Opzione Uomo: la riforma della pensione con assegno tagliato

Tra i nodi che deve sciogliere il prossimo Governo c’è la riforma delle pensioni. Dal primo gennaio infatti torna in vigore la legge Fornero con tutta la sua rigidità e vengono meno gli scivoli pensionistici come Quota 102. Tra le ipotesi allo studio c’è Opzione Uomo, cioè la versione maschile di Opzione Donna. Ecco cosa dovrebbe prevedere.

Quota 102, Opzione Donna e Opzione Uomo: i conti tornano?

Il primo gennaio 2023, se non si introduce un nuovo scivolo pensionistico, decadono Quota 102, che consente di andare in pensione raggiungendo la quota 102 tra anni di contributi e anni di età, e Opzione Donna. Rientrerebbe in vigore in modo secco la Legge Fornero che non consente di andare in pensione prima dei 67 anni di età. Naturalmente questo spaventa tutti coloro che sono vicini all’età della pensione e vorrebbero uscire dal mondo del lavoro prima dei 67 anni di età. Fin dalle prime battute della campagna elettorale il centro destra aveva però promesso il superamento della legge Fornero. Proprio per questo Giorgia Meloni, oltre ad essere in affanno nel cercare un equilibrio tra i vari partiti riconoscendo incarichi e ministeri, sta cercando di disegnare le possibili riforme, naturalmente conti alle mani.

Abbiamo già detto che tra le ipotesi vi è un taglio di circa 1/3 dei fondi destinati al reddito di cittadinanza. Ma gli occhi sono puntati sulla riforma delle pensioni.

Come dovrebbe funzionare Opzione Uomo?

Secondo quanto emerge dalle indiscrezioni trapelate, l’ipotesi allo studio sarebbe una riforma con possibilità di pensionamento a 58-59 anni, ma con almeno 35 anni di contributi e calcolo della pensione con il solo sistema contributivo. Opzione Uomo, così come descritta, porterebbe a una riduzione drastica dell’assegno che invece potrebbe maturare con un sistema misto contributivo/retributivo.

Secondo le prime stime la riduzione dell’importo percepibile oscillerebbe tra il 13% e il 30%.

Il taglio degli importi diventa essenziale, infatti le stime dicono che la spesa per le pensioni nel 2022 è stata di i 297,3 miliardi, si prevede un aumento fino a 320,8 miliardi nel 2023. Questo vuol dire che potrebbe essere difficile per Meloni trovare la copertura per Opzione Uomo e Opzione Donna. Forse potrebbe invece costare meno la Quota 41 ipotizzata da Matteo Salvini. Con questa misura la pensione di vecchiaia resterebbe fissata a 67 anni, mentre coloro che hanno maturato almeno 41 anni di contributi possono uscire dal mercato del lavoro senza limiti di età.

Von der Leyen: interveniamo in Italia come in Ungheria e in Polonia

Il 25 settembre è ormai vicino e non sono pochi gli spettri potenziali che si aggirano nel Paese. Proprio per questo Ursula Von Der Leyen, Presidente della Commissione Europea, ha già detto la sua: in caso di deriva democratica siamo pronti a intervenire come in Polonia e Ungheria.

Vigile attenzione perché la democrazia non è mai al sicuro

Bruxelles, come in ogni campagna elettorale affrontata dai Paesi Membri, resta a guardare avendo in poco conto le dichiarazioni che si fanno in questa occasione. Non così però dopo il voto perché conta l’atteggiamento che poi i rappresentanti degli Stati Membri hanno nei confronti delle istituzioni europee e come si comportano nel Consiglio Europeo. Stravolta però Ursula Von Der Leyen ha in un certo senso lanciato un piccolo monito.

A molti interpreti della politica non sembra essere un caso la citazione della Polonia e dell’Ungheria, infatti Giorgia Meloni, premier in pectore in Italia, non ha mai negato posizioni vicine a Orban, discusso leader ungherese, noto per le sue visioni antidemocratiche e per le posizioni filorusse contrarie alle sanzioni applicate dall’Unione Europea.

La Presidente della Commissione Europea ha sottolineato che la democrazia non è mai al sicuro, c’è quindi una vigile attenzione alle elezioni, ma soprattutto sottolinea che ha bisogno della attenzione delle persone che “sono governate”.

