Come provare l’usucapione in un eventuale giudizio

Si è detto in precedenza che l’usucapione è un modo per acquistare la proprietà di un bene immobile o mobile a titolo originario, ma come si può provare l’usucapione?

Come matura l’usucapione

Abbiamo visto nell’articolo presente QUI che l’usucapione è disciplinato in modo abbastanza dettagliato dal codice civile e che matura in tempi diversi al mutare del bene stesso, 20 anni per un immobile, 10 anni per un bene mobile, 15 anni per i fondi rustici, 10 anni, 5 anni o 3 anni nel caso in cui ci siano i presupposti per l’usucapione abbreviato. Affinché maturi l’usucapione, il proprietario effettivo del bene non deve produrre atti in cui  ne rivendica la proprietà, anche un semplice citazione in giudizio per la restituzione del bene, va ad interrompere i termini per la prescrizione.  I termini sono interrotti anche dal pagamento di un canone di locazione, anche se lo stesso viene pagato saltuariamente e in ritardo comunque interrompe i termini. Fin da ora è bene ricordare che la prova dell’usucapione ricade su chi rivendita tale modo di acquisto della proprietà.

Quali elementi devono essere provati?

Per ottenere l’usucapione devono essere provati tutti gli elementi che costituiscono la fattispecie.

Si è anche visto che il possesso:

  •  non deve essere interrotto in tutto il lasso temporale previsto per la maturazione dell’usucapione, tra l’altro sia il tribunale di Castrovillari ( sentenza 253 del 4 marzo 2020), sia quello di Cassino, hanno stabilito che il lasso temporale deve essere provato in modo specifico, non basta dichiarare di avere il possesso del bene da oltre 20 anni;
  •  il soggetto deve comportarsi come se fosse il proprietario, possesso uti dominus, e  non deve occultare tale animus, cioè deve essere noto alle persone con cui si entra a contatto che un determinato bene è del soggetto che lo sta utilizzando. Non è richiesta però la buona fede;
  • non deve essere entrato in possesso del bene in modo violento.

Si è anche detto che per trascrivere il diritto di proprietà nei pubblici registri occorre avere una sentenza che dichiari un soggetto proprietario o un accordo che è frutto di mediazione civile. Per arrivare a sentenza o accordo è necessario trovare una controparte, cioè il soggetto che in un qualche documento risulta essere proprietario. Se questo è contumace si procede comunque alla dichiarazione di proprietà e trascrizione degli atti. Può però a questo punto succedere che la controparte decida in realtà di difendersi da tali pretese. In questo caso spetta a colui che ritiene di aver acquistato il bene provare l’usucapione. Ciò che cercheremo di capire qui è quali prove si possono utilizzare per la dimostrazione dell’usucapione.

Come provare l’usucapione

Una delle prove che solitamente viene portata in giudizio sono le ricevute inerenti l’esecuzione di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, queste possono essere importanti anche per dimostrare il trascorrere del tempo, infatti se la ricevuta è datata nel periodo iniziale dell’usucapione è più facile dimostrare che è trascorso il lasso temporale previsto per legge. La prova nel nostro ordinamento ricade su chi afferma un fatto, quindi se il proprietario rivendica di aver più volte chiesto il pagamento del canone di locazione, spetta a costui dimostrarlo.

La prova testimoniale

Per dimostrare l’usucapione si è anche soliti chiedere la testimonianza di persone con cui si entra in contatto e in particolare i vicini che possono appunto testimoniare di aver sempre visto Tizio abitare l’immobile o prendersi cura del fondo e che proprio per questo lo hanno sempre considerato il proprietario.

La prova testimoniale è vista con particolare favore anche dalla giurisprudenza, infatti la sentenza 7962 della Corte di Cassazione del 1999 stabilisce che la testimonianza può essere anche l’unica prova portata in giudizio, naturalmente deve trattarsi di una testimonianza di particolare valore.

Sulla stessa linea c’è anche una recente sentenza del Tribunale di Modena con la sentenza 261 del 24 febbraio 2020. In questa sentenza i testimoni dichiaravano che effettivamente un determinato immobile era sempre stato abitato dal padre e dallo zio del soggetto che reclamava la proprietà per usucapione e poi dal 1964 dallo stesso che tutti si erano comportati da proprietari, al punto che loro (vicini) non avevano mai saputo dell’esistenza di un altro proprietario, che in tale giudizio era comunque contumace. In questo caso si può però notare che vale la sola prova testimoniale, ma si tratta di un usucapione di durata molto più lunga dei canonici 20 anni, infatti è un immobile trasmesso addirittura per diverse generazioni.

