Manovra, tra emendamenti approvati e bocciati fino ad ora

La manovra arriverà alla camera per l’approvazione finale il 28 dicembre 2021. Vediamo però quali sono gli emendamenti approvati.

Manovra, gli emendamenti approvati

Nella manovra, il Superbonus 110% è un difficile nodo da sciogliere. Il motivo è semplice, il testo sembra non rispecchiare a piano quanto discusso tra governo e maggioranza nei giorni scorsi. Comunque sia è ok sul togliere il vincolo del tetto Isee per le villette. Tetto massimo prima previsto per 25 mila euro, poi con ipotesi di innalzamento a 40mila, adesso definitivamente tolto.

Mentre confermato l’innalzamento del tetto massimo del bonus mobili a 10 mila euro. Mentre il superbonus sisma è stato prorogato fino al 2025. Ed ancora ci sarà la possibilità di pagare a 180 giorni le cartelle esattoriali notificate dall’Agenzia delle entrate, nel primo trimestre del 2022. Tuttavia è quindi mettersi in regola entro la fine del mese di settembre. Inoltre sono previsti anche fondi per la risoluzioni dei problemi alla persona come l’autismo e i disturbi alimentari. Infine per le aziende vi è la possibilità dello sgravio contributivo del 110% per i contratti di apprendistato.

Manovra, bonus per chi abbatte le barriere architettoniche

Previsto un bonus del 75% per chi abbatte le barriere architettoniche. Una novità importante che permette di rendere più agile la vita dei diversamente abili. Tra i lavori ammessi vi sono l’installazione di montacarichi, ascensori ed interventi di automazione degli impianti. Tuttavia sono comprese anche le spese di sostituzione e smantellamento del vecchio impianto.

Il bonus dovrebbe consistere in una detrazione in 5 anni con scaglioni differenti in base alla tipologia di edificio. In particolare 30 mila euro per gli appartamenti in edifici grandi (maggiori di 8 unità), 40 mila euro ad appartamento nei piccoli condomini e 50 mila euro per le villette. Infine le spese devono essere state sostenute dal 1 gennaio al 31 dicembre 2022.

Tutti gli spot che arriveranno con la nuova legge

Stop della tassa sui tavoli fino al 31 marzo per i locali che potranno appunto sfruttare lo spazio esterno dei locali come bar e ristoranti. Inoltre, una vittoria per gli animalisti. Infatti con la manovra scatta il divieto di allevamento, riproduzione in cattività e uccisione di visoni, volpi, procioni, cincillà e animali di qualsiasi specie utilizzati per ricavarne pelliccia. 

I lavori sulla manovra proseguiranno anche nelle giornate del 28, 29 e 30, Anche se rimane l’ipotesi di spingersi fino al 31 dicembre qualora ve ne fosse bisogno, anche perché sarebbe l’ultimo giorno utile per l’approvazione definitiva.

 

 

 

Ecobonus e investimenti pubblici: questo ed altro nella manovra

Nessun cambiamento per le agevolazioni fiscali da parte della manovra, almeno per il momento, mentre l’ecobonus subirà alcune novità, estesi a più tipologie, come lavori su giardini condominiali e balconi, oppure la rimozione dell’amianto dai tetti. Le aliquote saranno rimodulate e differenziate considerando l’impatto in termini di emissione e risparmio energetico.

Il governo ha deciso inoltre di dimezzare le stime degli incassi della voluntary-bis per il 2017, passando da 1,6 miliardi inizialmente previsti a 850 milioni indicati nel documento.
L’opposto accade per gli investimenti pubblici, aumentati del 6,2%, ovvero di 2,4 miliardi di euro. Questo verrà particolarmente apprezzato, poiché arriverà a rendere la crescita più robusta e duratura.
Se finora la spinta al Pil è arrivata in gran parte dai consumi e nell’ultimo periodo anche dalla scommessa sugli investimenti privati di Industria 4.0, è sul lato pubblico che i numeri restano ancora negativi.

Nel primo trimestre, infatti, gli investimenti delle amministrazioni pubbliche sono diminuiti del 3,8%, ma l’obiettivo rimane quello di chiudere a +0,4%, per poi arrivare al 2018 con una crescita del 6,2%.

In questo modo, gli investimenti e i contributi in conto capitale nel 2018 aumenteranno di 2,4 miliardi di euro, lo 0,14% del Pil.
Le risorse per gli investimenti pubblici sono destinate ad aumentare a partire dal 2018 ma soprattutto nel biennio 2019-2020, per rendere le infrastrutture italiane ancora più moderne, efficienti e sostenibili ma anche per potenziare le attività di ricerca e sviluppo.

In attesa che ciò si compia, la Commissione europea ha inviato una certificazione dei miglioramenti, poiché, come ha commentato il vicepresidente Valdis DombrovkisL’Italia ci ha notificato i cambiamenti del Def, l’aggiornamento delle previsioni che vedono una migliore crescita e migliori dati sull’occupazione, un aggiustamento di bilancio di 0,3% che corrisponde a un deficit nominale di 1,6%”.

