imposta fino all’80% sarebbe profondamente ingiusto, soprattutto per i ceti più deboli che acquistano utilitarie“.

Alessia Casiraghi

CONTROCANTO – Manovra, aumentano l’IVA e la confusione

di Davide PASSONI

E alla fine arrivò. O almeno, dovrebbe essere arrivato. Parliamo dell’aumento di un punto percentuale dell’IVA (dal 20 al 21%) tra le voci che compongono una manovra finanziaria sempre più isterica, sulla quale sarà alla fine posta la fiducia. Il condizionale è d’obbligo, date le retromarce, le discese ardite e le risalite che il governo opera quotidianamente su un testo che cambia minuto dopo minuto. Ne parliamo giusto perché il nostro quotidiano si chiama Infoiva, altrimenti non avrebbe senso stare dietro alle continue modifiche di questa manovra proteiforme; meglio sarebbe commentare il testo una volta licenziato come legge dello Stato.

Ma tant’è. E allora, giusto per completezza d’informazione, ecco le altre novità dell’ultima (o penultima?) ora: abolizione delle Province (per chi ancora crede a Babbo Natale), prelievo del 3% sui redditi alti, a partire dai 300mila euro (non più 90mila secondo la versione ferragostana), ossia il cosiddetto “contributo di solidarietà“; stretta sulla pensione delle donne, con adeguamento dell’età pensionabile di chi opera nel settore privato a quello pubblico dal 2014.

Il tutto con la Merkel che, per la prima volta, ci ha scaricato paragonandoci apertamente ai derelitti greci (potere dell’ennesima stangata elettorale presa in patria); con le agenzie di rating mondiali che caricano l’artiglieria pesante contro l’Italia; con Napolitano (sant’uomo…) che non sa più con che parole invocare responsabilità e coesione; con la stampa internazionale che da giorni demolisce l’immagine della nostra classe politica.

Il tutto nel giorno in cui la Cgil ha scioperato contro la manovra, tuonando contro le misure contenute nell’articolo 8, che prevedono contratti aziendali in deroga a quelli nazionali e alle leggi in materia di licenziamento, intaccando il totem dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. “Irresponsabile”, secondo il segretario nazionale del sindacato Susanna Camusso, la manovra; irresponsabile, secondo molti, lo sciopero in un momento così delicato. Punti di vista. Mentre il baratro si avvicina e corrervi incontro in ordine sparso serve solo a dimenticare che nessuno ha un paracadute.

Addio Ice: come tutelare l’Export?

Una delle decisioni controverse emerse dalla finanziaria è sicuramente lo smantellamento della
rete consolare italiana all’estero, ovvero dell’Ice (Istituto nazionale per il commercio con l’estero), ma l’associazione presieduta dall’ex viceministro al commercio estero, Adolfo Urso, si oppone perché a rischio c’è “uno dei suoi fiori all’occhiello, la diffusione, la riconoscibilità e l’apprezzamento dei suoi prodotti all’estero“.

Si tratta di una vera rivoluzione, dunque, che, come si legge sul magazine online dell’associazione FareItaliaMagnon può che risolversi in un danno per l’export“.

L’eliminazione dell Ice, dunque, qualora non fosse sostituita da un ente ugualmente efficace, rischierebbe di rendere vani gli sforzi fatti in quasi un secolo di lavoro, per promuovere i nostri prodotti all’estero.
Per questo, è stato proposto di creare un “ponte” che possa fare da tramite tra l’Ice e ciò che verrà, in modo da creare una società totalmente autonoma e in grado di mantenere l’export come punto saldo da cui ripartire.

La decisione di sopprimere l’Ice deriva dalla mancata riorganizzazione dell’istituzione che sostiene le piccole e medie imprese italiane che decidono di operare all’estero, anche solo per promuovere la propria attività. Tale organizzazione era stata resa necessaria con la riforma del Titolo V della Costituzione Italiana che ha “assegnato in via concorrenziale la promozione del commercio estero e degli scambi anche alle regioni“·

Le funzioni dell’Ice verranno ora espletate dal Ministero gli Affari Esteri e dello Sviluppo Economico, i quali però non possiedono una “autonomia funzionale e soprattutto finanziaria per poter facilmente assistere i soggetti a volte anche ditte individuali che cercano di esportare i loro prodotti e servizi“.

