Nuovo emendamento per i consulenti del lavoro

Un emendamento del dl sviluppo potrebbe dare ai consulenti del lavoro la possibilità di affermare l’esatta osservazione degli adempimenti tributari e in materia di lavoro, nelle casistiche di appalto di opere e servizi.

Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, ha così commentato questa prospettiva: “Il nostro ruolo di centralità rispetto alle dinamiche aziendali fiscali e del lavoro è testimoniato dalla quotidiana attività svolta dali 28mila consulenti del lavoro in favore delle imprese italiane. Per questo non ci sottraiamo anche all’assunzione di impegni professionali e istituzionali, ricercando anche strumenti operativi che agevolino l’esplicazione di questo delicatissimo ruolo“.

Nel frattempo, la presidentessa ha firmato due protocolli d’intesa con l’Agenzia delle Entrate che ribadiscono la pienezza dell’attività dei consulenti del lavoro in materia tributaria.

Vera MORETTI

I Consulenti del lavoro chiedono lo slittamento del 770

La presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, Marina Calderone, si è fatta portavoce di alcune richieste richiedendo all’Agenzia delle entrate, tra cui lo spostamento della scadenza dell’invio del modello 770/2012.

“E’ ormai un’abitudine estiva l’accavallarsi di scadenze ravvicinate che minano la serenità e l’operatività degli studi dei consulenti del lavoro. Bilanci, dichiarazioni fiscali, periodiche Iva, adempimenti in materia di lavoro, versamenti: lo scadenziario del professionista è realmente ingolfato e gestibile con sempre maggiori difficoltà”. E’ la denuncia del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro.

“Quest’anno – sottolinea – ci si è messo anche il ritardo con cui è stato diffuso l’ultimo aggiornamento degli studi di settore che ha costretto l’Agenzia delle entrate, su sollecitazione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, a intervenire per differirne la scadenza. Stessa cosa sta ora avvenendo per il modello 770/2012, per il quale stanno pervenendo da tutto il territorio nazionale richieste di differimento della scadenza di presentazione a settembre mentre attualmente è fissata al 30 luglio”.

Il Cup chiede al ministro Severino di modificare la riforma delle professioni

Marina Calderone, presidente del Comitato unitario delle professioni (Cup), ha chiesto nell’incontro con il ministro della Giustizia, Paola Severino, di modificare diversi punti della riforma delle professioni.

Un appuntamento importante, anche alla luce del parere del Consiglio di Stato, che ha affrontato il tema della riforma delle professioni, mettendo in luce diverse criticità nei punti cardine del provvedimento, attualmente in discussione alla commissione Giustizia della Camera dei deputati.

“Un aspetto fondamentale su cui abbiamo espresso le nostre perplessità – ha detto Marina Calderone – è la formazione, concessa anche a non meglio definite associazioni professionali. Questa formulazione evasiva rischia infatti di ampliare i soggetti deputati a gestire la formazione, con il rischio di penalizzare i giovani praticanti”.

Tra gli altri punti critici, le conseguenze della normativa prevista per il tirocinio. “L’ulteriore previsione di un corso di formazione da effettuare nell’arco di un semestre, che sembra garantire una migliore preparazione teorica per il giovane, si traduce in realtà nell’impoverimento dell’esperienza tecnico-professionale che si può maturare in un contesto lavorativo”, ha continuato Marina Calderone.

“Al ministro Severino – ha ricordato – abbiamo chiesto di intervenire anche sull’obbligo dell’assicurazione di responsabilità civile per i professionisti, poiché, in questa specifica materia, la previsione delle associazioni tra professionisti come parti di convenzioni collettive si configura come un eccesso di delega”.

Un altro punto importante su cui si è soffermata la presidente del Cup nel corso del confronto con il ministro ha riguardato la modalità di gestione dei procedimenti disciplinari. Il Cup ha chiesto inoltre al ministro Severino di fornire una definizione migliore di professione intellettuale, poiché nel testo si fa riferimento “a una definizione eccessivamente ampia di professione regolamentata, qualificata come l’attività il cui esercizio è consentito a seguito di iscrizione in ordini, collegi, albi o registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, allorché l’iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all’accertamento di specifiche professionalità”. “E’ necessario eliminare – ha precisato – il riferimento a registri ed elenchi comunque tenuti da amministrazioni o enti pubblici, valutando meglio come precisare la nozione di professione regolamentata, per evitare che vengano fatte rientrare in questo ambito anche le associazioni professionali”.