Vera MORETTI

La Regione Lazio taglia i fondi destinati ai confidi: da 30 a 10 milioni nel prossimo triennio

Un forte taglio alle risorse destinate ai confidi è stato approvato lo scorso 28 giugno dalla Regione Lazio nella manovra di assestamento di bilancio 2012. Con l’approvazione della manovra, la Giunta stabilisce una linea che non tiene conto degli indirizzi frutto delle decisioni del Consiglio Regionale: in particolare, nel corso di una seduta straordinaria sull’emergenza crisi, convocata dal Consiglio stesso lo scorso 18 aprile, tra gli strumenti di sostegno al sistema economico e produttivo locale era stata individuata proprio la patrimonializzazione dei confidi.

Le associazioni delle imprese, poco prima della manovra di assestamento, hanno tentato di sensibilizzare l’ente regionale sulla necessità di sostenere il sistema dei confidi che, nel territorio del Lazio, associa circa 40.000 imprese. CNA, ACAI, Coldiretti, Confartigianato, Confesercenti, Confindustria, Federlazio, Legacoop e Confcommercio hanno siglato una comunicazione congiunta rivolta alla Presidenza della Regione sottolineando come i confidi, grazie alla presenza capillare sul territorio e alla prossimità con le imprese, svolgano una funzione non solo di sostegno economico, ma costituiscano uno strumento di leva per l’occupazione e di ammortizzatore sociale che nessun altro ente di garanzia riesce ad offrire.  L’istanza presentata dalle associazioni è stata accolta da diversi consiglieri: IDV, PD, API e UDC hanno presentato un emendamento per destinare, in sede di assestamento del bilancio, 30 milioni ai confidi nel triennio 2012/14.

A nulla è valso lo sforzo compiuto: le imprese non sono state ascoltate. Le risorse stanziate per il triennio, infatti, ammontano a 10 milioni; di questi solo 2 saranno impegnati nel 2012, 4 nei successivi due anni- nonostante il tentativo dei firmatari dell’emendamento di anticipare per l’anno in corso, vista l’emergenza credito, il contributo annuale di 4 milioni. Il sistema dei confidi, e con esso il comparto dell’artigianato e della piccola e media impresa, rischia di soccombere alla crisi senza il sostegno pubblico. E sostenere i confidi significa perseguire il bene pubblico: gli enti di garanzia fidi sono, infatti, enti senza scopo di lucro che operano per lo sviluppo del sistema produttivo locale, dell’occupazione e, in generale, del benessere sociale.

Mario Guidi: agricoltura può crescere se l’Italia funziona

“Il cambiamento imposto dalla Manovra messa in campo dal Governo Monti riguarda tutto il Paese e in questo contesto dobbiamo ragionare. L’agricoltura può crescere se l’Italia funziona”. Così il presidente di Confagricoltura Mario Guidi ha detto alla platea dei direttori provinciali e regionali dell’organizzazione, che a Torino partecipavano al meeting sul tema “Innovare per competere”.

“Come imprenditori agricoli è giusto concentrarsi sulle criticità del settore, – ha proseguito Guidi – ma non dobbiamo limitarci a questo. Le nostre strategie devono abbracciare i cambiamenti che la Manovra ha innescato in ambito economico e sociale. Gli imprenditori devono saper governare questo processo e non subirlo: lo possono fare attraverso un percorso che crei valore per le aziende”. “E’ necessario riattivarsi mettendo da parte le reticenze per creare nel cambiamento una nuova realtà – ha sottolineato il presidente di Confagricoltura -. L’obiettivo è connettere ciò che è disperso per dare il nostro contributo alla crescita dell’economia e del lavoro nel Paese”.

Fonte: agenparl.it

Ici: cosa cambierà?

La manovra appena presentata dal Governo Monti per sanare i conti pubblici prevede, come tutti ormai sanno, anche l’aumento dell’Ici. In particolare, si ritornerà a pagare la tassa sulla prima casa, con una rivalutazione delle rendite catastali.

Cosa comporterà questo, in concreto? Si assisterà ad un‘eliminazione di agevolazioni a favore di beni primari, come è la prima casa, inoltre verrà aumentata la base imponibile attraverso la rivalutazione delle rendite e sarà introdotta una tassa patrimoniale.

Considerando come sarebbe stata accolta questa notizia, Mario Monti ha promesso che parte di questi soldi serviranno per diminuire le tasse ai lavoratori, pertanto prenderà con una mano e restituirà con l’altra.
Ad essere colpiti, infatti, saranno tutti, e non solo i “ricchi”, dal momento che essere proprietario di una casa non significa necessariamente essere benestante, anche perché, nella maggior parte dei casi, non si tratta di regge ma di normali appartamenti sui quali pende un mutuo pluridecennale.

Sembra però che la reintroduzione dell’Ici non sarà uguale per tutti ma terrà conto di elementi personali quali il reddito, il numero dei componenti della famiglia, la presenza di disabili e anziani.