Le parole di Matteo Salvini: le frasi di Ursula Von Der Leyen sono disgustose

Se anche si poteva ritenere in buona fede che le parole di Ursula Von Der Leyen fossero un generico avviso non rivolto in modo specifico al centro destra italiano, è bastato l’intervento di Matteo Salvini a togliere tutti i dubbi. Il leader della Lega alleato di Giorgia Meloni ( Fratelli d’Italia) e di Forza Italia, ha infatti bollato le frasi della Presidente come “disgustose” .

Naturalmente molti possono ritenere le parole di Ursula Von Der Leyen come un’ingerenza eccessiva nella politica dell’Italia, quindi non è dato sapere ad oggi quanto peso potranno avere sul voto, solo dal 26 settembre 2022 si potrà capire quanto i tanti personaggi che hanno lanciato appelli al voto hanno influenzato la campagna elettorale.

Legge Fornero: applicazione totale dal 2023 o ci saranno correttivi?

Dal 1° gennaio 2023 potrebbe tornare il vigore al 100%, quindi senza correttivi e vie d’uscita anticipate, la legge Fornero, molti lavoratori sono già in allarme anche se non mancano proposte per evitare il ritorno di una delle riforme più odiate del sistema pensionistico italiano.

La legge Fornero torna in vigore nel 2023?

La legge Fornero in realtà in questi anni non ha mai cessato di esistere. La stessa prevede che si possa andare in pensione al raggiungimento di 67 anni di età e che l’età pensionabile sia rivista periodicamente in base alle aspettative di vita.

Per capire l’effetto dell’aumento dell’aspettativa di vita sulle pensioni, leggi l’articolo:  Pensioni: cosa cambia con il blocco dell’aspettativa di vita

Quota 100, Opzione Donna, Ape Sociale, Quota 102: chi può andare in pensione?

Nel frattempo il Governo ha provveduto di volta in volta a introdurre correttivi che hanno consentito a molti di andare in pensione in forma anticipata. In particolare prima abbiamo avuto la Quota 100 che ha cessato i suoi effetti il 31 dicembre 2021. In seguito si è passati a Quota 102. Le due riforme hanno consentito alle persone di andare in pensione dopo aver raggiunto la somma rispettivamente di 100 e 102 tra età anagrafica e anzianità contributiva. Per Quota 100 era previsto comunque il requisito dell’età minima a 62 anni, mentre per Quota 102, il requisito di età minima è 64 anni. Ne consegue che sono comunque necessari almeno 38 anni di contributi.

Nel frattempo il Governo ha provveduto alla proroga di Opzione donna ma solo per le donne che accettano di andare in pensione con il solo calcolo contributivo e quindi in molti casi perdendo circa 1/3 della pensione.

Pensioni: Opzione donna diventerà strutturale? Le ipotesi allo studio

Infine, c’è l’Ape Sociale rivolta esclusivamente a disoccupati, persone con invalidità civile almeno al 74% e che hanno maturato almeno 30 anni di contributi, caregiver e persone che hanno svolto lavori gravosi. Naturalmente per poter accedere occorre avere almeno 30 anni di contributi elevati a 36 anni per coloro che sono occupati in lavori gravosi. Inoltre l’attività gravosa deve essere stata svolta per almeno 6 anni negli ultimi 7 o 7 anni negli ultimi 10 anni.

Per conoscere i dettagli dell’Ape Sociale, leggi l’articolo: APE Sociale 2022: tutte le novità della legge di bilancio

Quali sono le proposte per superare la Legge Fornero?

Queste misure sono comunque tutte di tipo temporaneo e di conseguenza sono iniziate le pressioni da parte dei partiti, in particolare della Lega di Matteo Salvini al fine di prorogare i correttivi o introdurre nuovi correttivi che possano permettere di andare in pensione prima che scattino i requisiti previsti dalla legge Fornero.

Le ipotesi allo studio sono numerose, tra cui l’introduzione di Quota 101, la prosecuzione su Quota 102. Di certo questo è il momento in cui gli animi si scaldano, infatti è la fase antecedente rispetto a quella in cui iniziano trattative e discussioni sulla prossima legge di bilancio e soprattutto ogni partito inizia la sua campagna elettorale in vista delle prossime amministrative e delle politiche della prossima primavera.

