Sisma 2016: le imprese ancora non si sono riprese

Esattamente un anno fa il Centro Italia, nelle regioni di Marche, Lazio, Abruzzo e Umbria, è stato colpito da un grave sisma che ha causato vittime e danni ancora molto tangibili.
I piccoli Comuni interessati dal terremoto sono 140, e, a distanza di un anno, i piccoli imprenditori che operano nella zona non sono riusciti a tornare alla normalità, con tutti i disagi che ciò comporta.

Facendo un po’ di numeri, Confartigianato segnala che nel terremoto sono state coinvolte 15.841 imprese artigiane con 38.991 addetti, che rappresentano il 25% del totale delle aziende operanti nei territori del Cratere. Il 37,6% delle imprese artigiane nei territori interessati dagli eventi sismici opera nel settore delle costruzioni, il 24,8% nei servizi alle persone, il 24,4% nel manifatturiero e l’11,3% nei servizi alle imprese.

A pagarne le spese più care sono sicuramente le imprese che si trovano nelle zone di Marche e Umbria, regioni che negli ultimi quattro trimestri presentano la peggiore tendenza dell’occupazione, con cali rispettivamente dello 0,7% e dell’1,5%, a fronte di un +1,4% della media nazionale.

Nonostante il supporto ricevuto dal Governo, le criticità permangono, rendendo difficile, se non in alcuni casi impossibile, la ricostruzione e la conseguente ripresa delle attività economiche, e spesso il colpevole principale è la burocrazia, che, al contrario, dovrebbe supportare chi cerca con sacrificio di rialzare la testa: troppe norme e troppo complesse, eccessiva frammentazione delle competenze tra gli Enti e le istituzioni coinvolti nella ricostruzione, eccesso di rigidità nella gestione degli appalti.

Per questo motivo, Confartigianato Marche ha sollecitato alla Regione il coinvolgimento di imprese locali specializzate per affiancare il Genio Civile nell’opera di rimozione e smaltimento delle macerie. Da parte sua, Confartigianato Macerata ha già costituito una rete di 300 imprese di edilizia e impianti pronte a lavorare per la ricostruzione.

Vera MORETTI

Bando per le pmi marchigiane

Le imprese del commercio marchigiane sono al centro di un bando appena pubblicato dalla regione, rivolto, appunto, alle pmi attive in questo settore e a chi svolge attività di pubblico esercizio.

Per poter accedere ai contributi previsti, relativi dunque alle piccole e medie imprese del commercio al dettaglio e della somministrazione di alimenti e bevande, specialmente se le attività sono nate dopo il 1 gennaio 2014 e titolari sono giovani under 35.

Sono previsti contributi in conto capitale pari al 15% delle spese, fino a un massimo di 80mila euro. I progetti devono essere portati a termine entro sei mesi dalla pubblicazione della graduatoria.

Giorgio Fiori, direttore di Confcommercio, ha presentato il bando 2015: “Il nuovo bando regionale per il commercio rappresenta evidentemente una eccellente opportunità che le imprese commerciali di Ascoli e del Piceno tutto non dovrebbero lasciarsi sfuggire poiché per crescere ed essere al passo con i tempi, in un mercato sempre più difficile, è necessario investire, pur se gli attuali tempi di crisi consiglierebbero tutt’altro“.

Le domande per poter beneficiare dei contributi possono essere presentate fino al 30 settembre.

Vera MORETTI

Imprese italiane fanno affari all’estero

Le imprese italiane sono sempre più propense a fare affari all’estero.
Complice la crisi, che ha reso stagnante il mercato interno, per sopravvivere spesso spingersi oltre i confini italiani può rappresentare una vera ancora di salvezza.

E questa mossa è anche avvantaggiata dall’euro, reso debole dalla situazione negativa, e quindi accessibile dalle monete estere.

Lo dimostrano i dati resi noti in occasione della presentazione del Position Paper “Accelerare sull’internazionalizzazione per uscire dalla crisi”, redatto ad Ancona nel corso della 23^ Convention delle Camere di Commercio Italiane all’Estero.

Ecco le parole di Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere: “L’Italia vanta oggi un esercito di 214mila imprese esportatrici, aumentate di oltre 2mila unità nell’ultimo anno anche grazie al sostegno del sistema camerale. Questi campioni del Made in Italy hanno puntato sulla qualità e sulla rappresentazione dei valori della nostra tradizione per affermarsi sui mercati mondiali anche grazie al prezioso impegno del Sistema delle Camere di commercio. Un’attività di supporto alle imprese che oggi è messa a rischio dai tagli imposti dal DL sulla Pubblica amministrazione della scorsa estate. E sulla quale incombono anche le ipotesi di una radicale ristrutturazione e revisione delle funzioni, contenute nel disegno di legge di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche, attualmente in discussione in Parlamento, con il rischio di compromettere il lavoro e il successo di decine di migliaia di imprese che hanno come riferimento principale le Camere di commercio italiane”.