A questo punto ci si potrebbe chiedere a cosa serve provare l’usucapione in giudizio per ottenere la proprietà di un bene se nessuno lo rivendica? Semplice, per poter risultare proprietari nei pubblici registri e quindi poter disporre del bene, ad esempio concederlo in locazione oppure venderlo.

Come provare l’usucapione: i giudici richiedono prove che diano certezza

Tuttavia non mancano sentenze particolarmente rigorose, infatti la giurisprudenza più recente ha fatto leva soprattutto sul fatto che in realtà l’usucapione comporta il sacrificio del diritto di proprietà altrui e di conseguenza i requisiti devono essere ben ponderati dal giudice per evitare delle ingiustizie. Ad esempio i giudici della Corte di Cassazione nella sentenza 9325 del 2011 hanno sottolineato che non basta la coltivazione di un fondo per dichiararsi proprietari dello stesso.

Il Cnf torna sulla mediazione obbligatoria

Il Consiglio Nazionale Forense torna sull’argomento della mediazione obbligatoria. Una scelta che dimostra quanto il tema sia caldo, tanto caldo che Infoiva gli ha dedicato un’intera settimana di approfondimenti.

In attesa delle motivazioni con le quali la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la obbligatorietà della mediazione, secondo l’organismo presieduto da Guido Alpa è inopportuno reintrodurre la medesima soluzione normativa. “Nello stesso senso, d’altronde, si è espresso il Guardasigilli Severino all’indomani della notizia della sentenza – specifica il Cnf in una nota – sollevando seri dubbi sull’eventualità di una reintroduzione, con diverso strumento normativo, di un meccanismo appena dichiarato non conforme a Costituzione“.

Il presidente Alpa ha quindi inoltrato una lettera al presidente della Commissione Industria del Senato, Cesare Cursi, per esprimere preoccupazione su due emendamenti alla legge di conversione del decreto legge crescita 2.0 (AS 3533, di conversione del d.l. n. 179/2012), all’esame della Commissione. Si tratta di emendamenti di identico tenore, che puntano a reintrodurre l’istituto dell’obbligatorietà della mediazione finalizzata alla conciliazione della lite con previsioni del tutto analoghe. Una circostanza che fa propendere per la inopportunità di tali modifiche nelle more della motivazione della Consulta.

Alpa ha rappresentato al Parlamento come il sistema dell’obbligatorietà disciplinato dal d.lgs. n. 28/2010 presenta ulteriori profili di criticità di natura tecnico-giuridica in relazione al rapporto tra procedimento mediazione e processo civile, che mettono a rischio anche l’effettivo conseguimento dei giusti diritti dei cittadini. “Si tratta, in buona sostanza – specifica la lettera di Alpa, di una disciplina mal congegnata e poco funzionale allo scopo di deflazione del contenzioso civile che si prefiggeva“.

Sempre nella missiva, il presidente del Cnf assicura che “l’Avvocatura è profondamente sensibile al tema del buon funzionamento e della ragionevole durata del processo civile – né potrebbe essere diversamente visto il rango costituzionale del ministero della difesa – e che, al fine di contribuire al miglioramento del sistema giustizia, sono allo studio ipotesi di impegno della categoria nella diffusione di meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie e segnatamente nella predisposizione di Camere arbitrali presso ciascun Ordine circondariale“.

“Mediazione, una cultura da diffondere”

di Davide PASSONI

L’Associazione Mediatori e Conciliatori Italiani è una voce importante nel mondo della mediazione italiana. Ecco perché il suo presidente, Damiano Marinelli, 37enne avvocato in Perugia, ci ha tenuto a dire la sua a Infoiva sul tema dell’obbligatorietà o meno della conciliazione.

Come valuta Amci il pronunciamento della Consulta che ha dichiarato illegittima la normativa sull’obbligatorietà del ricorso alla media-conciliazione nelle controversie tra privati?
A onor del vero, in queste settimane il caso è montato ma a oggi abbiamo solo un comunicato della Corte Costituzionale nel quale si parla di eccesso di delega come motivo della bocciatura dell’obbligatorietà, nulla di più. Stiamo tutti aspettando il deposito della sentenza per capirne le complete motivazioni.

Bocciatura dell’obbligatorietà salutata con giubilo da più parti…
La mediazione è uno strumento nuovo che va ancora pienamente valutato, che deve essere conosciuto dal cittadino: il modo migliore per farlo conoscere penso sia proprio introdurne l’obbligatorietà. Si potrebbe anche prevedere un limite temporale a questa obbligatorietà, come momento per far entrare la mediazione nell’ottica del soggetto tipo che la utilizzerà, per indurlo a familiarizzare con lo strumento. Se poi si riuscissero ad aumentare i vantaggi fiscali che il ricorso alla mediazione offre, si potrebbe innescare un circolo virtuoso anche quando questa non sarà obbligatoria.