Solo un’Agenzia dedicata potrebbe risolvere questo problema, e sarebbe utile anche per difendere la reputazione della qualità di prodotti sempre tenuti in gran considerazione all’estero.

Non resta che attendere il responso del Senato e poi della Camera.

Vera Moretti

“Tariffe minime per contrastare l’evasione fiscale”

Il presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri Gianni Rolando alza la voce per commentare la segnalazione inviata al Governo e alle Camere dall’Antitrust in vista dei lavori parlamentari per la conversione della Manovra, nella quale si auspica l’eliminazione del riferimento legale alle tariffe: “Stabilire delle tariffe minime inderogabili e dare il compito agli ordini professionali di riscuoterle per poi pagare i professionisti. In questo modo si darebbe una spallata definitiva all’evasione fiscale dei professionisti“, ha dichiarato a LABITALIA.

Sicuramente la mia è una proposta provocatoria però avrebbe la sua efficacia, anche se nella nostra categoria non si contano molti casi di evasione fiscale. La liberalizzazioni delle professioni rappresenta una grande opportunità per mettere mano a una questione complessa troppo spesso rimandata e per riscrivere i fondamenti di un nuovo modo di concepire la professione“.

Rolando concorda poi con l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato nella volontà di “ridurre la durata del tirocinio. Anche se questo non è un problema che tocca la nostra categoria: per gli ingegneri non esiste tirocinio, il tasso di successo all’esame di stato è dell’89%, gli iscritti all’albo sono 228 mila, con un aumento del 65% in dieci anni e meno del 10% di loro svolge la professione perché ‘ereditata’ dai genitori“.

In generale ritieniamo corretto che il tirocinio duri il meno tempo possibile, per aiutare veramente le giovani generazioni ad entrare nel mercato del lavoro. Si tratta comunque – ha concluso Rolando di uno strumento necessario perchè serve per preparare al mondo del lavoro i giovani che, magari anche se a livello tecnico hanno acquisito tutte le competenze necessarie, a livello pratico hanno ben poca esperienza“.

Federpneus: serve azione del governo per combattere l’evasione Iva

Federpneus, Associazione Italiana Rivenditori Specialisti di Pneumatici chiede al Governo che venga estesa anche al settore dei pneumatici lo speciale regime previsto dall’art 60 bis della normativa sull’IVA (dpr 633/72) e dai decreti ministeriali attuativi che per le automobili, i motocicli, i prodotti di telefonia, i personal computer ed altri prodotti prevedono, in caso di evasione IVA da parte del venditore, la responsabilità solidale del compratore, che può quindi essere chiamato a versare l’IVA eventualmente non versata dal venditore.

Tale manovra secondo l’associazione i categoria impedirebbe la concorrenza sleale. La situazione odierna non solo arreca un danno all’erario, ma penalizza anche fortemente gli operatori onesti che subiscono la concorrenza sleale di operatori che agiscono evadendo l’IVA ed hanno quindi la possibilità di praticare prezzi inferiori del 20%.

L’accoglimento di tale proposta è rimesso a valutazioni di carattere politico” e rilevando inoltre che ”per attuare tale misura antifrode è necessario, da parte della competente Agenzia delle Entrate una preliminare verifica sulla reale diffusione dei fenomeni evasivi nel settore delle cessioni dei pneumatici che giustifichi il richiesto intervento normativo”. Da questa risposta – precisa Federpneus – ”sono trascorsi ormai quasi nove mesi, senza che alcun provvedimento sia stato adottato”.

L’associaizione auspica un intervento propositivo da parte del governo che sani la situazione attuale.

Sostegno alla “contrattazione di prossimità”: la Cgil non ci sta

Il “sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità” è prevista dall’articolo 8 della nuova manovra anti crisi. Di cosa si tratta?  “I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda possono realizzare specifiche intese finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività”.

Le specifiche intese “possono riguardare la regolazionedelle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione incluse quelle relative: agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie; alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale; ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro; alla disciplina dell’orario di lavoro; alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite Iva, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio“.