Vera MORETTI

Imprese, saldo negativo ma in miglioramento

Il bilancio rimane negativo, ma sembra che le imprese italiane si stiano lentamente riprendendo.

La rilevazione trimestrale sulla nati-mortalità delle imprese di Movimprese, condotta per conto di Unioncamere da Infocamere, ha infatti reso noti i dati relativi al primo trimestre 2014.
Il saldo parla di 24.490 imprese in meno, ma, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quanto all’appello mancavano 31mila imprese, la situazione è senz’altro migliorata.

Ciò è dovuto al rallentamento delle cancellazioni, 10mila in meno rispetto al 2013, che ha ovviamente compensato il lieve calo delle iscrizioni.
Per questo, lo stock delle imprese esistenti a fine marzo si attesta a 6.012.366 unità, di cui 1.390.064 (il 23,1%) artigiane.

Dal punto di vista delle forme giuridiche, il contributo positivo più consistente al saldo è venuto dalle imprese costituite in forma di società di capitali (+9.387 unità nel trimestre, in lieve aumento rispetto al 2013). Saldo positivo (+557 unità) anche per le altre forme, che per la maggioranza sono costituite da imprese cooperative.

Tutte le regioni hanno presentato saldi negativi, ad eccezione del Lazio, stabile, ma le percentuali peggiori sono quelle di Friuli Venezia-Giulia (-1,17%), Marche (-0,81%) e Piemonte (-0,78%).

Tra i settori, saldi positivi si registrano unicamente nelle attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (+1.817 unità, per una crescita superiore all’1%), nell’assistenza sociale (+332) e nella fornitura di energia (+213).

Rispetto al trimestre 2013, pur continuando a far registrare un segno “meno” davanti al proprio saldo, i tre settori più numericamente più consistenti dell’economia evidenziano tutti un’inversione di tendenza, con perdite dello stock più contenute rispetto a dodici mesi fa: le costruzioni (-0,98% contro -1,40%), il commercio (- 0,45% contro -0,59%) e le attività manifatturiere (-0,65% contro -0,88%).

Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, ha commentato: “La riduzione delle chiusure è un segnale positivo, le imprese cominciano ad avvertire che il vento dell’economia sta cambiando e cercano di restare aggrappate al mercato per cogliere le opportunità di rilancio dei consumi. E’ evidente, però, che l’incertezza del quadro complessivo resta elevata e induce ancora tanti italiani a rimandare i loro progetti imprenditoriali. I provvedimenti economici in via di definizione devono sgombrare il campo da questa incertezza e restituire fiducia a chi vuole scommettere sull’impresa. Le riforme allo studio non solo devono essere fatte con urgenza, ma devono essere fatte bene e per durare. Agli imprenditori di oggi e di domani, più che gli incentivi, servono norme più stabili e più semplici. Solo così si torna ad avere fiducia e dunque a investire, a creare occupazione e a crescere”.

Vera MORETTI

600mila euro alle imprese maceratesi

La Camera di Commercio di Macerata, dopo l’approvazione del bilancio 2014, ha deciso di destinare 600mila euro alle imprese, con l’aggiunta di 100mila euro messi a disposizione dalla Provincia di Macerata.

Le quote versate dai due enti avranno un importante effetto moltiplicativo, poiché il 50% delle risorse che la Regione Marche destina per la facilitazione del credito viene distribuito sul territorio regionale in modo proporzionale a quanto versato dalle singole province.

Questa operazione permetterà, almeno in parte, di risolvere il problema dell’accesso al credito, che affligge le imprese e non permette loro di uscire dalla crisi.

Parallelamente alla difficoltà di ottenere finanziamenti dalle banche, si assiste anche all’abbassamento del valore delle garanzie che le imprese possono offrire al momento della richiesta del prestito, poiché anche il valore degli immobili sta subendo una riduzione sensibile.

Dal 2008 ad oggi il fondo di Garanzia ha agevolato quell’accesso al credito che in cinque anni è valso alle aziende maceratesi quasi 300 milioni di euro, di cui 148 ottenuti attraverso le garanzie dei confidi e quasi 100 milioni proprio con le garanzie del fondo regionale a cui, nel complesso, sono stati destinati dieci milioni di euro.