Da più parti si tende a indicare la magistratura come una sorta di “ispiratrice occulta” del pronunciamento della Corte Costituzionale. Che cosa pensa?
Tantissimi dei nostri circa 2500 iscritti sono avvocati. Non esiste più – se mai è esistita – la distanza tra le due professioni: la più attigua a quella di mediatore è proprio quella di avvocato, poi vengono i commercialisti e altri professionisti in generale.

Crede anche lei che la conciliazione possa dare più opportunità agli avvocati, anziché sottrarle?
Sì, ci sono possibilità in più soprattutto per i giovani avvocati. Credo che l’opposizione più forte alla mediazione venga più dalle strutture di rappresentanza che dagli avvocati della base, anche perché sono i primi che lavorano nei tribunali e conoscono la situazione della giustizia italiana: senza strumenti alternativi per lo snellimento dell’arretrato civile, rischia il collasso.

E fino a ora, la mediazione ha funzionato?
Pensi che sia la mediazione sia gli arbitrati, a oggi aumentano di numero: e gli arbitrati sono economicamente meno vantaggiosi della mediazione. Gli strumenti di Adr (Alternative Dispute Resolution, ndr) sono ormai utilizzati largamente in tutto il mondo e la normativa italiana era vista molto bene in Europa. Certo, c’è poi da dire che se una cosa è obbligatoria non può essere anche costosa, per non limitare la possibilità di accesso alla giustizia a tutti, in spregio all’articolo 24 della Costituzione.

Una volta conosciute le motivazioni della sentenza della Cassazione, come vi muoverete?
Abbiamo cominciato a esaminare le strade da percorrere. Resta anche da capire se la sentenza della Consulta ritiene assorbente l’eccesso di delega o parla anche di lesioni ad altri articoli della Costituzione, nel qual caso le cose sarebbero diverse. Se, come sembra, l’unico vulnus sta nell’eccesso di delega, allora le cose potrebbero essere sistemate con una legge parlamentare che elimini il vizio formale. Certo, fino a che non si conoscono le motivazioni della sentenza, il Parlamento non si può muovere.

Molti hanno visto nella mediazione obbligatoria un’opportunità per fare impresa o per avere un lavoro. Ora rischiano di trovarsi con tempo e soldi buttati e incerte prospettive professionali. Vero?
C’è tanta gente che ha investito tempo e soldi, perché l’interesse sul tema è alto e penso che i suoi sviluppi influiranno molto anche sui possibili investimenti stranieri in Italia. Quale imprenditore straniero investirebbe serenamente da noi sapendo che non ci sono strumenti deflattivi dei procedimenti ordinari cui ricorrere in caso di contenzioso, come la mediazione o l’arbitrato?

Secondo l’Int, chi pensava di fare business con la mediazione si sbagliava, non sono maturi i tempi. Vero?
I tempi maturi li creano anche le persone. Chi ha investio in questo campo può averli valutati maturi perché ha guardato a quanto accade all’estero.

In una parola, quindi, l’Amci è favorevole all’obbligatorietà?
Noi vedremmo di buon occhio il ripristino dell’obbligatorietà. Faccio sempre un esempio: fino a poco tempo fa si fumava ovunque e in auto si viaggiava senza cinture; ora, grazie alle leggi, abbiamo normalizzato dei comportamenti che sono consolidati e seguiti praticamente da tutti. La mediazione, per ingranare bene, deve essere conosciuta, magari anche rendendola obbligatoria per un certo periodo. Magari insieme a delle agevolazioni fiscali, anche se prevederebbero dei capitoli di spesa ad hoc da parte dello Stato che in questo periodo vedo poco probabili.

Avvocati in mediazione, un valore aggiunto

di Davide PASSONI

Nella panoramica che Infoiva dedica all'”affaire mediazione obbligatoria”, non poteva mancare la voce dell’Istituto Nazionale Tributaristi. Se non altro perché al suo interno ha costituito un comitato scientifico per la mediazione civile e commerciale, senza arrivare alla creazione di un vero e proprio organismo di mediazione autonomo. “A maggior ragione oggi siamo contenti di questa scelta – dice Edoardo Boccalini, coordinatore nazionale del comitato e membro dell’Int. Pensavamo e pensiamo che per occuparsi di mediazione in modo proficuo e professionale, sia necessario dedicarvisi a tempo pieno. E non è il nostro caso. Poi l’Int lascia i propri iscritti liberi di fare i mediatori dove vogliono e anche il nostro forte legame non Asac non è vincolante“.