Ddl lavoro, i dubbi dei consulenti

Dal recente Festival del Lavoro di Brescia è arrivata un’altra stilettata al governo e alla sua riforma del lavoro. Questra volta è toccato ai consulenti del lavoro scagliarsi contro la “creatura” della Fornero. La Presidente dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone, ha infatti dichiarato: “La soluzione alla polemica sulla riforma del lavoro è semplicemente non chiamarla più così, perché non ne ha le caratteristiche né tecniche né di sostanza. Sembra scritta da un ispettore del lavoro orfano delle sanzioni sul libro matricola“.

La Presidente Calderone ha voluto così ribadire un concetto già espresso nei giorni scorsi nel corso dell’incontro con il Senatore Maurizio Sacconi, il quale si è dichiarato assolutamente d’accordo, sottolineando come tale aspetto sia in netta controtendenza con quella che era la linea di sostanza posta in essere quando lui era ministro.

Calderone in difesa della fedeltà fiscale dei professionisti

“Il grado di fedeltà fiscale dei professionisti ordinistici è molto elevato. Più in generale servirebbe un nuovo modo di gestire il rapporto fiscale con un sistema diverso, basato più sulla tassazione dei consumi che sulla presunzione dei ricavi”. Così Marina Calderone, presidente del Cup e del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, in un’intervista a ‘Il Sole 24 Ore’, commenta l’azione di controllo della Gdf nei confronti delle professioni.

“Tutti i contribuenti -continua Calderone- devono rispondere del loro rapporto tributario con lo Stato. Non ci possono essere aree grigie o di tolleranza: nè può apparire strana l’esistenza di aree residuali, su di un campione non esattamente significativo, di illiceità che va perseguita ma non enfatizzata”.

Per Calderone, in conclusione “gli Ordini devono continuare ad assolvere il loro gravoso compito di garanzia nei confronti dei cittadini a tutela della fede pubblica, perseguendo chi non rispetti le regole”.

Fonte: Adnkronos.it

Riforma del lavoro, le criticità secondo i consulenti del lavoro

I consulenti del lavoro chiedono al Parlamento di intervenire su diversi punti della riforma del lavoro. Nello specifico, insistono su partite Iva, contratti a termine, lavoro a chiamata, lavoro accessorio, apprendistato, le cui norme devono essere riviste “per rendere quanto più efficace e produttivo il disegno di legge che mira a modificare sostanzialmente le regole poste a base del mondo del lavoro“, come si legge in una nota del Consiglio Nazionale dell’Ordine.

La presidente Marina Calderone ha sottolineato nei giorni scorsi alla Commissione Lavoro alcune delle criticità che dovrebbero trovare soluzione con il percorso parlamentare. In particolare, riguardo alle partite Iva, secondo Calderone “tutto ruota attorno al meccanismo di conversione automatica del rapporto, ‘salvo che sia fornita la prova contraria da parte del committente’, con un approccio che penalizza qualsiasi rapporto di lavoro diverso dal ‘tempo pieno e indeterminato’. Le distorsioni e gli illeciti si devono contrastare non con norme presuntive, ma con accertamenti effettivi che invertano l’onere della prova. Il mantenimento dell’articolato così come è pervenuto al Senato potrebbe comportare l’effetto perverso negativo per l’occupazione, con la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, scaturente dal timore di tali conversioni forzose“.

Davide SCHIOPPA

I punti critici della riforma del lavoro

di Vera MORETTI

Sarà una settimana intensa per il Governo, ma soprattutto delicata, poiché a tenere banco sarà la tanto criticata riforma del lavoro.

A questo proposito, i Consulenti del Lavoro hanno formulato le proposte di modifica ritenute necessarie per rendere quanto più efficace e produttivo il disegno di legge che mira a modificare sostanzialmente le regole poste a base del mondo del lavoro.

Marina Calderone, presidente del Consiglio Nazionale, durante un’audizione alla Commissione del Lavoro di qualche giorno fa, ha elencato gli elementi critici di tale riforma, che perciò dovrebbero essere cambiati.

Inutile dire che l’argomento delle partite Iva è quello più spinoso e per questo la richiesta è che vengano scoperti gli illeciti, ma senza penalizzare gli altri, che rappresentano la maggioranza.
Insomma, via alle partite Iva false, ma solo se sono veramente tali.
A fare la differenza sono anche le categorie di lavoratori, poiché esistono alcuni settori per i quali lavorare con partita Iva è usuale e necessario, e anche l’obbligo di passare a contratto a tempo determinato dopo sei mesi sarebbe tutt’altro che vantaggioso.