La scelta che arriva dalla Camera di Commercio vuole proseguire su una linea di sostegno al credito per le piccole imprese, nel tentativo di lenire gli effetti della crisi e, indirettamente, di salvaguardare il più possibile i posti di lavoro in un momento in cui il tasso di disoccupazione ha raggiunto in Provincia di Macerata un livello impressionante.

Nell’ambito dell’Assemblea Annuale dei Soci della Cooperativa di Garanzia Pierucci è prevista una tavola rotonda sul tema del rapporto tra Banche, confidi e imprese e di un possibile nuovo ruolo del prestito garantito.
Oggetto di discussione sarà il tema della garanzia, elemento indispensabile per l’accesso al credito da parte delle imprese e/o necessario ammortizzatore per le banche, oltre al quesito se il Confidi sia ancora lo strumento adeguato per il suo rilascio.

Vera MORETTI

Imprese: ancora in aumento i fallimenti

L’argomento crisi è sempre tristemente attuale, tanto da riflettersi ancora pesantemente sulle imprese, ancora costrette a chiudere le serrande in massa.

I dati, a questo proposito, parlano chiaro: nei primi tre mesi del 2014 ci sono stati più di 3.600 fallimenti, ovvero 40 al giorno, 2 all’ora, per un aumento del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
In salita anche le procedure di concordato, ora 577, pari a +34,7%.

L’ aumento riguarda sia le società di capitali (+22,6%), sia le società di persone (+23,5%) e le imprese individuali (+25%).
Le regioni che soffrono di più sono Abruzzo, Liguria, Puglia, Umbria e Marche.

In controtendenza sono, invece, le aperture di procedimenti fallimentari per le imprese costituite come consorzi o cooperative, che hanno mostrato un calo di circa il 2%.
Una procedura fallimentare su 4, aperta tra l’inizio di gennaio e la fine di marzo, ha riguardato aziende che operano nel commercio (+ 24% rispetto allo stesso periodo del 2013). In crescita anche i fallimenti nell’industria manifatturiera, un comparto in cui il fenomeno era in calo nel 2013: nel primo trimestre del 2014 si contano 763 fallimenti di imprese industriali, il 22,5% in più dell’anno precedente.
Allo stesso modo, anche l’edilizia ha fatto registrare un incremento rispetto al dato 2013: +20,1% corrispondenti a 771 nuove procedure avviate.

Considerando la situazione dal punto di vista geografico, l’aumento riguarda, più o meno, tutte le aree del Paese: in misura maggiore, rispetto alla media nazionale, nel Nord Ovest (+22,8%), nel Centro (+23,0%) e nel Mezzogiorno (+27,8%); sotto la media nel solo Nord-Est (+12,5).

La Lombardia è la regione con il maggior numero di procedure fallimentari aperte (808), seguita a distanza da Lazio (364) e Toscana (293).
Le uniche regioni in cui i fallimenti appaiono in diminuzione sono la Basilicata (-17,6%), il Molise (-9,1%) e la Calabria (-2,4%).

Vera MORETTI

Imprese al Sud più numerose di quelle del Nord

Anche se la crisi si è fatta sentire pesantemente in tutto lo Stivale, una buona notizia, che riguarda le imprese e il loro bilancio relativo al 2013, forse c’è.

A fronte delle 1.053 imprese sorte ogni giorno in Italia durante l’anno scorso, contro le 1.018 costrette, invece, a chiudere i battenti, è stato rilevato che la maggior parte di esse sono nate nelle regioni meridionali.

Unioncamere, a questo proposito, ha reso noto che nel 2013 il numero delle imprese nate ha superato il novero di quelle cessate, 384.483 contro 371.802, producendo un saldo positivo dello 0,2%, che comunque rimane il più basso dall’inizio della crisi.

Ciò che rimane evidente è la presenza sempre più massiccia di imprese al Sud, con buona pace del produttivo Nord-Est, da sempre locomotiva dell’economia e dell’industria italiane, ma ora in affanno.

Nel Mezzogiorno sono andate particolarmente bene le imprese che operano nel commercio, nell’alloggio e nella ristorazione, ma anche nei servizi per le imprese.
Male invece l’agricoltura , che ha visto ben 30mila imprese del settore chiudere definitivamente.

Guardando la situazione nel dettaglio, si capisce che la situazione non è certo rosea, poiché risale al 2010 un tasso di crescita delle imprese superiore all’1%, nonostante le tipologie di appartenenza presentino dati a volte completamente diversi.