Come valuta l’Int il pronunciamento della Consulta che ha dichiarato illegittima la normativa sull’obbligatorietà del ricorso alla media-conciliazione nelle controversie tra privati?
Personalmente mi occupo di mediazione e ho cominciato a crederci e a divulgarne la cultura da oltre 10 anni. Come Istituto non siamo mai stati favorevoli alla obbligatorietà, l’abbiamo sempre considerata qualcosa di contrario alla natura stessa della mediazione. Alla obbligatorietà ci si sarebbe dovuti arrivare per cultura, non per legge. Non vedo un grosso problema dal pronunciamento della Consulta, sarebbe stato strano se non si fosse pronunciata in tal senso.

Secondo i fautori della mediazione, questa sarebbe uno strumento per snellire la gestione delle centinaia di migliaia di cause pendenti: ora che potrebbe scomparire, quali altre vie suggerisce il Cnf per favorire questo snellimento?
Ci possono essere mille modi. Intanto, ricordiamo che la mediazione è ancora obbligatoria almeno fino alla pubblicazione della sentenza. Poi, sono d’accordo con Maurizio De Tilla quando dice che non ci sono mediatori formati a dovere, ma non quando sostiene che proprio per questo possa naufragare l’istituto della mediazione. Io penso invece che la mediazione sia e continuerà a essere un mezzo utile per snellire l’arretrato della giustizia: continuando a valorizzarla, l’approccio nei suoi confronti sarebbe diverso anche da parte degli avvocati.

Secondo Mascherin del Cnf, il 95% di chi va in mediazione lo fa accompagnato da un avvocato per essere certo che i suoi diritti saranno tutelati…
Non condivido. Chi va in mediazione con l’avvocato ci va perché, quando è chiamato in mediazione, spesso l’avvocato è il primo professionista al quale si rivolge per chiedere chiarimenti. Sono favorevole a che gli avvocati siano presenti in mediazione e che lo siano adeguatamente formati: un avvocato formato che accompagna la parte in mediazione è sicuramente un valore aggiunto.

E quando si dice che l’obiettivo di un mediatore è portare a buon fine una mediazione, anche senza una piena tutela dei diritti di una delle due parti?
Penso invece che una mediazione sia riuscita non solo quando viene trovato un accordo, ma anche quando le parti escono e sono contente e convinte di aver fatto una cosa buona. Ho assistito a mediazioni commerciali trattate da psicologi e sociologi che si sono concluse in maniera impeccabile, con le parti soddisfatte e meravigliate di quello che era successo e con i loro diritti tutelati a dovere.

Da più parti si tende a indicare la magistratura come una sorta di “ispiratrice occulta” del pronunciamento della Corte Costituzionale. Che cosa pensa?
Gli avvocati si potranno ritagliare spazi interessanti nel campo della mediazione, specialmente i giovani. Credo che un avvocato che dà un servizio di questo tipo a un assistito e lo porta in mediazione preparato, seguendolo fino in fondo, gli risolva il problema in tempi più rapidi e con costi inferiori rispetto a quello che accadrebbe portandolo in causa. E che possa chiedergli senza problemi una parcella giusta. Ribadisco quanto detto sopra: un avvocato formato che accompagna il cliente in mediazione è un valore aggiunto.

Molti hanno visto nella mediazione obbligatoria un’opportunità per fare impresa o per avere un lavoro. Ora rischiano di trovarsi con tempo e soldi buttati e incerte prospettive professionali. Vero?
Chi pensava di fare business con la mediazione si sbagliava. Non sono maturi i tempi, non è il momento.

Perché?
Perché la mediazione dovrebbe essere un fattore di civiltà. Si deve ancora raggiungere una cultura che non renda la mediazione obbligatoria ma che faccia capire alle persone che è talmente vantaggiosa che va usata perché, utilizzandola, si guadagna. Manca cultura in questo senso, va creata soprattutto per le nuove generazioni: su cose di questo genere non è corretto né utile ragionare a breve termine.

“Dai governi poca attenzione verso la Costituzione”

di Davide PASSONI

Continua il viaggio di Infoiva per conoscere i diversi punti di vista sulla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la normativa sull’obbligatorietà del ricorso alla media-conciliazione nelle controversie tra privati. Dopo la voce dell’Anpar e  del suo segretario, Giovanni Pecoraro, e dopo aver ascoltato il presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, Maurizio De Tilla, oggi spazio al Consiglio Nazionale Forense con Andrea Mascherin, consigliere segretario del Cnf e avvocato in Udine.