La rivalutazione delle rendite dovrebbe attuarsi mediante l’aumento dell’attuale aliquota di rivalutazione che passerà dal 5% al 15 o 20%.

La patrimoniale dovrebbe essere attuata sempre attraverso l’Ici che aumenterà in relazione al valore patrimoniale dei beni posseduti. Chi ha un patrimonio immobiliare consistente contribuirà quindi maggiormente attraverso una tassazione più pesante.

Vera Moretti

Articolo 8: è scontro in Parlamento

C’è aria di tempesta in Parlamento dopo l’approvazione dell’articolo 8 della manovra finanziaria che prevede la possibilità di derogare con i contratti aziendali e territoriali ai contratti nazionali e alla legge.

In materia di licenziamento, eccezion fatta per quello discriminatorio, per gravidanza o matrimonio, le modifiche apportate dalla maggioranza in commissione Bilancio al Senato all’articolo 8 del decreto, prevedono la possibilità di licenziare anche tramite un accordo a livello aziendale o territoriale, raggiunto a maggioranza dai sindacati più rappresentativi.
In contrapposizione con quanto previsto dall‘articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e in particolare la legge 300 del 1970 che impone, per le aziende sopra i 15 dipendenti, il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo.

Dura la replica di parlamentari e sindacati: per la Cgil si tratta di una manovra che viola la Costituzione, e la sua leader, Susanna Camusso passa all’attacco: ”il governo autoritario annulla il contratto collettivo nazionale di lavoro e cancella lo Statuto dei lavoratori, e non solo l’articolo 18, in violazione dell’articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama”.

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, tiene a sottolineare, in risposta alle parole della Camusso, che ‘‘è inequivoco che tali interventi non possono modificare le norme di rango superiore come i fondamentali principi costituzionale o di carattere comunitario e internazionale’ e che quindi ”non ha senso parlare di libertà di licenziare o usare altre semplificazioni che non corrispondono, neppure lontanamente, alla oggettività della norma”.

Il confronto sull’articolo 8 del decreto in discussione in Parlamento non può trasformarsi in uno scontro continuo tra diverse concezioni sul sistema di relazioni sindacali necessario al nostro Paese“, è la nota di intervento del direttore generale di Confcommercio, Francesco Rivolta.

Cisl e Uil evidenziano infine l’importanza di una precisazione, ossia che solo i sindacati comparativamente più rappresentativi possono siglare intese a livello aziendale, come stabilito nell’accordo interconfederale, unitario, del 28 giugno scorso, evitando la costituzione di sindacati di ”comodo”.

Alessia Casiraghi

Manovra, i Giovani imprenditori di Confcommercio plaudono all’emendamento Meloni

Esprimiamo grande soddisfazione per l’approvazione da parte del governo dell’emendamento del ministro Meloni – a cui siamo grati per non aver mai smesso di insistere e lottare per il raggiungimento di questo risultato per il quale le facciamo i nostri complimenti – grazie al quale i giovani potranno usufruire di un regime fiscale super agevolato per creare una nuova impresa o avviare una nuova attività“: questo il commento del presidente dei Giovani Imprenditori di Confcommercio, Paolo Galimberti, all’emendamento del ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, che introduce un regime fiscale agevolato per l’avvio di nuove imprese da parte dei giovani e che è stato accolto dalla maggioranza e dal Governo.

Il regime forfettario del 5% previsto per gli under 35 – continua Galimbertiè certamente un segnale concreto per stimolare lo spirito imprenditoriale dei giovani, ma soprattutto potrà consentire al Paese, attraverso la nascita di nuove imprese, una ripresa economica più veloce e più robusta che, in un momento di crisi come questo, è più che mai necessaria“.

Del resto – ha concluso il presidente dei Giovani Imprenditoriquella di rendere più agevole lo start up d’impresa era una misura che chiedevamo da tempo e sulla quale abbiamo anche avuto l’opportunità di confrontarci con lo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi“.

Orari di apertura dei negozi: sì alle liberalizzazioni

C’è forte perplessità sulla nuova manovra che prevede la liberalizzazione degli orari dei negozi. Quel che è certo che ormai si farà. La liberalizzazione di orari ed aperture dei negozi nei centri turistici fanno pensare ad una scelta a favore del turismo però le critiche sollevate illuminano sui possibili rischi. Si tratterebbe infatti di una manovra che andrà ad incentivare solo  la grande distribuzione danneggiando i piccoli negozianti.

I sostegni di cui il turismo necessita sono infatti ben altri, poichè le norme ci sono, sono esaustive e non va dimenticato che le Regioni in materia di orari hanno già completa e diretta competenza. Anche la Confesercenti teme che si tratti di una liberalizzazione che andrà a favorire i grandi supermarket, mentre metterà in ginocchio il piccolo commercio nelle realtà urbane che ha bisogno di essere protette e sostenuto con misure differenti.