Complessivamente la bilancia tra crescita e decrescita è equilibrata: esattamente il 50% delle regioni italiane ha un tasso di crescita positivo, mentre le restanti 10 ravvisano un trend negativo.
Quello che stupisce maggiormente però non sono tanto le percentuali, quanto i cambiamenti in atto nelle singole aree geografiche, e il caso del nord est è certamente il più eclatante.

In questo caso, i numeri sono eclatanti: nel territorio da sempre considerato il più fecondo, almeno nei confini nazionali, nel 2013 sono state chiuse 77.835 aziende, contro 70.000 nuove attività aperte, registrando il maggior tasso di decrescita del paese, -0,54%, in particolare in Veneto e Friuli Venezia Giulia, anche rispetto al 2012, dove ci si era attestati intorno allo -0,41%.

Passando alle singole regioni, la metà “in crescita” del paese non sembra più rispecchiare dunque la tradizionale dicotomia nord-sud. Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e il fanalino di coda la Valle d’Aosta, sono cresciute di meno rispetto a Sardegna, Abruzzo, Marche e Basilicata.
La Campania è al secondo posto, con un tasso di crescita che si avvicina all’1%, superando la Lombardia e persino il Trentino alto Adige, all’ottavo posto in classifica.

Le note positive che arrivano dal sud si odono inoltre ancora di più osservando la situazione dal punto di vista delle società di capitale.
Qui le prime otto posizioni sono occupate da regioni meridionali, prime fra tutte la Basilicata, il Molise e la Calabria; per incontrare la prima regione del nord bisogna scendere al dodicesimo posto con il Trentino Alto Adige, con un di tasso di crescita annuo equivalente alle metà di quello della Basilicata.

Secondo dati forniti dal rapporto della Banca d’Italia, a livello regionale il sistema degli interventi per l’innovazione si caratterizza per una estrema frammentazione delle iniziative.
Secondo i dati del Ministero dello sviluppo economico, nei vari governi che si sono alternati dal 2006 al 2011, oltre l’85 per cento delle misure economiche nel settore dell’innovazione si è concentrato al Centro-Nord, provocando un maggior ricorso ai Fondi strutturali europei da parte delle regioni meridionali.

Ciò che colpisce maggiormente è ancora una volta la coda della classifica. Sette su dieci delle ultime posizioni sono occupate da province del Nord Italia, e tra queste alcune di quelle storicamente più produttive, come Belluno, che ha visto nell’ultimo cinquantennio nascere l’industria dell’occhiale. Oppure come la roccaforte dell’industria romagnola di Forlì-Cesena é precipitata alla penultimo posto.

Vera MORETTI

La crisi fa colare a picco le imprese giovanili

Le imprese giovanili non se la passano bene, poichè la crisi economica le ha messe in ginocchio, nonostante l’entusiasmo che le anima.

I dati, infatti, parlano chiaro, e riguardano anche le regioni più dinamiche.
In Emilia Romagna, ad esempio, a fine 2013 le pmi giovanili erano 36.682, -4,8% rispetto all’anno precedente. All’appello, mancano dunque ben 1.857 imprese.

Le imprese non guidate da giovani se la passano meglio, anche se non bene, poiché sono diminuite dell’1%.

Considerando i dati a livello nazionale, a fine 2013 è emerso che le imprese giovanili hanno subito una contrazione meno ampia (-4,2) e sono risultate 578.947, l’11,2% del totale, come è stato confermato anche dai numeri emanati dal Registro delle imprese delle Camere di commercio di fonte InfoCamere, elaborati dal centro studi e ricerche di Unioncamere Emilia-Romagna.

Le imprese giovanili sono calate in tutta Italia, ma le flessioni più sostanziali sono state rilevate in Sardegna (-6%), Piemonte (-5,5) e Marche (-5,4).
È andata meglio in Trentino-Alto Adige (-0,7), nel Lazio (-1,4) e in Valle d’Aosta (-1,5).

La gran parte delle imprese giovanili è costituita da ditte individuali, tra le quali molte sono marginali, strette tra congiuntura negativa e indisponibilità del credito.
La riduzione delle imprese giovanili è principalmente da attribuire alla loro pesante flessione (-1.565 unità, -5,1%). La contrazione è stata però molto più intensa per le società di persone (-10,6%, pari a 410 unità). Sono diminuiti, anche se leggermente (-3,4%), anche cooperative e consorzi, mentre sono aumentate le società di capitale (136 unità, +3,7).