Come valuta il Cnf il pronunciamento della Consulta che ha dichiarato illegittima la normativa sull’obbligatorietà del ricorso alla media-conciliazione nelle controversie tra privati?
La Consulta si è pronunciata per eccesso di delega semplicemente perché la legge delega non prevedeva la possibilità di istituire l’obbligatorietà della mediazione. Una pronuncia in tal senso era assolutamente inevitabile. Da subito il Cnf e l’avvocatura tutta segnalarono all’allora ministro della Giustizia Alfano e al ministero il problema dell’eccesso di delega, una segnalazione che arrivò anche dalle commissioni giustizia di Camera e Senato. Persino uno studente di giurisprudenza al primo o al secondo anno l’avrebbe notato. Invece fu sottovalutata, forse per una errata valutazione dei principi che ispirano la Costituzione della Repubblica Italiana. Nell’occasione ci si è discostati dalla volontà della Costituzione che vuole leggi delega che diano poteri ben precisi al Governo.

Una svista marchiana, quindi… Perché?
Penso si tratti di un problema culturale. Purtroppo gli ultimi governi, di qualsiasi colore, compreso quello tecnico attuale, sempre più trascurano i principi della Costituzione in nome dei dettami delle banche centrali e dei principi dell’economia. Anche nel caso della mediazione è accaduto, poiché si è pensato che potesse essere uno strumento per ridurre gli arretrati civili, in ossequio a direttive europee che andavano in tal senso: peccato che, però, non sia stata seguita una corretta procedura costituzionale.

Ci sono altri casi in cui si rischiano pronunciamenti analoghi?
La stessa cosa accade ora con i provvedimenti governativi in materia di geografia giudiziaria e liberalizzazione delle professioni: con fretta e superficialità si agisce sacrificando la Costituzione in nome di dettami economici e inevitabilmente si arriverà a vizi costituzionali simili. Anzi, le dico già che nei casi appena citati è presente l’eccesso di delega.

Torno a chiedere: perché?
Si fa ricorso troppo spesso ai decreti legge, non più a leggi complesse elaborate dal Parlamento, e in questi decreti si trattano temi delicatissimi come l’accesso alla giustizia o riforma delle professioni.

Soluzioni?
Serve recuperare una cultura parlamentare e della separazione dei poteri: chi deve legiferare è il Parlamento, la magistratura deve fare la magistratura. Se guardo alle leggi degli ultimi anni, devo tornare molto indietro nel tempo per trovare una legge complessa e strutturata elaborata dal Parlamento. Per esempio, quella della riforma della professione di avvocato, attualmente in discussione, è una legge di 65 articoli fatta solo dal Parlamento, ma è una specie di mosca bianca.

Come sono gli umori della vostra “base” relativamente a questa vicenda?
L’avvocatura non è contraria alla mediazione in sé. C’è un detto tra gli avvocati virtuosi: la miglior causa che ho fatto è quella che non ho mai fatto. Ossia, sono riuscito a conciliare la vertenza prima di andare in giudizio. Questo tentativo gli avvocati virtuosi lo hanno sempre fatto: mediazione, conciliazione, transazione fanno parte del dna dell’avvocato e sono valori condivisi dall’avvocatura. Detto questo, così come era stata costruita la mediazione aveva dei punti deboli tra cui proprio l’obbligatorietà.

Perché?
Perché non prevede la tutela dei diritti in gioco ma l’incontro degli interessi. Il mediatore non è un giurista, è più una persona che mette d’accordo le parti ma senza necessariamente conoscere il diritto e non può quindi offrire una tutela dei diritti degli interessati. Non a caso, il 95% delle persone che va in mediazione ci va con un avvocato, anche se la mediazione non ne contempla l’assistenza obbligatoria.

Scarsa fiducia nei confronti dei mediatori?
Le faccio un esempio. Se una vittima di incidente stradale avrebbe diritto per i danni subiti, poniamo, a 50mila euro di risarcimento ma in fase di mediazione transa per 1000, i suoi diritti sono calpestati, ma tecnicamente si tratta di una mediazione riuscita. Ecco, un avvocato sarebbe in grado di dire a quella persona che i 1000 euro che per lui sono un grande risultato, in realtà non ne tutelano i diritti. Ecco, quando la mediazione viene scelta dalle parti, deve essere loro chiaro che non tutela i diritti.