Anche la penalizzazione dei contratti a termine potrebbe portare ad un aumento considerevole dei disoccupati. La penalizzazione per chi utilizza questi contratti è talmente forte che farebbe desistere la maggioranza degli imprenditori, con una conseguenza catastrofica in termini di occupazione.
Non è detto, infatti, che i contratti a termine sarebbero destinati a diventare tutti contratti a tempo indeterminato. Occorre, dunque, maggiore flessibilità e meno rigidità. Insomma, fare di tutta l’erba un fascio non porterebbe a nulla di buono.

Per quanto riguarda il lavoro a chiamata, la proposta al Senato è considerata incoerente per due motivazioni: perché contraddice la centralità delle comunicazioni che riguardano il rapporto di lavoro e perché introduce una misura sanzionatoria del tutto sproporzionata per l’omessa comunicazione.
A questo proposito, vengono richiesti interventi di modifica che mirino ad ampliare la platea dei soggetti del lavoro a chiamata, nonché a semplificare le procedure di notifica della chiamata, con eliminazione degli adempimenti inutili.

Risulta inoltre discutibile la scelta di escludere dalle prestazioni di lavoro accessorio gli imprenditori commerciali e i professionisti. L’inclusione di queste categorie tra i soggetti autorizzati darebbe invece un grande impulso al lavoro accessorio con conseguente spinta occupazionale.

Criticate, infine, le modifiche riguardanti l’apprendistato e l’assunzione di apprendisti nelle aziende: le nuove disposizioni introdurrebbero un ingiustificato limite di accesso al contratto di apprendistato che si pone in contraddizione con la finalità della riforma che lo individua come il principale contratto di ingresso nel modo del lavoro.
Il limite numerico ancora più rigido, infatti, penalizzerebbe ulteriormente l’ingresso nel mondo del lavoro da parte dei giovani.

Le libere professioni e la troppa burocrazia

di Vera MORETTI

E’ stata presentata a Roma l’indagine Sulle funzioni pubbliche e sussidiarie delle libere professioni, effettuata dalla Fondazione Magna Carta insieme all’associazione Amici di Marco Biagi e curata dal professor Luca Antonini docente di diritto costituzionale all’Università di Padova.

Un argomento che sta a cuore ad Antonini è il peso della burocrazia che schiaccia proprio chi, tra i liberi professionisti, rispetta le regole, mentre chi le ignora spesso non viene neppure individuato.
A questo proposito, una delle possibili evoluzioni delle funzioni svolte in sussidiarietà dalle professioni potrebbe riguardare i consulenti del lavoro, “prevedendo che la compensazione tra i crediti e i debiti accumulati con la pubblica amministrazione possa essere certificata dai consulenti del lavoro“.

Anche Marina Calderone, intervenuta nella sede della Fondazione Magna Carta, ha voluto intervenire, definendo il rapporto presentato come “la rappresentazione coraggiosa e consapevole di quella che è oggi l’attività e il mondo delle professioni ordinistiche italiane. Nell’affrontare il tema della sussidiaretà, quindi del servizio allo Stato svolto dalle professioni italiane, c’è anche la consapevolezza che, all’interno di quello che è oggi il contesto dello Stato, non si potrebbero garantire i diritti dei cittadini se non ci fosse un ‘esercito’ di 2 milioni e 300mila professionisti che svolge una funzione di ausilio allo Stato“.

La realizzazione del rapporto è importante, per Calderone, perché, oltre alle funzioni di sussidiarietà svolte dalle professioni, esso contiene anche un messaggio positivo che riguarda le professioni e la loro disponibilità ad assumersi responsabilità nuove e di impegno verso i cittadini.

Gli argomenti caldi del Professional Day

di Vera MORETTI

Voglia di progredire e guardare al futuro con ottimismo sono emersi durante il Professional Day dell’1 Marzo, la giornata delle professioni organizzata oggi da Cup, Adepp e Pat, per formulare delle proposte per rilancio del Paese.

Sul palco dell’Auditorium della Conciliazione di Roma si sono avvicendati i rappresentanti del mondo professionale ed ognuno ha formulato le proprie proposte di sviluppo relative al settore di competenza professionale, che saranno consegnate al presidente del Consiglio, Mario Monti.