Tra le ipotesi allo studio vi è anche la pensione in due tempi, suggerita anche da Tridico, presidente INPS. Si ipotizza in questo caso che nel momento del pensionamento anticipato rispetto alla Legge Fornero la pensione sarà calcolata solo con il sistema contributivo matematicamente sfavorevole ai pensionati. In un secondo momento, cioè alla maturazione dei requisiti anagrafici per il pensionamento con la legge Fornero, saranno aggiunte le somme che spetterebbero calcolando anche il sistema contributivo.

Per capire quando si applica il sistema contributivo e quando quello retributivo, leggi la guida: Pensione: quando si applicano il calcolo retributivo, contributivo e misto?

Legge Fornero e Quota 41: costi insostenibili

La proposta di Salvini invece è l’introduzione di Quota 41, cioè un sistema pensionistico che permetta a tutti di andare in pensione al raggiungimento di 41 anni di contributi. Per questa riforma c’è però un ostacolo importante e cioè i calcoli che non consentono all’INPS di erogare i trattamenti pensionistici così maturati. Tale sistema infatti costerebbe 12 miliardi di euro in più. A ciò deve essere aggiunto che dall’Europa già è arrivato il monito sulla Quota 102 che sarebbe insostenibile, figurarsi un’eventuale, più costosa, Quota 41.

Naturalmente al dibattito partecipano anche i sindacati che propendono per sistemi pensionistici maggiormente favorevoli ai lavoratori. Non resta che aspettare per capire, soprattutto chi è prossimo alal pensione, quali sono le vie d’uscita.

 

Regime forfetario: si punta sulla easy tax con uscita graduale

Si prevede una primavera molto calda sul fronte della Riforma Fiscale.  I vari partiti sono al lavoro per determinare i contenuti di quella che dovrebbe essere una riforma epocale e ridisegnare l’intero sistema fiscale. A creare malumori c’è anche il regime forfetario.  Archiviata l’ipotesi di una flat tax fino a 100.000 euro si lavora di una easy tax (tassa facile) che dovrebbe aiutare, agevolare, il passaggio dal regime forfetario al regime ordinario.

Regime forfetario: allo studio diverse ipotesi per l’uscita dal regime agevolato

Il regime forfetario prevede una tassazione al 15% per coloro che aderiscono e un calcolo delle spese effettuato applicando un criterio forfettario che abbiamo già visto nell’articolo Coefficienti di redditività nel regime forfetario: quali sono?

Il regime forfetario può essere scelto da coloro che hanno ricavi e compensi non superiori a 65.000 euro nell’arco dell’anno di esercizio. Superata tale soglia si va in automatico al regime ordinario che però prevede un’aliquota Irpef del 41% (con possibilità di dedurre le spese con il metodo analitico e quindi una base imponibile anche inferiore). Sono in molti però a ritenere questo passaggio eccessivamente brusco. Proprio per questo si sta lavorando a soluzioni intermedie che possano consentire un passaggio morbido tra il regime forfetario e il regime ordinario. La prima ipotesi, poi scartata, è quella di innalzare la soglia per il regime forfetario a 100.00 euro, proposta portata avanti dal leader della Lega Matteo Salvini. Spunta quindi la easy tax.

Cosa prevede la easy tax per il regime forfetario?

Specifichiamo ora che la easy tax, proposta dal M5S, non è stata approvata, ma semplicemente proposta e di conseguenza non è una certezza. Vediamo come dovrebbe funzionare. La proposta prevede che al primo anno dall’uscita dai requisiti del regime forfetario, si applichi un’aliquota del 20% . Per poter avere questa agevolazione è però necessario che i compensi e ricavi dichiarati siano almeno pari a quelli del primo anno di attività e non superiori del 10%.

Al secondo anno dal superamento della soglia per il regime forfetario si applicherà la easy tax del 20% se l’incremento ulteriore di ricavi e compensi non supera il 10%. Infine, dal terzo anno si applica l’aliquota ordinaria. Ricordiamo che attualmente è possibile rientrare nel regime forfetario appena si ripresentano le condizioni previste per l’applicazione di questo regime di favore, quindi se si rientra nei 65.000 euro.

L’obiettivo è evitare la strage di partite Iva che si è vista negli anni precedenti caratterizzati anche dalla crisi economica dovuta alla crisi pandemica.

Tra le altre ipotesi allo studio del Governo per la legge di delega fiscale c’è il cashback fiscale, ma anche su questo ci sono molti malumori ed è stato sottolineato che l’emendamento è tecnicamente errato in quanto non sono indicati gli oneri a carico dello stato che potrebbero derivarne.