Secondo i fautori della mediazione, questa sarebbe uno strumento per snellire la gestione delle centinaia di migliaia di cause pendenti: ora che potrebbe scomparire, quali altre vie suggerisce il Cnf per favorire questo snellimento?
Per esempio delle camere arbitrali istituite presso gli ordini forensi. Si tratta di una proposta che il Cnf sta portando avanti, per garantire tecnicità, tempi più brevi e rispetto e tutela dei diritti. Misure alternative al processo sono condivise non solo dal Cnf ma dall’avvocatura in genere, purché il cittadino sia sempre nelle condizioni di avere il diritto costituzionale di accedere alla giustizia. Vede, la mediazione costa molto, non è gratuita; nel diritto del lavoro c’era la conciliazione obbligatoria e gratuita, ma è stata eliminata. Perché costava troppo e non aveva quella funzione deflattiva del numero di cause e di rispetto dei diritti che avrebbe dovuto avere.

Da più parti si tende a indicare la magistratura come una sorta di “ispiratrice occulta” del pronunciamento della Corte Costituzionale. Che cosa risponde?
Posso dire con certezza che la Consulta si è sempre dimostrata autonoma e indipendente, senza considerare i desiderata di avvocature o governi pro tempore.

Nasce il Comitato Scientifico per la mediazione civile e commerciale

LIstituto Nazionale Tributaristi (INT) ha deliberato la nascita e la costituzione di un nuovo Comitato Scientifico che si occuperà di mediazione civile e commerciale. Il nuovo organo si occuperà di deflazionare i carichi di lavoro dei tribunali, trovando soluzioni il più possibile rapide, economiche e di accordo tra le parti in lite. L’obiettivo del Comitato Scientifico risponde alla necessità di “mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”, introdotta nel nostro ordinamento dal d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, ma soprattutto ha come scopo principale la volontà di istituire nel nostro Paese una nuova cultura da adottare nella risoluzione delle controversie.

Il Comitato Scientifico per la mediazione civile e commerciale sarà costituito da esperti e cultori della materia, docenti e formatori che si occupano di ADR (alternative dispute resolution). A ricoprire la carica di coordinatore nazionale sarà Edoardo G. Boccalini, mentre il ruolo di responsabile scientifico spetterà a Piero Iafrate; sono previste poi tre differenti figure di coordinamento per ogni parte della penisola: Deborah Furci per il nord, Massimo Caciuttolo per il centro e infine Carmelo Arena che si occuperà del sud e delle isole.

A svolgere un ruolo fondamentale saranno poi i tributaristi stessi: “Si tratta di avere direttamente all’interno dell’INT una struttura che possa dare corretto orientamento e supporto ai tributaristi mediatori o agli aspiranti tali – ha affermato Riccardo Alemanno, Presidente nazionale dell’INT. – Il compito, oltre a quello dello studio ed alla diffusione delle norme relative alla mediazione, sarà anche quello di rapportarsi con altri soggetti pubblici e/o privati collegati a tale funzione professionale.”

Il neonato Comitato Scientifico diventerà quindi un punto di riferimento per professionisti e non solo, come sottolinea Edoardo G. Boccalini, Segretario nazionale dell’INT e Coordinatore del Comitato: “Gli iscritti all’Istituto avranno un punto di riferimento per eventuali scelte, decisioni, problemi e costanti aggiornamenti relativi alla professione del mediatore professionista, ma non solo, anche il Ministero, le associazioni di consumatori, gli enti accreditati, ordini o associazioni professionali , potranno trovare all’interno dell’INT, validi referenti con cui interagire.”

Alessia Casiraghi

Genova: tirocinio assistito per i mediatori civili

L’Organismo di mediazione della Camera di Commercio di Genova consente gratuitamente lo svolgimento del tirocinio assistito previsto dal decreto interministeriale 145/2011. 

Gli interessati possono fare domanda di ammissione all’Organismo compilando e trasmettendo l’allegato modello alla sede di Genova in Via Garibaldi 4 oppure all’indirizzo e-mail conciliazioni.genova@ge.camcom.it 

Sarà seguito il criterio della priorità cronologica, fermo restando che comunque sarà data precedenza ai tirocini dei mediatori iscritti nel proprio elenco. 

Fonte: camcom.gov.it

Associazione Sistema Conciliazione: non si deve modificare la mediazione obbligatoria

L’Associazione Sistema Conciliazione (cui aderiscono Adr notariato, i consigli nazionali dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, degli ingegneri e dei geometri, Conciliatore bancario finanziario, Unioncamere e Consiglio nazionale forense, che però non ha sottoscritto la lettera) teme che alla normativa sulla mediazione possano essere apportate modifiche sostanziali, che produrrebbero “un notevole ridimensionamento della sua portata deflattiva”.