La manovra ha trovato l’appoggio di Confindustria e Cisl e Uil mentre non ci sta Cgil che giudica ingerente e inefficace la manovra che non rispetterebbe le autonomie delle parti. ”Appare unicamente una norma retroattiva in ragione di una singola azienda: la Fiat. Ma è un abitudine per un Governo che fa legge ‘ad personam’“.

Manovra economica: il contributo di solidarietà non convince Confcooperative

La scelta del governo di mettere mano ai costi del sistema istiuzionale è corretta da Luigi Marino presidente di Confcooperative e portavoce dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, in rappresentanza dei presidenti Rosario Altieri di Agci e Guliano Poletti di Legacoop, sulla manovra straordinaria da 45,5 miliardi varata dal Consiglio dei Ministri.

Per recuperare economicamente occorre rivedere le spese della politica e ridurre gli sprechi il più possibile per poter reinvestire le risorse recuperate.

Relativamente alla manovra straordinaria da 45,5 miliardi approvata dal Consiglio dei Ministri del 12 agosto si aggiunge: “Il cosiddetto contributo di solidarietà – aggiunge la nota – è una misura che rischia di alimentare il differenziale nel prelievo tra chi ha redditi alla luce del sole e chi ridimensiona il proprio imponibile attraverso l’evasione. In una situazione straordinaria, come questa, occorre ricercare una soluzione che allarghi la platea di chi deve sostenere il paese”.

“Avremmo auspicato – dice Marino – un intervento più strutturale sugli assetti previdenziali. Purtroppo ciò che non è stato fatto oggi dovremo, probabilmente, farlo domani. Conosceremo solo alla prova dei fatti l’efficacia delle diverse misure mirate a rilanciare la crescita. Ora – conclude il comunicato – sono decisivi tre passaggi: cercare miglioramenti rafforzativi in Parlamento; dare coerenza e concretezza all’attuazione, coordinare in una visione lucida i diversi interventi anticrisi già adottati con lungimiranza. Confidiamo che rimanga unito il tavolo delle organizzazioni datoriali per sostenere le iniziative del governo finalizzate alla crescita e al risanamento“.

Addio “ponti primaverili”. Turismo a rischio

Il recente annuncio del governo di voler cancellare i ponti del 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno spaventa le associazioni di categoria del settore turistico. “Siamo assolutamente consapevoli del momento di difficoltà dell’economia italiana – interviene il Presidente di Assoturismo Claudio Albonetti – proprio per questo, però, ci stiamo interrogando se l’abolizione dei ponti primaverili vada nella direzione giusta, infatti con questa manovra si acquisterebbero 3 giorni di produttività ma si perderebbero ben 12 giorni di lavoro per l’industria del turismo. Non stiamo parlando solo di albergatori, ma della ristorazione, del commercio, dell’agroalimentare cioè di tutta la filiera del turismo, filiera in cui sono ben presenti lavoratori come in tutti gli altri settori economici. Per questo ci chiediamo se non sia il caso di fare una riflessione e di rendersi conto che questa medicina potrebbe produrre più danni che benefici. Con la soppressione dei ponti primaverili, continua Albonetti, si farà un grave danno all’economia turistica e nazionale, se poi a tutto questo aggiungiamo la tassa di soggiorno, l’incubo Bolkestein e non si mette mano alla riduzione dell’IVA sul turismo, mettendo così le nostre imprese turistiche in grado di competere con la concorrenza estera, rischiamo di assestare al nostro turismo un colpo gravissimo. Chiediamo pertanto al Ministro del Turismo di intervenire energicamente per salvaguardare il settore, ivi incluse quelle imprese stagionali che in questo momento stanno vivendo un periodo estremamente critico“.

Più positivo il presidente di Asshotel, Filippo Donati che apprezza il fatto che le vacanze siano detraibili dal reddito secondo la nuova manovra finanziaria. Manca però spinta propositiva e un reale clima di serena crescita. Chissà se la manovra dal canto suo riuscirà a dare un influsso positivo al settore turistico. Noi lo speriamo vivamente.