Marina Calderone, presidente del Cup e del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, ha sottolineato: “Il governo dei tecnici dialoghi con i tecnici: perché la professionalità dei professionisti italiani è utile al Paese e siamo qui per ribadire che vogliamo dare il nostro contributo per la crescita e il futuro dell’Italia. Si può parlare di riforme, di futuro, partendo da un presupposto: siamo lavoratori intellettuali impegnati a svolgere al meglio il nostro compito”.

Gli argomenti affrontati sono stati molteplici e tutti particolarmente urgenti.
Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, ha voluto incentrare il suo intervento sulla necessità di semplificare le procedure normative e investire nella ricerca, al fine di “tutelare la sicurezza e la salute dei cittadini passando per un ampio piano di rigenerazione urbana nell’ottica della sostenibilità, crocevia di un approccio sistemico multidisciplinare improntato a una progettazione etica. Con lo sguardo rivolto ai giovani“.

I commercialisti, nella persona di Claudio Siciliotti, il numero uno di categoria, hanno invece affrontato il tema fiscale, che deve essere affrontato con la cooperazione delle parti e l’ascolto di esse e, in merito alla giornata, ha dichiarato: “Questa è l’occasione per mettersi d’accordo sul metodo da utilizzare, basti pensare che ad oggi, per via di tutte le riforme che si sono sovrapposte incessantemente da oltre sei mesi, non è chiaro se si applicano le tariffe, se il giovane che ha compiuto 18 mesi di tirocinio può sostenere l’esame di stato, se l’assicurazione è obbligatoria nell’immediato e se si possono costituire società tra professionisti“.

L’intervento di Armando Zingales, presidente del consiglio nazionale dei chimici, è invece servito per lanciare una proposta, ovvero una nuova Authority che sia davvero espressione degli ordini professionali, questo perché “l’attuale, ovvero l’Antitrust non è sufficiente per reggere la sfida delle liberalizzazioni così concepite dall’esecutivo. Come chimici proponiamo che gli ordini professionali siano essi stessi delle vere e proprie Authority con poteri maggiori da definire“.

Soddisfatto Leopoldo Freyrie, numero uno degli architetti, il quale ha approvato la retromarcia fatta dal governo in tema di liberalizzazioni, convinto che, dopo questa mossa, “si aprirà una nuova fase che è quella di attuare una riforma concreta non solo dal punto di vista legislativo. Crediamo fortemente che questa sia l’occasione giusta per riaffermare la valenza sociale delle professioni ordinistiche e il loro ruolo di sussidiarietà nei confronti dello stato“.

Calderone: la riforma sulle professioni non deve diventare uno spot

“Negli Ordini c’è un problema di eccesso e non di accesso. E’ realmente difficile immaginare come si possa pensare di aumentare la produttività con la mera redistribuzione dei redditi. Credo che la riforma delle professioni sia una cosa seria che vada affrontata in modo organico, non con spot o slogan”. Con queste parole Marina Calderone, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, esprime il suo scetticismo nei confronti delle affermazioni del segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, che ha quantificato nel 4% l’incremento che dovrebbe derivare dalle liberalizzazioni delle professioni ordinistiche.

“Sarebbe interessante comprendere come viene calcolato l’aumento della produttività proveniente dalla riforma delle professioni – continua la Presidente del Cup, il Comitato Unitario delle Professioni. – E’ errato individuare il comparto dei professionisti come un sistema chiuso considerato che negli ultimi dieci anni vi hanno avuto accesso oltre un milione di under 45enni”.

Poco efficace, a suo avviso, il metodo scelto per intervenire sull’annosa questione della riforma degli ordini professionali in Italia. La Calderone ci tiene poi a sottolineare “la differenza di trattamento tra lavoratori aventi la medesima rilevanza costituzionale”, che calpesta l’articolo 1 della Costituzione Italiana, che sancisce come l’Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro, autonomo o subordinato. Due pesi e due misure, in sostanza, per gli ordini professionali, per i quali una nuova legge sembra imminente, e per la riforma sul lavoro, per la quale invece la stesura di una nuova legislazione appare sempre più lontana da venire.

“Non comprendo la differenza di trattamento riservata alle riforme relative al lavoro autonomo e a quello dipendente – precisa la Calderone. – Con i professionisti si è scelta la decretazione d’urgenza, mentre per le riforme del lavoro quella del percorso parlamentare ordinario. Per quale ragione?”