L’Associazione sa che la normativa deve subire dei correttivi però è contraria a modifiche azzardate e sostanziali definite in maniera troppo rapida senza consultare le parti che invitano Alfano a sforzarsi affinchè i cambi “siano individuati solo dopo un periodo congruo di applicazione della norma ed elaborati con l’intento di accrescere l’efficienza dello strumento più che tutelare le istanze di questa o quella categoria professionale, in coerenza con quella volontà di cambiamento in più contesti da ella sottolineata”.

Nello specifico, l’associazione esprime riserve sia sull’introduzione di un limite di valore per l’obbligatorietà della mediazione sia sull’obbligatorietà dell’assistenza. Per l’associazione è importante ribadire  che l’aver introdotto la condizione di procedibilità individuando come parametro gli ambiti di applicazione della norma invece che il valore della lite, sia stata una decisione strategica per il conseguimento di un riduzione strutturale del contenzioso, poiché è solo grazie ad essa che è possibile far conoscere in modo accelerato ai cittadini e agli operatori economici la validità della mediazione come strumento di efficienza reale nella gestione della controversia, senza sminuirla agli occhi della collettività ad alternativa interessante solo nelle liti “bagatellari””.

Mediazione civile: già gestite 5 mila pratiche

Oltre 5mila richieste di conciliazione, in particolare, dal 21 marzo al 31 maggio 2011, è il traguardo raggiunto dall’entrata in vigore della mediazione obbligatoria. Le 75 Camere già iscritte al Registro degli Organismi di mediazione del Ministero della Giustizia ne hanno gestite quasi 4mila, il 76% delle quali in materie per cui è ora prevista l’obbligatorietà. Complessivamente, i procedimenti già definiti risultano 1.633, pari al 43% delle mediazioni depositate presso gli Organismi camerali riconosciuti, e nel 20% dei casi si è raggiunto un accordo soddisfacente per entrambe le parti.

Il vice presidente di Unioncamere, Costantino Capone, ha commentato i dati elaborati da Unioncamere e messi a disposizione della commissione Giustizia del Senato così: “La mediazione civile sta appena cominciando a dimostrare le sue potenzialità di strumento rapido, economico ed efficace di giustizia alternativa nei rapporti tra le imprese. E’ un passo nella giusta direzione. Siamo solo all’inizio di una rivoluzione silenziosa e pacifica che potrà liberare risorse preziose per lo sviluppo del Paese“.

Ha poi proseguito: “sebbene la legge ponga un limite massimo di 4 mesi per concludere la procedura, ben il 43% di quelle avviate si sono già definite e, di queste, nel 20% dei casi con un accordo ritenuto soddisfacente dalle parti. In alcune Camere, il tasso di conclusione positiva è addirittura superiore al 50%. Ci aspettiamo che la mediazione obbligatoria potrà dare già entro l’anno un contributo visibile di alleggerimento del lavoro dei tribunali e, soprattutto, dei costi e dei tempi dei contenziosi per le imprese“.

Le mediazioni obbligatorie tra imprese si sono concluse mediamente in 66 giorni. Quelle relative a rapporti di consumo ne hanno invece richiesti, sempre mediamente, 64. Il valore medio nei due casi è stato, rispettivamente, di circa 155.000,00 euro nelle procedure tra imprese e di 23.000,00 euro circa in quelle aventi per oggetto controversie in materia di consumo.

M.Z.

Essere mediatore civile: ruoli, compiti e obiettivi della professione del futuro

Dal 21 marzo 2011 il ricorso allla mediazione civile è divenuto obbligatorio in alcuni casi come quelli di diritti reali (distanze nelle costruzioni, usufrutto e servitù di passaggio ecc.), divisioni, successioni ereditarie, locazioni – comodati – affitti di aziende, risarcimenti.

Alla luce di questa rivoluzione non solo legale ma anche culturale, oltre che legale, la riforma sulla mediazione civile si è posta l’obiettivo principale di ridurre il flusso in ingresso di nuove cause nel sistema Giustizia offrendo al cittadino uno strumento più semplice e veloce con tempi e costi certi.

In pratica, si tratta di una modifica nel cursus tradizionale che intende affiancarsi alla riforma del Processo Civile e al Programma di Digitalizzazione della Giustizia con cui s’intende intervenire nella fase di lavorazione delle cause e mira ad introdurre proprio una nuova cultura della conciliazione, anziché della causa.

Per questo motivo, uno degli attanti principali della nuova riforma è quello della figura del mediatore con il quale si intende l’attività professionale svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.

Ma chi è il mediatore? Che cosa fa? Qual è il suo ruolo e soprattutto: come si diventa mediatori? Andiamo per gradi.

Chi è il mediatore civile?