La contrazione del numero delle imprese giovanili è stata determinata soprattutto dal crollo delle costruzioni (-1.194 unità, -10,4%), dalle difficoltà delle attività manifatturiere (-7,9%, -243 unità) e dalla caduta delle imprese agricole (-170 unità, -7%).
L’ampiezza relativa della riduzione è stata molto evidente per le attività immobiliari (-11%). In controtendenza, crescono le imprese finanziarie e assicurative (+151 unità).

Vera MORETTI

Lotta alla contraffazione sempre più serrata

La lotta alla contraffazione in Italia è sempre molto accesa e offre ancora molto lavoro alla Guardia di Finanza, che nel solo 2013 ha sequestrato 130 milioni di prodotti contraffatti, o considerati non sicuri per i consumatori o con falsa indicazione d’origine.

Si tratta di un dato che non accenna a diminuire, anzi, semmai ad aumentare: nell’anno appena trascorso, infatti, la percentuale è salita del 25%.
Ma non è tutto: nel 2013, infatti, le Fiamme Gialle hanno denunciato 9.445 persone, di cui 252 per associazione a delinquere in quanto presunti affiliati di organizzazioni criminali dedite alla produzione e alla vendita di prodotti contraffatti.

Per bloccare l’invasione di prodotti falsi, la Guardia di Finanza ha effettuato 11.409 interventi, una media di 30 al giorno.
I sequestri hanno riguardato tutte le tipologie di prodotti: dall’abbigliamento (quasi 22 milioni di pezzi), ai giocattoli (quasi 13 milioni), dall’elettronica (quasi 42 milioni) ai beni di consumo (53 milioni di pezzi) tra cui cosmetici, pezzi di ricambio per auto e prodotti per l’igiene.

Le imprese del falso si concentrano in particolare nelle regioni della Toscana, il Veneto, la Campania, le Marche, la Lombardia e il Lazio.

Inoltre, i controlli effettuati dalla Gdf hanno riguardato anche gli acquisti online, dove la diffusione dei prodotti contraffatti sembra inarrestabile. Proprio in questo campo, sono state bloccate 84 piattaforme web utilizzate per il commercio di prodotti falsi o per consentire agli utenti il download illegale di software, giochi e prodotti multimediali, con una crescita del 60% rispetto all’anno precedente.

L’azione a tutela dei mercati e dei consumatori ha portato anche a 3.744 controlli sulla disciplina dei prezzi e 1.107 attività ispettive nei settori della concorrenza, degli appalti, dell’energia elettrica e del gas, delle comunicazioni e della privacy.

Dal 1 gennaio è attivo il Sistema Informativo Anti Contraffazione (Siac), una piattaforma creata e gestita dalla Gdf che mette in sinergia tutti gli operatori del settore con lo scopo di migliorare la conoscenza e l’analisi delle dinamiche di sviluppo dei fenomeni illeciti.

Vera MORETTI

Ad Ancona, le imprese parlano straniero

In provincia di Ancona c’è fermento: nel solo mese di dicembre sono nate nella zona ben 34 imprese, metà delle quali condotte da stranieri.

E’ la Cna a dare questa informazione, che ha anche approfondito questi dati andando ad analizzare i settori di appartenenza di queste startup e la loro nazionalità.

Tra le 16 imprese che parlano straniero, sei sono state avviate da imprenditori dell’Est Europa, operanti nei settori edile ed alimentare.
In particolare, sono sempre più diffusi negozi di alimentari che propongono prodotti tipici della Russia, vista la crescente concentrazione di imprenditori provenienti da quella parte d’Europa.

Altre cinque attività, poi, sono state fondate da imprenditori nord africani o del Medio Oriente, i quali si mettono in proprio nel settore alimentare, ma anche nell’edilizia.
Ma ci sono anche molti nordafricani ed arabi che vengono assunti nelle cucine dei ristoranti locali.

Le rimanenti cinque imprese parlano cinese, e si concentrano in particolare a Senigallia, attive nel settore tessile, ma anche edile.

Alla luce delle dinamiche in atto in questo scenario imprenditoriale sempre più multietnico e cosmopolita, la Cna richiama le autorità istituzionali e amministrative, gli enti e gli uffici che interloquiscono e interagiscono con le imprese sul piano delle normative fiscali, previdenziali, nel credito e nella sicurezza, a tenere conto della tendenza in atto, destando particolare riguardo nel favorire una sana, imparziale ed equilibrata inclusione sociale.

A questo propositi, Massimiliano Santini, direttore provinciale Cna, ha dichiarato: “No ai pregiudizi ma sì al rispetto delle regole, che debbono valere per tutti”.

Vera MORETTI