Non si tratta né di un giudice né di un arbitro bensì di un facilitatore terzo imparziale che, utilizzando le tecniche di comunicazione efficace, PNL, problem solving, aiuta le parti a trovare la soluzione più soddisfacente al loro conflitto.
Il mediatore è la persona o sono le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo. Quindi si può dire che il mediatore è un professionista con requisiti di terzietà.

Che cosa fa il mediatore civile e dove?

L’organismo dove il mediatore presta la sua opera è vigilato dal Ministero della Giustizia mentre la mediazione, quindi la soluzione delle controversie con il metodo conciliativo in alternativa alla presenza in tribunale.

Per farlo è necessario che la mediazione si svolga presso enti pubblici o privati, che sono iscritti nel registro tenuto presso il Ministero della Giustizia e che erogano il servizio di mediazione nel rispetto della legge, del regolamento ministeriale e del regolamento interno di cui sono dotati, approvato dal Ministero della giustizia.

Ci sono degli ordini professionali?

Sì, gli ordini professionali possono costituire organismi di mediazione nelle materie di loro competenza, previa autorizzazione del Ministero della Giustizia, che spiega:”Gli ordini forensi possono costituire organismi di mediazione in ogni materia. I consigli degli ordini degli avvocati possono istituire organismi presso ciascun tribunale avvalendosi di proprio personale e utilizzando i locali loro messi a disposizione dal presidente del tribunale. Gli organismi degli ordini professionali e delle camere di commercio sono iscritti nel registro del Ministero della giustizia a semplice domanda.”

In questo, a seconda della controversia, esistono diversi tipi di mediazione:

  • nella materia finanziaria e bancaria, il procedimento di mediazione può essere esperito o presso gli organismi di mediazione
  • oppure davanti alla Camera di conciliazione della Consob
  • ed anche il ricorso all’ Arbitro bancario e finanziario costituito dalla Banca d’Italia produce analoghi effetti giuridici (assolve la condizione di procedibilità per poter poi rivolgersi al giudice).

Come opera il mediatore?

Una volta avviata la domanda di mediazione, all’organismo, contenente l’indicazione ell’organismo investito, delle parti, dell’oggetto della pretesa e delle relative ragioni, le parti scelgono l’organismo mentre il mediatore organizza uno o più incontri mirati alla composizione amichevole della controversia.

L’accordo raggiunto con la collaborazione del mediatore è omologato dal giudice e diventa esecutivo; in caso di mancato accordo il mediatore può fare una proposta di risoluzione della lite che le parti restano libere di accettare o meno così come, nel caso di un insuccesso della mediazione, nel successivo processo il giudice potrà verificare che la scelta dell’organismo non sia stata irragionevole, ad esempio per mancanza di qualsiasi collegamento tra la sede dell’organismo e i fatti della lite ovvero la residenza o il domicilio della controparte.

Quidi, serve davvero il mediatore?

Dal 21 marzo scorso sì, visto che la mediazione può essere:

– facoltativa, e cioé scelta dalle parti
– demandata, quando il giudice, cui le parti si siano già rivolte, invita le stesse a tentare la mediazione
– obbligatoria, quando per poter procedere davanti al giudice, le parti debbono aver tentato senza successo la mediazione

A questo punto, come si diventa mediatore?

Obblighi:

  1. Per svolgere la professione di mediatore, è necessario essere in possesso di determinati requisiti di qualificazione professionale, consistenti in un titolo di studio non inferiore al diploma di laurea universitaria triennale ovvero, in alternativa, essere iscritti a un ordine o a un collegio professionale nonché il possesso di una specifica formazione e di uno specifico aggiornamento almeno biennale, acquisiti presso gli enti di formazione accreditati al Ministero della Giustizia. (DM 180/2010)
  2. Un mediatore civile non può lavorare per oltre cinque organismi di mediazione; tuttavia, può anche concedere l’esclusiva all’Organismo di mediazione prescelto.
  3. D’altra parte ogni ente o organismo di mediazione diverso dalle Camere di Commercio e dagli organismi camerali deve aver ricevuto la disponibilità, in via esclusiva, di almeno cinque mediatori.
  4. All’atto dell’assunzione dell’incarico, infine, il mediatore deve sottoscrivere una dichiarazione di imparzialità per ciascun affare per il quale è stato designato e deve dare immediata notizia all’ente/organismo di vicende che lo riguardino che possono avere influenza sui requisiti soggettivi nel corso della trattazione del procedimento.

Per diventare mediatore è possibile compilare l’apposito modulo al sito, oppure è possibile richiedere maggiori informazioni al sito del Ministero della Giustizia.

Secondo molti, considerata la grande rilevanza che sta già assumendo gradualmente questa figura professionale, è possibile che quella del mediatore civile sia una delle carriere del futuro.

Paola Perfetti